Preti pedofili. La mano leggera di Wojtyla, il pugno duro di Ratzinger blog.panorama.it

Per Joseph Ratzinger è l’ora più sofferta del pontificato, riferiscono i suoi più stretti collaboratori. Lo scandalo degli abusi del clero sui minorenni lo ha travolto insieme al fratello e al braccio destro Tarcisio Bertone. Ma il Papa tedesco rischia di pagare anche le colpe di altri. A cinque anni dalla morte di Giovanni Paolo II, il «Papa santo», riemergono infatti, a poco a poco, verità scomode sui ritardi e le omissioni di Karol Wojtyla nella lotta contro la pedofilia: processi insabbiati, vescovi imposti dall’alto e poi costretti alle dimissioni dagli scandali, tardive modifiche delle norme canoniche, commissioni di inchiesta che arrivano dieci anni dopo le denunce e così via.
Un risvolto oscuro del luminoso pontificato di Giovanni Paolo II che rischia di ostacolare anche la sua causa di beatificazione. Il dossier più controverso riguarda infatti la nomina dei vescovi, uno dei punti deboli del pontificato di Wojtyla. Più di una volta Giovanni Paolo II, affiancato dal suo segretario personale Stanislaw Dziwisz, ha ignorato le indicazioni fornite dalla Congregazione per i vescovi e dalle chiese locali, preferendo imporre presuli che poi sono stati travolti dagli scandali. Clamoroso il caso dell’arcivescovo di Vienna, il monaco benedettino ultratradizionalista Hans Hermann Groer, scelto a sorpresa da Wojtyla nel 1985 per riportare ordine nella Chiesa austriaca e promosso cardinale. Accusato di molestie, Groer è costretto a dimettersi nel 1995, ma solo tre anni dopo, alla vigilia del contestato viaggio di Giovanni Paolo II in Austria, il cardinale benedettino viene allontanato dalla diocesi di Vienna e si ritira in un monastero di suore. Inutilmente Ratzinger chiede di aprire un processo canonico a carico di Groer, come riferisce l’attuale arcivescovo di Vienna, Christoph Schoenborn: viene bloccato dallo stesso Wojtyla.
Analoga la vicenda di Juliusz Paetz, prelato di anticamera di Giovanni Paolo II. Ordinato nel 1982 vescovo di Lomza, in Polonia, il Papa decide di promuoverlo arcivescovo di Poznan nel 1996, come suo uomo di fiducia in seno all’episcopato polacco. Ma una dozzina di giovani lo accusa di molestie sessuali. La psichiatra Wanda Poltawska, amica e consulente di Wojtyla, lo informa della vicenda pregandolo di intervenire quanto prima. Il Pontefice attende fino al 2002 per prendere provvedimenti, quando ormai lo scandalo è irrimediabilmente esploso sulla stampa polacca. Paetz viene finalmente dimissionato ma l’episcopato della Polonia ne esce a pezzi.
Perché Giovanni Paolo II ha esitato a rimuovere Paetz nonostante le segnalazioni della sua amica Poltawska? Temeva che lo scandalo potesse allargarsi alla curia romana, dove aveva prestato servizio il vescovo? Forse questa può essere una ragione. Più in generale, Wojtyla diffidava di dossier e voci a carico dei sacerdoti, ricordando come il regime comunista fosse abituato a diffondere false informative e finte denunce per incastrare i preti (la «disinformacjia»).
Tuttavia, Giovanni Paolo II non ha prestato ascolto neppure alle voci a carico del suo ex segretario personale, l’irlandese John Magee. Incurante di quanto si diceva in merito ai comportamenti di Magee, nel 1987 Wojtyla lo nominò vescovo di Cloyne in Irlanda. Oggi l’ex segretario di Giovanni Paolo II è stato riconosciuto colpevole da Benedetto XVI di avere coperto sacerdoti pedofili e per questo si è dovuto dimettere. Ma forse sono state proprio le debolezze private di Magee a impedirgli di intervenire con la dovuta fermezza nei confronti dei suoi sacerdoti.
Wojtyla non ha dato retta neanche alle accuse a carico di Edward Nowak, polacco, per 17 anni segretario della Congregazione per le cause dei santi. Ma Ratzinger, poco dopo essere stato eletto, ha dimissionato Nowak senza affidargli alcun altro incarico in curia. E c’è chi si azzarda a descrivere una sorta di lobby omosessuale che si sarebbe formata nei sacri palazzi all’insaputa di Wojtyla, cementata dalle amicizie e dai ricatti reciproci. Ne avrebbero fatto parte anche un ex capo dicastero insieme con il presidente e il segretario di due enti vaticani, tutti dimissionati o allontanati dal Palazzo apostolico a opera di Benedetto XVI.

