MIRACOLI dall'Antico Testamento a oggi di Joachim Bouflet membro della Congregazione per le Cause dei Santi a Roma. Ottimo libro che consiglio di leggere per capire come i miracoli vengono giudicati dalla Chiesa e perchè non sono così importanti per la fede e la santità. La differenza di veduta tra le varie religioni, le deviazioni di alcuni gruppi carismatici e falsi mistici come nel caso di Medjugorje.
Attenzione comunque a non vedere miracoli ovunque, infatti ancora poco sappiamo sui meccanismi di regressione di malattie anche gravi e di autosuggestione. Non per niente nel buddismo i miracoli non esistono perchè si tratta di semplici poteri psichici che chiunque puo' raggiungere attraverso una pratica assidua della meditazione. Meglio quindi imparare a chiedere al buon Dio di sopportare pazientemente ogni male che comunque comprende le nostre debolezze e di tanto in tanto ci lascia dei segni della Sua presenza in mezzo a noi.
22.2.2010 Guerra sulla fortuna ereditata dal parroco (da Don Ernesto Moro che è famoso soprattutto nella sua diocesi per le «messe della guarigione», alle quali partecipa anche Marija Pavlovic Lunetti)
lastampa.it
Don Ernesto ha ereditato sei milioni di euro Braccio di ferro con i vescovi
PIERANGELO SAPEGNO
PRATO
Don Ernesto Moro ha messo anche dei fiori vicino ai banchi per rendere più accogliente la sua Chiesetta di San Pietro, a Seano, un posticino di 7 mila abitanti vicino a Prato. Per fare le campane nuove, poi, ha chiesto pure 25 mila euro ai suoi parrocchiani. Che hanno cominciato subito a protestare e a scrivere ai giornali, perché don Ernesto aveva appena ereditato quasi sei milioni d'euro da una signora che doveva essersi un po' innamorata di lui: «Non gli bastano per aggiustare la Chiesa?». Il sacerdote non ha mai negato quel lascito piovuto più o meno dal cielo, solo che adesso ha tenuto a precisare che la signora, buonanima, aveva intestato tutto a lui: «La parrocchia, invece, è povera». Ma il problema è proprio questo: può un prete tenersi tutta un'eredità, senza dare niente ai suoi poveri? Nel mezzo della guerra tra i fedeli e il suo sacerdote, lui se n'è uscito con una promessa: «Li darò alle missioni». Allora è intervenuto il vescovo di Pistoia, monsignor Mansueto Bianchi: bene, allora renda pubblica la donazione e faccia in fretta. «In questo clima dilagante di furbizia e corruzione, credo che almeno la Chiesa debba rimanere un argine affidabile di onestà e trasparenza».
A dire il vero, la guerra non sembra finita così. O perlomeno non lo è ancora. Innanzitutto, lo si deduce dal tono della lettera che il vescovo ha voluto rendere pubblica: «Chi agisce diversamente (cioè, non dà quei soldi ai poveri, ndr) sa di trattenere risorse che non gli appartengono e pertanto si comporta illegittimamente, contro la legge della Chiesa e contro la legge morale». Il fatto è che prima di poterli regalare, quei soldi, dovrebbe trasformare in denaro le ville, i quadri rinascimentali e gli splendidi mobili d'antiquariato ricevuti in eredità. Cioè, ci vuole un po'. Nel frattempo, come racconta Alessio Bracciotti, uno dei suoi parrocchiani, «ha messo a disposizione dei ragazzi la villa di Comeana per l'estate e i ritiri spirituali, prima della Comunione e della Cresima». Come a dire: la casa è sua, ma la apre agli altri. «Anche lui ci va spesso a meditare», ha poi aggiunto, senza ironia, il fido Bracciotti. Come se non bastasse, le malelingue del paese hanno cominciato a raccontare tutta la loro storia su questa eredità contesa. Don Ernesto è un prete un po' particolare, che officia una messa in suffragio di Ayrton Senna, ma che è famoso soprattutto nella sua diocesi per le «messe della guarigione», alle quali partecipa anche Marija Pavlovic Lunetti, una dei sei veggenti di Medjugorje, andando tutte le volte in trance davanti ai fedeli. Don Ernesto, poi, era già finito nei guai qualche anno fa, quando qualcuno aveva lasciato dei volantini scritti a mano davanti alla Chiesa per dire che il parroco collezionava storie sentimentali con delle donne. Anziché smentire, lui dedicò un San Valentino a una ricca signora, vedova e senza figli: «Che l'affetto e l'amore sbocciato fra di noi possa rimanere ad multos annos».
