Catechismo della Chiesa Cattolica
1183 Il tabernacolo, nelle chiese, deve essere situato “in luogo distintissimo, col massimo onore” [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei]. “La nobiltà, la disposizione e la sicurezza del tabernacolo eucaristico” [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 128] devono favorire l'adorazione del Signore realmente presente nel santissimo Sacramento dell'altare.
Il sacro Crisma (Myron), la cui unzione è il segno sacramentale del sigillo del dono dello Spirito Santo, è tradizionalmente conservato e venerato in un luogo sicuro della chiesa. Vi si può collocare anche l'olio dei catecumeni e quello degli infermi.
1322 La santa Eucaristia completa l'iniziazione cristiana. Coloro che sono stati elevati alla dignità del sacerdozio regale per mezzo del Battesimo e sono stati conformati più profondamente a Cristo mediante la Confermazione, attraverso l'Eucaristia partecipano con tutta la comunità allo stesso sacrificio del Signore.
1323 « Il nostro Salvatore nell'ultima Cena, la notte in cui veniva tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, col quale perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura ».
I. L'Eucaristia - fonte e culmine della vita ecclesiale
1324 L'Eucaristia è « fonte e culmine di tutta la vita cristiana ». « Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua ».
1325 « La comunione della vita divina e l'unità del popolo di Dio, su cui si fonda la Chiesa, sono adeguatamente espresse e mirabilmente prodotte dall'Eucaristia. In essa abbiamo il culmine sia dell'azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono a Cristo e per lui al Padre nello Spirito Santo ».
1326 Infine, mediante la celebrazione eucaristica, ci uniamo già alla liturgia del cielo e anticipiamo la vita eterna, quando Dio sarà « tutto in tutti » (1 Cor 15,28).
1327 In breve, l'Eucaristia è il compendio e la somma della nostra fede: « Il nostro modo di pensare è conforme all'Eucaristia, e l'Eucaristia, a sua volta, si accorda con il nostro modo di pensare ».
II. Come viene chiamato questo sacramento?
1328 L'insondabile ricchezza di questo sacramento si esprime attraverso i diversi nomi che gli si danno. Ciascuno di essi ne evoca aspetti particolari. Lo si chiama:
Eucaristia, perché è rendimento di grazie a Dio. I termini ,< (Lc 22,19; 1 Cor 11,24) e ,< (Mt 26,26; Mc 14,22) ricordano le benedizioni ebraiche che – soprattutto durante il pasto – proclamano le opere di Dio: la creazione, la redenzione e la santificazione.
1329 Cena del Signore, perché si tratta della Cena che il Signore ha consumato con i suoi discepoli la vigilia della sua passione e dell'anticipazione della cena delle nozze dell'Agnello nella Gerusalemme celeste.
Frazione del pane, perché questo rito, tipico della cena ebraica, è stato utilizzato da Gesù quando benediceva e distribuiva il pane come capo della mensa, soprattutto durante l'ultima Cena. Da questo gesto i discepoli lo riconosceranno dopo la sua risurrezione, e con tale espressione i primi cristiani designeranno le loro assemblee eucaristiche. In tal modo intendono significare che tutti coloro che mangiano dell'unico pane spezzato, Cristo, entrano in comunione con lui e formano in lui un solo corpo.
Assemblea eucaristica, in quanto l'Eucaristia viene celebrata nell'assemblea dei fedeli, espressione visibile della Chiesa.
1330 Memoriale della passione e della risurrezione del Signore.
Santo sacrificio, perché attualizza l'unico sacrificio di Cristo Salvatore e comprende anche l'offerta della Chiesa; o ancora santo sacrificio della Messa, « sacrificio di lode » (Eb 13,15), sacrificio spirituale, sacrificio puro e santo, poiché porta a compimento e supera tutti i sacrifici dell'Antica Alleanza.
Santa e divina liturgia, perché tutta la liturgia della Chiesa trova il suo centro e la sua più densa espressione nella celebrazione di questo sacramento; è nello stesso senso che lo si chiama pure celebrazione dei santi misteri. Si parla anche del Santissimo Sacramento, in quanto costituisce il sacramento dei sacramenti. Con questo nome si indicano le specie eucaristiche conservate nel tabernacolo.
1331 Comunione, perché, mediante questo sacramento, ci uniamo a Cristo, il quale ci rende partecipi del suo Corpo e del suo Sangue per formare un solo corpo; viene inoltre chiamato le cose sante (« J ž(4"; sancta ») – è il significato originale dell'espressione « comunione dei santi » di cui parla il Simbolo degli Apostoli –, pane degli angeli, pane del cielo, farmaco d'immortalità, viatico...
1332 Santa Messa, perché la liturgia, nella quale si è compiuto il mistero della salvezza, si conclude con l'invio dei fedeli (« missio ») affinché compiano la volontà di Dio nella loro vita quotidiana.
III. L'Eucaristia nell'Economia della salvezza
I segni del pane e del vino
1333 Al centro della celebrazione dell'Eucaristia si trovano il pane e il vino i quali, per le parole di Cristo e per l'invocazione dello Spirito Santo, diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. Fedele al comando del Signore, la Chiesa continua a fare, in memoria di lui, fino al suo glorioso ritorno, ciò che egli ha fatto la vigilia della sua passione: « Prese il pane... », « Prese il calice del vino... ». Diventando misteriosamente il Corpo e il Sangue di Cristo, i segni del pane e del vino continuano a significare anche la bontà della creazione. Così, all'offertorio, rendiamo grazie al Creatore per il pane e per il vino, « frutto del lavoro dell'uomo », ma prima ancora « frutto della terra » e « della vite », doni del Creatore. Nel gesto di Melchisedek, re e sacerdote, che « offrì pane e vino » (Gn 14,18) la Chiesa vede una prefigurazione della sua propria offerta.
1334 Nell'Antica Alleanza il pane e il vino sono offerti in sacrificio tra le primizie della terra, in segno di riconoscenza al Creatore. Ma ricevono anche un nuovo significato nel contesto dell'Esodo: i pani azzimi, che Israele mangia ogni anno a Pasqua, commemorano la fretta della partenza liberatrice dall'Egitto; il ricordo della manna del deserto richiamerà sempre a Israele che egli vive del pane della Parola di Dio. Il pane quotidiano, infine, è il frutto della Terra promessa, pegno della fedeltà di Dio alle sue promesse. Il « calice della benedizione » (1 Cor 10,16), al termine della cena pasquale degli Ebrei, aggiunge alla gioia festiva del vino una dimensione escatologica, quella dell'attesa messianica della restaurazione di Gerusalemme. Gesù ha istituito la sua Eucaristia conferendo un significato nuovo e definitivo alla benedizione del pane e del calice.
1335 I miracoli della moltiplicazione dei pani, allorché il Signore pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li distribuì per mezzo dei suoi discepoli per sfamare la folla, prefigurano la sovrabbondanza di questo unico pane che è la sua Eucaristia. Il segno dell'acqua trasformata in vino a Cana annunzia già l'Ora della glorificazione di Gesù. Manifesta il compimento del banchetto delle nozze nel regno del Padre, dove i fedeli berranno il vino nuovo divenuto il Sangue di Cristo.
1336 Il primo annunzio dell'Eucaristia ha provocato una divisione tra i discepoli, così come l'annunzio della passione li ha scandalizzati: « Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo? » (Gv 6,60). L'Eucaristia e la croce sono pietre d'inciampo. Si tratta dello stesso mistero, ed esso non cessa di essere occasione di divisione: « Forse anche voi volete andarvene? » (Gv 6,67): questa domanda del Signore continua a risuonare attraverso i secoli, come invito del suo amore a scoprire che è lui solo ad avere « parole di vita eterna » (Gv 6,68) e che accogliere nella fede il dono della sua Eucaristia è accogliere lui stesso.
L'istituzione dell'Eucaristia
1337 Il Signore, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine. Sapendo che era giunta la sua Ora di passare da questo mondo al Padre, mentre cenavano, lavò loro i piedi e diede loro il comandamento dell'amore. Per lasciare loro un pegno di questo amore, per non allontanarsi mai dai suoi e renderli partecipi della sua pasqua, istituì l'Eucaristia come memoriale della sua morte e della sua risurrezione, e comandò ai suoi Apostoli di celebrarla fino al suo ritorno, costituendoli « in quel momento sacerdoti della Nuova Alleanza ».
1338 I tre Vangeli sinottici e san Paolo ci hanno trasmesso il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia; da parte sua, san Giovanni riferisce le parole di Gesù nella sinagoga di Cafarnao, parole che preparano l'istituzione dell'Eucaristia: Cristo si definisce come il pane di vita, disceso dal cielo.
1339 Gesù ha scelto il tempo della Pasqua per compiere ciò che aveva annunziato a Cafarnao: dare ai suoi discepoli il suo Corpo e il suo Sangue.
« Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua. Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: "Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare". [...] Essi andarono [...] e prepararono la Pasqua. Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli Apostoli con lui, e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio". [...] Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio Corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi" » (Lc 22,7-20).
1340 Celebrando l'ultima Cena con i suoi Apostoli durante un banchetto pasquale, Gesù ha dato alla Pasqua ebraica il suo significato definitivo. Infatti, la nuova Pasqua, il passaggio di Gesù al Padre attraverso la sua morte e la sua risurrezione, è anticipata nella Cena e celebrata nell'Eucaristia, che porta a compimento la Pasqua ebraica e anticipa la Pasqua finale della Chiesa nella gloria del Regno.
«Fate questo in memoria di me»
1341 Quando Gesù comanda di ripetere i suoi gesti e le sue parole « finché egli venga » (1 Cor 11,26), non chiede soltanto che ci si ricordi di lui e di ciò che ha fatto. Egli ha di mira la celebrazione liturgica, per mezzo degli Apostoli e dei loro successori, del memoriale di Cristo, della sua vita, della sua morte, della sua risurrezione e della sua intercessione presso il Padre.
1342 Fin dagli inizi la Chiesa è stata fedele al comando del Signore. Della Chiesa di Gerusalemme è detto:
« Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. [...] Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore » (At 2,42.46).
1343 Soprattutto « il primo giorno della settimana », cioè la domenica, il giorno della risurrezione di Gesù, i cristiani si riunivano « per spezzare il pane » (At 20,7). Da quei tempi la celebrazione dell'Eucaristia si è perpetuata fino ai nostri giorni, così che oggi la ritroviamo ovunque nella Chiesa, con la stessa struttura fondamentale. Essa rimane il centro della vita della Chiesa.
1344 Così, di celebrazione in celebrazione, annunziando il mistero pasquale di Gesù « finché egli venga » (1 Cor 11,26), il popolo di Dio avanza « camminando per l'angusta via della croce » verso il banchetto celeste, quando tutti gli eletti si siederanno alla mensa del Regno.
IV. La celebrazione liturgica dell'Eucaristia La Messa lungo i secoli
1345 Fin dal secondo secolo, abbiamo la testimonianza di san Giustino martire riguardo alle linee fondamentali dello svolgimento della celebrazione eucaristica. Esse sono rimaste invariate fino ai nostri giorni in tutte le grandi famiglie liturgiche. Ecco ciò che egli scrive, verso il 155, per spiegare all'imperatore pagano Antonino Pio (138-161) ciò che fanno i cristiani:
« Nel giorno chiamato del sole ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne.
Si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei profeti, finché il tempo consente.
Poi quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi.
Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere » « sia per noi stessi [...] sia per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinché, appresa la verità, meritiamo di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di conseguire la salvezza eterna.
Finite le preghiere, ci salutiamo l'un l'altro con un bacio.
Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d'acqua e di vino temperato.
Egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell'universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie , per essere stati fatti degni da lui di questi doni.
Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: Amen.
Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua "eucaristizzati" e ne portano agli assenti ».
1346 La liturgia dell'Eucaristia si svolge secondo una struttura fondamentale che, attraverso i secoli, si è conservata fino a noi. Essa si articola in due grandi momenti, che formano un'unità originaria:
— la convocazione, la liturgia della Parola, con le letture, l'omelia e la preghiera universale;
— la liturgia eucaristica, con la presentazione del pane e del vino, l'azione di grazie consacratoria e la Comunione.
Liturgia della Parola e liturgia eucaristica costituiscono insieme « un solo atto di culto »; la mensa preparata per noi nell'Eucaristia è infatti ad un tempo quella della Parola di Dio e quella del Corpo del Signore.
1347 Non si è forse svolta in questo modo la Cena pasquale di Gesù risorto con i suoi discepoli? Lungo il cammino spiegò loro le Scritture, poi, messosi a tavola con loro, « prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro » (Lc 24,30).
Lo svolgimento della celebrazione
1348 Tutti si riuniscono. I cristiani accorrono in uno stesso luogo per l'assemblea eucaristica. Li precede Cristo stesso, che è il protagonista principale dell'Eucaristia. È il Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza. È lui stesso che presiede in modo invisibile ogni celebrazione eucaristica. Proprio in quanto lo rappresenta, il Vescovo o il presbitero (agendo in persona Christi Capitis – nella persona di Cristo Capo) presiede l'assemblea, prende la parola dopo le letture, riceve le offerte e proclama la preghiera eucaristica. Tutti hanno la loro parte attiva nella celebrazione, ciascuno a suo modo: i lettori, coloro che presentano le offerte, coloro che distribuiscono la Comunione, e il popolo intero che manifesta la propria partecipazione attraverso l'Amen.
1349 La liturgia della Parola comprende « gli scritti dei profeti », cioè l'Antico Testamento, e « le memorie degli Apostoli », ossia le loro lettere e i Vangeli; all'omelia, che esorta ad accogliere questa parola come è veramente, quale Parola di Dio e a metterla in pratica, seguono le intercessioni per tutti gli uomini, secondo la parola dell'Apostolo: « Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere » (1 Tm 2,1-2).