Prima impegnato nei numerosi viaggi internazionali, poi afflitto dal morbo di Parkinson, Wojtyla si è dedicato poco al governo della curia. Ma accanto alla Congregazione per la dottrina della fede, guidata da Ratzinger, anche altri dicasteri avrebbero dovuto vigilare: la Congregazione per i vescovi, quella per il clero e quella per i religiosi. Deciso a rafforzare il ruolo e le responsabilità di questi dicasteri, nel 2009 Benedetto XVI ha concesso nuove facoltà alla Congregazione per il clero, incluso il potere di sanzionare immediatamente i sacerdoti in materia di abusi sessuali.
Emblematico il caso del fondatore dei legionari di Cristo, Marcial Maciel Degollado. Nel 1998 padre Maciel viene denunciato in Vaticano da ex legionari che lo accusano di avere abusato di loro quando erano minorenni. L’istruttoria viene affidata al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Ratzinger. In realtà già nel 1956 Maciel era stato sospeso per due anni dalle sue funzioni e allontanato dai legionari. Poi era stato reintegrato. Nuove denunce a carico del fondatore dei legionari di Cristo arrivano al Papa polacco poco dopo la sua elezione. Ma non accade nulla.
Nel 2002 Maciel nega ogni addebito, tuttavia Ratzinger completa la sua istruttoria. Wojtyla, già ammalato, affida la «gestione politica» del caso al segretario di Stato, Angelo Sodano, che preferisce rinviare ogni decisione. Sopraggiunge la morte di Giovanni Paolo II e, appena un anno dopo essere stato eletto, Benedetto XVI condanna Maciel. Quindi ordina una visita apostolica (ispezione) in tutte le case e nelle scuole dei legionari di Cristo, che si è conclusa nei giorni scorsi. Così l’operazione trasparenza di Ratzinger nei confronti dei legionari va avanti benché si tratti di una delle congregazioni più affini a questo Pontefice dal punto di vista teologico e dottrinale.
Anche nei confronti del caso pedofilia nella Chiesa americana (4.400 sacerdoti accusati di abusi compiuti dal 1950 al 2002) emerge il diverso atteggiamento di Wojtyla e di Ratzinger. Nel 1984 viene segnalato il primo caso: Gilbert Gauthe in Louisiana. Ma Giovanni Paolo II attende fino al 1993 per insediare la prima commissione mista Santa sede - Conferenza episcopale Usa per «studiare» il problema. Lo stesso anno Wojtyla scrive una lettera all’episcopato statunitense deplorando «il sensazionalismo» alimentato dai mass media sulla pedofilia nella Chiesa Usa e raccomandando ai vescovi massima riservatezza nel trattare i casi.

In questo clima, si comprende meglio anche l’atteggiamento di Ratzinger e di Bertone (allora segretario della Congregazione per la dottrina della fede) nel caso di Lawrence Murphy, accusato di pedofilia nella diocesi di Milwaukee, sollevato nei giorni scorsi dal New York Times.
Giovanni Paolo II attenderà fino al 2001, quando ormai lo scandalo pedofilia è esploso in tutta la sua violenza non solo negli Usa, per autorizzare Ratzinger ad aggiornare le norme in materia, contenute nel Codice di diritto canonico del 1983 che aveva abrogato l’istruzione «Crimen sollicitationis» del 1962. L’esperienza americana mostra come siano stati proprio i vescovi locali a insabbiare spesso i procedimenti contro i sacerdoti pedofili.
Per questo, nelle nuove norme redatte da Ratzinger nel 2001 sui delitti più gravi («De delictis gravioribus»), la competenza a giudicare su questi crimini viene affidata all’ex Sant’Uffizio. Le pene sono inasprite, si allungano i termini della prescrizione e l’applicazione della norma viene estesa agli abusi compiuti su minorenni fino a 18 anni. Un anno dopo, Ratzinger è uno dei protagonisti dell’incontro tra i vertici della Santa sede e l’episcopato americano, che inaugurerà la «tolleranza zero» nella Chiesa Usa. Nonostante questo, il cardinale di Boston, Bernard Francis Law, costretto alle dimissioni per avere coperto sacerdoti pedofili, nel 2004 viene «promosso» da Wojtyla arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, tra le proteste dei fedeli.
Un anno dopo sarà eletto Ratzinger, che impone subito un cambio di passo: convoca per due volte in Vaticano i vescovi irlandesi, incontra le vittime dei preti pedofili negli Usa e in Australia, condanna il messicano padre Maciel e gli italiani padre Gino Burresi e don Lelio Cantini con sentenze pubbliche, sblocca centinaia di processi a carico dei preti pedofili. Ma mentre il Papa polacco arriva sugli altari a tempo di record, il pastore tedesco fa il capro espiatorio nella lotta contro i preti orchi.
Ignazio Ingrao
Martedì 6 Aprile 2010


Non commettiamo l'errore con la tentazione di difendere la Chiesa con la falsa storia dei complotti specie quando si accusano gli ebrei, nostri fratelli maggiori nella fede che tanto hanno sofferto. Questa è una purificazione che si attendeva da tempo con la speranza che si sposti anche al di fuori della Chiesa dove i casi di abusi si presume siano almeno 10 volte superiori e molto spesso rimangono nascosti o perfino protetti. Cerchiamo sempre la verità.