Molti fedeli adesso raccontano che ogni sera il prelato facesse una telefonata alla vedova, per darle la sua benedizione prima di andare a dormire. I vicini di casa testimoniano anche come il sacerdote suonasse alla porta della signora tutti i mercoledì, «per la consueta cena settimanale». Quando lei muore, gli lascia in eredità una splendida villa rinascimentale sulle colline di Comeana, con dépendance e terreni annessi, e un'altra liberty alla Pietà, nella zona signorile di Prato.
La donna era morta nel 2004. Sette lontani parenti della signora impugnarono subito il testamento, presentandone un altro che avrebbe dovuto essere olografo, nel quale le proprietà venivano divise fra dieci eredi, prete compreso. Ci sono voluti 5 lunghi anni di causa e battaglie giudiziarie, ma alla fine una sentenza ha nominato pochi mesi fa don Ernesto Moro «unico erede universale», avendo i periti stabilito che quell'altro testamento non era affatto olografo. Proprio mentre gli era piovuto addosso quella fortuna, il sacerdote aveva chiesto ai suoi parrocchiani 25 mila euro per le campane.
Apriti cielo. Quei soldi ovviamente non sono ancora arrivati. E' arrivata la lettera del vescovo: un'eredità «non appartiene al parroco, ma dev'essere versata nella casse della parrocchia per servire alle spese di culto, di aiuto ai poveri, e mantenimento degli immobili». Quindi, anche le campane. «Per quanto i riguarda i beni che uno riceve a titolo personale, è sua facoltà usarne con la libertà riconosciuta a ogni cittadino. Ma trattandosi di un sacerdote, quell'uso deve avvenire nel quadro dei valori evangelici di carità e di servizio».
Bosnia - SCUSE PER MEDJUGORIE (Jesus marzo 2010)
L'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn si è scusato con il vescovo di Mostar, monsignor Ratko Peric, che aveva aspramente criticato una sua visita al controverso santuario mariano di Medjugorje. Schönborn aveva visitato il santuario bosniaco tenendo conferenze e messe pubbliche e, soprattutto, senza annunciare la sua presenza al vescovo diocesano, monsignor Peric, com’è consuetudine. Quest’ultimo lo aveva accusato di contribuire a dare credito a un fenomeno non riconosciuto dalla Chiesa, che ha anzi condannato alcuni dei suoi protagonisti. In un fax inviato da Roma dopo un incontro con il Papa, Schönborn afferma di «rammaricarsi se il mio pellegrinaggio a Medjugorje ha reso un disservizio alla pace».
IL CARDINALE SCHÖNBORN HA RISPOSTO AL VESCOVO PERIC 16.1.2010 Ruini indaga sulle apparizioni (ilgiornale.it 4.3.2010)
Una commissione d’inchiesta, guidata dal cardinale Camillo Ruini, presso la Congregazione per la dottrina della fede, sarà chiamata a indagare sui miracoli di Medjugorje. Come riferisce Panorama, la richiesta arriva direttamente da Benedetto XVI. Si apre così, per il Santuario della Regina della pace, vicino a Mostar, in Bosnia Erzegovina un periodo burrascoso. Non si placa lo scontro tra la diocesi di Mostar, guidata dal vescovo Ratko Peric, e nove ex francescani, espulsi dall’Ordine dei frati minori, che non vogliono abbandonare le loro parrocchie. Altro tema di discordia sarebbe l’accusa a padre Vaslic ex viceparroco e consigliere spirituale dei sei giovani veggenti che ricevono le apparizioni della Madonna, costretto a lasciare l’abito francescano per non essere processato. L’accusa era quella di aver avuto una relazione con una suora e di manipolare coscienze. La recente visita a Medjugorje poi del cardinale di Vienna, Christoph Schoenborn, ha riacceso gli animi: il vescovo di Mostar si è schierato contro il porporato perché ha celebrato la messa e incontrato i veggenti. Insomma, tante questioni da risolvere anche in vista dell’anno prossimo, quando si festeggerà il trentesimo anniversario delle prime apparizioni.