1350 La presentazione dei doni (l'offertorio): vengono recati poi all'altare, talvolta in processione, il pane e il vino che saranno offerti dal sacerdote in nome di Cristo nel sacrificio eucaristico, nel quale diventeranno il suo Corpo e il suo Sangue. È il gesto stesso di Cristo nell'ultima Cena, « quando prese il pane e il calice ». « Soltanto la Chiesa può offrire al Creatore questa oblazione pura, offrendogli con rendimento di grazie ciò che proviene dalla sua creazione ». La presentazione dei doni all'altare assume il gesto di Melchisedek e pone i doni del Creatore nelle mani di Cristo. È lui che, nel proprio sacrificio, porta alla perfezione tutti i tentativi umani di offrire sacrifici.
1351 Fin dai primi tempi, i cristiani, insieme con il pane e con il vino per l'Eucaristia, presentano i loro doni perché siano condivisi con coloro che si trovano in necessità. Questa consuetudine della colletta, sempre attuale, trae ispirazione dall'esempio di Cristo che si è fatto povero per arricchire noi:
« I facoltosi e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa; e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno ».
1352 L'anafora. Con la preghiera eucaristica, preghiera di rendimento di grazie e di consacrazione, arriviamo al cuore e al culmine della celebrazione:
Nel prefazio la Chiesa rende grazie al Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo, per tutte le sue opere, per la creazione, la redenzione e la santificazione. In questo modo l'intera comunità si unisce alla lode incessante che la Chiesa celeste, gli angeli e tutti i santi cantano al Dio tre volte Santo.
1353 Nell'epiclesi essa prega il Padre di mandare il suo Santo Spirito (o la potenza della sua benedizione 183) sul pane e sul vino, affinché diventino, per la sua potenza, il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo e perché coloro che partecipano all'Eucaristia siano un solo corpo e un solo spirito (alcune tradizioni liturgiche situano l'epiclesi dopo l'anamnesi).
Nel racconto dell'istituzione l'efficacia delle parole e dell'azione di Cristo, e la potenza dello Spirito Santo, rendono sacramentalmente presenti sotto le specie del pane e del vino il suo Corpo e il suo Sangue, il suo sacrificio offerto sulla croce una volta per tutte.
1354 Nell'anamnesi che segue, la Chiesa fa memoria della passione, della risurrezione e del ritorno glorioso di Gesù Cristo; essa presenta al Padre l'offerta di suo Figlio che ci riconcilia con lui.
Nelle intercessioni, la Chiesa manifesta che l'Eucaristia viene celebrata in comunione con tutta la Chiesa del cielo e della terra, dei vivi e dei defunti, e nella comunione con i Pastori della Chiesa, il Papa, il Vescovo della diocesi, il suo presbiterio e i suoi diaconi, e tutti i Vescovi del mondo con le loro Chiese.
1355 Nella Comunione, preceduta dalla preghiera del Signore e dalla frazione del pane, i fedeli ricevono « il pane del cielo » e « il calice della salvezza », il Corpo e il Sangue di Cristo che si è dato « per la vita del mondo » (Gv 6,51).
Poiché questo pane e questo vino sono stati « eucaristizzati », come tradizionalmente si dice, « questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato ».
V. Il sacrificio sacramentale: azione di grazie, memoriale, presenza
1356 Se i cristiani celebrano l'Eucaristia fin dalle origini e in una forma che, sostanzialmente, non è cambiata attraverso la grande diversità dei tempi e delle liturgie, è perché ci sappiamo vincolati dal comando del Signore, dato la vigilia della sua passione: « Fate questo in memoria di me » (1 Cor 11,24-25).
1357 A questo comando del Signore obbediamo celebrando il memoriale del suo sacrificio. Facendo questo, offriamo al Padre ciò che egli stesso ci ha dato: i doni della creazione, il pane e il vino, diventati, per la potenza dello Spirito Santo e per le parole di Cristo, il Corpo e il Sangue di Cristo: in questo modo Cristo è reso realmente e misteriosamente presente.
1358 Dobbiamo dunque considerare l'Eucaristia
— come azione di grazie e lode al Padre,
— come memoriale del sacrificio di Cristo e del suo corpo,
— come presenza di Cristo in virtù della potenza della sua parola e del suo Spirito.
L'azione di grazie e la lode al Padre
1359 L'Eucaristia, sacramento della nostra salvezza realizzata da Cristo sulla croce, è anche un sacrificio di lode in rendimento di grazie per l'opera della creazione. Nel sacrificio eucaristico, tutta la creazione amata da Dio è presentata al Padre attraverso la morte e la risurrezione di Cristo. Per mezzo di Cristo, la Chiesa può offrire il sacrificio di lode in rendimento di grazie per tutto ciò che Dio ha fatto di buono, di bello e di giusto nella creazione e nell'umanità.
1360 L'Eucaristia è un sacrificio di ringraziamento al Padre, una benedizione con la quale la Chiesa esprime la propria riconoscenza a Dio per tutti i suoi benefici, per tutto ciò che ha operato mediante la creazione, la redenzione e la santificazione. Eucaristia significa prima di tutto: « azione di grazie ».
1361 L'Eucaristia è anche il sacrificio della lode, con il quale la Chiesa canta la gloria di Dio in nome di tutta la creazione. Tale sacrificio di lode è possibile unicamente attraverso Cristo: egli unisce i fedeli alla sua persona, alla sua lode e alla sua intercessione, in modo che il sacrificio di lode al Padre è offerto da Cristo e con lui per essere accettato in lui.
Il memoriale del sacrificio di Cristo e del suo corpo, la Chiesa
1362 L'Eucaristia è il memoriale della pasqua di Cristo, l'attualizzazione e l'offerta sacramentale del suo unico sacrificio, nella liturgia della Chiesa, che è il suo corpo. In tutte le preghiere eucaristiche, dopo le parole della istituzione, troviamo una preghiera chiamata anamnesi o memoriale.
1363 Secondo la Sacra Scrittura, il memoriale non è soltanto il ricordo degli avvenimenti del passato, ma la proclamazione delle meraviglie che Dio ha compiuto per gli uomini. Nella celebrazione liturgica di questi eventi, essi diventano in certo modo presenti e attuali. Proprio così Israele intende la sua liberazione dall'Egitto: ogni volta che viene celebrata la Pasqua, gli avvenimenti dell'Esodo sono resi presenti alla memoria dei credenti affinché conformino ad essi la propria vita.
1364 Nel Nuovo Testamento il memoriale riceve un significato nuovo. Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, fa memoria della pasqua di Cristo, e questa diviene presente: il sacrificio che Cristo ha offerto una volta per tutte sulla croce rimane sempre attuale: « Ogni volta che il sacrificio della croce, col quale "Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato" (1 Cor 5,7), viene celebrato sull'altare, si effettua l'opera della nostra redenzione ».
1365 In quanto memoriale della pasqua di Cristo, l'Eucaristia è anche un sacrificio. Il carattere sacrificale dell'Eucaristia si manifesta nelle parole stesse dell'istituzione: « Questo è il mio Corpo che è dato per voi » e: « Questo calice è la nuova alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi » (Lc 22,19-20). Nell'Eucaristia Cristo dona lo stesso corpo che ha consegnato per noi sulla croce, lo stesso sangue che egli ha « versato per molti, in remissione dei peccati » (Mt 26,28).
1366 L'Eucaristia è dunque un sacrificio perché ripresenta (rende presente) il sacrificio della croce, perché ne è il memoriale e perché ne applica il frutto:
Cristo « Dio e Signore nostro, [...] si è immolato a Dio Padre una sola volta morendo sull'altare della croce per compiere una redenzione eterna: poiché, tuttavia, il suo sacerdozio non doveva estinguersi con la morte (Eb 7,24.27), nell'ultima Cena, "nella notte in cui veniva tradito" (1 Cor 11,23), [...] [volle] lasciare alla Chiesa, sua amata Sposa, un sacrificio visibile (come esige l'umana natura), con cui venisse significato quello cruento che avrebbe offerto una volta per tutte sulla croce, prolungandone la memoria fino alla fine del mondo, e applicando la sua efficacia salvifica alla remissione dei nostri peccati quotidiani ».
1367 Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio: « Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi ». 190 « E poiché in questo divino sacrificio, che si compie nella Messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che "si offrì una sola volta in modo cruento" sull'altare della croce, [...] questo sacrificio [è] veramente propiziatorio ».
1368 L'Eucaristia è anche il sacrificio della Chiesa. La Chiesa, che è il corpo di Cristo, partecipa all'offerta del suo Capo. Con lui, essa stessa viene offerta tutta intera. Essa si unisce alla sua intercessione presso il Padre a favore di tutti gli uomini. Nell'Eucaristia il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale, e in questo modo acquistano un valore nuovo. Il sacrificio di Cristo riattualizzato sull'altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere uniti alla sua offerta.
Nelle catacombe la Chiesa è spesso raffigurata come una donna in preghiera, con le braccia spalancate, in atteggiamento di orante. Come Cristo ha steso le braccia sulla croce, così per mezzo di lui, con lui e in lui essa si offre e intercede per tutti gli uomini.
1369 Tutta la Chiesa è unita all'offerta e all'intercessione di Cristo. Investito del ministero di Pietro nella Chiesa, il Papa è unito a ogni celebrazione dell'Eucaristia nella quale viene nominato come segno e servo dell'unità della Chiesa universale. Il Vescovo del luogo è sempre responsabile dell'Eucaristia, anche quando viene presieduta da un presbitero; in essa è pronunziato il suo nome per significare che egli presiede la Chiesa particolare, in mezzo al suo presbiterio e con l'assistenza dei diaconi. La comunità a sua volta intercede per tutti i ministri che, per lei e con lei, offrono il sacrificio eucaristico:
« Si ritenga legittima solo quell'Eucaristia che viene celebrata dal Vescovo, o da chi è stato da lui autorizzato ».
« È attraverso il ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto perché viene unito al sacrificio di Cristo, unico mediatore; questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell'Eucaristia in modo incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore ».
1370 All'offerta di Cristo si uniscono non soltanto i membri che sono ancora sulla terra, ma anche quelli che si trovano già nella gloria del cielo. La Chiesa offre infatti il sacrificio eucaristico in comunione con la santissima Vergine Maria, facendo memoria di lei, come pure di tutti i santi e di tutte le sante. Nell'Eucaristia la Chiesa, con Maria, è come ai piedi della croce, unita all'offerta e all'intercessione di Cristo.
1371 Il sacrificio eucaristico è offerto anche per i fedeli defunti « che sono morti in Cristo e non sono ancora pienamente purificati », affinché possano entrare nella luce e nella pace di Cristo:
« Seppellite questo corpo dove che sia, senza darvene pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all'altare del Signore ».
« Poi [nell'anafora] preghiamo anche per i santi Padri e Vescovi e in generale per tutti quelli che si sono addormentati prima di noi, convinti che questo sia un grande vantaggio per le anime, per le quali viene offerta la supplica, mentre qui è presente la vittima santa e tremenda. [...] Presentando a Dio le preghiere per i defunti, anche se peccatori, [...] presentiamo il Cristo immolato per i nostri peccati, cercando di rendere clemente per loro e per noi il Dio amico degli uomini ».
1372 Sant'Agostino ha mirabilmente riassunto questa dottrina che ci sollecita ad una partecipazione sempre più piena al sacrificio del nostro Redentore che celebriamo nell'Eucaristia:
« Tutta quanta la città redenta, cioè l'assemblea e la società dei santi, offre un sacrificio universale [...] a Dio per opera di quel Sommo Sacerdote che nella passione ha offerto anche se stesso per noi, assumendo la forma di servo, e costituendoci come corpo di un Capo tanto importante. [...] Questo è il sacrificio dei cristiani: "Pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo" (Rm 12,5); e la Chiesa lo rinnova continuamente nel sacramento dell'altare, noto ai fedeli, dove si vede che, in ciò che offre, offre anche se stessa ».
La presenza di Cristo operata dalla potenza della sua Parola e dello Spirito Santo
1373 “Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio
e intercede per noi” ( Rm 8,34 ), è presente in molti modi alla sua Chiesa: [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48] nella sua Parola, nella preghiera della Chiesa,
“là dove sono due o tre riuniti” nel suo “nome” ( Mt 18,20 ), nei
poveri, nei malati, nei prigionieri, [Cf Mt 25,31-46 ] nei sacramenti di cui egli è
l'autore, nel sacrificio della messa e nella persona del ministro. Ma “ soprattutto
(presente) sotto le specie eucaristiche ” [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum
concilium, 7].
1374 Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. Esso pone
l'Eucaristia al di sopra di tutti i sacramenti e ne fa “quasi il coronamento della
vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i sacramenti” [San Tommaso d'Aquino,
Summa theologiae, III, 73, 3]. Nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia è
“contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro
Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero ”
[Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1651]. “Tale presenza si dice" reale"
non per esclusione, quasi che le altre non siano "reali", ma per antonomasia,
perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa
presente” [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei].
1375 E' per la conversione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue che Cristo
diviene presente in questo sacramento. I Padri della Chiesa hanno sempre espresso con
fermezza la fede della Chiesa nell'efficacia della Parola di Cristo e dell'azione dello
Spirito Santo per operare questa conversione. San Giovanni Crisostomo, ad esempio,
afferma:
Non è l'uomo che fa diventare le cose offerte Corpo e Sangue di Cristo, ma è Cristo
stesso, che è stato crocifisso per noi. Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle
parole, ma la loro virtù e la grazia sono di Dio. Questo è il mio Corpo, dice. Questa
Parola trasforma le cose offerte [San Giovanni Crisostomo, De proditione Judae, 1, 6: PG
49, 380C].
