Uno studioso denuncia gli stereotipi e le critiche a senso unico. Dai razzisti ai liberal, lo stesso obiettivo polemico
Dire male del Papa, ultimo sport d’America (dal Corriere della Sera 27.5.2003)
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON - Philip Jenkins è docente di storia e di religione a Penn state, l'università della Pennsylvania, ed è autore di libri che innescano accesi dibattiti: tra di essi, Pedofili e preti e La nuova cristianità , di prossima pubblicazione in Italia. Ma con la sua opera più recente, Il nuovo anticattolicesimo: l'ultimo pregiudizio accettabile , Jenkins ha suscitato una controversia senza precedenti. In una minuziosa disanima dei media, della politica e delle arti americani, lo storico, un inglese episcopaliano, dimostra che la Chiesa cattolica in America è spesso considerata «un nemico pubblico», e ridotta «a uno stereotipo grossolano». E che a differenza di quelli contro il giudaismo o l'islamismo, gli attacchi contro di essa sono quasi sempre approvati o condonati. Nel Paese della libertà di religione, scrive Jenkins, è lecito denigrare il cattolicesimo.
Come è nato questo libro?
«E' nato dalle ricerche per i miei libri precedenti. Ho constatato che in America non c'è anticlericalismo ma c'è anticattolicesimo. C'è sempre stato, dai primi immigrati protestanti al movimento populista a quello razzista del Ku klux klan. Non è questione di destra o di sinistra, si è manifestato sia nell'una sia nell'altra a seconda dei tempi e delle circostanze».
Chi sono oggi gli anticattolici?
«Sono soprattutto gli intellettuali e i liberal. Si dice addirittura che l'anticattolicesimo sia l'antisemitismo dell'uomo colto. I demagoghi ce l'hanno con gli ebrei, gli uomini di cultura con i cattolici. E' un paradosso perché la Chiesa cattolica in America propugna le riforme sociali, il disarmo, la pace, cioè molte delle loro cause».
C'è una spiegazione?
«Credo che sia la centralità dei problemi sessuali nella società americana: il cattolicesimo è considerato antigay, antifemminista, e così via. Nel libro io lo contesto, tanto che ho intitolato polemicamente uno dei capitoli "La Chiesa odia le donne" e un altro "La Chiesa uccide i gay". Ma le accuse fanno presa sul pubblico».
Lo scandalo dei preti pedofili ha aggravato i pregiudizi anticattolici?
«I pregiudizi lo hanno ingigantito. Il termine preti pedofili è discriminatorio. Gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica non sono più frequenti che nelle altre chiese o tra gli insegnanti delle scuole. Inoltre, di rado si tratta di pedofilia, perché le vittime hanno raggiunto o superato la pubertà. Gli abusi sono orrendi, sono crimini da punire e stroncare, non da strumentalizzare».
L'anticattolicesimo ha influito sulle critiche riguardo al rapporto fra Pio XII e il nazismo?
«A mio giudizio sì: è diventato un modo di attaccare la Chiesa. Un esempio: la Chiesa si oppone all'uso di certi contraccettivi per contenere l'aids. In reazione, i suoi nemici accusano Giovanni Paolo II di comportarsi con l'Aids come Pio XII con Hitler. Dicono testualmente: non fa nulla contro la versione virale del Führer».
Non è un ritorno all'antipapismo?
«L'antipapismo è sempre parte dell'anticattolicesimo. Il Papa a volte è una figura demoniaca per la sinistra Usa. Io ricordo che anni fa si scoprì un complotto islamico contro di lui e che i liberal se ne rallegrarono. Non è la persona di Giovanni Paolo II, è l'istituto: il suo successore andrà incontro alla stessa ostilità».
Lei parla di un nuovo anticattolicesimo: in che senso è nuovo?
«Molti americani pensarono che l'anticattolicesimo fosse finito con l'elezione del primo presidente cattolico, John Kennedy. Si sbagliavano. E' stato rinfocolato da problemi come l'aborto, dai dissensi interni della Chiesa e dal suo ritardo nel combattere il pregiudizio. Solo l'anno scorso la chiesa ha formato un gruppo per i diritti civili».
E' possibile che l'anticattolicesimo scompaia?
«E' difficile, come lo è che scompaia l'antisemitismo. La differenza è che l'antisemita in America viene subito denunciato e zittito. Temo che l'anticattolicesimo sia così radicato da rappresentare l'opposto di ciò che l'America si considera in un dato momento. L'America cambia spesso idea: se si ritiene progressista, dipinge il cattolicesimo come conservatore, e viceversa».
Ma l'America non si rende conto che il cattolicesimo è una forza globale?
«In America conta solo ciò che è americano. La chiesa cattolica è la più grande ma è una delle tante chiese del Paese, ed è oberata da stereotipi tipo "Inquisizione". Non scordiamo che tra i motivi della rivoluzione del 1776 ci fu la tolleranza degli inglesi per i cattolici. Qui la religione viene vissuta in modo combattivo se non settario. Persino la politica assume connotati religiosi. E' molto diverso che in Europa».
Non è un pericolo per il principio della separazione tra stato e chiesa?
«Può diventarlo. Attualmente è un fattore che pesa sugli affari internazionali. Gli americani vedono la Palestina meno favorevolmente degli europei, perché prendono la Bibbia molto sul serio, si sentono vicini a Israele. Gli europei giudicano il presidente Bush un fanatico religioso ma gli americani si identificano in lui. Rispettano Joe Lieberman, un candidato democratico alla Casa Bianca, perché è rigido nelle sue convinzioni di ebreo ortodosso».
Ne «La nuova cristianità», lei ha scritto che essa troverà un terreno più fertile negli Usa che in Europa, perché?
«L'immigrazione in Europa sarà soprattutto musulmana, in America soprattutto latino americana e asiatica. L'aspetto del cattolicesimo americano muterà: sarà più etnico. E uno dei cambiamenti maggiori riguarderà la Vergine: adesso in America la sua figura è secondaria, ma diverrà centrale».
Ennio Caretto


Medjugorje è ancora il più grande pericolo per la Chiesa Cattolica (m.c. 27.5.03)

Di tanto in tanto a chi non capita di trovare ancora i famosi bollettini "Eco di Medjugorje" nelle nostre Chiese? Sì, una grande tristezza, uno scandalo vergognoso che a volte fa dubitare perfino i fedeli sulla buona fede dei sacerdoti se non fosse per la loro conferma che questi bollettini vengono sempre portati a loro insaputa.