Raduno ad Altamura per pregare la Madonna di Medjugorje
Il Vescovo in merito all’incontro: “Un comportamento scorretto, indisciplinato, anti-ecclesiale”
REDAZIONE ALTAMURALIFE
Mercoledì 28 Aprile 2010
Il 13 maggio si celebra l'anniversario delle apparizioni della Madonna di Fatima e di Medjugorje. "…alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà. Da Fatima a Medjugorje". Questo il titolo di un incontro di preghiera, ad ingresso libero, organizzato dal gruppo Regina della Pace e della Riconciliazione (che, ad Altamura, si riunisce ogni mercoledì sera presso la chiesa del Carmine) e in programma per giovedì 14 maggio 2010, dalle ore 14.00 alle ore 21.00, presso lo Stadio Comunale di Altamura (via Mura Megalitiche).Prevista la partecipazione di Paolo Brosio, uno dei volti più noti della televisione, che testimonierà della sua conversione, avvenuta a febbraio 2009 grazie ad un pellegrinaggio a Medjugorje. Interverranno anche padre Peter Ljubicic, il frate francescano scelto dalla veggente Mirjana (presente anche lei all'incontro di preghiera) per annunciare al mondo i dieci segreti della Madonna di Medjugorje.In merito allo stesso incontro, si è espresso il vescovo della diocesi di Atamura, Gravina e Acquaviva delle Fonti monsignor Mario Paciello:"Per via informatica e con diversi mezzi di comunicazione è stata diramata la notizia di un raduno di gruppi di preghiera legati a Medijugorie, che si effettuerà nello stadio di Altamura, il 13 maggio 2010. Premesso che il Vescovo ed i sacerdoti della Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti:
- non hanno alcun pregiudizio verso i pellegrinaggi a Medijugorie;
- riconoscono il bene spirituale che il pellegrinaggio opera nelle coscienze e nella vita di moltissimi pellegrini;
- rendono lode al Signore per le conversioni che si verificano;
In questa circostanza non possono non esprimere ad alta voce e con fermezza il proprio rammarico e formale disappunto per il modo con cui si è organizzato questo raduno, perché:
- a noi non risulta chi è il soggetto responsabile dell'iniziativa;
- non è stata chiesta al Vescovo l'autorizzazione per la manifestazione religiosa, né è stata sottoposta alla Curia il programma per la necessaria approvazione;
- si stabilisce di celebrare l'Eucarestia e di fare l'Adorazione e la Benedizione eucaristica senza alcun riferimento alle norme liturgiche;
- non si sa chi sono i concelebranti e chi darà loro il permesso di celebrare in questa Diocesi.
Poiché è di competenza delle Autorità civili concedere l'uso dello stadio e autorizzare pubbliche manifestazioni, avverto soltanto i sacerdoti che, se celebrano o portano l'Eucarestia per l'Adorazione, agiscono nella disobbedienza all'Autorità ecclesiastica costituita.Come cristiano non posso che gioire quando il popolo di Dio prega, loda il Signore e onora la Vergine Maria, ma, come Vescovo, anche a costo di non essere capito ed approvato, devo riprovare in pieno un comportamento scorretto, indisciplinato, anti-ecclesiale. Non so quanto la Vergine Maria possa gioire di tutto questo, né quanto giova alla causa di Medijugorie mettere i Padri ed i Veggenti in difficoltà di rapporti con l'Autorità ecclesiastica delle chiese locali".
Arcidiocesi Brindisi-Ostuni
Ufficio Stampa www.diocesibrindisiostuni.it ufficiostampa@diocesibrindisiostuni.it
COMUNICATO STAMPA
Precisazione circa le presunte apparizioni della Madonna ad un ragazzo di Brindisi
Il 16 aprile u.s., e nei giorni successivi, S.E. l’Arcivescovo Mons. Rocco Talucci, è venuto aconoscenza del fenomeno relativo a presunte apparizioni e messaggi della Vergine Maria al giovanebrindisino Mario D’Ignazio, solo attraverso il racconto di alcune televisioni e quotidiani locali.I fatti, così come riferiti dalle cronache, avverrebbero nella sua casa di campagna in contradaSanta Teresa, nel giorno del venerdì.
Solo il 30 aprile u.s. il giovane ha fatto visita all’Arcivescovo. Nel colloquio, molto sereno, sonoemerse numerose riserve, risultando confusa l’identità delle stesse presunte apparizioni, purmantenendo il rispetto per le scelte personali.Si precisa che la visita del giovane all’Arcivescovo ha avuto solo significato informativo.Il colloquio è stato paterno e interlocutorio senza che ne sia derivato, da parte dell’Arcivescovo,né un “nulla osta”, né un divieto.
