GESÙ EUCARISTICO AMORE
P. Stefano M. Manelli, O.F.M. Conv., S.T.D.
VITA EUCARISTICA
SECONDO GLI ESEMPI DEI SANTI
"CASA MARIANA"
MARIA SS. DEL BUON CONSIGLIO
83040 FRIGENTO (AV)
Ex parte Ordinis nihil obstat quominus imprimatur:
P. ANTONIUS M. Dl MONDA, min. prov.
Neapoli, 19.4.1973.
Imprimatur:
+ ANTONIUS ZAMA, Vic. generalis
Neapoli, die 21 Aprilis 1973
"Casa Mariana" Frigento 1976
PREFAZIONE
"La devozione all'Eucaristia - disse S. Pio X, il Papa dell'Eucaristia - è la piú
nobile perché ha per oggetto Dio; è la più salutare perché ci dà l'Autore della
grazia; è la più soave perché soave è il Signore."
La devozione all'Eucaristia, insieme alla devozione alla Madonna, è una devozione di
Paradiso, perché è la devozione che hanno anche gli Angeli e i Santi del Cielo.
"Figurando una accademia in Paradiso - diceva Santa Gemma Galgani estatica - si deve
imparare ad amare soltanto. La scuola è nel Cenacolo, il maestro è Gesù, le dottrine
sono la sua carne e il suo sangue".
L'Eucaristia è Gesù Amore. Per questo è il Sacramento dell'Amore, di tutto l'amore:
contiene Gesú vivo e vero che è "Dio Amore" (Giov. 4, 8) e che "ci ha
amato fino all'eccesso" (Giov. 13, 1).
Tutte le espressioni dell'amore, le più alte e le più profonde, sono racchiuse
nell'Eucaristia: l'amore crocifisso, l'amore unitivo, l'amore adorante, l'amore
contemplativo, l'amore orante, l'amore inebriante.
Gesù Eucaristico è Amore crocifisso nel S. Sacrificio della Messa, in cui rinnova
l'immolazione di Sé per noi; è Amore unitivo nella Comunione Sacramentale e spirituale,
in cui si fa "uno" con chi Lo riceve; è Amore adorante nel S. Tabernacolo, in
cui è presente come olocausto di adorazione al Padre; è Amore contemplativo
nell'incontro con le anime che amano "stare ai suoi piedi" come Maria di Betania
(Luc. 10, 39); è Amore orante nella sua "incessante intercessione per noi" al
cospetto del Padre (Ebr. 1,25); è Amore inebriante nelle celesti ebbrezze dell'unione
nuziale con i suoi prediletti, i vergini e le vergini, che Egli stringe a Sé con amore
esclusivo, come strinse a sé S. Giovanni Evangelista, l'apostolo vergine, l'unico che nel
Cenacolo "riposò sul petto di Gesù" (Giov. 21, 20).
"Essere posseduti da Gesù e possederlo: ecco il regno perfetto dell'amore", ha
scritto S. Pietro Giuliano Eymard. Ebbene, l'Eucaristia realizza questo "regno
perfetto dell'amore" in tutti i puri di cuore che si accostano ai Santi Tabernacoli e
si uniscono a Gesù Ostia con umiltà e amore. Gesù nell'Eucaristia si immola per noi, si
dona a noi, resta fra noi con umiltà e amore infiniti.
"O meravigliosa altezza e degnazione che dà stupore! - esclamava il Serafico Padre
S. Francesco - O umiltà sublime e sublimità umile che il Signore dell'universo, Dio e
Figlio di Dio, abbia ad umiliarsi così da nascondersi sotto la piccola figura del pane
per la nostra salute! Guardate, fratelli, l'abbassamento di Dio... Quindi non tenetevi
nulla di voi stessi, affinché interamente vi accolga colui che tutto si dà a voi".
E S. Alfonso de' Liguori aggiunge, con la sua solita tenerezza affettuosa: "Mio
Gesù! Quale invenzione amorosa è stata mai questa del SS mo Sacramento, di nascondervi
sotto l'apparenza del pane per farvi amare e trovare da chi Vi desidera!".
Il pensiero al Sacerdote che ogni giorno ci dona Gesù, e alla Beata Vergine Maria che è
la Madre Divina di Gesù e di tutti i Sacerdoti, sia sempre presente al nostro affetto
verso il SS. Sacramento, perché l'Eucaristia, la Madonna e il Sacerdote sono
inseparabili, così come sul Calvario furono inseparabili Gesù, Maria e S. Giovanni
Evangelista.
Impariamo tutto questo alla scuola dei Santi. Essi l'hanno vissuto in maniera ardente e
sublime, da veri serafini di amore all'Eucaristia. Ed essi soli, come dice la Lumen
Gentium (n. 50), sono la "via sicurissima" a Gesù Eucaristico Amore.
I N D I C E
I) O DIVINA EUCARISTIA!
- Gesù Eucaristico è Dio fra noi
- Conoscere, amare, vivere l'Eucaristia
II) GESÙ PER ME
- La S. Messa è il Sacrificio della Croce
- La S. Messa quotidiana
- La partecipazione attiva e fruttuosa
- La S. Messa e le anime del Purgatorio
III) GESÙ IN ME
- La S. Comunione: Gesù è mio
- La purità di anima per la S. Comunione
- Il Ringraziamento alla S. Comunione
- Il Pane dei forti e il viatico per il cielo
- Ogni giorno con Lui
- La Comunione Spirituale
IV) GESÙ CON ME
- La Presenza Reale
- La “Visita” a Gesù
- Gesù, Ti adoro!
- Amare la “Casa di Gesù”
V) COLUI CHE CI DONA GESÙ
VI) IL PANE DI MAMMA
VII) PREGHIERE PER L'EUCARISTIA
- La S. Comunione: Preparazione. Ringraziamento
- La Comunione con Maria: Preparazione. Ringraziamento
- La visita Eucaristica : Visita al SS. Sacramento;
Comunione Spirituale; Visita a Maria SS.
VIII) APPENDICE
I) O DIVINA EUCARISTIA!
Gesù Eucaristico è l’"Emanuele", ossia
"Dio con noi" (Matt. 1, 23)
• Gesù Eucaristico è Dio fra noi
• Conoscere, amare e vivere l’Eucaristia
GESÙ EUCARISTICO È
DIO FRA NOI
Quando S. Giovanni Maria Vianney arrivò nel piccolo e sperduto paesello di Ars, qualcuno
gli disse con amarezza: “Qui non c’è più nulla da fare”. “Dunque
c’è tutto da fare”, rispose il Santo.
E cominciò subito a fare. Che cosa?... Si alzava alle due di notte e si metteva in
preghiera presso l’altare nella buia Chiesa. Recitava l’Ufficio Divino, faceva
la meditazione, si preparava per la S. Messa; dopo la S. Messa faceva il ringraziamento,
poi restava ancora in preghiera fino a mezzogiorno: sempre in ginocchio sul pavimento,
senza appoggio, la corona del Rosario fra le mani, lo sguardo fisso al Tabernacolo.
Così durò per un po’ di tempo.
Poi, però..., dovette cominciare a cambiare orari; e arrivò al punto da trasformare
radicalmente l’ordinamento delle sue cose. Gesù Eucaristico e la Vergine Santa
attraevano via via le anime in quella povera Parrocchia, fino a che la Chiesa non apparve
insufficiente a contenere le folle e il confessionale del santo Curato venne assiepato da
file interminabili di penitenti. Il S. Curato fu costretto a confessare per dieci,
quindici, diciotto ore al giorno!
Come mai quella trasformazione? Una povera Chiesa, un altare deserto, un tabernacolo
abbandonato, un vecchio confessionale, un sacerdote sprovveduto di mezzi e poco dotato:
come potevano operare in quello sconosciuto paesello una trasformazione così mirabile?
Le stesse domande possiamo farcele oggi per un paese del Gargano, S. Giovanni Rotondo,
fino a pochi decenni fa sperduto e ignorato fra le balze pietrose di quel promontorio.
Oggi S. Giovanni Rotondo è un centro di vita spirituale e culturale di fama più che
nazionale. Anche lì, un povero frate infermo, un vecchio conventino cadente, una piccola
Chiesa deserta, un altare e un tabernacolo sempre soli con quel povero frate che consumava
la corona e le mani nella recita instancabile di Rosari.
Come mai? A che cosa è dovuta la mirabile trasformazione avvenuta ad Ars e a S. Giovanni
Rotondo per centinaia di migliaia, forse milioni di persone accorse da ogni parte della
terra?
Solo Dio poteva operare quelle trasformazioni, servendosi, secondo il suo stile, delle
“cose inconsistenti per umiliare quelle consistenti” (1 Cor. 1, 28). Tutto è
dovuto a Lui, alla potenza divina e infinita dell’Eucaristia, alla forza onnipotente
di attrazione che si irradia da ogni Tabernacolo, e si è irradiata dai Tabernacoli di Ars
e di S. Giovanni Rotondo raggiungendo le anime attraverso il ministero di quei due
Sacerdoti, veri “ministri del Tabernacolo” (Ebr. 13, 10) e “dispensatori
dei misteri divini” (1 Cor. 4, 1).
Che cos’è, infatti, l’Eucaristia? È Dio fra noi. È il Signore Gesù presente
nei Tabernacoli delle nostre Chiese con il suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità. È Gesù
velato dalle apparenze del pane, ma realmente, fisicamente presente nelle Ostie consacrate
per dimorare in mezzo a noi, operare in noi, per noi, a nostra disposizione. Gesù
Eucaristico è il vero “Emanuele”, ossia “Dio con noi” (Matt. 1, 23).
“La fede della Chiesa - ci insegna S. S. Pio XII - è questa: che uno e identico è
il Verbo di Dio e il Figlio di Maria, che soffrì sulla croce, che è presente nella
Eucaristia, che regna nel Cielo”.