Normalmente non faccio altro che cestinarli ma questa volta, vuoi la curiosità ed il fatto che persino Focus di giugno in un articolo dedicato alla popolarità della Vergine Maria, parlasse di Mejugorje quasi come fosse riconosciuta, ho voluto dare un'occhiata nel N. 169 a quanto viene scritto. Come sempre è facile cadere nell'inganno quando si cita spesso il Papa e vari Santi ma basta leggere con più attenzione per rendersi conto come l'arroganza di questa mega setta ancora non demorde.
Nei commenti di Fra Ljudevit Rupcic', sembra voler dire che lo Spirito Santo sia a Medjugorje e che nel resto della Chiesa si vada verso un sincretismo pseudo-religioso. Per essere salvati (io direi dannati) bisogna seguire i messaggi/insegnamenti (ordini militari) della Madonna e chi non crede è solo perchè non si è ancora convertito. Già perché chi non crede in Medjugorje non può essere un buon cristiano secondo questi Francescani.
Poi viene il bello dei messaggi che oltre ai ripetitivi "ordini" mensili, viene riportato anche quello del regalo per il compleanno della veggente Mirjana Soldo che ora riporto: "Cari figli, particolarmente ora in questo santo tempo di penitenza e di preghiera, vi chiamo ad una scelta. Dio vi ha donato il libero arbitrio per scegliere la vita o la morte. Ascoltate i miei messaggi con il cuore per discernere cosa dovete fare e come trovare il cammino verso la vita. Figli miei, senza Dio non potete fare nulla, ricordatevi questo ad ogni istante. Perché, cosa siete? E cosa pensate di diventare sulla terra, visto che comunque vi ritroverete sotto terra? Non irritate Dio, ma seguitemi verso la vita. Grazie di essere qui!"

Leggendo questi messaggi mi domando quale Ministro di Dio o teologo possa ancora credere sull'origine divina di questi moniti a meno che non abbia perso completamente la ragione. Certo che se non si vuole credere agli inganni degli spiriti o demoni come preferite, si pensi almeno ad una frode con messaggi studiati a tavolino ed estasi create volontariamente da chi ha un cervello allenato allo scopo come i nuovi "neuroteologi" sono predisposti a pensare.
Non per niente il Vescovo diocesano non risulta abbia cambiato il suo parere negativo sulle apparizioni ma piuttosto sono le continue pressioni di proselitismo dei seguaci francescani disposti a tutto pur di difendere l'affare Medjugorje e gli effetti continuano ancora dato che anche Radio Maria con i suoi 900 ripetitori persevera nel lavaggio di cervelli. Si aggiungano poi tutti gli effetti boomerang dopo gli innumerevoli pellegrinaggi da tutto il mondo che hanno fatto nascere nuovi visionari (specie donne) e l'alleanza sempre più forte tra i carismatici che con le loro tecniche provenienti dagli USA, sanno ben manipolare le persone durante le preghiere anche se in "buona fede".
Si capisce che per alcuni vedere tante persone che pregano a volte non ne vedono il pericolo anche perché i frutti velenosi di quest'albero vengono ben occultati e la maggioranza si vergogna di testimoniare oppure si teme di arrivare ad una grave spaccatura nella Chiesa. Certo non siamo ai tempi dell'inquisizione come accadde a Berna tra il 1506 e il 1508, dove come a Medjugorje, nonostante la scoperta di una falsa apparizione ideata da Jan Jetzer e scoperta da 4 Domenicani, invece di bloccarla mandarono a Roma false testimonianze di miracoli per ottenere un esito positivo ma scoperto l'inganno, non il giovane imbroglione ma i 4 Sacerdoti vennero arsi vivi il 31 maggio 1509 per aver messo in pericolo tante anime. Di sicuro queste anime condannate così brutalmente saranno giunte comunque presso Dio ed è facile giudicare oggi senza immedesimarsi nei contesti storici di quel tempo, tuttavia almeno l'imbroglio venne fermato prima che avesse conseguenze ben peggiori.

Riguardo l'articolo del Professor Jenkins, è strano che non si renda conto che il problema delle false apparizioni di Gesù e Maria coinvolge anche l'America e proprio il fatto che si voglia dare alla Vergine un ruolo centrale, causa l'uscita dalla Chiesa cattolica di molti fedeli verso altre Chiese cristiane od altre religioni. Inoltre ho constatato che le persone che seguono le rivelazioni hanno una tendenza a giustificare gli attacchi islamici e provare un certo odio verso gli ebrei. Forse il fatto che la figlia più giovane di Maometto si chiamasse Fatima dalla quale si dice derivi la corrente islamica sciita, come pure il compleanno di Fatima sorella di Maometto sia il 13 maggio giorno dell'apparizione portoghese e del famoso attentato al Papa, può causare una serie di equivoci tra sciiti e cattolici. Quello che più mi ha sorpreso dopo la rivelazione del terzo segreto e che piano piano mi ha fatto respingere ogni rivelazione privata pur approvata, è che invece di ridurre i seguaci delle varie apparizioni mariane (tra le quali alcune davano altre versioni del segreto), invece di diminuire sono aumentati i credenti di false apparizioni come a voler dire che prima o poi verranno tutte riconosciute nonostante le forti contraddizioni tra loro e soprattutto verso la Bibbia. Il fatto poi che in varie rivelazioni si parli male del rifiuto di Gesù anche da parte dei fratelli ebrei, è una conferma che nell'inconscio di questi cattolici c'è il germe dell'inganno causa di odio per chi non ascolta Maria come loro.
Ora come sono stanco anch'io pur essendo un cattolico peccatore ma che continua nel processo di conversione, chissà cosa pensano le anime veramente buone e più sensibili. Anche a loro voglio dire di resistere, di pazientare di rimanere sempre nel seno della Chiesa cattolica qualunque cosa accada perché la Chiesa è fondata da Cristo e da Lui purificata a volte con mezzi che non comprendiamo. Quanto a coloro che ancora credono nelle rivelazioni private consiglio di provare a fare a meno di questa droga, andando più spesso a Messa ed ascoltare la vera parola di Dio così si vincerà ogni spirito nemico. Infatti il valore di una Messa supera infinitamente qualsiasi preghiera.