Non ci sono motivi di approvazione o di disapprovazione.Si tratta di un’esperienza personale affidata alla responsabilità del soggetto.Numerose sono le apparizioni autentiche; molte altre, invece, sono presunte o svanite nel nullaperché legate a fatti emotivi e di natura psicologica che si sono risolte con spiegazioni umane.Nei mesi precedenti è mancato ogni riferimento all’autorità religiosa, mentre è esplosa ladiffusione attraverso gli organi di informazione, con conseguente spettacolarizzazione deifenomeni.
Si esorta il soggetto interessato alla riservatezza, alla preghiera e alla comunione ecclesiale,evitando una indebita diffusione di messaggi.
Ai fedeli è vivamente consigliata la preghiera alla Vergine Santa, mente li si sollecita ad evitareogni forma di curiosità.
Si esortano gli operatori dell’informazione a non enfatizzare un fenomeno che ha bisogno disilenzio e discernimento.
A tutti si ricorda che il messaggio del Vangelo rimane la vera strada per il rinnovamentodel cuore degli uomini e per la costruzione di una società nuova. gio.mor.
Brindisi, 3 maggio 2010
Ufficio Stampa - Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni
Piazza Duomo, 12 - 72100 Brindisi
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Nel frattempo i messaggi trasmessi dal Signor Mario D'Ignazio stanno già circolando nonostante il divieto del Vescovo. Inutile tirare in ballo pseudo esperti alla Laurentin che addirittura accusano la Chiesa ed i teologi di non comprendere l'importanza di questi fenomeni come Medjugorje, Dozule, ecc. Meno male invece, salvo qualche eccezione, che la Chiesa resiste a queste intrusioni che non fanno altro che diffondere un falso Vangelo.
Pordenone. «Vedo Gesù e la Madonna»:la chiesa di Prodolone invasa dai fedeli PORDENONE (14 maggio) - A Prodolone, piccolo paesino di campagna dove vivono mille anime, ogni ultima domenica del mese si perpetua un vero e proprio evento che calamita alla parrocchia di San Martino, alla stregua di un pellegrinaggio, fedeli provenienti da tutto il Triveneto.
Ma quante cose dice il 3. segreto
Fatima e i cambiamenti di interpretazione del Vaticano
15 mag 2010 Corriere del Ticino
di CARLO SILINI - A costo di sembrare irriverenti, pensiamo che sia utile raccontare una storia del terzo segreto di Fatima che con ogni probabilità non verrà mai confermata da nessuna autorità vaticana. È una storia che non si basa su dichiarazioni ufficiali o su inchieste nebbiose tra gli archivi della Santa Sede, come piacerebbe ai fan di Dan Brown, ma semplicemente sulla lettura del messaggio stesso di Fatima e sugli apparentemente inspiegabili cambiamenti di interpretazione da parte del Vaticano. Potremmo chiamarla un’interpretazione indiziaria, con tutti i limiti che questo comporta. Ecco, quindi, la storia.Il terzo segreto di Fatima è la terza parte del messaggio che la Madonna avrebbe rivelato ai tre pastorelli a cui era apparsa nella località portoghese nel 1917. Il messaggio racconta, tra le altre cose, di un vescovo vestito di bianco che, salendo una ripida montagna sormontata da una croce, veniva ucciso da un gruppo di soldati. Prima che fosse rivelato urbi et orbi nel Duemila, per volontà di Giovanni Paolo II, il segreto era ritenuto un tabù apocalittico, un mistero troppo terribile per essere divulgato, la chiave nascosta per comprendere i destini dell’umanità. E solo il Papa aveva il diritto di maneggiarla. Probabilmente, leggendolo e rileggendolo, i pontefici che si sono ritrovati tra le mani quel testo devono aver fatto un pensiero pastoralmente intelligente: non parliamone proprio, la rivelazione cristiana è già finita ed è contenuta per intero nel Nuovo Testamento. Segreto era e segreto rimarrà, tanto, saperlo o no, per il popolo cristiano non cambia nulla. Poi, però, mentre trascorrevano i decenni, si è creata una vera e propria caccia al tesoro attorno alle misteriose parole della Vergine e hanno cominciato a circolare versioni selvagge e clandestine di quel testo, poi rivelatesi tutte false. I terzi segreti di Fatima in circolazione cominciavano ad essere un po’ troppi. E soprattutto cominciavano ad essere presi un po’ troppo sul serio. Prima del 2000 se ne trovavano in rete d’ogni tipo e natura. Ne ricordo uno secondo il quale la Terra sarebbe stata invasa dagli extraterrestri. Insomma, la strategia del silenzio non era pagante, generava mostri.