Gesù Eucaristico è fra noi come fratello, come amico, come sposo delle nostre anime.
Egli vuol venire in noi per essere il nostro cibo di vita eterna, il nostro amore, il
nostro sostegno; vuole incorporarci a Sé per essere il nostro Redentore e Salvatore,
Colui che ci porta nel Regno dei cieli per immergerci nell’eternità dell’Amore.
Con l’Eucaristia Dio ci ha dato veramente tutto. S. Agostino esclama: “Dio
essendo onnipotente non poté dare di più; essendo sapientissimo non seppe dare di più;
essendo ricchissimo non ebbe da dare di più”.
Andiamo all’Eucaristia, quindi. Avviciniamoci a Gesù che vuol farsi nostro per farci
Suoi divinizzandoci. “Gesù cibo delle anime forti - esclamava S. Gemma Galgani -
fortificami, purificami, divinizzami”. Accostiamoci all’Eucaristia con cuore
puro e ardente. Come i Santi. Non sia mai troppa la nostra cura per conoscere questo
Mistero ineffabile. La meditazione, lo studio, la riflessione sull’Eucaristia trovino
spazio di tempo geloso nel quotidiano avvicendarsi delle nostre ore. Sarà il tempo più
benedetto della nostra giornata.
CONOSCERE, AMARE, VIVERE L’EUCARISTIA
Per scoprire almeno qualcosa delle ricchezze sterminate racchiuse nel mistero eucaristico,
impegnamoci in un triplice esercizio costante e unitario: esercizio della mente, del
cuore, della volontà.
1) Esercizio della mente: ossia la meditazione attenta e ordinata sull’Eucaristia,
fatta su libri che ci portino alla scoperta e all’approfondimento personale di questo
mistero d’amore (semplice, ma ricco, è il volumetto di S. Alfonso M. de’
Liguori, Visite al SS. Sacramento e a Maria SS.; preziosi i due volumetti di S. Pietro
Giuliano Eymard, La Presenza Reale, La S. Comunione).
Andiamo soprattutto alla scuola di S. Pietro Giuliano Eymard, che fu impareggiabile
apostolo dell’Eucaristia. Portare tutti all’Eucaristia fu la sua vocazione e
missione. Quando fondò la Congregazione dei Sacerdoti del SS. Sacramento, egli offrì la
sua vita per il Regno Eucaristico di Gesù e scrisse allora le ardenti parole:
“Eccovi, o caro Gesù, la mia vita: eccomi pronto a mangiare pietre, a morire
abbandonato, pur di riuscire a innalzarvi un trono, a darvi una famiglia di amici, un
popolo di adoratori”.
Se conoscessimo il dono di Dio che è Amore, e che donandoci Se stesso ci dona tutto
l’Amore! “L’Eucaristia - dice S. Bernardo - è l’amore che supera
tutti gli amori nel cielo e sulla terra”. E S. Tommaso ha scritto:
“L’Eucaristia è il Sacramento dell’amore, significa amore, produce
amore”.
Un giorno un emiro arabo, Abd-el-Kader, girando per le vie di Marsiglia in compagnia di un
ufficiale francese, si incontrò con un Sacerdote che portava il S. Viatico a un
moribondo. L’ufficiale francese si fermo, si scoprì il capo e piegò il ginocchio.
L’amico gli chiese la ragione di quel saluto. “Adoro il mio Dio che il Sacerdote
sta portando a un ammalato”, rispose il bravo ufficiale. “Come mai - reagì
l’emiro - potete voi credere che Dio, così grande, si faccia tanto piccolo, e
consenta di andare anche nelle soffitte dei poveri? Noi maomettani abbiamo un’idea
ben più alta di Dio”. “È perchè voi - replicò l’ufficiale - avete
soltanto un’idea della grandezza di Dio; ma non conoscete il suo amore”.
Proprio così. "L’Eucaristia - esclama S. Pietro G. Eymard - è la suprema
manifestazione dell’amore di Gesù: dopo di essa non c’è più che il
cielo”. Eppure, quanti di noi cristiani ignoriamo ancora la portata immensa
dell’Amore contenuto nell’Eucaristia!
2) Esercizio del cuore. Se ogni cristiano deve amare Gesù Cristo (“Chi non ama il
Signore Gesù sia maledetto”: 1 Cor. 16, 22), l’amore verso l’Eucaristia
dovrebbe essere spontaneo e sempre vivo in tutti. Ma anche l’amore esige
l’esercizio. Bisogna esercitare il cuore a desiderare il vero Bene, a bramare
“l’Autore della vita” (Att. 3, 15).
La S. Comunione rappresenta il vertice di questo esercizio d’amore che si consuma
nell’unione fra il cuore della creatura e Gesù. S. Gemma Galgani poteva esclamare a
riguardo: “Non posso più reggere a pensare che Gesù nella prodigiosa espansione del
suo amore, si fa sentire e si manifesta all’ultima sua creatura con tutti gli
splendori del suo cuore”. E che dire degli “esercizi” del cuore di Santa
Gemma che desiderava essere una “tenda d’amore” in cui tenere sempre Gesù
con sé? che bramava avere “un posticino nel ciborio” per poter stare sempre con
Gesù? che chiedeva di poter diventare “la sfera delle fiamme di amore” di
Gesù?
Quando S. Teresa del Bambino Gesù era già ammalata gravemente, si trascinava con grande
sforzo in Chiesa per ricevere Gesù. Una mattina, dopo la S. Comunione, fu trovata nella
sua cella, esausta, sfinita. Una delle suore le fece osservare di non doversi sforzare
tanto. La Santa rispose: “Oh, che cosa sono queste sofferenze di fronte a una
Comunione?”. E il suo dolce lamento per non poter fare la Comunione quotidiana (non
permessa ai suoi tempi) si risolse nell’invocazione ardente a Gesù: “Restate in
me come nel Tabernacolo, non allontanatevi mai dalla vostra piccola ostia”.
Quando S. Margherita Maria Alacoque lasciò il mondo e si consacrò a Dio nel monastero,
fece un voto particolare e lo scrisse con il suo sangue: “Tutto per
l’Eucaristia: nulla per me”. Inutile tentar di descrivere l’amore
struggente della Santa per l’Eucaristia. Quando non poteva comunicarsi, usciva in
accenti d’affetto bruciante come questi: “Ho un tale desiderio della S.
Comunione, che, se fosse necessario camminare a piedi nudi sopra una strada di fuoco per
giungervi, lo farei con indicibile gioia”.
S. Caterina da Siena diceva spesso al suo Confessore: “Padre, ho fame: per
l’amore di Dio date a questa anima il suo nutrimento, Gesù Eucaristico”;
oppure, confidava: “Quando non posso ricevere il Signore, vado in Chiesa, ed ivi Lo
guardo... Lo guardo ancora...: e questo mi sazia”.
Questo si chiama “esercizio del cuore”.
3) Esercizio della volontà. La volontà deve esercitarsi nel tradurre in vita le divine
lezioni dell’Eucaristia. A che servirebbe scoprire il valore infinito
dell’Eucaristia (con la meditazione) per cercare di amarla (con la S. Comunione), se
poi non ci si applica a viverla?
L’Eucaristia è lezione di amore indicibile, di immolazione totale, di umiltà e
nascondimento senza pari, di pazienza e dedizione illimitate. Cosa facciamo noi? Dobbiamo
pur realizzare qualcosa! Possibile che Gesù ci ha amato e ci ama “fino
all’eccesso” (Giov. 13, 1), e noi restiamo indifferenti e inerti? No, Gesù, non
sia più così!
Se ci sentiamo deboli e fragili, ricorriamo a Lui, diciamolo a Lui e cerchiamo da Lui
senza indugi l’aiuto e il sostegno, perché è proprio Lui che ha detto: “Senza
di Me non potete far nulla” (Giov. 15, 5). Ma innanzitutto andiamo da Lui!
“Venite a Me... e lo vi ristorerò” (Matt. 11, 28). Andiamo a visitarlo spesso,
entrando in Chiesa ogni volta che possiamo e sostando un po’ di tempo presso il
Tabernacolo, vicini vicini a Lui col cuore e col corpo. Erano ansia costante dei Santi la
“Visita” a Gesù Eucaristico, l’ora di Adorazione eucaristica, le Comunioni
Spirituali, le Giaculatorie, gli atti di amore a gettito spontaneo e vivace. Quanto bene
ne ricevevano e quanto ne trasmettevano!
Un giorno, a Torino, un amico chiese a Pier Giorgio Frassati, suo compagno di università:
“Andiamo a prendere un aperitivo”. Pier Giorgio colse a volo l’occasione, e
rispose indicando all’amico la vicina Chiesa di S. Domenico: “Ma sì andiamo a
prenderlo in quel... bar”. Entrarono in Chiesa e pregarono per un po’ di tempo
presso il Tabernacolo; poi, avvicinandosi alla cassetta delle offerte, Pier Giorgio disse:
“Ecco l’aperitivo...”. E dalle tasche dei due giovani uscì
l’elemosina per i poveri.
Pensando all’Eucaristia, S. Giovanni Crisostomo chiese una volta durante la predica:
“Come potremmo fare noi dei nostri corpi un’ostia?”. E rispose lui stesso:
“I vostri occhi non guardino nulla di cattivo, e avrete offerto un sacrificio; la
vostra lingua non preferisca parole sconvenienti, e avrete fatto un’offerta; la
vostra mano non commetta peccato, e avrete compiuto un olocausto”.
Pensiamo agli occhi di S. Coletta, sempre bassi e raccolti in soave modestia; perché?
“I miei occhi li ho riempiti di Gesù che ho fissato all’elevazione
dell’Ostia nella S. Messa, e non voglio sovrapporGli nessun’altra
immagine”.