E sant'Ambrogio, parlando della conversione eucaristica dice:
Non si tratta dell'elemento formato da natura, ma della sostanza prodotta dalla formula
della consacrazione, ed è maggiore l'efficacia della consacrazione di quella della
natura, perché, per l'effetto della consacrazione, la stessa natura viene trasformata...
La Parola di Cristo, che potè creare dal nulla ciò che non esisteva, non può
trasformare in una sostanza diversa ciò che esiste? Non è minore impresa dare una nuova
natura alle cose che trasformarla [Sant'Ambrogio, De mysteriis, 9, 50. 52: PL 16,
405-406].
1376 Il Concilio di Trento riassume la fede cattolica dichiarando: “Poiché il
Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era
veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo
Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera
la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro
Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa
conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa
cattolica transustanziazione ” [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1642].
1377 La presenza eucaristica di Cristo ha inizio al momento della consacrazione e continua
finché sussistono le specie eucaristiche. Cristo è tutto e integro presente in ciascuna
specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo [Cf ibid.,
1641].
1378 Il culto dell'Eucaristia. Nella Liturgia della Messa esprimiamo la nostra fede nella
presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino, tra l'altro con la
genuflessione, o con un profondo inchino in segno di adorazione verso il Signore. “La
Chiesa cattolica professa questo culto latreutico al sacramento eucaristico non solo
durante la Messa, ma anche fuori della sua celebrazione, conservando con la massima
diligenza le ostie consacrate, presentandole alla solenne venerazione dei fedeli
cristiani, portandole in processione con gaudio della folla cristiana” [Paolo VI,
Lett. enc. Mysterium fidei].
1379 La santa riserva (tabernacolo) era inizialmente destinata a custodire in modo
degno l'Eucaristia perché potesse essere portata agli infermi e agli assenti, al di fuori
della Messa. Approfondendo la fede nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia, la
Chiesa ha preso coscienza del significato dell'adorazione silenziosa del Signore presente
sotto le specie eucaristiche. Perciò il tabernacolo deve essere situato in un luogo
particolarmente degno della chiesa, e deve essere costruito in modo da evidenziare e
manifestare la verità della presenza reale di Cristo nel santo sacramento.
1380 E' oltremodo conveniente che Cristo abbia voluto rimanere presente alla sua Chiesa in
questa forma davvero unica. Poiché stava per lasciare i suoi sotto il suo aspetto
visibile, ha voluto donarci la sua presenza sacramentale; poiché stava per offrirsi sulla
croce per la nostra salvezza, ha voluto che noi avessimo il memoriale dell'amore con il
quale ci ha amati “sino alla fine” ( Gv 13,1 ), fino al dono della propria vita.
Nella sua presenza eucaristica, infatti, egli rimane misteriosamente in mezzo a noi come
colui che ci ha amati e che ha dato se stesso per noi, [Cf Gal 2,20 ] e vi rimane sotto i
segni che esprimono e comunicano questo amore:
La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in
questo sacramento dell'amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andare ad incontrarlo
nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e
i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione [Giovanni Paolo II, Lett.
Dominicae cenae, 3].
1381 “Che in questo sacramento sia presente il vero Corpo e il vero Sangue di
Cristo "non si può apprendere coi sensi, dice san Tommaso, ma con la sola fede, la
quale si appoggia all'autorità di Dio". Per questo, commentando il passo di san Luca
22, 19: "Questo è il mio Corpo che viene dato per voi", san Cirillo dice: Non
mettere in dubbio se questo sia vero, ma piuttosto accetta con fede le parole del
Salvatore: perché essendo egli la verità, non mentisce” [Paolo VI, Lett. enc.
Mysterium fidei, che cita San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 75, 1; cf San
Cirillo d'Alessandria, Commentarius in Lucam, 22, 19: PG 72, 921B].
Adoro te devote, latens Deitas. . .
Ti adoro con devozione, o Dio che ti nascondi,
che sotto queste figure veramente ti celi:
a te il mio cuore si sottomette interamente,
poiché, nel contemplarti, viene meno.
La vista, il tatto e il gusto si ingannano a tuo riguardo,
soltanto alla parola si crede con sicurezza:
Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio:
nulla è più vero della sua parola di Verità.
1406 Gesù dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo
pane vivrà in eterno... Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna. .
. dimora in me e io in lui” ( Gv 6,51; 1406 Gv 6,54; Gv 6,56 ).
1407 L'Eucaristia è il cuore e il culmine della vita della Chiesa, poiché in essa Cristo
associa la sua Chiesa e tutti i suoi membri al proprio sacrificio di lode e di rendimento
di grazie offerto al Padre una volta per tutte sulla croce; mediante questo sacrificio
egli effonde le grazie della salvezza sul suo Corpo, che è la Chiesa.
1408 La celebrazione eucaristica comporta sempre: la proclamazione della Parola di Dio,
l'azione di grazie a Dio Padre per tutti i suoi benefici, soprattutto per il dono del suo
Figlio, la consacrazione del pane e del vino e la partecipazione al banchetto liturgico
mediante la recezione del Corpo e del Sangue del Signore. Questi elementi costituiscono un
solo e medesimo atto di culto.
1409 L'Eucaristia è il memoriale della Pasqua di Cristo, cioè dell'opera della salvezza
compiuta per mezzo della vita, della morte e della Risurrezione di Cristo, opera che viene
resa presente dall'azione liturgica.
1410 E' Cristo stesso, sommo ed eterno sacerdote della Nuova Alleanza, che, agendo
attraverso il ministero dei sacerdoti, offre il sacrificio eucaristico. Ed è ancora lo
stesso Cristo, realmente presente sotto le specie del pane e del vino, l'offerta del
sacrificio eucaristico.
1411 Soltanto i sacerdoti validamente ordinati possono presiedere l'Eucaristia e
consacrare il pane e il vino perché diventino il Corpo e il Sangue del Signore.
1412 I segni essenziali del sacramento eucaristico sono il pane di grano e il vino della
vite, sui quali viene invocata la benedizione dello Spirito Santo e il sacerdote pronunzia
le parole della consacrazione dette da Gesù durante l'ultima Cena: “Questo è il mio
Corpo dato per voi. . . Questo è il calice del mio Sangue. . . ”.
1413 Mediante la consacrazione si opera la transustanziazione del pane e del vino nel
Corpo e nel Sangue di Cristo. Sotto le specie consacrate del pane e del vino, Cristo
stesso, vivente e glorioso, è presente in maniera vera, reale e sostanziale, il suo Corpo
e il suo Sangue, con la sua anima e la sua divinità [Cf Concilio di Trento: Denz.
-Schönm., 1640; 1651].
1414 In quanto sacrificio, l'Eucaristia viene anche offerta in riparazione dei peccati dei
vivi e dei defunti, e al fine di ottenere da Dio benefici spirituali o temporali.
1415 Chi vuole ricevere Cristo nella Comunione eucaristica deve essere in stato di grazia.
Se uno è consapevole di aver peccato mortalmente, non deve accostarsi all'Eucaristia
senza prima aver ricevuto l'assoluzione nel sacramento della Penitenza.
1416 La santa Comunione al Corpo e al Sangue di Cristo accresce in colui che si comunica
l'unione con il Signore, gli rimette i peccati veniali e lo preserva dai peccati gravi.
Poiché vengono rafforzati i vincoli di carità tra colui che si comunica e Cristo,
ricevere questo sacramento rafforza l'unità della Chiesa, Corpo mistico di Cristo.
1417 La Chiesa raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Comunione quando
partecipano alla celebrazione dell'Eucaristia; ne fa loro obbligo almeno una volta
all'anno.
1418 Poiché Cristo stesso è presente nel Sacramento dell'altare, bisogna onorarlo con
un culto di adorazione. La visita al Santissimo Sacramento “è prova di gratitudine,
segno di amore e debito di riconoscenza a Cristo Signore” [Paolo VI, Lett. enc.
Mysterium fidei].
1419 Poiché Cristo è passato da questo mondo al Padre, nell'Eucaristia ci dona il pegno
della gloria futura presso di lui: la partecipazione al Santo Sacrificio ci identifica con
il suo Cuore, sostiene le nostre forze lungo il pellegrinaggio di questa vita, ci fa
desiderare la vita eterna e già ci unisce alla Chiesa del Cielo, alla Santa Vergine Maria
e a tutti i Santi.
DIRETTORIO CATECHISTICO GENERALE
L’eucaristia, centro di tutta la vita sacramentale
58. Si comprende facilmente il primato dell’eucaristia su tutti i sacramenti e la sua
eminente efficacia nell’edificare la chiesa. Nell’eucaristia infatti, dopo le
parole della consacrazione, la realtà profonda (non fenomenica) del pane e del vino è
trasformata nel corpo e sangue di Cristo. Questa meravigliosa trasformazione viene
chiamata dalla chiesa "transustanziazione". Perciò sotto le apparenze (o
realtà fenomenica) del pane e del vino è nascosta, in modo del tutto misterioso, la
stessa umanità di Cristo, non soltanto attraverso la sua virtù ma per se stessa (cioè
sostanzialmente), congiunta con la sua divina Persona.
Questo sacrificio non è semplicemente un rito commemorativo di un sacrificio passato.
Infatti in esso Cristo, per mezzo del ministero dei sacerdoti, perpetua nel corso dei
secoli in modo incruento il sacrificio della Croce e nutre i fedeli di se stesso, pane di
vita, affinché, riempiti dell’amore di Dio e del prossimo, diventino un popolo
sempre più accetto a Dio. Nutriti della vittima del sacrificio della croce, i fedeli col
loro amore genuino e attivo superino i pregiudizi per i quali spesso sono accusati di
praticare un culto sterile che li distoglie dall’impegno di collaborazione fraterna
con gli uomini. Il convito eucaristico ha lo scopo di unire ogni giorno più i fedeli a
Dio attraverso la preghiera frequente, spingendoli a riconoscere e amare gli altri uomini
come fratelli in Cristo e figli di Dio.
Titolo III - LA SANTISSIMA EUCARESTIA (Cann. 897 – 958)
Can. 897 - Augustissimo sacramento è la santissima Eucaristia, nella quale lo stesso Cristo Signore è presente, viene offerto ed è preso come cibo, e mediante la quale continuamente vive e cresce la Chiesa. Il Sacrificio eucaristico, memoriale della morte e della risurrezione del Signore, nel quale si perpetua nei secoli il Sacrificio della croce, è culmine e fonte di tutto il culto e della vita cristiana, mediante il quale è significata e prodotta l'unità del popolo di Dio e si compie l'edificazione del Corpo di Cristo. Gli altri sacramenti infatti e tutte le opere ecclesiastiche di apostolato sono strettamente uniti alla santissima Eucaristia e ad essa sono ordinati.
Can. 898 - I fedeli abbiano in sommo onore la santissima Eucaristia, partecipando attivamente nella celebrazione dell'augustissimo Sacrificio, ricevendo con frequenza e massima devozione questo sacramento e venerandolo con somma adorazione; i pastori d'anime che illustrano la dottrina di questo sacramento, istruiscano diligentemente i fedeli circa questo obbligo.
Capitolo I: LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
Can. 899 - §1. La celebrazione eucaristica è azione di Cristo stesso e della Chiesa; in essa Cristo Signore, mediante il ministero del sacerdote, offre a Dio Padre se stesso, sostanzialmente presente sotto le specie del pane e del vino, e si comunica in cibo spirituale ai fedeli associati nella sua offerta.
§2. Nella Sinassi eucaristica il popolo di Dio è chiamato a radunarsi in unità sotto la presidenza del Vescovo o, in dipendenza dalla sua autorità, del presbitero, che agiscono nella persona di Cristo, e tutti i fedeli che prendono parte, sia chierici sia laici, concorrono partecipandovi ciascuno a suo modo secondo il proprio ordine e la diversità di compiti liturgici.
§3. La celebrazione eucaristica sia ordinata in modo che tutti coloro che vi partecipano traggano da essa abbondanza di frutti, per il conseguimento dei quali Cristo Signore ha istituito il Sacrificio eucaristico.
Articolo 1 - Il ministro della santissima Eucaristia
Can. 900 - §1. Ministro, in grado di celebrare nella persona di Cristo il sacramento dell'Eucaristia, è il solo sacerdote validamente ordinato.
§2. Celebra lecitamente l'Eucaristia il sacerdote che non sia impedito per legge canonica, osservando le disposizioni dei canoni che seguono.
Can. 901 - Il sacerdote ha diritto di applicare la Messa per chiunque, sia per i vivi sia per i defunti.
Can. 902 - - A meno che l'utilità dei fedeli non richieda o non consigli diversamente, i sacerdoti possono concelebrare l'Eucaristia, rimanendo tuttavia intatta per i singoli la libertà di celebrarla in modo individuale, non però nello stesso tempo nel quale nella medesima chiesa o oratorio si tiene la concelebrazione.
Can. 903 - Un sacerdote sia ammesso a celebrare anche se sconosciuto al rettore della Chiesa, purché esibisca le lettere commendatizie del suo Ordinario o del suo Superiore, date almeno entro l'anno, oppure si possa prudentemente ritenere che non sia impedito di celebrare.
Can. 904 - Memori che nel mistero del Sacrificio eucaristico viene esercitata ininterrottamente l'opera della redenzione, i sacerdoti celebrino frequentemente; anzi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale, anche quando non si possa avere la presenza dei fedeli, è sempre un atto di Cristo e della Chiesa, nel quale i sacerdoti adempiono il loro principale compito.
Can. 905 - §1. Eccettuati i casi in cui, a norma del diritto, è lecito celebrare o concelebrare l'Eucaristia più volte nello stesso giorno, non è consentito al sacerdote celebrare più di una volta al giorno.