Ed in difesa della vera ed umile Madre di Cristo dedico queste letture

Dal profeta Geremia Capitolo 44
1 La parola che fu rivolta a Geremia in questi termini, riguardo a tutti i Giudei che dimoravano nel paese di Egitto, che dimoravano a Migdol, a Tahpanes, a Nof e nel paese di Pathros: 2 Così parla l'Eterno degli eserciti, l'Iddio d'Israele: Voi avete veduto tutto il male che io ho fatto venire sopra Gerusalemme e sopra tutte le città di Giuda; ed ecco, oggi sono una desolazione e non v'è chi abiti in esse, 3 a motivo della malvagità che hanno commessa per provocarmi ad ira, andando a far profumi e a servire altri dèi, i quali né essi, né voi, né i vostri padri avevate mai conosciuti. 4 E io vi ho mandato tutti i miei servitori, i profeti; ve li ho mandati del continuo, fin dal mattino, a dirvi: - Deh, non fate questa cosa abominevole che io odio; - 5 ma essi non hanno ubbidito, non han prestato orecchio, non si sono stornati dalla loro malvagità, non han cessato d'offrir profumi ad altri dèi; 6 perciò il mio furore, la mia ira si son riversati, e han divampato nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme, che son ridotte deserte e desolate, come oggi si vede. 7 E ora così parla l'Eterno, l'Iddio degli eserciti, l'Iddio d'Israele: Perché commettete questo gran male contro voi stessi, tanto da farvi sterminare dal mezzo di Giuda, uomini e donne, bambini e lattanti, sì che non rimanga di voi alcun residuo? 8 Perché provocarmi ad ira con l'opera delle vostre mani, facendo profumi ad altri dèi nel paese d'Egitto dove siete venuti a dimorare? Così vi farete sterminare e sarete abbandonati alla maledizione e all'obbrobrio fra tutte le nazioni della terra.
9 Avete voi dimenticato le malvagità dei vostri padri, le malvagità dei re di Giuda, le malvagità delle loro mogli, le malvagità vostre e le malvagità commesse dalle vostre mogli nel paese di Giuda e per le vie di Gerusalemme? 10 Fino ad oggi, non v'è stata contrizione da parte loro, non hanno avuto timore, non hanno camminato secondo la mia legge e secondo i miei statuti, che io avevo messo dinanzi a voi e dinanzi ai vostri padri. 11 Perciò così parla l'Eterno degli eserciti, l'Iddio d'Israele: Ecco, io volgo la mia faccia contro di voi per il vostro male, e per distruggere tutto Giuda. 12 E prenderò i superstiti di Giuda che si sono ostinati a venire nel paese d'Egitto per dimorarvi, e saranno tutti consumati; cadranno nel paese d'Egitto; saranno consumati dalla spada e dalla fame, dal più piccolo al più grande; periranno per la spada e per la fame, e saranno abbandonati alla esecrazione, alla desolazione, alla maledizione e all'obbrobrio. 13 E punirò quelli che dimorano nel paese d'Egitto, come ho punito Gerusalemme con la spada, con la fame e con la peste; 14 e nessuno si salverà o scamperà dei superstiti di Giuda che son venuti a stare nel paese d'Egitto colla speranza di tornare poi nel paese di Giuda, ove desiderano rientrare per dimorarvi; essi, ad eccezione di alcuni fuggiaschi, non vi ritorneranno. 15 Allora tutti gli uomini i quali sapevano che le loro mogli offrivan profumi ad altri dèi, tutte le donne che si trovavan quivi, riunite in gran numero, e tutto il popolo che dimorava nel paese d'Egitto a Pathros, risposero a Geremia, dicendo:
16 `Quanto alla parola che ci hai detta nel nome dell'Eterno, noi non ti ubbidiremo, 17 ma vogliamo mettere interamente ad effetto tutto quello che la nostra bocca ha espresso: offrir profumi alla regina del cielo, farle delle libazioni, come già abbiam fatto noi, i nostri padri, i nostri re, i nostri capi, nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme; e avevamo allora abbondanza di pane, stavamo bene e non sentivamo alcun male; 18 ma da che abbiam cessato d'offrir profumi alla regina del cielo e di farle delle libazioni, abbiamo avuto mancanza d'ogni cosa, e siamo stati consumati dalla spada e dalla fame. 19 E quando offriamo profumi alla regina del cielo e le facciamo delle libazioni, è egli senza il consenso dei nostri mariti che le facciamo delle focacce a sua immagine e le offriamo delle libazioni?' 20 E Geremia parlò a tutto il popolo, agli uomini, alle donne e a tutto il popolo che gli aveva risposto a quel modo, e disse: 21 `Non sono forse i profumi che avete offerti nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme, voi, i vostri padri, i vostri re, i vostri capi e il popolo del paese, quelli che l'Eterno ha ricordato e che gli son tornati in mente? 22 L'Eterno non l'ha più potuto sopportare, a motivo della malvagità delle vostre azioni, e a motivo delle abominazioni che avete commesse; perciò il vostro paese è stato abbandonato alla devastazione, alla desolazione e alla maledizione, senza che vi sia più chi l'abiti, come si vede al dì d'oggi. 23 Perché voi avete offerto que' profumi e avete peccato contro l'Eterno e non avete ubbidito alla voce dell'Eterno e non avete camminato secondo la sua legge, i suoi statuti e le sue testimonianze, perciò v'è avvenuto questo male che oggi si vede'.
24 Poi Geremia disse a tutto il popolo e a tutte le donne: `Ascoltate la parola dell'Eterno, o voi tutti di Giuda, che siete nel paese d'Egitto! 25 Così parla l'Eterno degli eserciti, l'Iddio d'Israele: Voi e le vostre mogli lo dite con la vostra bocca e lo mettete ad effetto con le vostre mani; voi dite: - Vogliamo adempiere i voti che abbiamo fatti, offrendo profumi alla regina del cielo e facendole delle libazioni. - Sì, voi adempite i vostri voti; sì, voi mandate ad effetto i vostri voti; 26 perciò ascoltate la parola dell'Eterno, o voi tutti di Giuda, che dimorate nel paese d'Egitto! Ecco, io lo giuro per il mio gran nome, dice l'Eterno; in tutto il paese d'Egitto il mio nome non sarà più invocato dalla bocca d'alcun uomo di Giuda che dica: - Il Signore, l'Eterno, vive! - 27 Ecco, io vigilo su loro per il loro male, e non per il loro bene; e tutti gli uomini di Giuda che sono nel paese d'Egitto saranno consumati dalla spada e dalla fame, finché non siano interamente scomparsi. 28 E quelli che saranno scampati dalla spada ritorneranno dal paese d'Egitto nel paese di Giuda in ben piccolo numero; e tutto il rimanente di Giuda, quelli che son venuti nel paese d'Egitto per dimorarvi, riconosceranno qual è la parola che sussiste, la mia o la loro. 29 E questo vi sarà per segno, dice l'Eterno, che io vi punirò in questo luogo, affinché riconosciate che le mie parole contro di voi saranno del tutto messe ad effetto, per il vostro male: 30 così parla l'Eterno: - Ecco, io darò Faraone Hofra, re d'Egitto, in mano de' suoi nemici, in mano di quelli che cercano la sua vita, come ho dato Sedekia, re di Giuda, in mano di Nebucadnetsar, re di Babilonia, suo nemico, che cercava la vita di lui'.