Pensiamo al riserbo e all’edificazione dei Santi nel parlare, usando esattamente la
lingua consacrata dal contatto con il Corpo di Gesù.
Pensiamo alle opere buone che le anime innamorate dell’Eucaristia hanno compiuto,
perché Gesù comunicava loro i suoi stessi sentimenti di amore a tutti i fratelli,
specialmente ai più bisognosi.
Non potremmo anche noi esercitare così la nostra volontà? Impariamo dai Santi, e
mettiamoci all’opera.
II GESÙ PER ME
Gesù “mi ha amato e ha immolato se stesso per me”
(Gal. 2,20)
• La S. Messa è il Sacrificio della Croce
• La S. Messa quotidiana
• La partecipazione attiva e fruttuosa
• La S. Messa e le anime del Purgatorio
LA S. MESSA È IL SACRIFICIO DELLA CROCE
Soltanto in cielo comprenderemo quale divina meraviglia sia la S. Messa. Per quanto ci si
sforzi e per quanto si sia santi e ispirati, non si può che balbettare su questa opera
divina che trascende gli uomini e gli Angeli.
Un giorno fu chiesto a P. Pio da Pietrelcina: “Padre, spiegateci la S. Messa”.
“Figli miei - rispose il Padre - come posso spiegarvela? La Messa è infinita come
Gesù... Chiedete ad un Angelo cosa sia una Messa ed egli vi risponderà con verità:
capisco che è e perché si fa, ma non comprendo però quanto valore abbia. Un Angelo,
mille Angeli, tutto il cielo sanno questo e così pensano”.
S. Alfonso de’ Liguori arriva ad affermare: “Dio stesso non può fare che vi sia
un’azione più santa e più grande della celebrazione di una S. Messa”. Perché?
Perché la S. Messa è, si può dire, la sintesi dell’Incarnazione e della
Redenzione; contiene in sé la Nascita, la Passione e la Morte di Gesù per noi. Il
Concilio Vaticano II ci insegna: “Il nostro Salvatore nell’ultima Cena, la notte
in cui fu tradito, istituì il Sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, onde
perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce” (Sacrosantum
Concilium, n. 47) E. S. Tommaso d’Aquino con frase luminosa scrisse: “Tanto vale
la celebrazione della S. Messa quanto vale la morte di Gesù in croce”.
Per questo S. Francesco d’Assisi diceva: “L’uomo deve tremare, il mondo
deve fremere, il cielo intero deve essere commosso, quando sull’altare, tra le mani
del Sacerdote, appare il Figlio di Dio”.
In realtà, rinnovando il Sacrificio della Passione e Morte di Gesù, la S. Messa è cosa
tanto grande da bastare essa sola a trattenere la Giustizia Divina. S. Teresa di Gesù
diceva alle sue figlie: “Senza la S. Messa che cosa sarebbe di noi? Tutto perirebbe
quaggiù, perché soltanto essa può fermare il braccio di Dio”. Senza di Essa
certamente la Chiesa non durerebbe e il mondo andrebbe disperatamente perduto.
“Sarebbe più facile che la terra si reggesse senza sole, anziché senza la S.
Messa”, affermava P. Pio da Pietrelcina, facendo eco a S. Leonardo da Porto Maurizio,
che diceva: “lo credo che se non ci fosse la Messa, a quest’ora il mondo sarebbe
già sprofondato sotto il peso delle sue iniquità. È la Messa il poderoso sostegno che
lo regge”.
Gli effetti salutari, poi, che ogni Sacrificio della Messa produce nell’anima di chi
vi partecipa sono ammirabili: ottiene il pentimento e il perdono delle colpe, diminuisce
la pena temporale dovuta ai peccati, indebolisce l’impero di satana e i furori della
concupiscenza, rinsalda i vincoli dell’incorporazione a Cristo, preserva da pericoli
e disgrazie, abbrevia la durata del Purgatorio, procura un più alto grado di gloria in
Cielo. “Nessuna lingua umana - dice S. Lorenzo Giustiniani - può enumerare i favori
dei quali è sorgente il sacrificio della Messa; il peccatore si riconcilia con Dio, il
giusto diviene più giusto, sono cancellate le colpe, annientati i vizi, alimentati le
virtù e i meriti, confuse le insidie diaboliche”. Per questo S. Leonardo da Porto
Maurizio non si stancava di esortare le folle che l’ascoltavano: “O popoli
ingannati, che fate voi? Perché non correte alle Chiese per ascoltare quante Messe
potete? Perché non imitate gli Angeli, che, quando si celebra la S. Messa, scendono a
schiere dal Paradiso e stanno attorno ai nostri altari in adorazione, per intercedere per
noi?”.
Se è vero che tutti abbiamo bisogno di grazie per questa e per l’altra vita, nulla
può ottenercele da Dio come la S. Messa. S. Filippo Neri diceva: “Con
l’orazione noi domandiamo a Dio le grazie; nella S. Messa costringiamo Dio a
darcele”. La preghiera fatta durante la S. Messa impegna tutto il nostro sacerdozio,
sia quello ministeriale (esclusivo del celebrante) sia quello comune a tutti i fedeli.
Nella S. Messa la nostra preghiera è unita alla sofferta preghiera di Gesù che si immola
per noi. Specialmente durante il Canone, che è il cuore della Messa, la preghiera di
tutti noi diventa anche preghiera di Gesù presente fra noi. I due momenti del Canone
Romano in cui si possono ricordare i vivi e i defunti sono i momenti d’oro della
nostra supplica: possiamo pregare per i nostri bisogni, possiamo raccomandare le persone a
noi care, vive e defunte, proprio negli attimi supremi della Passione e Morte di Gesù fra
le mani del Sacerdote. Approfittiamone con cura; i Santi ci tenevano molto, e quando si
raccomandavano alle preghiere dei Sacerdoti chiedevano loro di ricordarli soprattutto
durante il Canone.
In particolare, nell’ora della morte le Messe devotamente ascoltate formeranno la
nostra più grande consolazione e speranza, e una Messa ascoltata durante la vita sarà
più salutare di molte Messe ascoltate da altri per noi dopo la nostra morte.
“Assicurati - disse Gesù a S. Gertrude - che a chi ascolta devotamente la S. Messa,
io manderò, negli ultimi istanti della sua vita, tanti dei miei Santi per confortarlo e
proteggerlo, quante saranno state le Messe da lui bene ascoltate”. Quanto è
consolante ciò! Aveva ragione il S. Curato d’Ars di dire: “Se conoscessimo il
valore del S. Sacrificio della Messa, quanto maggiore zelo porremmo per ascoltarla!”.
E S. Pietro G. Eymard esortava: “Sappi, o cristiano, che la Messa è l’atto più
santo della Religione: tu non potresti far niente di più glorioso a Dio, né di più
vantaggioso alla tua anima che di ascoltarla piamente e il più sovente possibile”.
Per questo dobbiamo stimarci fortunati ogni volta che ci è offerta la possibilità di
ascoltare una S. Messa, né tirarci mai indietro di fronte a qualche sacrificio per non
perderla, specialmente nei giorni di precetto (domenica e feste). Pensiamo a S. Maria
Goretti che per andare a Messa la domenica percorreva a piedi, tra andata e ritorno, 24
chilometri! Pensiamo a Santina Campana che si recava a Messa con la febbre altissima
addosso. Pensiamo al B. Massimiliano M. Kolbe che celebrava la S. Messa anche quando era
in condizioni di salute così pietose che un confratello doveva sostenerlo all’altare
perché non cadesse. E quante volte P. Pio da Pietrelcina celebrò la Messa febbricitante
e sanguinante?
Nella nostra vita di ogni giorno, dobbiamo preferire la S. Messa ad ogni altra cosa buona,
perché, come dice S. Bernardo: “Si merita di più ascoltando devotamente una S.
Messa, che col distribuire ai poveri tutte le proprie sostanze e col girare pellegrinando
su tutta la terra”. E non può essere diversamente, perché nessuna cosa al mondo
può avere il valore infinito di una S. Messa.
Tanto più dobbiamo preferire la S. Messa ai divertimenti in cui si sciupa il tempo senza
nessun vantaggio per l’anima. S. Luigi IX, re di Francia, ascoltava ogni giorno
diverse Messe. Qualche ministro se ne lamentò dicendo che poteva dedicare quel tempo agli
affari del regno. Il santo re disse: “Se impiegassi doppio tempo nei divertimenti,
nella caccia, nessuno avrebbe da ridire”.
Siamo generosi, e facciamo volentieri qualche sacrificio per non perdere un bene così
grande. S. Agostino diceva ai suoi cristiani: “Tutti i passi che uno fa per recarsi
ad ascoltare la S. Messa sono da un Angelo numerati, e sarà concesso da Dio un sommo
premio in questa vita e nell’eternità”. E il S. Curato d’Ars aggiunge:
“Com’è felice quell’Angelo Custode che accompagna un’anima alla S.
Messa”.
LA S. MESSA QUOTIDIANA
Quando si è compreso che la S. Messa ha un valore infinito, non fa più meraviglia
l’amore e la premura dei Santi nell’ascoltarla ogni giorno, anzi
nell’ascoltarne ogni giorno più che potevano.
S. Agostino ci ha lasciato questo elogio di sua madre Santa Monica: “Non lasciava
passar giorno senza esser presente al Divin Sacrificio davanti al tuo altare, o
Signore”.
S. Francesco di Assisi ascoltava di solito due Messe ogni giorno; e quando era ammalato
pregava qualche confratello sacerdote di celebrargli la Messa in cella, pur di non restare
senza Messa!
S. Tommaso d’Aquino, ogni mattina, dopo aver celebrato la sua Messa, serviva
un’altra Messa per ringraziamento.