§2. Nel caso vi sia scarsità di sacerdoti, l'Ordinario del luogo può concedere che i sacerdoti, per giusta causa, celebrino due volte al giorno e anche, se lo richiede la necessità pastorale, tre volte nelle domeniche e nelle feste di precetto.
Can. 906 - Il sacerdote non celebri il Sacrificio eucaristico senza la partecipazione di almeno qualche fedele, se non per giusta e ragionevole causa.
Can. 907 - Nella celebrazione eucaristica ai diaconi e ai laici non è consentito proferire le orazioni, in particolare la preghiera eucaristica, o eseguire le azioni che sono proprie del sacerdote celebrante.
Can. 908 - È vietato ai sacerdoti cattolici concelebrare l'Eucaristia con i sacerdoti o i ministri delle Chiese o delle comunità ecclesiali, che non hanno la piena comunione con la Chiesa cattolica.
Can. 909 - Il sacerdote non ometta di prepararsi diligentemente con la preghiera alla celebrazione del sacrificio eucaristico, e, dopo averlo terminato, di renderne grazie a Dio.
Can. 910 - §1. Ministro ordinario della sacra comunione è il Vescovo, il presbitero e il diacono.
§2. Ministro straordinario della sacra comunione è l'accolito o anche un altro fedele incaricato a norma del can. 230, §3.
Can. 911 - §1. Hanno il dovere e il diritto di portare l'Eucaristia sotto forma di Viatico agli infermi, il parroco e i vicari parrocchiali, i cappellani, come pure il Superiore della comunità negli istituti religiosi clericali o nelle società di vita apostolica, nei riguardi di tutti coloro che si trovano nella casa.
§2. Ciò deve fare qualsiasi sacerdote o un altro ministro della sacra comunione, in caso di necessità o con la licenza almeno presunta del parroco, del cappellano o del Superiore, i quali debbono poi essere informati.
Articolo 2 - Partecipazione alla santissima Eucaristia
Can. 912 - Ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione.
Can. 913 - §1. Per poter amministrare la santissima Eucaristia ai fanciulli, si richiede che essi posseggano una sufficiente conoscenza e una accurata preparazione, così da percepire, secondo la loro capacità, il mistero di Cristo ed essere in grado di assumere con fede e devozione il Corpo del Signore.
§2. Tuttavia ai fanciulli che si trovino in pericolo di morte la santissima Eucaristia può essere amministrata se possono distinguere il Corpo di Cristo dal cibo comune e ricevere con riverenza la comunione.
Can. 914 - È dovere innanzitutto dei genitori e di coloro che ne hanno le veci, come pure dei parroci, provvedere affinché i fanciulli che hanno raggiunto l'uso di ragione siano debitamente preparati e quanto prima, premessa la confessione sacramentale, alimentati di questo divino cibo; spetta anche al parroco vigilare che non si accostino alla sacra Sinassi fanciulli che non hanno raggiunto l'uso di ragione o avrà giudicati non sufficientemente disposti.
Can. 915 - Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l'irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto.
Can. 916 - Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al Corpo del Signore senza premettere la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi l'opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi di porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima.
Can. 917 - Chi ha già ricevuto la santissima Eucaristia, può riceverla di nuovo lo stesso giorno, soltanto entro la celebrazione eucaristica alla quale partecipa, salvo il disposto del can. 921, §2.
Can. 918 - Si raccomanda vivissimamente che i fedeli ricevano la sacra comunione nella stessa celebrazione eucaristica; tuttavia a coloro che la chiedono per una giusta causa fuori della Messa venga data, osservando i riti liturgici.
Can. 919 - §1. Chi sta per ricevere la santissima Eucaristia si astenga per lo spazio di almeno un'ora prima della sacra comunione da qualunque cibo o bevanda, fatta eccezione soltanto per l'acqua e le medicine.
§2. Il sacerdote, che nello stesso giorno celebra due o tre volte la santissima Eucaristia, può prendere qualcosa prima della seconda o terza celebrazione, anche se non sarà intercorso lo spazio di un'ora.
§3. Gli anziani, coloro che sono affetti da qualche infermità e le persone addette alle loro cure, possono ricevere la santissima Eucaristia anche se hanno preso qualcosa entro l'ora antecedente.
Can. 920 - §1. Ogni fedele, dopo che è stato iniziato alla santissima Eucaristia, è tenuto all'obbligo di ricevere almeno una volta all'anno la sacra comunione.
§2. Questo precetto deve essere adempiuto durante il tempo pasquale, a meno che per una giusta causa non venga compiuto in altro tempo entro l'anno.
Can. 921 - §1. I fedeli che si trovano in pericolo di morte derivante da una causa qualsiasi, ricevano il conforto della sacra comunione come Viatico.
§2. Anche se avessero ricevuto nello stesso giorno la sacra comunione, tuttavia si suggerisce vivamente che quanti si trovano in pericolo di morte, si comunichino nuovamente.
§3. Perdurando il pericolo di morte, si raccomanda che la sacra comunione venga amministrata più volte, in giorni distinti.
Can. 922 - Il santo Viatico per gli infermi non venga differito troppo; coloro che hanno la cura d'anime vigilino diligentemente affinché gli infermi ne ricevano il conforto nel pieno possesso delle loro facoltà.
Can. 923 - I fedeli possono partecipare al Sacrificio eucaristico e ricevere la sacra comunione in qualunque rito cattolico, fermo restando il disposto del can. 844.
Articolo 3 - Riti e cerimonie della celebrazione eucaristica
Can. 924 - §1. Il sacrosanto Sacrificio eucaristico deve essere offerto con pane e vino, cui va aggiunta un pò d'acqua.
§2. Il pane deve essere solo di frumento e confezionato di recente, in modo che non ci sia alcun pericolo di alterazione.
§3. Il vino deve essere naturale, del frutto della vite e non alterato.
Can. 925 - La sacra comunione venga data sotto la sola specie del pane o, a norma delle leggi liturgiche, sotto le due specie; però, in caso di necessità, anche sotto la sola specie del vino.
Can. 926 - Nella celebrazione eucaristica, secondo l'antica tradizione della Chiesa latina, il sacerdote usi pane azzimo, ovunque egli celebri.
Can. 927 - Non è assolutamente lecito, anche nel caso di urgente estrema necessità, consacrare una materia senza l'altra o anche l'una e l'altra, fuori della celebrazione eucaristica.
Can. 928 - La celebrazione eucaristica venga compiuta in lingua latina o in altra lingua, purché i testi liturgici siano stati legittimamente approvati.
Can. 929 - I sacerdoti e i diaconi, nel celebrare e nell'amministrare l'Eucaristia, indossino le vesti sacre prescritte dalle rubriche.
Can. 930 - §1. Il sacerdote infermo o avanzato in età, se non può rimanere in piedi, può celebrare il Sacrificio eucaristico stando seduto, osservando le leggi liturgiche; non però davanti al popolo, se non con licenza dell'Ordinario del luogo.
§2. Il sacerdote cieco o affetto da qualche altra infermità celebra lecitamente il Sacrificio eucaristico usando un testo, tra quelli approvati, di qualsiasi Messa, con l'assistenza, se il caso lo esige, di un altro sacerdote o di un diacono o anche di un laico debitamente istruito, che lo aiuti.
Articolo 4 - Tempo e luogo della celebrazione eucaristica
Can. 931 - La celebrazione e la distribuzione dell'Eucaristia può essere compiuta in qualsiasi giorno e ora, eccettuati quelli che sono esclusi dalle norme liturgiche.
Can. 932 - §1. La celebrazione eucaristica venga compiuta nel luogo sacro, a meno che in un caso particolare la necessità non richieda altro; nel qual caso la celebrazione deve essere compiuta in un luogo decoroso.
§2. Il sacrificio eucaristico si deve compiere sopra un altare dedicato o benedetto; fuori del luogo sacro può essere usato un tavolo adatto, purché sempre ricoperto di una tovaglia e del corporale.
Can. 933 - Per una giusta causa e con licenza espressa dell'Ordinario del luogo, è consentito al sacerdote celebrare l'Eucaristia nel tempio di qualche Chiesa o comunità ecclesiale non aventi piena comunione con la Chiesa cattolica, allontanato il pericolo di scandalo.
Capitolo II: CONSERVAZIONE E VENERAZIONE DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA
Can. 934 - §1. La santissima Eucaristia:
1) deve essere conservata nella chiesa cattedrale o a questa equiparata, in ogni chiesa parrocchiale e nella chiesa o oratorio annesso alla casa di un istituto religioso o di una società di vita apostolica; 2) può essere conservata nella cappella privata del Vescovo e, su licenza dell'Ordinario del luogo, nelle altre chiese, oratori o cappelle private.
§2. Nei luoghi sacri dove viene conservata la santissima Eucaristia, vi deve essere sempre chi ne abbia cura e, per quanto possibile, il sacerdote vi celebri la Messa almeno due volte al mese.
Can. 935 - Non è lecito ad alcuno conservare presso di sè la santissima Eucaristia o portarsela in viaggio, a meno che non vi sia una necessità pastorale urgente e osservate le disposizioni del Vescovo diocesano.
Can. 936 - Nella casa di un istituto religioso o in un'altra pia casa, la santissima Eucaristia venga conservata soltanto nella chiesa o nell'oratorio principale annesso alla casa; l'Ordinario può tuttavia permettere per una giusta causa che venga conservata anche in un altro oratorio della medesima casa.
Can. 937 - Se non vi si oppone una grave ragione, la chiesa nella quale viene conservata la santissima Eucaristia, resti aperta ai fedeli almeno per qualche ora al giorno, affinché possano trattenersi in preghiera dinanzi al santissimo Sacramento.
Can. 938 - §1. La santissima Eucaristia venga custodita abitualmente in un solo tabernacolo della chiesa o dell'oratorio.
§2. Il tabernacolo nel quale si custodisce la santissima Eucaristia sia collocato in una parte della chiesa o dell'oratorio che sia distinta, visibile, ornata decorosamente, adatta alla preghiera.
§3. Il tabernacolo nel quale si custodisce abitualmente la santissima Eucaristia sia inamovibile, costruito con materiale solido non trasparente e chiuso in modo tale che sia evitato il più possibile ogni pericolo di profanazione.
§4. Per causa grave è consentito conservare la santissima Eucaristia, soprattutto durante la notte, in altro luogo più sicuro e decoroso.
§5. Chi ha la cura della chiesa o dell'oratorio, provveda che la chiave del tabernacolo, nel quale è conservata la santissima Eucaristia, sia custodita con la massima diligenza.
Can. 939 - Le ostie consacrate vengano conservate nella pisside o in un piccolo vaso in quantità sufficiente alle necessità dei fedeli e, consumate nel debito modo le precedenti, siano rinnovate con frequenza.
Can. 940 - Davanti al tabernacolo nel quale si custodisce la santissima Eucaristia, brilli perennemente una speciale lampada, mediante la quale venga indicata e sia onorata la presenza di Cristo.
Can. 941 - §1. Nelle chiese e negli oratori a cui è concesso conservare la santissima Eucaristia, si possono compiere esposizioni sia con la pisside, sia con l'ostensorio, osservando le norme stabilite nei libri liturgici.
§2. Durante la celebrazione della Messa non vi sia nella stessa navata della chiesa o dell'oratorio l'esposizione del santissimo Sacramento.
Can. 942 - Si raccomanda che nelle stesse chiese e oratori ogni anno si compia l'esposizione solenne del santissimo Sacramento prolungata per un tempo conveniente, anche se non continuo, affinché la comunità locale mediti e adori con intensa devozione il mistero eucaristico; però tale esposizione si faccia soltanto se si prevede una adeguata affluenza di fedeli e osservando le norme stabilite.
Can. 943 - Ministro dell'esposizione del santissimo Sacramento e della benedizione eucaristica è il sacerdote o il diacono; in speciali circostanze sono ministri della sola esposizione e riposizione, ma non della benedizione, l'accolito, il ministro straordinario della sacra comunione o altra persona designata dall'Ordinario del luogo, osservando le disposizioni del Vescovo diocesano.
Can. 944 - §1. Ove, a giudizio del Vescovo diocesano, è possibile, si svolga, quale pubblica testimonianza di venerazione verso la santissima Eucaristia e specialmente nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo, la processione condotta attraverso le pubbliche vie.
§2. Spetta al Vescovo diocesano dare delle direttive circa le processioni, con cui provvedere alla loro partecipazione e dignità.
Capitolo III: L'OFFERTA DATA PER LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA
Can. 945 - §1. Secondo l'uso approvato della Chiesa, è lecito ad ogni sacerdote che celebra la Messa, ricevere l'offerta data affinché applichi la Messa secondo una determinata intenzione.
§2. È vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più poveri, anche senza ricevere alcuna offerta.
Can. 946 - I fedeli che danno l'offerta perché la Messa venga celebrata secondo la loro intenzione, contribuiscono al bene della Chiesa, e mediante tale offerta partecipano della sua sollecitudine per il sostentamento dei ministri e delle opere.
Can. 947 - Dall'offerta delle Messe deve essere assolutamente tenuta lontana anche l'apparenza di contrattazione o di commercio.
Can. 948 - Devono essere applicate Messe distinte secondo le intenzioni di coloro per ciascuno dei quali l'offerta, anche se esigua, è stata data e accettata.
Can. 949 - Chi è onerato dall'obbligo di celebrare la Messa e di applicarla secondo l'intenzione di coloro che hanno dato l'offerta, vi è ugualmente obbligato anche se, senza sua colpa, le offerte percepite sono andate perdute.
Can. 950 - Se viene offerta una somma di denaro per l'applicazione di Messe senza indicare il numero delle Messe da celebrare, questo venga computato in ragione dell'offerta stabilita nel luogo ove l'offerente dimora, a meno che non debba legittimamente presumersi che fu un'altra la sua intenzione.