Apocalisse Capitolo 2
18 E all'angelo della chiesa di Tiatiri scrivi: Queste cose dice il Figliuol di Dio, che ha gli occhi come fiamma di fuoco, e i cui piedi son come terso rame: 19 Io conosco le tue opere e il tuo amore e la tua fede e il tuo ministerio e la tua costanza, e che le tue opere ultime sono più abbondanti delle prime. 20 Ma ho questo contro a te: che tu tolleri quella donna Jezabel, che si dice profetessa e insegna e seduce i miei servitori perché commettano fornicazione e mangino cose sacrificate agl'idoli. 21 E io le ho dato tempo per ravvedersi, ed ella non vuol ravvedersi della sua fornicazione. 22 Ecco, io getto lei sopra un letto di dolore, e quelli che commettono adulterio con lei in una gran tribolazione, se non si ravvedono delle opere d'essa. 23 E metterò a morte i suoi figliuoli; e tutte le chiese conosceranno che io son colui che investigo le reni ed i cuori; e darò a ciascun di voi secondo le opere vostre. 24 Ma agli altri di voi in Tiatiri che non professate questa dottrina e non avete conosciuto le *profondità di Satana (come le chiaman loro), io dico: Io non v'impongo altro peso. 25 Soltanto, quel che avete tenetelo fermamente finché io venga. *(anche nelle apparizioni si cerca di far conoscere le profondità di Dio)

BRANDOLINI «Occorre rilanciare l'adorazione eucaristica che è sorgente di santità, esperienza di ascolto»
Eucaristia, ascolto che si fa preghiera (Avvenire 15.6.03)
Il vescovo di Sora: «La contemplazione del Corpo eucaristico, una tradizione da tenere viva»
Di Gianni Santamaria
L'adorazione del Santissimo Sacramento? Un prolungamento della pienezza che si ha nella Messa in quanto l'Eucaristia, secondo il dettato del Concilio di Trento è sacramento permanente. Un segno dell'unità dei tre aspetti del mistero dell'ostia consacrata: sacrificio/memoriale, presenza e banchetto, «che sono inseparabili e costituiscono tre "facce" di un unico luminoso "prisma"». È l'immagine che usa il vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo, Luca Brandolini, che è presidente del Centro di azione liturgica (Cal). Il vescovo sottolinea, poi, l'espressione che il Papa usa: «culto eucaristico». «Essa - nota - ingloba naturalmente gli altri termini di "adorazione" e/o "contemplazione". Culto nel senso specifico cristiano, cioè "in Spirito e verità" che si qualifica innanzitutto come atteggiamento interiore frutto della presenza-azione dello Spirito, che però è destinato a manifestarsi, secondo la "legge dell'incarnazione" , in parole e gesti "veri", che danno vita alle "forme" della preghiera personale e comunitaria». Ecco allora che tale culto eucaristico diviene «esperienza di ascolto, di contemplazione, di adorazione, di offerta, di dialogo, di comunione». Per Brandolini l'affermazione centrale su questo tema si trova all'inizio del numero 25 dell'enciclica, che recita: «Il culto reso all'Eucaristia fuori dalla Messa è di valore inestimabile nella vita della Chiesa», insieme all'altra (n. 10) secondo la quale tale culto è «sorgente inesauribile di santità». «Da ciò - sottolinea il pastore della diocesi laziale - deriva come conseguenza che l'abbandono o il misconoscimento di questo culto, come è avvenuto in alcuni luoghi, soprattutto fuori d'Italia, è una grave perdita, che oltretutto compromette la stessa identità ecclesiale e alla quale occorre rimediare con un "rilancio" dello stesso culto, nei modi previsti e incoraggiati specialmente nell'istruzione post-conciliare del 1967 Eucharisticum mysterium e nel Rito del culto eucaristico, lib ro liturgico pubblicato nel 1973. Sono 30 anni!».
Cosa fare? «Il Papa - riprende Brandolini - solo di passaggio parla delle forme di questo culto, come pure dei momenti più significativi di esso, sia da un punto di vista individuale (per esprimere la pietà personale), come pure comunitario-ecclesiale, ribadendo che dell'Eucaristia non solo celebrata e ricevuta, ma anche "contemplata" e adorata, la Chiesa vive e compie nel mondo la sua missione di annuncio-testimonianza del mistero pasquale». Per questo motivo, prosegue il presule, il Papa «esorta i pastori non solo a darne personale testimonianza, ma anche a incoraggiare e promuovere le varie forme di culto eucaristico. Anche per tenere viva e incrementare una "tradizione" che ha prodotto frutti di santità nella Chiesa». Infine, riguardo alle modalità del culto il vescovo osserva che l'enciclica pone come «principio ispiratore» quello che esse «esprimano e favoriscano "l'arte della preghiera", che nella tradizione-esperienza ecclesiale è essenzialmente "dialogo". Un dialogo di cui sono componenti l'ascolto della Parola di Dio, la contemplazione, da favorire attraverso il silenzio prolungato, la risposta del canto e della preghiera (di lode-ringraziamento e di invocazione-supplica)».

Il mistero risolto della nascita di Gesù (dal Corriere della Sera 9.7.03)
Lo studio di un professore dell’Università ebraica di Gerusalemme cancella ogni dubbio su un enigma millenario
La data del 25 dicembre non è soltanto un simbolo Dai rotoli di Qumran la conferma della sua esattezza
Quando tutti sono via, quando le città sono vuote, a chi - e dove - mandare cartoline e consegnare pacchi con nastri e fiocchetti? Non sono i vescovi stessi a tuonare contro quella sorta di orgia consumistica cui sono ridotti i nostri Natali? E allora, spiazziamo i commercianti, spostiamo tutto a Ferragosto. La cosa, osservavo, non sembra impossibile: in effetti, non fu la necessità storica, fu la Chiesa a scegliere il 25 dicembre per contrastare e sostituire le feste pagane nei giorni del solstizio d’inverno. La nascita del Cristo al posto della rinascita del Sol invictus . All’inizio, dunque, ci fu una decisione pastorale che può essere mutata, variando le necessità. Una provocazione, ovviamente, che si basava però su ciò che è (o, meglio, era) pacificamente ammesso da tutti gli studiosi: la collocazione liturgica del Natale è una scelta arbitraria, senza collegamento con la data della nascita di Gesù, che nessuno sarebbe in grado di determinare. Ebbene, pare proprio che gli esperti si siano sbagliati; e io, ovviamente, con loro. In realtà oggi, anche grazie ai documenti di Qumran, potremmo essere in grado di stabilirlo con precisione: Gesù è nato proprio un 25 dicembre. Una scoperta straordinaria sul serio e che non può essere sospettata di fini apologetici cristiani, visto che la dobbiamo a un docente, ebreo, della Università di Gerusalemme.