S. Pasquale Baylon, piccolo pastorello, non poteva recarsi in Chiesa ad ascoltare tutte le
Messe che avrebbe desiderato, perché doveva portare le pecore al pascolo. E allora, ogni
volta che udiva la campana dare il segnale della S. Messa, si inginocchiava sull’erba
fra le pecorelle, davanti a una croce di legno fatta da lui stesso, e seguiva così, da
lontano, il Sacerdote che stava offrendo il Divin Sacrificio. Caro Santo, vero serafino
d’amore eucaristico! Anche sul letto di morte egli udì la campana della Messa, ed
ebbe la forza di sussurrare ai confratelli: “Sono contento di unire al Sacrificio di
Gesù quello della mia povera vita”. E morì, alla Consacrazione!
Una mamma di otto figli, S. Margherita, regina di Scozia, si recava e conduceva con sé i
figli a Messa tutti i giorni; e con materna premura insegnava loro a considerare come
tesoro il messalino, che ella volle adornare di pietre preziose.
Ordiniamo bene le nostre cose, in modo da non farci mancare il tempo per la S. Messa. Non
diciamo di essere troppo impegnati in faccende, perché Gesù potrebbe ricordarci:
“Marta, Marta..., tu ti affanni in troppe cose, invece di pensare all’unica cosa
necessaria!” (Lc. 10, 41). Quando si vuole veramente, il tempo per andare a Messa si
trova, senza venir meno ai propri doveri. S. Giuseppe Cottolengo raccomandava a tutti la
S. Messa quotidiana: agli insegnanti, alle infermiere, agli operai, ai medici, ai
genitori... E a chi gli opponeva di non avere il tempo per andarci, rispondeva deciso:
“Cattiva economia del tempo! "Cattiva economia del tempo!”. È così. Se
veramente pensassimo al valore infinito della S. Messa, brameremmo parteciparvi e
cercheremmo in tutti i modi di trovare il tempo necessario.
S. Carlo da Sezze, andando per la questua a Roma, faceva le sue soste presso qualche
Chiesa per ascoltarvi altre Messe, e proprio durante una di queste Messe in più, ebbe il
dardo d’amore al cuore al momento dell’elevazione dell’Ostia.
S. Francesco di Paola ogni mattina si recava in Chiesa e si tratteneva là dentro ad
ascoltare tutte le Messe che si celebravano. S. Giovanni Berchmans, S. Alfonso Rodriguez,
S. Gerardo Maiella ogni mattina servivano più Messe che potevano, e con un contegno così
devoto da attirare molti fedeli in Chiesa.
Il venerabile Francesco del Bambin Gesù, carmelitano, serviva ogni giorno dieci Messe. Se
gli capitava di servirne qualcuna in meno, diceva. “Oggi non ho fatto intera la mia
colazione”... Che dire infine di P. Pio da Pietrelcina? Quante Messe non ascoltava
egli ogni giorno, partecipandovi con la recita di tanti Rosari? Non sbagliava davvero il
S. Curato d’Ars a dire che “la Messa è la devozione dei Santi”.
Lo stesso bisogna dire dell’amore dei Santi Sacerdoti alla celebrazione della Messa.
Non poter celebrare era per loro una sofferenza terribile. “Quando sentirai che non
posso più celebrare, tienimi per morto”, arrivò a dire a un confratello S.
Francesco Saverio Bianchi.
S. Giovanni della Croce fece capire che lo strazio più grande patito durante il periodo
delle persecuzioni fu quello di non poter celebrare la Messa né ricevere la S. Comunione
per nove mesi continui.
Ostacoli o difficoltà non contavano per i Santi, quando si trattava di non perdere un
bene così eccelso. Dalla vita di S. Alfonso M. de’ Liguori sappiamo che, un giorno,
in una via di Napoli, il Santo fu assalito da violenti dolori viscerali. Il confratello
che l’accompagnava lo esortò a fermarsi per prendere un calmante. Ma il Santo non
aveva ancora celebrato, e rispose di scatto al confratello: “Caro mio, camminerei
così dieci miglia, per non perdere la S. Messa”. E non ci fu verso di fargli rompere
il digiuno (allora obbligatorio dalla mezzanotte). Aspettò che i dolori si calmassero un
po’, e riprese poi il cammino fino in Chiesa.
S. Lorenzo da Brindisi, cappuccino, trovandosi in un paese di eretici senza Chiesa
cattolica, fece quaranta miglia a piedi per raggiungere una Cappella tenuta da cattolici,
in cui poter celebrare la S. Messa.
Anche S. Francesco di Sales si trovò in paese protestante e per celebrare la S. Messa
doveva recarsi ogni mattina, prima dell’alba, in una parrocchia cattolica, che si
trovava al di là di un grosso torrente. Nell’autunno piovoso il torrente si
ingrossò più del solito e travolse il piccolo ponte su cui passava il Santo. Ma S.
Francesco non si scoraggiò. Gettò una grossa trave là dov’era il ponte, e
continuò a passare ogni mattina. D’inverno, però, con il gelo e con la neve
c’era serio pericolo di sdrucciolare e cadere nell’acqua. Allora il Santo si
ingegnò mettendosi a cavalcioni sulla trave, strisciando carponi, andata e ritorno, pur
di non restare senza la celebrazione della S. Messa!
Noi non rifletteremo mai abbastanza sul mistero ineffabile della S. Messa che riproduce
sui nostri altari il sacrificio del Calvario. Né ameremo mai troppo questa suprema
meraviglia dell’amore divino.
“La S. Messa - scrive S. Bonaventura - è l’opera in cui Dio ci mette sotto gli
occhi tutto l’amore che ci ha portato; è in certo modo la sintesi di tutti i
benefici elargitici”.
LA PARTECIPAZIONE ATTIVA E FRUTTUOSA
La grandezza infinita della S. Messa ci deve far comprendere l’esigenza di una
partecipazione attenta e devota al Sacrificio di Gesù. Adorazione, amore e dolore
dovrebbero dominarci incontrastati.
Il Sommo Pontefice Pio XII ha scolpito in pensieri stupendi (ripetuti con forza dal
Concilio Vaticano II) lo stato d’animo con cui bisogna partecipare alla S. Messa,
ossia con “lo stato d’animo che aveva il Divin Redentore quando faceva
sacrificio di sé: l’umile sottomissione dello spirito, cio'è l’adorazione,
l’amore, la lode e il ringraziamento alla Somma Maestà di Dio..., riprodurre in se
stessi le condizioni della vittima, l’abnegazione di sé secondo i precetti del
Vangelo, il volontario e spontaneo sacrificio della penitenza, il dolore e
l’espiazione dei propri peccati”.
La vera partecipazione attiva alla S. Messa è quella che ci rende vittime immolate come
Gesù, che ottiene lo scopo di “riprodurre in noi i lineamenti dolorosi di
Gesù” (Pio XII), dandoci “la comunanza dei patimenti di Cristo e la conformità
alla Sua Morte” (Fil. 3, 10). Tutto il resto è soltanto rito liturgico, veste
esterna. S. Gregorio Magno insegnava: “Il Sacrificio dell’altare sarà per noi
un’Ostia veramente accetta a Dio, quando noi stessi ci faremo Ostia”. Per
questo, nelle antiche comunità cristiane i fedeli, per la celebrazione della S. Messa,
con alla testa il Papa, si recavano in processione all’altare, in abiti di penitenza,
cantando le litanie dei Santi. Effettivamente, nell’andare a Messa, noi dovremmo
ripetere con S. Tommaso Apostolo: “Andiamo anche noi a morire con Lui” (Giov.
11, 16).
Quando Santa Margherita Alacoque ascoltava la S. Messa, guardando l’altare, non
mancava mai di dare un’occhiata al Crocifisso e alle candele accese. Perché? Per
imprimersi bene due cose nella mente e nel cuore: il Crocifisso le ricordava quel che
Gesù aveva fatto per lei; le candele accese le ricordavano quel che lei doveva fare per
Gesù, ossia: sacrificarsi e consumarsi per Lui e per le anime.
Il modello più alto di partecipazione al S. Sacrificio, ci è offerto da Maria SS., da S.
Giovanni Evangelista e dalla Maddalena con le pie Donne ai piedi della croce (Giov. 19,
25). Assistere alla Messa, infatti, è come trovarsi sul Calvario.
“Non si può separare la Santissima Eucaristia dalla Passione di Gesù”, gemeva
fra le lagrime S. Andrea Avellino.
Un giorno un figlio spirituale chiese a P. Pio da Pietrelcina: “Padre, come dobbiamo
partecipare alla S. Messa?”. Il Padre rispose: “Come la Madonna, S. Giovanni e
le pie Donne sul Calvario, amando e compatendo”. E sul messalino di un suo figlio
spirituale, P. Pio scrisse: “Nell’assistere alla S. Messa accentra tutto te
stesso al tremendo mistero che si sta svolgendo sotto i tuoi occhi: ‘La Redenzione
della tua anima e la riconciliazione con Dio’.” Un’altra volta gli venne
chiesto: “Padre, come mai lei piange tanto durante la Messa?”. “Figlia mia
- rispose il Padre - che cosa sono quelle poche lacrime di fronte a ciò che avviene
sull’altare? Torrenti di lagrime ci vorrebbero!”. E un’altra volta ancora,
gli fu detto: “Padre, quanto le tocca soffrire a stare per tutta la Messa in piedi,
poggiato sulle piaghe sanguinanti dei piedi!”. Il Padre rispose: “Durante la
Messa non sto in piedi: sto appeso”. Che risposta! Le due parole “sto
appeso” esprimono fortemente al vivo quell’essere “concrocifisso con
Cristo” di cui parla S. Paolo (Gal. 2, 19) e che distingue la vera e piena
partecipazione alla Messa dalla partecipazione vana, accademica, magari chiassaiola.