Can. 951 - §1. Il sacerdote che celebra più Messe nello stesso giorno, può applicare ciascuna di esse secondo l'intenzione per la quale è stata data l'offerta, ma a condizione però che, al di fuori del giorno di Natale, egli tenga per sé l'offerta di una sola Messa e consegni invece le altre per le finalità stabilite dall'Ordinario, essendogli consentito di percepire una certa retribuzione a titolo estrinseco.
§2. Il sacerdote che concelebra nello stesso giorno una seconda Messa, a nessun titolo può percepire l'offerta per questa.
Can. 952 - §1. Spetta al concilio provinciale o alla riunione dei Vescovi della provincia definire per tutta la provincia, mediante decreto, quale sia l'offerta da dare per la celebrazione e l'applicazione della Messa, né è lecito al sacerdote chiedere una somma maggiore; gli è tuttavia consentito accettare una offerta data spontaneamente, maggiore e anche minore di quella stabilita per l'applicazione della Messa.
§2. Ove manchi tale decreto si osservi la consuetudine vigente nella diocesi.
§3. Anche i membri di tutti gli istituti religiosi debbono attenersi allo stesso decreto o alla consuetudine del luogo, di cui ai §§1 e 2.
Can. 953 - Non è lecito ad alcuno accettare tante offerte di Messe da applicare personalmente, alle quali non può soddisfare entro l'anno.
Can. 954 - Se in talune chiese o oratori vengono richieste celebrazioni di Messe in numero maggiore di quante ivi possono essere celebrate, è lecito farle celebrare altrove, eccetto che gli offerenti non abbiano manifestato espressamente una volontà contraria.
Can. 955 - §1. Chi intendesse affidare ad altri la celebrazione di Messe da applicare, le trasmetta quanto prima a sacerdoti a lui accetti, purché a lui consti che sono al di sopra di ogni sospetto; deve trasmettere l'offerta ricevuta intatta, a meno che non consti con certezza che la parte eccedente l'offerta dovuta nella diocesi, fu data in considerazione della persona; è tenuto anche all'obbligo di provvedere alla celebrazione delle Messe, fino a che non avrà ricevuto la prova sia dell'accettazione dell'obbligo sia dell'offerta pervenuta.
§2. Il tempo entro il quale debbono essere celebrate le Messe, ha inizio dal giorno in cui il sacerdote che le celebrerà, le riceve, se non consti altro.
§3. Coloro che affidano ad altri Messe da celebrare, annotino senza indugio nel registro sia le Messe che hanno ricevuto sia quelle che hanno trasmesso ad altri, segnando anche le loro offerte.
§4. Qualsiasi sacerdote deve annotare accuratamente le Messe che ha ricevuto da celebrare e quelle cui ha soddisfatto.
Can. 956 - Tutti e ciascun degli amministratori di cause pie o coloro che in qualunque modo sono obbligati a provvedere alla celebrazione di Messe, sia chierici sia laici, consegnino ai propri Ordinari, secondo modalità che essi dovranno definire, gli oneri di Messe ai quali non si sia soddisfatto entro l'anno.
Can. 957 - Il dovere e il diritto di vigilare sull'adempimento degli oneri di Messe, competono, nelle chiese del clero secolare, all'Ordinario del luogo, nelle chiese degli istituti religiosi o delle società di vita apostolica, ai loro Superiori.
Can. 958 - §1. Il parroco come pure il rettore di una chiesa o di un altro luogo pio ove si è soliti ricevere offerte di Messe, abbiano un registro speciale, nel quale annotino accuratamente il numero delle Messe da celebrare, l'intenzione, l'offerta data e l'avvenuta celebrazione.
§2. L'Ordinario è tenuto all'obbligo di prendere visione ogni anno di tali registri, personalmente o tramite altri.
1373 " Le Christ Jésus qui est mort, qui est ressuscité, qui est à la droite de
Dieu, qui intercède pour nous " (Rm 8, 34), est présent de multiples manières à
son Église (cf. LG 48) : dans sa Parole, dans la prière de son Église, " là où
deux ou trois sont rassemblés en mon nom " (Mt 18, 20), dans les pauvres, les
malades, les prisonniers (Mt 25, 31-46), dans ses sacrements dont il est l’auteur,
dans le sacrifice de la messe et en la personne du ministre. Mais " au plus haut
point (il est présent) sous les espèces eucharistiques " (SC 7).
1374 Le mode de présence du Christ sous les espèces eucharistiques est unique. Il
élève l’Eucharistie au-dessus de tous les sacrements et en fait " comme la
perfection de la vie spirituelle et la fin à laquelle tendent tous les sacrements "
(S. Thomas d’A., s. th. 3, 73, 3). Dans le très saint sacrement de
l’Eucharistie sont " contenus vraiment, réellement et substantiellement le
Corps et le Sang conjointement avec l’âme et la divinité de notre Seigneur
Jésus-Christ, et, par conséquent, le Christ tout entier " (Cc Trente : DS 1651).
" Cette présence, on la nomme ‘réelle’, non à titre exclusif, comme si
les autres présences n’étaient pas ‘réelles’, mais par excellence parce
qu’elle est substantielle, et que par elle le Christ, Dieu et homme, se rend présent
tout entier " (MF 39).
1375 C’est par la conversion du pain et du vin au le Corps et au Sang du Christ que
le Christ devient présent en ce sacrement. Les Pères de l’Église ont fermement
affirmé la foi de l’Église en l’efficacité de la Parole du Christ et de
l’action de l’Esprit Saint pour opérer cette conversion. Ainsi, S. Jean
Chrysostome déclare :
Ce n’est pas l’homme qui fait que les choses offertes deviennent Corps et Sang
du Christ, mais le Christ lui-même qui a été crucifié pour nous. Le prêtre, figure du
Christ, prononce ces paroles, mais leur efficacité et la grâce sont de Dieu. Ceci est
mon Corps, dit-il. Cette parole transforme les choses offertes (prod. Jud. 1, 6 : PG 49,
380C).
Et saint Ambroise dit au sujet de cette conversion :
Soyons bien persuadés que ceci n’est pas ce que la nature a formé, mais ce que la
bénédiction a consacré, et que la force de la bénédiction l’emporte sur celle de
la nature, parce que par la bénédiction la nature elle-même se trouve changée ... La
parole du Christ, qui a pu faire de rien ce qui n’existait pas, ne pourrait donc
changer les choses existantes en ce qu’elles n’étaient pas encore ? Car ce
n’est pas moins de donner aux choses leur nature première que de la leur changer
(myst. 9, 50. 52 : PL 16, 405-406).
1376 Le Concile de Trente résume la foi catholique en déclarant : " Parce que le
Christ, notre Rédempteur, a dit que ce qu’il offrait sous l’espèce du pain
était vraiment son Corps, on a toujours eu dans l’Église cette conviction, que
déclare le saint Concile de nouveau : par la consécration du pain et du vin
s’opère le changement de toute la substance du pain en la substance du Corps du
Christ notre Seigneur et de toute la substance du vin en la substance de son Sang ; ce
changement, l’Église catholique l’a justement et exactement appelé
transsubstantiation " (DS 1642).
1377 La présence eucharistique du Christ commence au moment de la consécration et dure
aussi longtemps que les espèces eucharistiques subsistent. Le Christ est tout entier
présent dans chacune des espèces et tout entier dans chacune de leurs parties, de sorte
que la fraction du pain ne divise pas le Christ (cf. Cc. Trente : DS 1641).
1378 Le culte de l’Eucharistie. Dans la liturgie de la messe, nous exprimons notre
foi en la présence réelle du Christ sous les espèces du pain et du vin, entre autres,
en fléchissant les genoux, ou en nous inclinant profondément en signe d’adoration
du Seigneur. " L’Église catholique a rendu et continue de rendre ce culte
d’adoration qui est dû au sacrement de l’Eucharistie non seulement durant la
messe, mais aussi en dehors de sa célébration : en conservant avec le plus grand soin
les hosties consacrées, en les présentant aux fidèles pour qu’ils les vénèrent
avec solennité, en les portant en procession " (MF 56).
1379 La sainte réserve (tabernacle) était d’abord destinée à garder dignement
l’Eucharistie pour qu’elle puisse être portée aux malades et aux absents en
dehors de la messe. Par l’approfondissement de la foi en la présence réelle du
Christ dans son Eucharistie, l’Église a pris conscience du sens de l’adoration
silencieuse du Seigneur présent sous les espèces eucharistiques. C’est pour cela
que le tabernacle doit être placé à un endroit particulièrement digne de
l’église ; il doit être construit de telle façon qu’il souligne et manifeste
la vérité de la présence réelle du Christ dans le saint sacrement.
1380 Il est hautement convenable que le Christ ait voulu rester présent à son Église de
cette façon unique. Puisque le Christ allait quitter les siens sous sa forme visible, il
voulait nous donner sa présence sacramentelle ; puisqu’il allait s’offrir sur
la Croix pour nous sauver, il voulait que nous ayons le mémorial de l’amour dont il
nous a aimés " jusqu’à la fin " (Jn 13, 1), jusqu’au don de sa vie.
En effet, dans sa présence eucharistique il reste mystérieusement au milieu de nous
comme celui qui nous a aimés et qui s’est livré pour nous (cf. Ga 2, 20), et il le
reste sous les signes qui expriment et communiquent cet amour :
L’Église et le monde ont un grand besoin du culte eucharistique. Jésus nous attend
dans ce sacrement de l’amour. Ne refusons pas le temps pour aller Le rencontrer dans
l’adoration, dans la contemplation pleine de foi et ouverte à réparer les fautes
graves et les délits du monde. Que ne cesse jamais notre adoration (Jean Paul II, l.
" Dominicæ cenæ " 3).
1381 " La présence du véritable Corps du Christ et du véritable Sang du Christ
dans ce sacrement, ‘on ne l’apprend point par les sens, dit S. Thomas, mais par
la foi seule, laquelle s’appuie sur l’autorité de Dieu’. C’est
pourquoi, commentant le texte de S. Luc, 22, 19 : ‘Ceci est mon Corps qui sera livré
pour vous’, saint Cyrille d’Alexandrie (Lc. 22, 19 : PG 72, 921B) déclare :
‘Ne va pas te demander si c’est vrai, mais accueille plutôt avec foi les
paroles du Seigneur, parce que lui, qui est la Vérité, ne ment pas’ " (Thomas
d’A., s. th. 3, 75, 1 cité par Paul VI, MF 18) :
Adoro te devote, latens Deitas,
Quæ sub his figuris vere latitas :
Tibi se cor meum totum subjicit,
Quia te contemplans totum deficit.
Je T’adore profondément, divinité cachée,
vraiment présente sous ces apparences ;
à Toi mon cœur se soumet tout entier
parce qu’à Te contempler, tout entier il défaille
Visus, gustus, tactus in te fallitur,
Sed auditu solo tuto creditur :
Credo quidquid dixit Dei Filius :
Nil hoc Veritatis verbo verius.
La vue, le goût, le toucher ne T’atteignent pas :
à ce qu’on entend dire seulement il faut se fier ;
je crois tout ce qu’a dit le Fils de Dieu ;
rien de plus vrai que cette parole de la Vérité.
VI. Le banquet pascal
1382 La messe est à la fois et inséparablement le mémorial sacrificiel dans lequel se
perpétue le sacrifice de la croix, et le banquet sacré de la communion au Corps et au Sang
du Seigneur. Mais la célébration du sacrifice eucharistique est toute orientée vers l’union
intime des fidèles au Christ par la communion. Communier, c’est recevoir le Christ lui-même
qui s’est offert pour nous.
1383 L’autel, autour duquel l’Église est rassemblée dans la célébration de l’Eucharistie,
représente les deux aspects d’un même mystère : l’autel du sacrifice et la table du
Seigneur, et ceci d’autant plus que l’autel chrétien est le symbole du Christ lui-même,
présent au milieu de l’assemblée de ses fidèles, à la fois comme la victime offerte pour
notre réconciliation et comme aliment céleste qui se donne à nous. " Qu’est-ce en effet
l’autel du Christ sinon l’image du Corps du Christ ? " – dit S. Ambroise (sacr. 5, 7 : PL
16, 447C), et ailleurs : " L’autel représente le Corps [du Christ], et le Corps du Christ
est sur l’autel " (sacr. 4, 7 : PL 16, 437D). La liturgie exprime cette unité du sacrifice
et de la communion dans de nombreuses prières. Ainsi, l’Église de Rome prie dans son
anaphore :
Supplices te rogamus, omnipotens Deus, jube hæc perferri per manus sancti Angeli tui in
sublime altare tuum, in conspectu divinæ majestatis : ut quotquot ex hac altaris
participatione sacrosanctum Filii tui Corpus et Sanguinem sumpserimus, omni benedictione
cælesti et gratia repleamur.
Nous T’en supplions, Dieu Tout-Puissant : que [cette offrande] soit portée par ton ange en
présence de ta gloire, sur ton autel céleste, afin qu’en recevant ici, par notre communion à
cet autel, le corps et le sang de ton Fils, nous soyons comblés de ta grâce et de tes
bénédictions.
" Prenez et mangez en tous " : la communion
1384 Le Seigneur nous adresse une invitation pressante à le recevoir dans le sacrement de
l’Eucharistie : " En vérité, en vérité, je vous le dis, si vous ne mangez la Chair du Fils
de l’homme et ne buvez son Sang, vous n’aurez pas la vie en vous " (Jn 6, 53).