Vediamo di capire il meccanismo, che è complesso ma affascinante. Se Gesù è nato un 25 dicembre, il concepimento verginale è avvenuto, ovviamente, 9 mesi prima. E, in effetti, i calendari cristiani pongono al 25 marzo l’annunciazione a Maria dell’angelo Gabriele. Ma sappiamo dallo stesso Vangelo di Luca che giusto sei mesi prima era stato concepito da Elisabetta il precursore, Giovanni, che sarà detto il Battista. La Chiesa cattolica non ha una festa liturgica per quel concepimento, mentre le antiche Chiese d’Oriente lo celebrano solennemente tra il 23 e il 25 settembre. E, cioè, sei mesi prima dell’Annunciazione a Maria. Una successione di date logica ma basata su tradizioni inverificabili, non su eventi localizzabili nel tempo. Così credevano tutti, fino a tempi recentissimi. In realtà, sembra proprio che non sia così. In effetti, è giusto dal concepimento di Giovanni che dobbiamo partire. Il Vangelo di Luca si apre con la storia dell’anziana coppia, Zaccaria ed Elisabetta, ormai rassegnata alla sterilità, una delle peggiori disgrazie in Israele. Zaccaria apparteneva alla casta sacerdotale e, un giorno che era di servizio nel tempio di Gerusalemme, ebbe la visione di Gabriele (lo stesso angelo che sei mesi dopo si presenterà a Maria, a Nazareth) che gli annunciava che, malgrado l’età avanzata, lui e la moglie avrebbero avuto un figlio. Dovevano chiamarlo Giovanni e sarebbe stato «grande davanti al Signore». Luca ha cura di precisare che Zaccaria apparteneva alla classe sacerdotale di Abia e che quando ebbe l’apparizione «officiava nel turno della sua classe». In effetti, coloro che nell’antico Israele appartenevano alla casta sacerdotale erano divisi in 24 classi che, avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio liturgico al tempio per una settimana, due volte l’anno. Sapevamo che la classe di Zaccaria, quella di Abia, era l’ottava, nell’elenco ufficiale. Ma quando cadevano i suoi turni di servizio? Nessuno lo sapeva. Ebbene, utilizzando anche ricerche svolte da altri specialisti e lavorando, soprattutto, su testi rinvenuti nella biblioteca essena di Qumran, ecco che l’enigma è stato violato dal professor Shemarjahu Talmon che, come si diceva, insegna alla Università ebraica di Gerusalemme. Lo studioso, cioè, è riuscito a precisare in che ordine cronologico si susseguivano le 24 classi sacerdotali. Quella di Abia prestava servizio liturgico al tempio due volte l’anno, come le altre, e una di quelle volte era nell’ultima settimana di settembre. Dunque, era verosimile la tradizione dei cristiani orientali che pone tra il 23 e il 25 settembre l’annuncio a Zaccaria. Ma questa verosimiglianza si è avvicinata alla certezza perché, stimolati dalla scoperta del professor Talmon, gli studiosi hanno ricostruito la «filiera» di quella tradizione, giungendo alla conclusione che essa proveniva direttamente dalla Chiesa primitiva, giudeo-cristiana, di Gerusalemme. Una memoria antichissima quanto tenacissima, quella delle Chiese d’Oriente, come confermato in molti altri casi. Ecco, dunque, che ciò che sembrava mitico assume, improvvisamente, nuova verosimiglianza. Una catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l’annuncio a Zaccaria e il giorno dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi dopo, l’annuncio a Maria; in giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni; sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest’ultimo evento arriviamo giusto al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso. Ma sì, pare proprio che il Natale a Ferragosto sia improponibile. Ne farò, dunque, ammenda ma, più che umiliato, piuttosto emozionato: dopo tanti secoli di ricerca accanita i Vangeli non cessano di riservare sorprese. Dettagli apparentemente inutili (che c’importava che Zaccaria appartenesse alla classe sacerdotale di Abia? Nessun esegeta vi prestava attenzione) mostrano all’improvviso la loro ragion d’essere, il loro carattere di segni di una verità nascosta ma precisa. Malgrado tutto, l’avventura cristiana continua.
Dal Mar Morto a Oxford: i papiri che nascondono la verità
La data di nascita di Gesù è stata stabilita grazie ai documenti di Qumran. In alcune grotte della località sul Mar Morto un pastore scoprì, nel 1947, una serie di papiri manoscritti. Le scoperte proseguirono, in modo rocambolesco, fino al ’56. Si tratta di circa 750 testi in ebraico, aramaico (la lingua parlata dallo stesso Gesù) e greco. Vanno dal terzo secolo a.C. fino al I d.C. Ci sono scritture sacre, commenti, documenti religiosi della comunità di Qumran, forse gli Esseni, setta ebraica che viveva nel deserto. Alcuni documenti consentirebbero, secondo qualche studioso, di ridatare il Vangelo di Marco. Una parte dei papiri è stata poi tenuta nascosta in Israele fino al 1991, alimentando il «giallo». La pubblicazione, in 38 volumi, del materiale di Qumran si è conclusa a Oxford solo lo scorso anno.