Diceva bene Santa Bernardetta Soubirous a un Sacerdote novello: “Ricordati che il
Sacerdote all’altare è sempre Gesù Cristo in croce”. E S. Pietro
d’Alcantara si vestiva per la S. Messa come per salire sul Calvario, perché tutti
gli indumenti sacerdotali hanno un riferimento alla Passione e Morte di Gesù: il camice
ricorda la tunica bianca di cui Erode fece vestire Gesù come pazzo; il cingolo ricorda i
flagelli; la stola ricorda i legacci; la chierica ricordava la corona di spine; la
pianeta, segnata a croce, ricorda la croce sulle spalle di Gesù.
Chi ha assistito alla Messa di P. Pio ricorda quelle sue lagrime brucianti, ricorda quella
sua imperiosa richiesta ai presenti di seguire la S. Messa in ginocchio, ricorda il
silenzio impressionante in cui si svolgeva il sacro rito, ricorda la sofferenza crudele
che si sprigionava dal volto di P. Pio quando sillabava a strappi violenti le parole della
Consacrazione, ricorda il fervore della preghiera silenziosa dei fedeli che riempivano la
Chiesa mentre le dita sgranavano Rosari per più di un’ora.
Ma la sofferta partecipazione di P. Pio alla S. Messa è quella stessa di tutti i Santi.
Le lagrime di P. Pio erano come quelle di S. Francesco d’Assisi (che a volte
diventavano sanguigne), come quelle di S. Vincenzo Ferreri, di S. Ignazio, di S. Filippo
Neri, di S. Lorenzo da Brindisi (che arrivava a inzuppare di lagrime sette fazzoletti), di
S. Veronica Giuliani, di S. Giuseppe da Copertino, di S. Alfonso, di S. Gemma... Ma, del
resto, come rimanere indifferenti di fronte alla Crocifissione e Morte di Gesù? Non
saremo mica come gli Apostoli addormentati nel Getsemani, e tanto meno come i soldati che,
ai piedi della Croce, pensavano al gioco dei dadi, incuranti degli spasimi atroci di Gesù
morente! (Eppure, questa è l’impressione angosciosa che si prova oggi assistendo
alle Messe cosiddette beat celebrate al ritmo delle chitarre e delle tarantole, con donne
in abiti sconci e giovani dalle fogge più stravaganti... “Signore, perdona
loro!”).
Guardiamo alla Madonna e ai Santi. Imitiamoli. Soltanto seguendo loro siamo sulla via
giusta che “è piaciuta a Dio”" (1 Cor. 1, 21).
LA S. MESSA E LE ANIME DEL PURGATORIO
Una volta lasciato questo mondo, nulla dobbiamo desiderare tanto come la celebrazione di
SS. Messe per la nostra anima. Il S. Sacrificio dell’altare, infatti, è il più
grande suffragio che sorpassa ogni preghiera, ogni penitenza, ogni opera buona. Né deve
esserci difficile comprendere ciò, se pensiamo che la S. Messa è lo stesso Sacrificio di
Gesù offerto sull’altare con il suo infinito valore espiatorio. Gesù immolato è la
vera vittima di “espiazione per i nostri peccati” (1 Giov. 2, 2), e il suo Divin
Sangue viene effuso “in remissione dei peccati” (Matt. 26, 28). Assolutamente
nulla può stare alla pari con la S. Messa, e i frutti salutari del Sacrificio possono
estendersi a un numero illimitato di anime.
Una volta, durante la celebrazione della S. Messa nella Chiesa di S. Paolo alle tre
Fontane, a Roma, S. Bernardo vide una scala interminabile che saliva fino al Cielo.
Moltissimi Angeli andavano su e giù per essa, portando dal Purgatorio al Paradiso le
anime liberate dal Sacrificio di Gesù, rinnovato dai Sacerdoti sugli altari di tutta la
terra.
Alla morte di un nostro parente, quindi, preoccupiamoci molto più della celebrazione e
dell’ascolto di SS. Messe, che delle corone di fiori, degli abiti neri, del corteo
funebre...
Quando il B. Giovanni d’Avila si trovò sul letto di morte, i confratelli gli
chiesero che cosa desiderasse maggiormente dopo la sua morte. Il Beato subito rispose:
“Messe!... Messe!... Nient’altro che Messe!...”.
Di P. Pio da Pietrelcina si raccontano molte apparizioni di anime purganti che andavano a
chiedere il suffragio della sua S. Messa per poter lasciare il Purgatorio. Un giorno egli
celebrò la S. Messa in suffragio del papà di un suo confratello. Al termine del S.
Sacrificio, P. Pio disse al confratello: “Stamattina l’anima di tuo papà è
entrata in Paradiso”. Il confratello ne fu felicissimo, e tuttavia disse a P. Pio:
“Ma, Padre, il mio buon papà è morto trentadue anni fa!”. “Figlio mio -
gli rispose il Padre - davanti a Dio tutto si paga!”. Ed è la S. Messa che ci
procura un prezzo di infinito valore: il Corpo e il Sangue di Gesù “Agnello
immolato” (Apoc. 5, 12).
In una predica, un giorno, il S. Curato d’Ars portò l’esempio di un sacerdote
che, celebrando la Messa per un suo amico defunto, dopo la Consacrazione così pregò:
“Padre Santo ed Eterno, facciamo un cambio. Voi possedete l’anima del mio amico
nel Purgatorio: io ho il corpo del vostro Figlio nelle mie mani. Voi liberatemi
l’amico, e io vi offro il vostro Figliolo, con tutti i meriti della sua Passione e
morte”.
Ricordiamolo: tutti i suffragi sono cosa buona e raccomandabile, ma quando possiamo,
anzitutto facciamo celebrare SS. Messe (magari le 30 SS. Messe gregoriane) per le anime
defunte a noi care.
Nella vita del B. Enrico Susone leggiamo che da giovane egli aveva fatto questo patto con
un confratello: “Chi di noi due sopravvivrà all’altro, affretterà la gloria di
chi è passato nell’eternità con la celebrazione di una S. Messa ogni
settimana”. Il compagno del Beato Enrico morì per primo in terra di missione. Il
Beato si ricordò della promessa per un po’ di tempo; poi, impegnato in obblighi di
Messe, sostituì la Messa settimanale con preghiere e penitenze. Ma l’amico gli
comparve e lo rimproverò tutto afflitto: “Non mi bastano le tue preghiere e le tue
penitenze; ho bisogno del Sangue di Gesù”: perché è con il Sangue di Gesù che noi
paghiamo i debiti delle nostre colpe (Col. 1, 14).
Anche il grande S. Girolamo ha lasciato scritto che “per ogni Messa devotamente
celebrata molte anime escono dal Purgatorio per volarsene al Cielo”. Lo stesso si
deve dire per le SS. Messe devotamente ascoltate. S. Maria Maddalena de’ Pazzi, la
celebre mistica carmelitana, era solita offrire il Sangue di Gesù per suffragare le anime
del Purgatorio, e in un’estasi Gesù le fece vedere come realmente molte anime
purganti venivano liberate dall’offerta del Divin Sangue. Né può essere
diversamente, perché, come insegna S. Tommaso d’Aquino, una sola goccia del Sangue
di Gesù, per il suo valore infinito, può salvare tutto l’universo da ogni delitto.
Preghiamo per le anime del Purgatorio, quindi, e liberiamole dalle loro pene facendo
celebrare e ascoltando molte sante Messe. “Tutte le opere buone riunite insieme -
diceva il S. Curato d’Ars - non possono valere una S. Messa, perché esse sono opere
degli uomini, mentre la S. Messa è opera di Dio”.
III GESÙ IN ME
“Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue, rimane in Me e Io in lui”. (Giov.
6, 57)
• La S. Comunione: Gesù è mio
• La purità di anima per la S. Comunione
• Il ringraziamento alla S. Comunione
• Il Pane dei forti e il Viatico per il cielo
• Ogni giorno con Lui
• La Comunione Spirituale
LA S. COMUNIONE: GESÙ È MIO
Nella S. Comunione Gesù si dona a me e diventa mio, tutto mio in Corpo, Sangue, Anima e
Divinità. “Sono padrona di Te”, diceva a Gesù con candore S. Gemma Galgani.
Con la Comunione, Gesù penetra nel mio petto e rimane corporalmente presente in me fin
quando durano le specie del pane, ossia per circa un quarto d’ora. Durante questo
tempo, insegnano i Santi Padri, gli Angeli mi circondano per continuare ad adorare Gesù e
amarLo ininterrottamente. “Quando Gesù è presente corporalmente in noi, attorno a
noi fanno la guardia d’amore gli Angeli”, scriveva S. Bernardo.
Forse noi pensiamo tanto poco alla sublimità di ogni S. Comunione. Eppure, S. Pio X
diceva che “se gli Angeli potessero invidiare, ci invidierebbero la S.
Comunione”. E S. Maddalena Sofia Barat definiva la S. Comunione “il Paradiso
sopra la terra”.
Tutti i Santi hanno compreso la divina meraviglia dell’incontro e dell’unione
con Gesù Eucaristico, per essere posseduti da Lui e possederLo “Chi mangia la mia
Carne e beve il mio Sangue rimane in Me e lo in lui” (Giov. 6, 57). “È notte -
scriveva una volta Santa Gemma - mi avvicino a domattina: Gesù possederà me e io
possederò Gesù”. Non è possibile unione d’amore più profonda e totale: Lui
in me e io in Lui: l’uno nell’altro: che si può voler di più?