1385 Pour répondre à cette invitation, nous devons nous préparer à ce moment si grand et si
saint. S. Paul exhorte à un examen de conscience : " Quiconque mange ce pain ou boit cette
coupe du Seigneur indignement aura à répondre du Corps et du Sang du Seigneur. Que chacun
donc s’éprouve soi-même et qu’il mange alors de ce pain et boive de cette coupe ; car celui
qui mange et boit, mange et boit sa propre condamnation, s’il n’y discerne le Corps " (1 Co
11, 27-29). Celui qui est conscient d’un péché grave doit recevoir le sacrement de la
Réconciliation avant d’accéder à la communion.
1386 Devant la grandeur de ce sacrement, le fidèle ne peut que reprendre humblement et avec
une foi ardente la parole du Centurion (cf. Mt 8, 8) : " Domine, non sum dignus, ut intres
sub tectum meum, sed tantum dic verbum, et sanabitur anima mea " (" Seigneur, je ne suis pas
digne de te recevoir, mais dis seulement une parole et je serai guéri "). Et dans la Divine
Liturgie de S. Jean Chrysostome, les fidèles prient dans le même esprit :
A ta cène mystique fais-moi communier aujourd’hui, ô Fils de Dieu. Car je ne dirai pas le
Secret à tes ennemis, ni ne te donnerai le baiser de Judas. Mais, comme le larron, je te
crie : Souviens-toi de moi, Seigneur, dans ton royaume.
1387 Pour se préparer convenablement à recevoir ce sacrement, les fidèles observeront le
jeûne prescrit dans leur Église (cf. CIC, can. 919). L’attitude corporelle (gestes,
vêtement) traduira le respect, la solennité, la joie de ce moment où le Christ devient notre
hôte.
1388 Il est conforme au sens même de l’Eucharistie que les fidèles, s’ils ont les
dispositions requises (cf. CIC 916), communient quand ils participent à la messe (Dans la
même journée, les fidèles peuvent recevoir la très Sainte Communion deux fois, et seulement
deux fois [cf. Pontificia Commissio Codicis Iuris Canonici authentice interpretando,
Responsa ad proposita dubia, 1 : AAS 76 (1984), p. 746]) : " Il est vivement recommandé aux
fidèles de participer à la Messe de façon plus parfaite en recevant aussi, après la
communion du prêtre, le corps du Seigneur du même sacrifice " (SC 55).
1389 L’Église fait obligation aux fidèles de participer les dimanches et les jours de fête à
la divine liturgie (cf. OE 15) et de recevoir au moins une fois par an l’Eucharistie, si
possible au temps pascal (cf. CIC, can. 920), préparés par le sacrement de la
Réconciliation. Mais l’Église recommande vivement aux fidèles de recevoir la sainte
Eucharistie les dimanches et les jours de fête, ou plus souvent encore, même tous les jours.
1390 Grâce à la présence sacramentelle du Christ sous chacune des espèces, la communion
à la seule espèce du pain permet de recevoir tout le fruit de grâce de l’Eucharistie. Pour
des raisons pastorales, cette manière de communier s’est légitimement établie comme la plus
habituelle dans le rite latin. " La sainte communion réalise plus pleinement sa forme de
signe lorsqu’elle se fait sous les deux espèces. Car, sous cette forme, le signe du banquet
eucharistique est mis plus pleinement en lumière " (IGMR 240). C’est la forme habituelle de
communier dans les rites orientaux.
Les fruits de la communion
1391 La communion accroît notre union au Christ. Recevoir l’Eucharistie dans la communion
porte comme fruit principal l’union intime au Christ Jésus. Le Seigneur dit en effet : " Qui
mange ma Chair et boit mon Sang demeure en moi et moi en lui " (Jn 6, 56). La vie en Christ
trouve son fondement dans le banquet eucharistique : " De même qu’envoyé par le Père, qui
est vivant, moi, je vis par le Père, de même, celui qui me mange, vivra, lui aussi, par moi
" (Jn 6, 57) :
Lorsque dans les fêtes du Seigneur les fidèles reçoivent le Corps du Fils, ils proclament
les uns aux autres la Bonne Nouvelle que les arrhes de la vie sont donnés, comme lorsque
l’ange dit à Marie de Magdala : " Le Christ est ressuscité ! " Voici que maintenant aussi la
vie et la résurrection sont conférées à celui qui reçoit le Christ (Fanqîth, Office syriaque
d’Antioche, volume 1, Commun, 237a-b).
1392 Ce que l’aliment matériel produit dans notre vie corporelle, la communion le réalise de
façon admirable dans notre vie spirituelle. La communion à la Chair du Christ ressuscité, "
vivifiée par l’Esprit Saint et vivifiante " (PO 5), conserve, accroît et renouvelle la vie
de grâce reçue au Baptême. Cette croissance de la vie chrétienne a besoin d’être nourrie par
la communion eucharistique, pain de notre pèlerinage, jusqu’au moment de la mort, où il nous
sera donné comme viatique.
1393 La communion nous sépare du péché. Le Corps du Christ que nous recevons dans la
communion est " livré pour nous ", et le Sang que nous buvons, est " versé pour la multitude
en rémission des péchés ". C’est pourquoi l’Eucharistie ne peut pas nous unir au Christ sans
nous purifier en même temps des péchés commis et nous préserver des péchés futurs :
" Chaque fois que nous le recevons, nous annonçons la mort du Seigneur " (1 Co 11, 26). Si
nous annonçons la mort du Seigneur, nous annonçons la rémission des péchés. Si, chaque fois
que son Sang est répandu, il est répandu pour la rémission des péchés, je dois toujours le
recevoir, pour que toujours il remette mes péchés. Moi qui pèche toujours, je dois avoir
toujours un remède (S. Ambroise, sacr. 4, 28 : PL 16, 446A).
1394 Comme la nourriture corporelle sert à restaurer la perte des forces, l’Eucharistie
fortifie la charité qui, dans la vie quotidienne, tend à s’affaiblir ; et cette charité
vivifiée efface les péchés véniels (cf. Cc. Trente : DS 1638). En se donnant à nous, le
Christ ravive notre amour et nous rend capables de rompre les attachements désordonnés aux
créatures et de nous enraciner en Lui :
Puisque le Christ est mort pour nous par amour, lorsque nous faisons mémoire de sa mort au
moment du sacrifice, nous demandons que l’amour nous soit accordé par la venue du
Saint-Esprit ; nous prions humblement qu’en vertu de cet amour, par lequel le Christ a voulu
mourir pour nous, nous aussi, en recevant la grâce du Saint-Esprit, nous puissions
considérer le monde comme crucifié pour nous, et être nous-mêmes crucifiés pour le monde...
Ayant reçu le don de l’amour, mourons au péché et vivons pour Dieu (S. Fulgence de Ruspe,
Fab. 28, 16-19 : CCL 19A, 813-814 : LH, sem. 28, lundi, off. lect.).
1395 Par la même charité qu’elle allume en nous, l’Eucharistie nous préserve des péchés
mortels futurs. Plus nous participons à la vie du Christ et plus nous progressons dans son
amitié, plus il nous est difficile de rompre avec Lui par le péché mortel. L’Eucharistie
n’est pas ordonnée au pardon des péchés mortels. Ceci est propre au sacrement de la
Réconciliation. Le propre de l’Eucharistie est d’être le sacrement de ceux qui sont dans la
pleine communion de l’Église.
1396 L’unité du Corps mystique : l’Eucharistie fait l’Église. Ceux qui reçoivent
l’Eucharistie sont unis plus étroitement au Christ. Par là même, le Christ les unit à tous
les fidèles en un seul corps : l’Église. La communion renouvelle, fortifie, approfondit
cette incorporation à l’Église déjà réalisée par le Baptême. Dans le Baptême nous avons été
appelés à ne faire qu’un seul corps (cf. 1 Co 12, 13). L’Eucharistie réalise cet appel : "
La coupe de bénédiction que nous bénissons n’est-elle pas communion au Sang du Christ ? Le
pain que nous rompons, n’est-il pas communion au Corps du Christ ? Puisqu’il n’y a qu’un
pain, à nous tous nous ne formons qu’un corps, car tous nous avons part à ce pain unique "
(1 Co 10, 16-17) :
Si vous êtes le corps du Christ et ses membres, c’est votre sacrement qui est placé sur la
table du Seigneur, vous recevez votre sacrement. Vous répondez " Amen " (" oui, c’est vrai !
") à ce que vous recevez, et vous y souscrivez en répondant. Tu entends ce mot : " le Corps
du Christ " et tu réponds : " Amen ". Sois donc un membre du Christ pour que soit vrai ton
Amen (S. Augustin, serm. 272 : PL 38, 1247).
1397 L’Eucharistie engage envers les pauvres : Pour recevoir dans la vérité le Corps et le
Sang du Christ livrés pour nous, nous devons reconnaître le Christ dans les plus pauvres,
Ses frères (cf. Mt 25, 40) :
Tu as goûté au sang du Seigneur et tu ne reconnais pas même ton frère. Tu déshonores cette
table même, en ne jugeant pas digne de partager ta nourriture celui qui a été jugé digne de
prendre part à cette table. Dieu t’a libéré de tous tes péchés et t’y a invité. Et toi, pas
même alors, tu n’es devenu plus miséricordieux (S. Jean Chrysostome, hom. in 1 Cor. 27, 4 :
PG 61, 229-230).
1398 L’Eucharistie et l’unité des chrétiens. Devant la grandeur de ce mystère, S. Augustin
s’écrie : " O sacrement de la piété ! O signe de l’unité ! O lien de la charité ! " (ev. Jo.
26, 6, 13 ; cf. SC 47). D’autant plus douloureuses se font ressentir les divisions de
l’Église qui rompent la commune participation à la table du Seigneur, d’autant plus
pressantes sont les prières au Seigneur pour que reviennent les jours de l’unité complète de
tous ceux qui croient en Lui.
1399 Les Églises orientales qui ne sont pas en pleine communion avec l’Église catholique
célèbrent l’Eucharistie avec un grand amour. " Ces Églises, bien que séparées, ont de vrais
sacrements, – principalement, en vertu de la succession apostolique : le Sacerdoce et
l’Eucharistie, – qui les unissent intimement à nous " (UR 15). Une certaine communion in
sacris, donc dans l’Eucharistie, est " non seulement possible, mais même recommandée, lors
de circonstances favorables et avec l’approbation de l’autorité ecclésiastique " (UR 15 ;
cf. CIC, can. 844, § 3).
1400 Les communautés ecclésiales issues de la Réforme, séparées de l’Église catholique, " en
raison surtout de l’absence du sacrement de l’Ordre, n’ont pas conservé la substance propre
et intégrale du mystère eucharistique " (UR 22). C’est pour cette raison que, pour l’Église
catholique, l’intercommunion eucharistique avec ces communautés n’est pas possible.
Cependant, ces communautés ecclésiales, " lorsqu’elles font mémoire dans la sainte Cène de
la mort et de la résurrection du Seigneur, professent que la vie consiste dans la communion
au Christ et attendent son retour glorieux " (UR 22).
1401 Lorsqu’une nécessité grave se fait pressente, selon le jugement de l’ordinaire, les
ministres catholiques peuvent donner les sacrements (Eucharistie, pénitence, onction des
malades) aux autres chrétiens qui ne sont pas en pleine communion avec l’Église catholique,
mais qui les demandent de leur plein gré : il faut alors qu’ils manifestent la foi
catholique concernant ces sacrements et qu’ils se trouvent dans les dispositions requises
(cf. CIC, can. 844, § 4).
VII. L’eucharistie – " pignus futurae gloriae "
1402 Dans une antique prière, l’Église acclame le mystère de l’Eucharistie : " O sacrum
convivium in quo Christus sumitur. Recolitur memoria passionis eius ; mens impletur gratia
et futuræ gloriæ nobis pignus datur " (O banquet sacré où le Christ est notre aliment, où
est ravivé le souvenir de sa passion, où la grâce emplit notre âme, où nous est donné le
gage de la vie à venir). Si l’Eucharistie est le mémorial de la Pâque du Seigneur, si par
notre communion à l’autel, nous sommes comblés " de toute bénédiction céleste et grâce "
(MR, Canon Romain 96 : " Supplices te rogamus "), l’Eucharistie est aussi l’anticipation de
la gloire céleste.
1403 Lors de la dernière cène, le Seigneur a lui-même tourné le regard de ses disciples vers
l’accomplissement de la Pâque dans le royaume de Dieu : " Je vous le dis, je ne boirai plus
désormais de ce produit de la vigne jusqu’au jour où je boirai avec vous le vin nouveau dans
le Royaume de mon Père " (Mt 26, 29 ; cf. Lc 22, 18 ; Mc 14, 25). Chaque fois que l’Église
célèbre l’Eucharistie, elle se souvient de cette promesse et son regard se tourne vers "
Celui qui vient " (Ap 1, 4). Dans sa prière, elle appelle sa venue : " Marana tha " (1 Co
16, 22), " Viens, Seigneur Jésus " (Ap 22, 20), " Que ta grâce vienne et que ce monde passe
! " (Didaché 10, 6).
1404 L’Église sait que, dès maintenant, le Seigneur vient dans son Eucharistie, et qu’il est
là, au milieu de nous. Cependant, cette présence est voilée. C’est pour cela que nous
célébrons l’Eucharistie " expectantes beatam spem et adventum Salvatoris nostri Jesu Christi
" (en attendant la bienheureuse espérance et l’avénement de notre Sauveur Jésus-Christ –
Embolisme après le Notre Père ; cf. Tt 2, 13), en demandant " d’être comblés de ta gloire,
dans ton Royaume, tous ensemble et pour l’éternité, quand Tu essuieras toute larme de nos
yeux ; en Te voyant, Toi notre Dieu, tel que Tu es, nous Te serons semblables éternellement,
et sans fin nous chanterons ta louange, par le Christ, notre Seigneur " (MR, prière
eucharistique III, 116 : prière pour les défunts).