Genetica, creati embrioni uomo-coniglio (Cds 15.8.03)
Le nuove catacombe degli islamici convertiti (Corriere Della Sera 3.9.03)
di MAGDI ALLAM
ROMA - Un viaggio nelle nuove catacombe d'Italia. Alla scoperta dei neocristiani del Terzo millennio. Incontri segnati dalla paura. Un incubo che si annida nell'animo e nella mente di chi era nato nella fede in Allah e nel messaggio rivelato dal profeta Mohammad, Maometto. Sono consapevoli che l'apostasia nell'islam non è un semplice sostantivo. Potrebbe trasformarsi in una condanna a morte. Eppure c'è chi ha deciso di infrangere le tenebre e sfidare il terrore. Come frate Antuan, un giovane turco che si è spinto ben oltre la conversione alla fede in Gesù Cristo. Presto diventerà il primo sacerdote cattolico di origine musulmana non soltanto nel nostro Paese, ma nella stessa Turchia. E c'è chi denuncia e lancia accorati appelli. Lo fa Nura, una signora maghrebina che invoca l'intervento della Chiesa cattolica e del governo italiano per far rispettare il diritto alla libertà religiosa dei musulmani convertiti. Ma c'è anche chi non si nasconde e vive l'adesione al cristianesimo con grande serenità. E' il caso di Bekim e Flutura, una coppia di albanesi che erano musulmani solo nominalmente. Proprio dalle file degli albanesi, in Italia sono oltre centomila, proviene la maggioranza dei musulmani convertiti. Ma tra i neocristiani ci sono marocchini, tunisini, algerini, egiziani, bosniaci, zingari, nigeriani e somali. Non si sa bene quanti siano. Probabilmente alcune migliaia. Oltre al cattolicesimo, c'è chi è diventato Testimone di Geova o protestante. Frate Antuan fa tenerezza. Veste un semplice saio marrone. Pizzetto curato. Sguardo mite e riflessivo. Ha subito vessazioni in patria ed è stato vittima di aggressioni verbali e fisiche in Italia. Ma lui non demorde. Ha un carattere tenace. Con un radicato senso della vita come missione: «Già all’università avevo cominciato a mettere in discussione la mia religione. Avevo scoperto che non mi soddisfacevano spiritualmente le cose che facevo, la preghiera, la lettura del Corano. Il Signore che desideravo così vicino a me, nell’islam lo scoprivo molto lontano. Padrone di ogni cosa, ma non un Dio che sta con noi. Piuttosto un Dio irraggiungibile». Sottolinea la serietà con cui affrontò la sua crisi interiore: «Ho voluto leggere il Corano in turco. Nel mio piccolo ho cominciato a scoprire alcune contraddizioni. Del tipo: in un passo si parla dell’amore e dell’elemosina per i poveri, in un altro si parla della guerra contro gli infedeli e del bottino. Non riuscivo a conciliare queste differenze». Poi il destino che si compie: «Per caso, un giorno sono entrato in una chiesa cattolica a Mersin, nel sud della Turchia. Avevo finito l'università. La chiesa è retta da una comunità di religiosi cappuccini di Parma. Lì ho conosciuto il bibliotecario, padre Raimondo Bardelli, un anziano che a me è sembrato come Simeone del tempio di cui si parla nel Vangelo. Mi dava i libri da leggere. Poi con amorevole pazienza rispondeva alle mie domande. Per la mia conversione è stato importante vedere in questa persona la disponibilità, la pazienza, l’amore, il desiderio di annunciare agli altri la fede in Cristo». Infine la svolta, la scelta di vita: «A un certo punto ho cominciato a frequentare la messa. All’inizio l’ho fatto per curiosità. Veniva celebrata in turco. Nella mia conversione è stato importante il fatto di capire le parole della preghiera rivolte a Dio. Seguivo la messa cristiana recitata in turco, ma non comprendevo la preghiera islamica pronunciata in arabo. L’islam è una religione che ho praticato nell’esteriorità. Questa è una delle ragioni per cui voglio tornare in Turchia quando diventerò sacerdote. Voglio celebrare la messa in turco, confessare in turco. La mia esperienza dimostra che in Turchia ci sono veramente molti ragazzi alla ricerca della verità. Questi ragazzi, se entrano in chiesa e parlano con un sacerdote, devono essere accolti da un sacerdote che conosca la lingua e la cultura turca. Così il loro cammino spirituale va avanti». Nura è una donna colta, intraprendente e battagliera: «Noi musulmani convertiti al cristianesimo in Italia siamo in tanti. Tra noi lo sappiamo. Ma non ce lo diciamo. Tranne quando c’è un rapporto intimo. Ciò avviene più facilmente tra le donne sposate con gli italiani. Quando ci sono i figli delle coppie miste che hanno dei nomi cristiani, è facile intuire la conversione. Ci sono delle mamme formalmente musulmane che festeggiano il battesimo, la comunione e la cresima dei loro figli! Ma in pubblico diciamo che siamo atei. Questa è la strategia adottata all’unanimità: farsi passare per atei». Nura vorrebbe emanciparsi dalle catene della paura e dell’ipocrisia. Lancia un vibrante appello: «Dobbiamo aprire le catacombe! Quando ci sarà la libertà di culto anche per noi, vedrete quanti ne usciranno fuori! Oggi non sussiste il diritto alla reciprocità. Perché il cristiano che diventa musulmano può manifestare tranquillamente la propria fede, addirittura si fa della pubblicità senza rischiare nulla, mentre il musulmano che diventa cristiano vive nella paura? Il cristiano che diventa musulmano è fiero. E’ come se si sentisse ben protetto alle spalle. Noi invece ci nascondiamo. Abbiamo paura. Io ho il terrore di entrare in chiesa. Scelgo una chiesa lontana dal quartiere dove abito. Sto molto attenta a non farmi vedere. Ma non rinuncio a andare in chiesa. Ci credo veramente. La prima volta che ho sentito una messa in arabo mi sono messa a piangere».
La sua denuncia è forte: «La Chiesa non ci dà un angolo per noi. Un angolo per i musulmani convertiti. La Chiesa dovrebbe chiedere ai governi musulmani di sottoscrivere il diritto di reciprocità anche sul piano della libertà di culto. Oggi siamo costretti a vivere nella schizofrenia. In caso di difficoltà sono costretta a dire che non sono cristiana. Se lo dichiarassi non potrei più tornare nel mio paese d’origine. Anche se ho acquisito la cittadinanza italiana, nel mio paese sono sottoposta alle leggi locali». Quindi la stoccata finale: «La Chiesa ci considera una sorta di tabù. Loro hanno i registri. Sanno bene quanti Abdallah e Khadija si sono convertiti in Pietro e Maria. Loro lo sanno. Perché non lo dicono? E’ giusto tutelare le persone. Ma potrebbero almeno dire che il fenomeno esiste, che riguarda molte, molte persone. Perché stanno zitti? Io denuncio il silenzio della Chiesa. Noi ci sentiamo abbandonati. Dopo la conversione non abbiamo nessuno che ci sostenga. Chiediamo aiuto alla Chiesa e all’Italia: proteggeteci! Difendeteci!». Bekim è un regista teatrale. Flutura è un’attrice molto nota in Albania: «La nostra generazione è cresciuta senza fede, senza religione, senza Dio. Non sapevamo in che cosa credere. E non sappiamo che cosa eravamo prima, se cristiani o musulmani. Per questo motivo noi albanesi oggi abbiamo il privilegio di scegliere. Siccome adesso viviamo in Italia, stiamo conoscendo il cattolicesimo. Da tre anni siamo in contatto con i cattolici. Loro ci aiutano tanto. Forse la loro bontà, la loro carità ci hanno spinto a entrare nella religione cattolica». La coppia albanese spiega così la scelta religiosa morbida, senza traumi: «Noi in realtà non siamo mai stati dei veri musulmani. Ecco perché oggi non ci sentiamo dei convertiti. Non riteniamo di aver abbandonato l’islam. Di fatto aderendo al cattolicesimo noi scegliamo per la prima volta la nostra fede. Ci battezzeremo la prossima Pasqua. Nostra figlia è già stata battezzata. Tante famiglie albanesi in Italia sono diventate cattoliche. Secondo noi il settanta per cento degli albanesi in Italia erano o sono diventati cristiani, ortodossi o cattolici. Non ci sono dubbi». Al di là dei numeri alcune considerazioni si impongono. La nuova realtà dei neocristiani fa emergere la dialettica e la vitalità presenti in seno all’islam. Conferma ancor di più quanto sia infondato lo stereotipo che immagina i musulmani come una massa monolitica, oscurantista e immutabile. E poi chiama in causa il Vaticano e l’Italia. Ci sono fedeli cristiani e cittadini italiani che si sentono discriminati e temono per la loro vita nel nostro Paese a causa della loro conversione dall’islam. La condanna di apostasia li perseguita. Finora sono sopravvissuti nel buio come ombre fuggiasche. Ma ora hanno deciso di parlare. Rivendicano il diritto di vivere alla luce del sole.