Così, papa Wojtyla, che era il principe dei grandi gesti, deve aver pensato che rivelando il terzo segreto durante il Giubileo avrebbe colto due piccioni con una fava: fermare l’emorragia di falsi messaggi e di interpretazioni distanti anni luce (è il caso di dirlo) dal messaggio evangelico, e, nello stesso tempo, impedire ulteriori future speculazioni sul testo, indicando una spiegazione «chiusa», ferma cioè su un evento del passato, l’attentato contro la sua persona da parte di Alì Agca il 12 maggio 1982. Nessuno, da lì in avanti avrebbe potuto utilizzare quelle parole come profezie di altri fatti, come se si fosse trattato delle terzine di Nostradamus alle quali si fa dire tutto e il contrario di tutto. Nessuno tranne un nuovo Papa.E infatti, nel suo viaggio di questi giorni in Portogallo, Benedetto XVI ha riaperto le interpretazioni ufficiali del messaggio di Fatima, cumulando all’immagine dell’attentato del 1982 a Wojtyla, le sofferenze della Chiesa attraversata dalla piaga della pedofilia del clero. Che cosa è successo? Perché, dopo avere identificato il segreto con un fatto conclusosi nel 1982, Ratzinger ha voluto riaprire la partita delle interpretazioni arrivando a dire che la profezia di Fatima non è conclusa? Si noti, per inciso, che l’ha detto in totale disaccordo con quanto aveva scritto nel commento teologico del 2000: «Dobbiamo affermare, col cardinale Sodano: ‘...le vicende a cui fa riferimento la terza parte del segreto di Fatima sembrano ormai appartenere al passato’».Nessuno, tranne lui, potrebbe rispondere. Ma a noi pare ragionevole pensare che Joseph Ratzinger era ed è troppo teologo per sottoscrivere, ora che è diventato Papa, la «comoda» spiegazione wojtyliana del segreto. Già nel commento del 2000, infatti, l’allora cardinal Ratzinger spiegava che le rivelazioni di Fatima erano «private» e quindi non richiedevano quell’assenso di fede da parte dei credenti che spetta alla rivelazione pubblica (contenuta, e finita, nel Nuovo Testamento). Aggiungeva che le visioni dei veggenti non erano da intendere come visioni sensibili di fatti avvenuti nella realtà tangibile, fotografie dell’aldilà o dell’aldiquà, né visioni intellettuali, ma «percezioni interiori». Non fantasie di bambini, precisava, ma percezioni pur sempre limitate dal fattore soggettivo. Insomma, Ratzinger indicava tutti i limiti di questo tipo di rivelazioni, importanti per la pietà popolare, ma non indispensabili per la fede.
Il senso di questo tipo di profezia, aggiungeva, non era di predire il futuro «ma spiegare la volontà di Dio per il presente e quindi mostrare la retta via verso il futuro». Indicare, quindi, in un fatto «finito» il senso di una profezia significa bloccarne la forza, impedirle di avere un significato per il tempo presente. D’ora in avanti, quindi, Fatima non indicherà più solo un fatto sepolto nel passato, ma tutti quelli che in un qualche modo ricorderanno i momenti di sofferenza della Chiesa di ogni tempo. Non si tratta, perciò, di cercare corrispondenze infallibili tra le descrizioni oniriche e sfumate dei veggenti e fatti storici precisi e chiaramente identificabili. Si tratta di restituire a questo genere di rivelazioni il loro statuto di immagini sfuggenti e simboliche, aperte ad abbinamenti con la realtà presente, ma non necessarie per sorreggere la fede di chi crede. Le rivelazioni che contano, dal punto di vista teologico, risalgono a duemila anni prima. E non c’è messaggio mariano, visione, veggente o santuario che possa sostituirle o aggiungere qualcosa alle Scritture.
Incredibile storia della santona Fiorella Tersilla Tanghetti che nel bresciano ha creato una mostruosa setta distruttiva. Se non finisce in galera, significa che non si possono proteggere le persone indifese. Su Panorama N. 21, 20 maggio 2010
L'obbedienza di Santa Ildegarda di Bingen
BENEDETTO XVI - UDIENZA GENERALE - Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
Mercoledì, 1° settembre 2010
Santa Ildegarda di Bingen
Cari fratelli e sorelle,
nel 1988, in occasione dell’Anno Mariano, il Venerabile Giovanni Paolo II ha scritto una Lettera Apostolica intitolata Mulieris dignitatem, trattando del ruolo prezioso che le donne hanno svolto e svolgono nella vita della Chiesa. “La Chiesa - vi si legge - ringrazia per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e a tutte le nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità; ringrazia per tutti i frutti di santità femminile” (n. 31).