1405 De cette grande espérance, celle des cieux nouveaux et de la terre nouvelle en lesquels
habitera la justice (cf. 2 P 3, 13), nous n’avons pas de gage plus sûr, de signe plus
manifeste que l’Eucharistie. En effet, chaque fois qu’est célébré ce mystère, " l’œuvre de
notre rédemption s’opère " (LG 3) et nous " rompons un même pain qui est remède
d’immortalité, antidote pour ne pas mourir, mais pour vivre en Jésus-Christ pour toujours "
(S. Ignace d’Antioche, Eph. 20, 2).
1406 Jésus dit : " Je suis le pain vivant, descendu du ciel. Qui mangera ce pain
vivra à jamais... Qui mange ma Chair et boit mon Sang a la vie éternelle ... il demeure
en moi et moi en lui " (Jn 6, 51. 54. 56).
1407 L’eucharistie est le cœur et le sommet de la vie de l’Église car en
elle le Christ associe son Église et tous ses membres à son sacrifice de louange et
d’action de grâces offert une fois pour toutes sur la Croix à son Père ; par ce
sacrifice il répand les grâces du salut sur son Corps, qui est l’Église.
1408 La célébration eucharistique comporte toujours : la proclamation de la Parole de
Dieu, l’action de grâce à Dieu le Père pour tous ses bienfaits, surtout pour le
don de son Fils, la consécration du pain et du vin et la participation au banquet
liturgique par la réception du Corps et du Sang du Seigneur. Ces éléments constituent
un seul et même acte de culte.
1409 L’Eucharistie est le mémorial de la Pâque du Christ : c’est-à-dire de
l’œuvre du salut accomplie par la vie, la mort et la résurrection du Christ,
œuvre rendue présente par l’action liturgique.
1410 C’est le Christ lui-même, grand prêtre éternel de la nouvelle Alliance, qui,
agissant par le ministère des prêtres, offre le sacrifice eucharistique. Et c’est
encore le même Christ, réellement présent sous les espèces du pain et du vin, qui est
l’offrande du sacrifice eucharistique.
1411 Seuls les prêtres validement ordonnés peuvent présider l’Eucharistie et
consacrer le pain et le vin pour qu’ils deviennent le Corps et le Sang du Seigneur.
1412 Les signes essentiels du sacrement eucharistique sont le pain de blé et le vin du
vignoble, sur lesquels est invoquée la bénédiction de l’Esprit Saint et le prêtre
prononce les paroles de la consécration dites par Jésus pendant la dernière cène :
" Ceci est mon corps livré pour vous ... Ceci est la coupe de mon sang ... "
1413 Par la consécration s’opère la transsubstantiation du pain et du vin dans le
Corps et le Sang du Christ. Sous les espèces consacrées du pain et du vin, le Christ
lui-même, vivant et glorieux, est présent de manière vraie, réelle et substantielle,
son Corps et son Sang, avec son âme et sa divinité (cf. Cc. Trente : DS 1640 ; 1651).
1414 En tant que sacrifice, l’Eucharistie est aussi offerte en réparation des
péchés des vivants et des défunts, et pour obtenir de Dieu des bienfaits spirituels ou
temporels.
1415 Celui qui veut recevoir le Christ dans la Communion eucharistique doit se trouver en
état de grâce. Si quelqu’un a conscience d’avoir péché mortellement, il ne
doit pas accéder à l’Eucharistie sans avoir reçu préalablement l’absolution
dans le sacrement de Pénitence.
1416 La sainte Communion au Corps et au Sang du Christ accroît l’union du communiant
avec le Seigneur, lui remet les péchés véniels et le préserve des péchés graves.
Puisque les liens de charité entre le communiant et le Christ sont renforcés, la
réception de ce sacrement renforce l’unité de l’Église, Corps mystique du
Christ.
1417 L’Église recommande vivement aux fidèles de recevoir la sainte communion quand
ils participent à la célébration de l’Eucharistie ; elle leur en fait obligation
au moins une fois par an.
1418 Puisque le Christ lui-même est présent dans le Sacrement de l’Autel, il
faut l’honorer d’un culte d’adoration. " La visite au Très Saint
Sacrement est une preuve de gratitude, un signe d’amour et un devoir d’adoration
envers le Christ, notre Seigneur " (MF).
1419 Le Christ ayant passé de ce monde au Père, nous donne dans l’Eucharistie le
gage de la gloire auprès de Lui : la participation au Saint Sacrifice nous identifie avec
son Cœur, soutient nos forces au long du pèlerinage de cette vie, nous fait
souhaiter la Vie éternelle et nous unit déjà à l’Église du Ciel, à la Sainte
Vierge Marie et à tous les Saints.
Auctoritatae Ioannis Pauli PP. II Promulgatus
Datum Romae, die xxv Ianuarii, anno MCMLXXXIII
TITRE III
LA TRÈS SAINTE EUCHARISTIE
Can. 897 - Le Sacrement le plus vénérable est la très sainte Eucharistie dans
laquelle le Christ Seigneur lui-même est contenu, offert et reçu, et par laquelle
l'Église vit et croît continuellement. Le Sacrifice eucharistique, mémorial de la mort
et de la résurrection du Seigneur, dans lequel le Sacrifice de la croix est perpétué au
long des siècles, est le sommet et la source de tout le culte et de toute la vie
chrétienne, par lequel est signifiée et réalisée l'unité du peuple de Dieu et
s'achève la construction du Corps du Christ. En effet, les autres sacrements et toutes
les oeuvres d'apostolat de l'Église sont étroitement liés à la très sainte
Eucharistie et y sont ordonnés.
Can. 898 - Les fidèles auront en très grand honneur la très sainte Eucharistie, en
participant activement à la célébration du très auguste Sacrifice, en recevant ce
sacrement avec dévotion et fréquemment, et en lui rendant le culte éminent d'adoration;
les pasteurs d'âmes instruiront soigneusement les fidèles de cette obligation, en
mettant en valeur la doctrine sur ce sacrement.
Chapitre I
LA CÉLÉBRATION EUCHARISTIQUE
Can. 899 - § 1. La célébration eucharistique est action du Christ lui-même et de
l'Église, dans laquelle le Christ Seigneur, présent substantiellement sous les espèces
du pain et du vin, s'offre lui-même par le ministère du prêtre à Dieu le Père, et se
donne en nourriture spirituelle aux fidèles unis à son offrande.
§ 2. Dans la Synaxe eucharistique, le peuple de Dieu est convoqué en assemblée sous la
présidence de l'Évêque ou du prêtre sous l'autorité de l'Évêque, agissant en la
personne du Christ, et tous les fidèles qui y assistent, clercs ou laïcs, y concourent
en prenant une part active, chacun selon son mode propre, suivant la diversité des ordres
et des fonctions liturgiques.
§ 3. La célébration eucharistique sera organisée de telle sorte que tous ceux qui y
participent en retirent des fruits abondants, pour l'obtention desquels le Christ Seigneur
a institué le Sacrifice eucharistique.
Art. I
Le ministre de la très sainte Eucharistie
Can. 900 - § 1. Seul le prêtre validement ordonné est le ministre qui, en la
personne du Christ, peut réaliser le sacrement de l'Eucharistie.
§ 2. Le prêtre non empêché par la loi canonique célèbre licitement l'Eucharistie en
observant les dispositions des canons qui suivent.
Can. 901 - Le prêtre a la liberté d'appliquer la Messe tant pour les vivants que pour
les défunts.
Can. 902 - À moins que l'utilité des fidèles ne requière ou ne conseille autre chose,
les prêtres peuvent concélébrer l'Eucharistie, étant respectée la liberté pour
chacun de la célébrer individuellement, mais pas quand il y a une concélébration dans
la même église ou le même oratoire.
Can. 903 - Un prêtre, même inconnu du recteur de l'église, sera admis par lui à
célébrer pourvu qu'il lui présente les lettres de recommandation de son Ordinaire ou de
son Supérieur, délivrées au moins dans l'année, ou que le recteur puisse juger
prudemment que rien ne l'empêche de célébrer.
Can. 904 - Que les prêtres célèbrent fréquemment, ayant toujours présent à l'esprit
le fait que l'oeuvre de la rédemption se réalise continuellement dans le mystère du
Sacrifice eucharistique; bien plus, leur est vivement recommandée la célébration
quotidienne qui est vraiment, même s'il ne peut y avoir la présence de fidèles, action
du Christ et de l'Église, dans la réalisation de laquelle les prêtres accomplissent
leur principale fonction.
Can. 905 - § 1. Il n'est pas permis à un prêtre de célébrer plus d'une fois par jour,
sauf dans les cas où, selon le droit, il est permis de célébrer ou de concélébrer
plus d'une fois l'Eucharistie le même jour.
§ 2. S'il y a pénurie de prêtres, l'Ordinaire du lieu peut permettre, pour une juste
cause, que les prêtres célèbrent deux fois par jour, et même, lorsque la nécessité
pastorale l'exige, trois fois les dimanches et les jours de fêtes d'obligation.
Can. 906 - Le prêtre ne célébrera pas le Sacrifice eucharistique sans la participation
d'un fidèle au moins, sauf pour une cause juste et raisonnable.
Can. 907 - Dans la célébration eucharistique, il n'est permis ni aux diacres ni aux
laïcs de réciter les prières, surtout la prière eucharistique, ou de remplir les actes
propres au prêtre célébrant.
Can. 908 - Il est interdit aux prêtres catholiques de concélébrer l'Eucharistie avec
des prêtres ou des ministres d'Églises ou de communautés ecclésiales qui n'ont pas la
pleine communion avec l'Église catholique.
Can. 909 - Que le prêtre n'omette pas de se préparer dûment par la prière à
célébrer le Sacrifice eucharistique et de rendre grâces à Dieu après la
célébration.
Can. 910 - § 1. Les ministres ordinaires de la sainte communion sont l'Évêque, le
prêtre et le diacre. § 2. Les ministres extraordinaires de la sainte communion sont
l'acolyte et tout autre fidèle député selon les dispositions du can. 230, § 3.
Can. 911 - § 1. Le devoir et le droit de porter la très sainte Eucharistie en Viatique
aux malades appartient au curé et aux vicaires paroissiaux, aux chapelains ainsi qu'au
Supérieur de la communauté dans les instituts religieux cléricaux ou les sociétés de
vie apostolique cléricales pour tous ceux qui se trouvent dans leur maison. § 2. En cas
de nécessité, ou avec l'autorisation au moins présumée du curé, du chapelain ou du
Supérieur qu'il doit informer ensuite, tout prêtre ou tout autre ministre de la sainte
communion doit le faire.
Art. 2
La participation à la très sainte Eucharistie
Can. 912 - Tout baptisé qui n'en est pas empêché par le droit peut et doit être admis
à la sainte communion.
Can. 913 - § 1. Pour que la très sainte Eucharistie puisse être donnée aux enfants, il
est requis qu'ils aient une connaissance suffisante et qu'ils aient reçu une préparation
soignée, de sorte qu'ils comprennent le mystère du Christ à la mesure de leur
capacité, et puissent recevoir le Corps du Seigneur avec foi et dévotion. § 2. La très
sainte Eucharistie peut néanmoins être donnée aux enfants qui sont en danger de mort,
s'ils sont capables de distinguer le Corps du Christ de l'aliment ordinaire et de recevoir
la communion avec respect.
Can. 914 - Les parents en premier, et ceux qui tiennent leur place, de même que le curé,
ont le devoir de veiller à ce que les enfants qui sont parvenus à l'âge de raison
soient préparés comme il faut et soient nourris le plus tôt possible de cet aliment
divin, après avoir fait une confession sacramentelle; il revient aussi au curé de
veiller à ce que les enfants n'ayant pas encore atteint l'âge de raison, ou ceux qu'il
juge insuffisamment disposés, ne soient pas admis à la sainte Synaxe.
Can. 915 - Les excommuniés et les interdits, après l'infliction ou la déclaration de la
peine et ceux qui persistent avec obstination dans un péché grave et manifeste, ne
seront pas admis à la sainte communion.
Can. 916 - Qui a conscience d'être en état de péché grave ne célébrera pas la Messe
ni ne communiera au Corps du Seigneur sans recourir auparavant à la confession
sacramentelle, à moins d'un motif grave et qu'il ne soit dans l'impossibilité de se
confesser; en ce cas, il n'oubliera pas qu'il est tenu par l'obligation de faire un acte
de contrition parfaite, qui inclut la résolution de se confesser au plus tôt.
Can. 917 - Qui a déjà reçu la très sainte Eucharistie peut la recevoir à nouveau le
même jour mais seulement lors d'une célébration eucharistique à laquelle il participe,
restant sauves les dispositions du can. 921, § 2.
Can. 918 - Il est vivement recommandé aux fidèles de recevoir la sainte communion au
cours même de la célébration eucharistique; néanmoins, elle sera donnée en dehors de
la Messe, en observant les rites liturgiques, à ceux qui la demandent pour une juste
cause.
Can. 919 - § 1. Qui va recevoir la très sainte Eucharistie s'abstiendra, au moins une
heure avant la sainte communion, de prendre tout aliment et boisson, à l'exception
seulement de l'eau et des médicaments.
§ 2. Le prêtre qui célèbre la très sainte Eucharistie deux ou trois fois le même
jour peut prendre quelque chose avant la seconde ou la troisième célébration, même
s'il n'y a pas le délai d'une heure.
§ 3. Les personnes âgées et les malades, ainsi que celles qui s'en occupent, peuvent
recevoir la très sainte Eucharistie même si elles ont pris quelque chose moins d'une
heure aupraravant.
Can. 920 - § 1. Tout fidèle, après avoir été initié à la très sainte Eucharistie,
est tenu par l'obligation de recevoir la sainte communion au moins une fois l'an.