«Il Papa difenderà la libertà dei musulmani convertiti» (CDS 4.9.03)
La Chiesa interviene sulle minacce di condanna a morte per chi lascia l’islam. L’apertura dei teologi moderati: «L’apostata non va ucciso»
ROMA - «Il Papa non fa altro che chiedere il diritto alla libertà di coscienza. Per lui è uno dei diritti fondamentali dell’uomo, insieme con quello alla vita». Il Vaticano interviene sulla scottante vicenda dei musulmani convertiti al cristianesimo in Italia. Le loro testimonianze, raccolte dal Corriere , sono state recepite con interesse ai più alti vertici della Santa Sede. Monsignor Michael Fitzgerald, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso del Vaticano, afferma in un’intervista: «Dico a tutti i musulmani convertiti al cristianesimo che noi non cessiamo di parlare di questa libertà di coscienza con i nostri partner. Spesso tendono a limitare la libertà di religione alla libertà di culto. Per noi la libertà di religione va oltre, abbraccia anche la libertà di cambiare la religione». Il dado è tratto. Una questione che fino a ieri si preferiva tenere in sordina per non irritare i Paesi e le comunità islamiche, è finalmente approdata all’attenzione e al giudizio dell’opinione pubblica. Ancora una volta la realtà del vissuto delle persone si è imposta sui facili schemi mentali che spesso per ignoranza o per calcolo finiscono per dare un’immagine stereotipata e demonizzante dei musulmani. Ora sappiamo che anche nel nostro Paese ci sono alcune migliaia di musulmani che a un certo punto della loro vita hanno sposato la fede in Gesù Cristo. Emerge con chiarezza che non è soltanto l’islam a piacere a una parte di italiani cristiani, laici, comunisti, fascisti o anarchici, ma anche il cristianesimo convince taluni fedeli di Allah e del messaggio del profeta Mohammad, Maometto. La novità è che sussiste una reciproca attrazione verso le due religioni, che islam e cristianesimo sono entrambe concorrenti nel conquistare la mente e l’animo di tante persone alla ricerca della verità. Indubbiamente la libertà di coscienza dei musulmani si pone come la questione centrale dell’islam contemporaneo. E’ chiaro che quanti sostengono la condanna a morte dell’apostata si pongono automaticamente al di fuori del consesso della società civile e della legalità internazionale. Il rispetto della sacralità della vita umana si afferma come il parametro fondamentale con cui valutare il livello della compatibilità dell’islam con i valori fondamentali della persona così come sono concepiti in Occidente. Noi siamo andati a cercare e abbiamo voluto valorizzare le voci, come quella del teologo riformista egiziano Gamal al Banna, che sono decisamente schierate a favore della libertà di religione e contro qualsiasi atto violento, intimidatorio o discriminatorio nei confronti dell’apostata. Siamo consapevoli che, nell’ambito strettamente teologico, queste voci sono una minoranza. Ma siamo certi che esprimono la volontà della maggioranza silenziosa dei musulmani. La massa protagonista della «religione popolare» che coniuga la fede con il buon senso, retaggio di tradizioni millenarie. Resta in piedi ed è ancora forte lo scontro con i paladini della «religione massimalista», convinti assertori dell’imperativo di sottomettere la persona, costi quello che costi, alla loro interpretazione dei dogmi della fede affinché trionfi il «vero islam». E’ assai significativo che la questione-cardine della fede e dell’apostasia nell’islam emerga e venga affrontata nella culla della cattolicità. Si profila uno scontro tra titani sul piano dei valori e dei modelli di vita. C’è chi pensa che in realtà la riforma liberale e democratica dell’islam scaturirà in Occidente. Per la verità, almeno finora, l’Occidente emerge come fortezza dell’integralismo e dell’estremismo islamico. Ma è un dato di fatto che è qui, a casa nostra, che si sta realizzando l’incontro-scontro tra comunità musulmane stabili e la popolazione autoctona occidentale. Ecco perché le testimonianze dei musulmani convertiti, da noi raccolte, confermano l’intreccio ineludibile tra le due religioni e i due mondi incarnati dalla realtà dell’islam radicato in terra d’Occidente. I loro problemi sono anche i nostri problemi. Dalla loro libertà dipenderà anche la nostra libertà.