“Voi invidiate - diceva S. Giovanni Crisostomo - la sorte della donna che toccò le
vesti a Gesù, della peccatrice che bagnò i piedi con le sue lagrime; delle donne di
Galilea che ebbero la felicità di seguirlo nelle sue peregrinazioni, degli apostoli e dei
discepoli con i quali conversava familiarmente; della popolazione del tempo che ascoltava
le parole di grazia e di salveza che uscivano dalle sue labbra. Voi chiamate felici coloro
che lo videro... Ma venite all’altare, e voi lo vedrete, lo toccherete, gli donerete
baci santi, lo bagnerete con le vostre lagrime, lo porterete dentro di voi come Maria
SS.”.
Per questo i Santi hanno desiderato e bramato la S. Comunione con amore struggente. S.
Francesco d’Assisi o S. Caterina da Siena, S. Pasquale Baylon o S. Veronica, S.
Gerardo o S. Margherita Alacoque, S. Domenico Savio o S. Gemma Galgani...; è inutile
continuare, perchè bisognerebbe elencarli proprio tutti!
A S. Caterina da Genova, ad esempio, successe una notte di sognare che il giorno seguente
non avrebbe potuto ricevere la S. Comunione. Il dolore che provò fu cosi forte che pianse
inconsolabilmente, e quando si svegliò al mattino si trovò con il volto tutto bagnato
dalle lacrime versate nel sogno!
S. Teresa del Bambin Gesù ha scritto un piccolo poema eucaristico, “Desideri presso
il Tabernacolo”, in cui, tra le altre cose deliziose, dice: “Vorrei essere il
calice ove adoro il Sangue divino. Posso però anch’io, nel Santo Sacrificio,
raccoglierlo in me ogni mattina. Più cara è perciò a Gesù l’anima mia, che il
più prezioso dei vasi d’oro”. E quale non fu la felicità dell’angelica
Santa quando, durante un’epidemia, le fu concessa la Comunione quotidiana?
S. Gemma Calgani, una volta venne messa alla prova dal Confessore che le proibì la
Comunione. “O Padre, Padre - scriveva ella al suo Direttore spirituale - oggi sono
stata a confessarmi, e il Confessore ha detto di levarmi Gesù. O Padre mio, la penna non
mi vuole più scrivere, la mano mi trema forte, io piango". Cara Santa! vero serafino
tutto fuoco e sangue d’amore a Gesù Eucaristico.
Anche S. Gerardo Maiella, per una calunnia di cui non volle scolparsi, venne punito con la
privazione della S. Comunione. La sofferenza del Santo fu tale che un giorno si rifiutò
di andare a servire la S. Messa a un sacerdote di passaggio, “perchè - diceva - a
vedere Gesù Ostia fra le mani del Sacerdote, non resisterei e glielo strapperei di
mano!”. Quale brama consumava questo mirabile Santo! E quale rimprovero per noi che
forse possiamo comunicarci con ogni comodità, e non lo facciamo. È segno che ci manca
l’essenziale: l’amore. E forse siamo cosi innamorati dei piaceri terreni che non
possiamo più gustare le delizie celesti dell’unione con Gesù Ostia.
“Figliuolo, come puoi tu sentire le fragranze di Paradiso che si diffondono dal
Tabernacolo?”, diceva S. Filippo a un giovane amante dei piaceri di carne, dei balli,
dei divertimenti... Le gioie dell’Eucaristia e le soddisfazioni dei sensi sono
“cose opposte” (Gal. 5, 17) e “l’uomo carnale non può gustare le cose
dello spirito” (1 Cor. 2, 14). Questa è sapienza che viene da Dio.
S. Filippo Neri era cosi amante dell’Eucaristia che, pur gravamente infermo, si
comunicava ogni giorno, e se non gli si portava Gesù molto presto al mattino, dava in
smanie e non poteva trovar riposo in nessun modo: “Ho un tal desiderio di ricevere
Gesù - esclamava - che non posso darmi pace ad attendere”. La stessa cosa avveniva,
ai nostri tempi, a P. Pio da Pietrelcina, che soltanto l’ubbidienza poteva placare
nell’attesa della celebrazione della S. Messa alle quattro o alle cinque del mattino.
Veramente l’amore di Dio è un “fuoco divorante” (Deut. 4, 24).
Quando Gesù è mio, esulta la Chiesa intera, quella dei Cieli, quella del Purgatorio,
quella della terra. Chi potrà esprimere il gaudio degli Angeli e dei Santi ad ogni
Comunione ben fatta? Una novella corrente d’amore arriva in Paradiso e fa vibrare
quegli spiriti beati ogni volta che una creatura si unisce a Gesù per possederLo ed
essere posseduta da Lui. Vale molto di più una Comunione che un’estasi, un
rapimento, una visione. La S. Comunione trasporta il Paradiso intero nel mio povero cuore!
Per le anime del Purgatorio, poi, la S. Comunione è il dono personale più caro che esse
possono ricevere da noi. Chi può dire quanto giovino alla loro liberazione le SS.
Comunioni? A S. Maria Maddalena de’ Pazzi un giorno apparve il fratello defunto e le
disse che gli erano necessarie centosette Comunioni per poter lasciare il Purgatorio.
Difatti, all’ultima delle centosette Comunioni, la Santa rivide il suo papà salire
al cielo.
S. Bonaventura si fece apostolo di questa verità, e ne parlava in termini vibranti:
“O anime cristiane, volete voi dare le prove del vero amore ai vostri defunti? Volete
loro inviare i più preziosi soccorsi e la chiave d’oro del cielo? Fate spesso la S.
Comunione per il riposo delle loro anime!”.
Infine, riflettiamo che nella S. Comunione noi ci uniamo non solo a Gesù, ma anche a
tutte le membra del Corpo Mistico di Gesù, specialmente alle anime più care a Gesù e
più care al nostro cuore. È nella Comunione che ogni volta si realizza pienamente la
parola di Gesù: “Io in essi... affinchè siano perfetti nell’unita” (Giov.
17, 23). L’Eucaristia ci rende “uno” anche fra noi sue membra: “uno
solo in Gesù”, come dice S. Paolo (Gal. 3, 28). La Comunione è davvero tutto
l’amore di Dio e del prossimo. È la vera “festa dell’Amore”, come
diceva Santa Gemma Galgani. E in questa “festa dell’Amore” l’anima
innamorata può esultare cantando con S. Giovanni della Croce: “Miei sono i cieli e
mia la terra, miei sono gli uomini, i giusti sono miei e miei i peccatori. Gli Angeli sono
miei e la Madre di Dio, tutte le cose sono mie. Lo stesso Dio è mio e per me, poichè
Cristo è mio e tutto per me”.
LA PURITÀ DI ANIMA PER LA S. COMUNIONE
Che dire della grande purità di anima con cui i Santi si accostavano a ricevere il Pane
degli Angeli? Sappiamo che erano di una delicatezza veramente angelica. Consapevoli della
propria miseria, essi cercavano di presentarsi a Gesù "santi e immacolati" (Ef.
1, 4) ripetendo con il pubblicano: "O Dio, abbi pietà di me che sono peccatore"
(Luc. 18, 9), e ricorrendo con grande premura al lavacro della S. Confessione.
Quando a S. Girolamo venne portato il S. Viatico, in fin di vita, si vide il Santo
prostrarsi a terra in adorazione, e lo si udì ripetere con profonda umiltà le parole di
S. Elisabetta e quelle di S. Pietro: "Donde questo, che viene a me il mio Signore?
Allontanati da me, che sono uomo peccatore" (Luc. 1, 43; 5, 10). E quante volte
l'angelica e serafica S. Gemma fu tentata di non comunicarsi, ritenendosi nient'altro che
un vile "letamaio"?
E P. Pio da Pietrelcina ripeteva con trepidazione ai confratelli "Dio vede le macchie
anche negli Angeli, figuriamoci in me!". Per questo egli era molto assiduo alla
Confessione sacramentale.
"Oh se potessimo comprendere chi è quel Dio che riceviamo nella Comunione, quale
purezza di cuore gli porteremmo!", esclamava S. Maria Maddalena de' Pazzi.
Per questo S. Ugo, S. Tommaso d'Aquino, S. Francesco di Sales, S. Ignazio, S. Carlo
Borromeo, S. Francesco Borgia, S. Luigi Bertrando, S. Giuseppe da Copertino, S. Leonardo
da Porto Maurizio e tanti altri Santi si confessavano ogni giorno prima di celebrare la S.
Messa.
S. Camillo de Lellis non celebrava mai la S. Messa senza prima confessarsi, perchè voleva
almeno "spolverare" la sua anima. Una volta in una piazza di Livorno, al
tramonto, prima di separarsi da un confratello, il Santo, prevedendo che il mattino
seguente non avrebbe avuto un Sacerdote per confessarsi prima di celebrare, si fermò, si
levò il cappello, si fece il segno di croce e si confessò li in piazza dal confratello.
Anche S. Alfonso, S. Giuseppe Cafasso, S. Giovanni Bosco, S. Pio X, P. Pio da Pietrelcina,
si confessavano molto spesso. E perchè mai S. Pio X volle anticipare a sette anni l'età
della Prima Comunione per i piccoli, se non per fare entrare Gesù nei cuori dei fanciulli
innocenti che tanto somigliano agli Angeli? E P. Pio da Pietrelcina, perchè esultava
quando gli portavano bambini di cinque anni preparati per la Prima Comunione?
I Santi applicavano alla perfezione la direttiva dello Spirito Santo: "Ciascuno
esamini prima se stesso, e poi mangi di quel Pane e beva di quel Calice, perchè chi
mangia e chi beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna" (1 Cor. 11, 28).
Esaminarsi, pentirsi, accusarsi, chiedere perdono approfittando anche ogni giorno del
Sacramento della Confessione era cosa naturale per i Santi. Beati loro, capaci di tanto! E
i frutti di santificazione erano costanti e abbondanti, perchè l'anima pura che accoglie
in sè Gesù, "Frumento degli eletti" (Zac. 9, 17), è come la "terra
fertile... che produce frutto con perseveranza" (Luc. 8, 15).