§ 2. Ce précepte doit être rempli durant le temps pascal, à moins que pour une juste
cause, il ne le soit à une autre époque de l'année.
Can. 921 - § 1. Les fidèles qui se trouvent en danger de mort, quelle qu'en soit la
cause, seront nourris de la sainte communion sous forme du Viatique.
§ 2. Même s'ils ont déjà reçu la sainte communion le jour même, il est hautement
conseillé que ceux qui se trouvent en danger de mort communient à nouveau.
§ 3. Tant que dure le danger de mort, il est conseillé que la sainte communion soit
donnée plusieurs fois, à des jours différents.
Can. 922 - Le saint Viatique ne sera pas trop différé aux malades; ceux qui ont charge
d'âmes veilleront attentivement à ce que les malades le reçoivent quand ils ont encore
le plein usage de leurs facultés.
Can. 923 - Les fidèles peuvent participer au Sacrifice eucharistique et recevoir la
sainte communion dans n'importe quel rite catholique, compte tenu des disposition du can.
844.
Art. 3 Rites et cérémonies de la célébration eucharistique
Can. 924 - § 1. Le très saint Sacrifice eucharistique doit être offert avec du pain et
du vin auquel un peu d'eau doit être ajouté.
§ 2. Le pain doit être de pur froment et confectionné récemment en sorte qu'il n'y ait
aucun risque de corruption.
§ 3. Le vin doit être du vin naturel de raisins et non corrompu.
Can. 925 - La sainte communion sera donnée sous la seule espèce du pain ou, selon les
lois liturgiques, sous les deux espèces; mais en cas de nécessité, ce pourra être
aussi sous la seule espèce du vin.
Can. 926 - Dans la célébration eucharistique, selon l'antique tradition de l'Église
latine, le prêtre utilisera du pain azyme quel que soit le lieu où il célèbre.
Can. 927 - Il est absolument interdit, même en cas d'urgente et extrême nécessité, de
consacrer une matière sans l'autre, ou même les deux en dehors de la célébration
eucharistique.
Can. 928 - La célébration eucharistique se fera en latin ou dans une autre langue,
pourvu que les textes liturgiques aient été légitimement approuvés.
Can. 929 - Pour célébrer et administrer l'Eucharistie, les prêtres et les diacres
revêtiront les vêtements sacrés prescrits par les rubriques.
Can. 930 - § 1. Le prêtre malade ou âgé, s'il ne peut rester debout, peut célébrer
assis le Sacrifice eucharistique, en observant toujours les lois liturgiques, mais non
cependant devant le peuple, à moins d'autorisation de l'Ordinaire du lieu.
§ 2. Le prêtre aveugle ou atteint d'une autre infirmité peut licitement célébrer le
Sacrifice eucharistique avec tout texte approuvé pour la Messe et, le cas échéant, avec
l'assistance d'un autre prêtre ou d'un diacre, ou même d'un laïc dûment instruit, qui
l'aidera.
Art. 4 Temps et lieu de la célébration de l'Eucharistie
Can. 931 - La célébration et la distribution de l'Eucharistie peuvent avoir lieu tous
les jours et à n'importe quelle heure, excepté lorsque cela est interdit par les règles
liturgiques.
Can. 932 - § 1. La célébration eucharistique se fera en un lieu sacré à moins que,
dans un cas particulier, la nécessité n'exige autre chose; en ce cas, la célébration
doit se faire dans un endroit décent.
§ 2. Le Sacrifice eucharistique doit être célébré sur un autel consacré ou béni; en
dehors d'un lieu sacré, peut être utilisée une table convenable, en gardant toujours la
nappe et le corporal.
Can. 933 - Pour une juste cause et avec l'autorisation expresse de l'Ordinaire du lieu, le
prêtre peut célébrer l'Eucharistie dans le temple d'une Église ou d'une communauté
ecclésiale qui n'a pas la pleine communion avec l'Église catholique, pourvu que tout
danger de scandale soit écarté.
Chapitre II
LA RÉSERVE ET LA VÉNÉRATION DE LA TRÈS SAINTE EUCHARISTIE
Can. 934 - § 1. La très sainte Eucharistie:
1 doit être conservée dans l'église cathédrale ou une église équiparée, dans toutes
les églises paroissiales et dans les églises ou oratoires annexés à la maison d'un
institut religieux ou d'une société de vie apostolique;
2 peut être conservée dans la chapelle de l'Évêque et, avec l'autorisation de
l'Ordinaire du lieu, en d'autres églises, oratoires et chapelles.
§ 2. Dans les lieux sacrés où la très sainte Eucharistie est conservée, il faut qu'il
y ait toujours quelqu'un qui en prenne soin et, dans la mesure du possible, un prêtre y
célébrera la Messe au moins deux fois par mois.
Can. 935 - Personne n'est autorisé à conserver la très sainte Eucharistie chez soi ou
à l'emporter avec lui en voyage, à moins qu'un besoin pastoral ne l'exige et à
condition que toutes les dispositions de l'Évêque diocésain soient observées.
Can. 936 - Dans la maison d'un institut religieux ou dans toute autre maison pieuse, la
très sainte Eucharistie ne sera conservée que dans l'église ou dans l'oratoire
principal annexé à la maison; mais, pour un juste motif, l'Ordinaire peut permettre
qu'elle soit également conservée dans un autre oratoire de la même maison.
Can. 937 - Sauf si une raison grave s'y oppose, l'église dans laquelle la très sainte
Eucharistie est conservée restera ouverte aux fidèles au moins quelques heures par jour,
afin qu'ils puissent prier devant le très saint Sacrement.
Can. 938 - § 1. La très sainte Eucharistie ne sera conservée habituellement que dans un
tabernacle de l'église ou de l'oratoire.
§ 2. Le tabernacle dans lequel la très sainte Eucharistie est conservée sera placé
en un endroit de l'église ou de l'oratoire remarquable, visible, convenablement décoré
et adapté à la prière.
§ 3. Le tabernacle dans lequel la très sainte Eucharistie est habituellement conservée
sera inamovible, fait d'un matériau solide non transparent et fermé de telle sorte que
soit évité au maximum tout risque de profanation.
§ 4. Pour une cause grave, la très sainte Eucharistie peut être conservée en un autre
lieu sûr et décent, surtout la nuit.
§ 5. La personne qui est chargée de l'église ou de l'oratoire veillera à ce que la
clef du tabernacle où la très sainte Eucharistie est conservée soit gardée avec le
plus grand soin.
Can. 939 - Les hosties consacrées seront conservées en quantité suffisante pour les
besoins des fidèles dans un ciboire ou dans un vase et seront fréquemment renouvelées,
les hosties anciennes étant dûment consommées.
Can. 940 - Devant le tabernacle où la très sainte Eucharistie est conservée, une lampe
spéciale sera constamment allumée pour indiquer et honorer la présence du Christ.
Can. 941 - § 1. Dans les églises ou oratoires où peut être conservée la très sainte
Eucharistie, l'exposition peut être faite aussi bien avec le ciboire qu'avec l'ostensoir,
en observant les règles prescrites dans les livres liturgiques.
§ 2. Pendant la célébration de la Messe, il n'y aura pas d'exposition du très saint
Sacrement dans le même endroit de l'église ou de l'oratoire.
Can. 942 - Il est recommandé que dans ces mêmes églises et oratoires, il y ait tous les
ans une exposition solennelle du saint Sacrement, pendant un temps convenable, même de
façon non continue, afin que la communauté locale médite plus profondément sur le
mystère eucharistique et l'adore; cependant, cette exposition n'aura lieu que si un
concours suffisant de fidèles est prévu, et en observant les règles établies.
Can. 943 - Le ministre de l'exposition du très saint Sacrement et de la bénédiction
eucharistique est le prêtre ou le diacre; dans des circonstances particulières, pour la
seule exposition et reposition, mais sans bénédiction, ce peut être l'acolyte, le
ministre extraordinaire de la sainte communion ou quelqu'un d'autre député par
l'Ordinaire du lieu, en observant les dispositions de l'Évêque diocésain.
Can. 944 - § 1. Là où l'Évêque diocésain le juge possible, en témoignage public de
vénération envers la très sainte Eucharistie, une procession sera organisée dans les
rues, surtout au jour de la solennité du Corps et du Sang du Christ.
§ 2. Il revient à l'Évêque diocésain d'établir des règles pour la participation aux
processions et pour la dignité de leur déroulement.
Chapitre III
L'OFFRANDE POUR LA CÉLÉBRATION DE LA MESSE
Can. 945 - § 1. Selon l'usage approuvé de l'Église, tout prêtre célébrant ou
concélébrant la Messe peut recevoir une offrande, pour qu'il applique la Messe à une
intention déterminée.
§ 2. Il est vivement recommandé aux prêtres, même s'ils n'ont pas reçu d'offrande, de
célébrer la Messe aux intentions des fidèles, surtout de ceux qui sont dans le besoin.
Can. 946 - Les fidèles qui donnent une offrande pour que la Messe soit appliquée à leur
intention contribuent au bien de l'Église et participent par cette offrande à son souci
pour le soutien de ses ministres et de ses oeuvres.
Can. 947 - En matière d'offrande de Messes, on écartera absolument jusqu'à l'apparence
de commerce ou de trafic.
Can. 948 - Des Messes distinctes doivent être appliquées aux intentions de chacun de
ceux pour lesquels une offrande, fût-elle modique, a été donnée et acceptée.
Can. 949 - Celui qui est obligé de célébrer et d'appliquer la Messe à l'intention de
ceux qui ont donné l'offrande continue d'être tenu de le faire, même si les offrandes
reçues viennent à disparaître sans faute de sa part.
Can. 950 - Si une somme d'argent est offerte pour l'application de Messes, sans
spécification du nombre de Messes à célébrer, ce nombre sera déterminé selon le taux
fixé dans le lieu où le donateur réside, à moins que son intention ne doive être
légitimement présumée autre.
Can. 951 - § 1. Le prêtre qui célèbre plusieurs Messes le même jour peut appliquer
chacune d'elles à l'intention pour laquelle une offrande a été donnée; néanmoins,
hormis le jour de Noël, il gardera l'offrande d'une seule Messe et destinera les autres
aux fins fixées par l'Ordinaire, une certaine rétribution à un titre extrinsèque
étant toutefois admise.
§ 2. Le prêtre qui concélèbre une deuxième Messe le même jour ne peut sous aucun
prétexte recevoir une offrande à ce titre.
Can. 952 - § 1. Il revient au concile provincial ou à l'assemblée des Évêques de la
province de fixer par décret pour toute la province le montant de l'offrande à donner
pour la célébration et l'application de la Messe, et le prêtre n'est pas autorisé à
demander une somme plus élevée; il lui est cependant permis de recevoir pour
l'application d'une Messe une offrande plus élevée que celle qui a été fixée si elle
lui est offerte spontanément, et même une offrande moins élevée.
§ 2. À défaut d'un tel décret, la coutume en vigueur dans le diocèse sera observée.
§ 3. Les membres de tous les instituts religieux doivent s'en tenir aussi à ce décret
ou à la coutume du lieu dont il s'agit aux §§ 1 et 2 du présent canon.
Can. 953 - Il n'est permis à personne de recevoir un nombre tel d'offrandes de Messes à
appliquer par lui-même qu'il ne puisse les acquitter dans l'année.
Can. 954 - Si, dans certaines églises ou oratoires, la demande de messes à célébrer
dépasse le nombre de celles qui peuvent y être dites, celles qui sont en excédent
peuvent être célébrées ailleurs, à moins que les donateurs n'aient manifesté
expressément une volonté contraire.
Can. 955 - § 1. Celui qui désire confier à d'autres la célébration de Messes à
appliquer confiera leur célébration le plus tôt possible aux prêtres qu'il voudra,
pourvu qu'il les sache au-dessus de tout soupçon; il doit transmettre intégralement
l'offrande reçue à moins qu'il ne sache avec certitude que ce qui dépasse le taux fixé
dans le diocèse lui a été donné à lui personnellement; et il est tenu par
l'obligation de veiller à la célébration de ces Messes jusqu'à ce qu'il ait reçu
l'avis de l'acceptation de l'obligation et de la réception de l'offrande.
§ 2. Le délai dans lequel les Messes doivent être célébrées commence du jour où le
prêtre qui doit les célébrer les a reçues, sauf s'il s'avère qu'il en va autrement.
§ 3. Ceux qui confient à d'autres des Messes à célébrer inscriront sans tarder dans
un registre tant les Messes qu'ils ont reçues que celles qu'ils ont confiées à
d'autres, en notant aussi le montant des offrandes.
§ 4. Tout prêtre doit soigneusement noter les Messes qu'il a acceptées de célébrer et
celles qu'il a acquittées.
Can. 956 - Tous et chacun des administrateurs des causes pies ou ceux qui sont obligés à
un titre quelconque de veiller à la célébration des Messes, clercs ou laïcs,
remettront à leurs Ordinaires, selon les modalités à définir par ceux-ci, les charges
des Messes qui n'auraient pas été célébrées dans l'année.
Can. 957 - Le devoir et le droit de veiller à l'accomplissement des charges de Messes
reviennent à l'Ordinaire du lieu pour les églises du clergé séculier, et à leurs
Supérieurs pour les églises des instituts religieux ou des sociétés de vie
apostolique.
Can. 958 - § 1. Le curé et le recteur d'une église ou d'un autre lieu de piété, dans
lesquels des offrandes de Messes sont ordinairement reçues, tiendront un registre
particulier dans lequel ils noteront soigneusement le nombre de Messes à célébrer,
l'intention, l'offrande et la célébration accomplie.
§ 2. L'Ordinaire est tenu par l'obligation de contrôler ces registres chaque année, par
lui-même ou par d'autres.