(2-fine. La puntata precedente è stata pubblicata ieri 3 settembre)

LE REGOLE ISLAMICHE
Sciiti e sunniti concordi: chi tradisce la fede va ammazzato
ROMA - Secondo il celebre teologo riformista egiziano Mohammad Abdu (1849-1905) l’apostasia nell’islam, in arabo riddah o irtidad , sussiste quando un musulmano rifiuta tre cardini della religione: la fede in Dio, la fede nella resurrezione, l’impegno a praticare il bene e a evitare il male. Abdu è stato in realtà un sostenitore della libertà di coscienza. Si limitava a prendere atto che nel diritto musulmano classico si registra una comunanza nella definizione, condanna e sanzione con la pena di morte del reato di apostasia. In effetti ci troviamo di fronte a uno dei pochi casi in cui tutte le scuole giuridiche islamiche tradizionali, sunnite e sciite, si trovano sostanzialmente d’accordo. Le quattro scuole giuridiche sunnite divergono di poco sulle modalità e i tempi del «ravvedimento» concesso all’apostata. I hanafiti, considerati i più liberali, sostengono che bisogna concedergli tre giorni di tempo. Per contro gli shafi’iti considerano inutile l’offerta del pentimento. I giafariti, che sono sciiti duodecimani, distinguono tra il murtadd al fitra , l’apostata originariamente musulmano, che va condannato a morte subito, e il murtadd al milli , l’apostata convertito all’islam, a cui va concessa la possibilità di ravvedersi. Ma in tutti i casi la fine dell’apostata impenitente è la stessa: la morte. Francesco Castro, il più insigne docente di diritto islamico in Italia, spiega che ci sono due ordini di problemi. Il primo è di natura strettamente giuridica: «In sede di codificazione moderna del qanun, il codice civile dello Stato, è venuta meno la condanna a morte dell’apostata prevista dalla sharia, la legge islamica. Nella gran parte dei paesi musulmani l’apostasia viene sanzionata con pene carcerarie». Il secondo problema è giuridico-istituzionale: «L’uccisione dell’apostata è considerata un fard , un obbligo individuale per ciascun musulmano. Tuttavia oggi non c’è un organo istituzionale deputato a eseguire la condanna. Non c’è più né la figura del qadi che applica la sharia, né quella del califfo o del sultano che ordinano l’esecuzione delle sentenze islamiche. In teoria, secondo lo schema islamico tradizionale, dovrebbe essere il capo dello Stato a far eseguire la condanna a morte dell’apostata. Ma in uno stato di diritto, ancorché approssimativo, ciò non avviene». Va tenuto presente che esiste una corrente teologica riformatrice che sostiene apertamente la libertà di coscienza dei musulmani. E’ rappresentata da Gamal al Banna, Mohammad Said al Eshmawi, Mohammad Talbi, lo sheikh Mahmud Shaltut. Questi teologi moderati sostengono che nessun versetto del Corano contempla esplicitamente la condanna a morte dell’apostata e contestano la fondatezza del detto attribuito al profeta Mohammad, Maometto, in cui avrebbe sostenuto «Uccidi chi cambia religione». (m. a.)

IL TEOLOGO ARABO
Al Banna: vanno rispettati
ROMA - Al telefono dalla sua casa-biblioteca al Cairo già predisposta a immortalare le sue numerose opere, il teologo riformista musulmano Gamal al Banna assume una coraggiosa difesa del diritto dei musulmani a cambiare religione: «Sono liberi di diventare apostati. La fede e l’apostasia rientrano nella sfera delle scelte personali. Dio riconosce che la fede è un fatto personale. L’apostata non soltanto non deve essere ucciso, ma non deve essere in alcun modo discriminato, non gli deve essere fatto alcun male». Fratello del più noto Hassan al Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani, Gamal, ormai ultraottantenne, emerge come il capofila dei fautori di un islam libero, moderno e democratico. In Italia sta emergendo il fenomeno dei musulmani che si convertono al cristianesimo. Lei come li giudica? «Sono liberi di credere in ciò che vogliono. Il Corano non pone alcun divieto alla libertà di coscienza. Dio dice: "Non c’è costrizione nella religione" (Corano, II, 256). E ancora: "A voi la vostra religione, a me la mia" (Corano, CIX, 6). La religione non può essere imposta». Ma sono apostati? E in quanto tali debbono essere puniti con la morte?
«Sono apostati. Ma sono liberi di esserlo. Dio dice: "Chi vuole creda, chi non vuole respinga la fede" (Corano, XVIII, 29). In realtà la questione si pone perché vi è una discrepanza tra il dettame del Corano, l’esempio del profeta Mohammad (Maometto) e tra l’interpretazione dei faghih , i giureconsulti islamici. Ebbene purtroppo oggi i faghih appartenenti al sunnismo e allo sciismo concordano sul fatto che l’apostasia vada sanzionata con la pena di morte. Ci sarebbe un solo hadis , un detto attribuito al Profeta, che prevederebbe la morte dell’apostata. Secondo quanto riferito dal suo compagno Ibn Abbas, il Profeta avrebbe affermato: "Uccidi chi cambia religione". Ma si tratta di un hadis ahad , cioè che ha un’unica fonte di riferimento, che non è comprovato da altre testimonianze. Quindi non va preso in considerazione. In ogni caso quanto prescrive il Corano, che è parola di Dio, prevale su tutto il resto». Lei considera l’apostasia come un diritto del musulmano nell’ambito della sua libertà di coscienza? «Dobbiamo tenere presente che la fede si basa essenzialmente sulla volontà personale. Dio stesso ha voluto creare una umanità diversificata. Ogni forma di costrizione, di arbitrio o anche di semplice ingerenza nella sfera della fede religiosa deve pertanto essere categoricamente esclusa. Tutte le questioni attinenti alla fede devono essere trattate con la logica dell’appello e del dialogo, così come Dio ha invitato i profeti a fare». Quindi lei esclude categoricamente la pena di morte per l’apostata? «Sì, nel modo più assoluto. La fede e l’apostasia rientrano nella sfera delle scelte personali. Dio dice: "Se fate il bene, lo fate a voi stessi; se fate il male, è a voi stessi che lo fate" (Corano, XVII, 7). Dio riconosce che la fede è un fatto personale. L’apostata non soltanto non deve essere ucciso, ma non deve essere in alcun modo discriminato, non gli deve essere fatto alcun male». Ma quanti la pensano come lei nel mondo musulmano? «Ho già detto che purtroppo la maggioranza dei faghih sono fautori dell’uccisione dell’apostata. Io e altri teologi islamici riformisti stiamo cercando di modificare questo orientamento. Recentemente alcuni teologi hanno sostenuto che il periodo di "pentimento" dell’apostata, prima dell’applicazione della pena di morte, non deve essere limitato a soli tre giorni bensì protrarsi per tutta la vita. Di fatto è una revoca della sanzione». Come valuta la realtà delle comunità musulmane in Italia e in Europa? «Noi ci auguriamo che il pensiero e l’opera di personalità moderate, come mio nipote Tareq Ramadan, possano contribuire a risolvere la crisi dell’islam in Europa. Noi consideriamo la religione come un fatto attinente alla sfera privata. Siamo per la separazione tra la religione e lo Stato. E’ il potere che danneggia la fede. E’ successo per l’islam, per il cristianesimo e anche per il comunismo. E’ ora di separare la religione dallo Stato». M. A.
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