S. Antonio M. Claret illustra molto bene la cosa: "Quando ci comunichiamo, tutti noi
riceviamo il medesimo Signore Gesù, ma non tutti riceviamo le medesime grazie, nè
produce in tutti gli stessi effetti. Ciò proviene dalla nostra maggiore o minore
disposizione. Per spiegare questo fatto, mi serve un paragone naturale: l'innesto. Quanto
più le piante si rassomigliano, tanto meglio è per l'innesto. Così, quanta più
somiglianza ci sarà tra chi si comunica e Gesù, tanto migliori saranno i frutti della S.
Comunione". Il Sacramento della Confessione è appunto il mezzo eccellente di
restauro della somiglianza fra l'anima e Gesù.
Per questo S. Francesco di Sales insegnava ai suoi figli spirituali: "Confessatevi
con umiltà e devozione... se è possibile ogni volta che vi comunicate, quantunque non vi
sentiate nella coscienza alcun rimorso di peccato mortale".
Per questo S. Teresa di Gesù, quando era consapevole della minima colpa veniale, non si
comunicava senza prima confessarsi.
A questo proposito, è bene ricordare l'insegnamento della Chiesa. La Comunione deve
essere fatta stando in grazia di Dio. Perciò, quando si è commesso un peccato mortale,
anche se si è pentiti e si ha un grande desiderio di comunicarsi, è necessario, è
indispensabile confessarsi prima della S. Comunione, altrimenti si commette peccato
gravissimo di sacrilegio, per il quale, come disse Gesù a S. Brigida,"non esiste
sulla terra supplizio che basti a punirlo"!
Invece, la Confessione fatta prima della Comunione, soltanto per rendere più pura e più
bella l'anima già in grazia, non è necessaria, ma è preziosa, perchè riveste l'anima
del più bell' "abito nuziale" (Matt. 22, 14) con cui assidersi alla mensa degli
Angeli. Per questo le anime più delicate hanno sempre cercato con frequenza (almeno ogni
settimana) la assoluzione sacramentale anche per le colpe leggere. Se infatti la purità
dell'anima deve essere massima per ricevere Gesù, nessuna purità è più fulgente di
quella che si ottiene confessandosi, con il bagno nel Sangue di Gesù che rende l'anima
pentita divinamente bella e splendente. "L'anima che riceve il Sangue Divino diventa
bella, come rivestita dell'abito più prezioso, e così risplendente, che, se poteste
vederla, sareste tentati di adorarla" (S. Maria Maddalena de' Pazzi).
Quale conforto per Gesù l'essere ricevuto da una anima purificata e rivestita del suo
Divin Sangue! E quale gioia tutta d'amore per Lui se si tratta di un'anima verginale,
perchè "l'Eucaristia venne dal cielo della verginità" (S. Alberto Magno) e non
trova il suo cielo che nella verginità. Nessuno come la vergine può ripetere con la
Sposa dei Cantici ad ogni Comunione: "Il mio Diletto è mio e io sono tutta del mio
Diletto che pascola fra i gigli e a me rivolge il suo amore" (Cant. 2, 16).
Un modo delicato di preparamento alla S. Comunione è quello di invocare l'Immacolata e
affidarci a Lei perchè ci faccia ricevere Gesù con la sua umiltà, con la sua purezza e
con il suo amore, e anzi, venga Ella stessa a riceverLo in noi. Questa pia pratica venne
raccomandata molto dai Santi, specialmente da S. Luigi Grignon de Montfort, da S. Pietro
G. Eymard, da S. Alfonso de' Liguori e dal B. Massimiliano M. Kolbe. "La migliore
preparazione alla S. Comunione è quella che si fa con Maria", scrisse S. Pietro G.
Eymard. Una descrizione deliziosa ci è fatta da S. Teresina quando immagina la sua anima
come una bimba di tre o quattro anni, tutta in disordine nei capelli e nei vestiti,
vergognosa di presentarsi all'altare per ricevere Gesù. Ma fa ricorso alla Madonna e
"subito - scrive la Santa - la Vergine Maria si affaccenda attorno a me; mi toglie
prestamente il grembiulino sudicio e riannoda i miei capelli con un bel nastro o anche con
un semplice fiore... E ciò basta per farmi apparire graziosa e farmi sedere, senza
arrossire, al banchetto degli Angeli". Facciamone anche noi la prova. Non ne
resteremo delusi. Anzi, potremo anche noi esclamare con S. Gemma estatica: "Quanto è
bella la Comunione fatta con la Mamma del Paradiso".
IL RINGRAZIAMENTO ALLA S. COMUNIONE
Il tempo del Ringraziamento alla S. Comunione è il tempo più reale dell'amore intimo con
Gesù. Amore di appartenenza totale reciproca: non più due, ma uno, nell'anima e nel
corpo. Amore di compenetrazione e fusione: Lui in me e io in Lui, a consumarci nell'unità
e nell'unicità dell'amore. “Sei la mia preda amorosa, come io sono preda della tua
immensa carità”, diceva S. Gemma a Gesù con tenerezza. “Beati gli invitati
alla cena nuziale dell'Agnello”, è detto nell'Apocalisse (c. 19, 9). Ebbene, nella
Comunione Eucaristica l'anima realizza veramente, in celeste unione verginale, l'amore
nuziale a Gesù Sposo, a cui può dire con il trasporto tenerissimo della Sposa dei
Cantici: “Baciami con il bacio della tua bocca” (Cant. 1, 1).
Il Ringraziamento alla S. Comunione è una piccola esperienza dell'amore paradisiaco su
questa terra: in Paradiso, infatti, come ameremo Gesù se non essendo eternamente uno con
Lui? Gesù caro, Gesù dolce, come dobbiamo ringraziarti di ogni S. Comunione che ci
concedi! Non aveva forse ragione S. Gemma di dire che in Paradiso Ti avrebbe ringraziato
dell'Eucaristia più che di ogni altra cosa? Quale miracolo di amore quell'essere
interamente fusi con Te, Gesù!
S. Cirillo di Alessandria, Padre della Chiesa, si serve di tre immagini per illustrare la
fusione d'amore con Gesù nella S. Comunione: “Chi si comunica è santificato,
divinizzato nel suo corpo e nella sua anima nel modo con cui l'acqua che è messa sul
fuoco diventa bollente... La Comunione opera come il lievito immerso nella farina:
fermenta tutta la massa... Nello stesso modo che fondendo insieme due ceri, la cera
risulterà l'una nell'altra, così, io credo, chi si ciba della Carne e del Sangue di
Gesù è con Lui fuso per tale partecipazione, e si trova a essere egli in Cristo e Cristo
in lui”.
Per questo S. Gemma Galgani parlava con stupore dell'unione eucaristica fra “Gesù
tutto e Gemma nulla”, ed esclamava estatica: “Quanta dolcezza, Gesù, nella
Comunione! Con Te abbracciata voglio vivere, con Te abbracciata voglio morire”. E il
B. Contardo Ferrini scriveva: “La Comunione! Oh dolci amplessi del Creatore con la
sua creatura! Oh elevazione ineffabile dello spirito umano! Che cosa ha il mondo che si
possa paragonare a queste gioie purissime di cielo, a questi saggi della gloria
eterna?”.
Si pensi anche al valore trinitario della S. Comunione. Un giorno, S. Maria Maddalena de'
Pazzi, dopo la Comunione, inginocchiata fra le novizie, con le braccia in croce, alzò gli
occhi al cielo e disse: “Sorelle, se comprendessimo che nel tempo in cui durano in
noi le specie eucaristiche, Gesù è presente e opera in noi inseparabilmente con il Padre
e con lo Spirito Santo, e quindi c'è tutta la Trinità Santissima...”, e non potè
finire di parlare, perchè rapita in sublime estasi.
Per questo i Santi, quando potevano, non mettevano limiti di tempo al ringraziamento, che
durava almeno mezz'ora. S. Teresa di Gesù raccomandava alle sue figlie:
“Tratteniamoci amorevolmente con Gesù e non perdiamo l'ora che segue la Comunione:
è un tempo eccellente per trattare con Dio e per sottoporgli gli interessi dell'anima
nostra... Poiché sappiamo che Gesù buono resta in noi fino a quando il calore naturale
non ha consumato gli accidenti del pane, dobbiamo avere grande cura di non perdere cosi
bella occasione per trattare con Lui e presentargli le nostre necessità”.
S. Francesco d'Assisi, S. Giuliana Falconieri, S. Caterina, S. Pasquale, S. Veronica, S.
Giuseppe da Copertino, S. Gemma, e tanti altri, subito dopo la S. Comunione cadevano quasi
sempre in estasi d'amore: e il tempo, allora, lo misuravano solo gli Angeli!
S. Giovanni d'Avila, S. Ignazio di Loyola, S. Luigi Gonzaga facevano il ringraziamento in
ginocchio per due ore. S. Maria Maddalena de' Pazzi non avrebbe mai voluto interromperlo,
e bisognava costringerla, perché si nutrisse un po'. “I minuti che seguono la
Comunione - diceva la Santa - sono i più preziosi che noi abbiamo nella vita; i più
adatti da parte nostra per trattare con Dio, e da parte di Dio per comunicarci il suo
amore”.
S. Teresa di Gesù quasi sempre andava in estasi subito dopo la S. Comunione, e talvolta
bisognava toglierla di peso dal comunichino delle Suore!
S. Luigi Grìgnon de Montfort, dopo la S. Messa, si fermava almeno mezz'ora per il
ringraziamento, e non c'era preoccupazione o impegno che valesse a farglielo omettere,
poiché, diceva, “non darei quest'ora del ringraziamento neppure per un'ora di
Paradiso”.