Anche in quei secoli della storia che noi abitualmente chiamiamo Medioevo, diverse figure femminili spiccano per la santità della vita e la ricchezza dell’insegnamento. Oggi vorrei iniziare a presentarvi una di esse: santa Ildegarda di Bingen, vissuta in Germania nel XII secolo. Nacque nel 1098 in Renania, a Bermersheim, nei pressi di Alzey, e morì nel 1179, all’età di 81 anni, nonostante la permanente fragilità della sua salute. Ildegarda apparteneva a una famiglia nobile e numerosa e, fin dalla nascita, venne votata dai suoi genitori al servizio di Dio. A otto anni, per ricevere un’adeguata formazione umana e cristiana, fu affidata alle cure della maestra Giuditta di Spanheim, che si era ritirata in clausura presso il monastero benedettino di san Disibodo. Si andò formando un piccolo monastero femminile di clausura, che seguiva la Regola di san Benedetto. Ildegarda ricevette il velo dal Vescovo Ottone di Bamberga e, nel 1136, alla morte di madre Giuditta, divenuta Superiora della comunità, le consorelle la chiamarono a succederle. Svolse questo compito mettendo a frutto le sue doti di donna colta, spiritualmente elevata e capace di affrontare con competenza gli aspetti organizzativi della vita claustrale. Qualche anno dopo, anche a motivo del numero crescente di giovani donne che bussavano alle porte del monastero, Ildegarda fondò un’altra comunità a Bingen, intitolata a san Ruperto, dove trascorse il resto della vita. Lo stile con cui esercitava il ministero dell’autorità è esemplare per ogni comunità religiosa: esso suscitava una santa emulazione nella pratica del bene, tanto che, come risulta da testimonianze del tempo, la madre e le figlie gareggiavano nello stimarsi e nel servirsi a vicenda.
Già negli anni in cui era superiora del monastero di san Disibodo, Ildegarda aveva iniziato a dettare le visioni mistiche, che riceveva da tempo, al suo consigliere spirituale, il monaco Volmar, e alla sua segretaria, una consorella a cui era molto affezionata, Richardis di Strade. Come sempre accade nella vita dei veri mistici, anche Ildegarda volle sottomettersi all’autorità di persone sapienti per discernere l’origine delle sue visioni, temendo che esse fossero frutto di illusioni e che non venissero da Dio. Si rivolse perciò alla persona che ai suoi tempi godeva della massima stima nella Chiesa: san Bernardo di Chiaravalle, del quale ho già parlato in alcune Catechesi. Questi tranquillizzò e incoraggiò Ildegarda. Ma nel 1147 ella ricevette un’altra approvazione importantissima. Il Papa Eugenio III, che presiedeva un sinodo a Treviri, lesse un testo dettato da Ildegarda, presentatogli dall’Arcivescovo Enrico di Magonza. Il Papa autorizzò la mistica a scrivere le sue visioni e a parlare in pubblico. Da quel momento il prestigio spirituale di Ildegarda crebbe sempre di più, tanto che i contemporanei le attribuirono il titolo di “profetessa teutonica”. È questo, cari amici, il sigillo di un’esperienza autentica dello Spirito Santo, sorgente di ogni carisma: la persona depositaria di doni soprannaturali non se ne vanta mai, non li ostenta e, soprattutto, mostra totale obbedienza all’autorità ecclesiale. Ogni dono distribuito dallo Spirito Santo, infatti, è destinato all’edificazione della Chiesa, e la Chiesa, attraverso i suoi Pastori, ne riconosce l’autenticità.
Parlerò ancora una volta il prossimo mercoledì su questa grande donna “profetessa”, che parla con grande attualità anche oggi a noi, con la sua coraggiosa capacità di discernere i segni dei tempi, con il suo amore per il creato, la sua medicina, la sua poesia, la sua musica, che oggi viene ricostruita, il suo amore per Cristo e per la Sua Chiesa, sofferente anche in quel tempo, ferita anche in quel tempo dai peccati dei preti e dei laici, e tanto più amata come corpo di Cristo. Così santa Ildegarda parla a noi; ne parleremo ancora il prossimo mercoledì. Grazie per la vostra attenzione.