L'Apostolo ha scritto: “Glorificate e portate Dio nel vostro corpo” (1 Cor. 6,
20). Ebbene, non c'è tempo in cui queste parole le realizziamo alla lettera come nel
tempo subito dopo la S. Comunione. Che brutto, quindi, il comportamento di chi ha fatto la
Comunione ed esce subito di Chiesa non appena finita la Messa, o addirittura subito dopo
la Comunione! Ricordiamo l'esempio di S. Filippo Neri che fece accompagnare da due
chierichetti con le candele accese quel tale che usciva di Chiesa appena fatta la
Comunione... Che bella lezione! Se non altro per educazione, quando si riceve un ospite ci
si intrattiene e ci si interessa di lui. Se poi quest'ospite è Gesù, allora dovremmo
solo rammaricarci che la Sua presenza corporale in noi dura appena un quarto d'ora o poco
più. A questo proposito, S. Giuseppe Cottolengo sorvegliava personalmente la confezione
delle ostie per la Messa e per le Comunioni, e alla suora addetta aveva ordinato
espressamente: “Le ostie per me fatele grosse, perché ho bisogno di trattenermi a
lungo con Gesù, e non voglio che le sacre specie si consumino presto”.
E S. Alfonso de' Liguori perché riempiva di vino il calice quasi fino all'orlo? Solo per
possedere più a lungo nel suo corpo Gesù.
Non siamo forse all'opposto dei Santi, noi, quando consideriamo il ringraziamento sempre
troppo lungo e forse non vediamo l'ora che finisca? Attenti, però! Perchè se è vero che
ad ogni Comunione Gesù “ricambia al centuplo l'accoglienza che gli si fa” (S.
Teresa di Gesù), è anche vero che saremo responsabili al centuplo delle nostre mancate
accoglienze. Un confratello di P. Pio da Pietrelcina ha raccontato che un giorno andò a
confessarsi dal santo Frate, accusando fra l'altro qualche omissione del ringraziamento
alla S. Messa per ragioni di ministero. Benevolo nel giudicare le altre mancanze, P. Pio,
quando udi questa mancanza divenne serio, dal volto scuro, e disse con voce ferma:
“Guardiamo che il non potere non sia il non volere. Il ringraziamento lo devi fare
sempre, se no la paghi cara”!
Pensiamoci, riflettiamoci seriamente. Per una cosa tanto preziosa come il ringraziamento,
facciamo nostro l'ammonimento dello Spirito Santo: “Non perdere neppure la più
piccola parte di un cosi grande bene” (Eccl. 14, 14).
Particolarmente bello è il ringraziamento fatto in intima unione con la Madonna
Annunziata. Subito dopo la S. Comunione, anche noi portiamo Gesù nelle nostre anime e nel
nostro corpo, a somiglianza di Maria SS. Annunziata; e non potremmo adorare Gesù nè
amarLo meglio che unendoci alla Divina Mamma, facendo nostri i sentimenti di adorazione e
di amore che Ella nutrì verso Gesù Dio racchiuso nel suo seno immacolato. A questo fine,
può essere utile la recita meditata dei misteri gaudiosi del Rosario. Proviamo. Non
potremo che guadagnarci a stare uniti alla Madonna per amare Gesù con il suo Cuore di
Paradiso!
IL PANE DEI FORTI E IL VIATICO PER IL CIELO
Dovrebbe essere superfluo dire che Gesù Eucaristico è per tutti il vero Pane dei forti,
il nutrimento degli eroi, il sostegno dei martiri, il conforto degli agonizzanti.
Nell’Eucaristia Gesù ripete i suoi amorosi richiami a noi travagliati e penanti in
questa valle di lagrime: “Venite a Me, voi che siete affaticati e oppressi, e lo vi
ristorerò” (Matt. 21, 28). È vero che “la vita dello uomo è un combattimento
su questa terra” (Giob. 7, 1); è vero che i seguaci di Gesù “saranno
perseguitati” come il loro Signore (Matt. 5, 10; 2 Tim. 3, 12); è vero che
“coloro che sono di Cristo hanno crocifisso la loro carne con i suoi vizi e le sue
concupiscenze” (Gal. 5, 24), e debbono vivere “morti al mondo” (Gal. 6,
34); ma è anche vero che con Gesù “io posso tutto” (Fil: 4, 13), perché Gesù
è “tutto” (Giov. 1, 3; Col. 1, 17) e nella S. Comunione si fa proprio
“tutto mio”. E allora “che ho da temere? - posso dire con la Serva di Dio
Luisa M. Claret de la Touche - Colui che mantiene il mondo sui suoi poli è in me. Il
Sangue di un Dio circola nelle mie vene. Non temere anima mia: Il Signore del mondo ti ha
preso fra le sue braccia e vuole che ti riposi in Lui”.
Per questo S. Vincenzo de’ Paoli poteva chiedere ai suoi missionari: “Quando
avete ricevuto nei cuori Gesù ci può essere un sacrificio impossibile per voi?”. E
S. Vincenzo Ferreri, nei due anni di carcere che dovette patire come perseguitato,
“sovrabbondò di gioia fra i travagli” (2 Cor. 7, 4), perché riuscì a ottenere
di poter celebrare ogni giorno la S. Messa fra i ceppi, le catene e l’oscurità della
galera. La stessa forza ed esultanza invase Santa Giovanna d’Arco quando le fu
concesso di ricevere Gesù Eucaristico prima di salire sul rogo. Entrato Gesù nel tetro
carcere, la santa si gettò in ginocchio fra le catene, ricevette Gesù e si raccolse in
profonda preghiera. Appena chiamata per andare alla morte, si alzò e s’incamminò
senza interrompere le preghiere, salì sul rogo e morì tra le fiamme, sempre unita a
Gesù che le dimorava nell’anima e nel corpo immolato.
Ma tutta la storia dei martiri, da S. Stefano protomartire, all’angelico martire S.
Tarcisio, ai martiri più recenti, attesta la forza sovrumana che l’Eucarestia dona
nella lotta contro il demonio e contro tutte le forze demoniache che operano sulla terra
(1 Piet. 5, 9).
Per riferire un solo esempio più recente, anni fa, nella Cina comunista, alcune Suore
vennero arrestate e messe insieme ad altri prigionieri con la proibizione perfino di
pregare. Le guardie sorvegliavano i loro gesti, la posizione del corpo,
l’atteggiamento del volto e i movimenti delle labbra, per punire duramente ogni
infrazione. Le poverine bramavano soprattutto una cosa: l’Eucaristia. Una vecchia
cristiana si offrì al Vescovo per portare a loro segretamente le Ostie consacrate avvolte
in un fazzoletto, e usò uno stratagemma ben riuscito. Si presentò alle prigioniere,
davanti alle guardie, come stravolta dalla collera, vomitando una valanga di ingiurie
contro le Suore; al momento propizio, però, passò lo involtino nella mano di una Suora,
e lasciò la prigione, promettendo alle guardie che sarebbe tornata a... insultare le
Suore!
Infine, ricordiamo il conforto celeste che la S. Comunione arreca agli infermi, e non solo
alle loro anime, ma anche ai corpi, a volte prodigiosamente risanati. A S. Liduina e ad
Alexandrina Da Costa, ad esempio, sparivano d’incanto le terribili sofferenze fisiche
per tutto il tempo di durata delle sacre Specie nel loro corpo. Lo stesso, a S. Lorenzo da
Brindisi e a S. Pietro Claver, quando celebravano la S. Messa, cessavano tutti i dolori
delle gravi malattie da cui erano tormentati.
Più consolante di tutte, però, è l’ultima S. Comunione, quella detta Viatico,
ossia cibo per il viaggio da questa all’altra vita. Come ci tenevano i Santi a
riceverlo per tempo e con le migliori disposizioni!
Quando S. Domenico Savio fu mandato a casa perché gravemente ammalato, il medico del suo
paese gli dette buone speranze di guarigione; ma il santo giovanetto chiamò suo papà e
gli disse: “Papà, sarà bene fare un consulto con il Medico Celeste. Io desidero
confessarmi e ricevere la Comunione”.
Quando la salute di S. Antonio M. Claret cominciò a destare serie apprensioni, furono
chiamati due medici per un consulto. Avvertito, il Santo intui la gravità del male, e
disse ai suoi: “Ho capito, ma prima pensiamo all’anima, poi al corpo”; e
volle ricevere subito i Sacramenti; poi fece entrare i due medici, e disse loro: “Ora
fate quello che volete”.
Prima l’anima e poi il corpo. Possibile che non lo comprendiamo? Eppure, spesso noi
siamo così incoscienti che ci affanniamo tanto a portare il medico al letto di un
ammalato, mentre ci riduciamo a chiamare il Sacerdote solo all’ultimo momento, quando
magari l’infermo non è in grado di ricevere i Sacramenti con piena coscienza o
addirittura non può neppure riceverli. Stupidi e stolti che siamo! Come non ci rendiamo
conto che se non chiamiamo a tempo il Sacerdote mettiamo a rischio l’eterna salvezza
del morente e lo priviamo del sostegno e del conforto più grande che si possa ricevere in
quegli estremi momenti?
L’Eucaristia è il supremo pegno di vita del cristiano su questa povera terra
d’esilio. “Il corpo nostro - scrive S. Gregorio Nisseno - unito al Corpo di
Cristo acquista un principio d’immortalità, perché si unisce
all’Immortale”. Quando la vita caduca del corpo viene meno, ecco Gesù, ecco
Colui che è la Vita eterna. Egli si dona a noi nella Comunione per essere la Vita vera e
perenne della nostra anima immortale, per essere la Resurrezione del nostro corpo mortale:
“Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna” (Giov. 6, 55),
“Chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (Giov. 6, 59), perché “lo
sono la resurrezione e la vita” (Giov. 11, 25).
Il S. Viatico: che grazia! Quando il S. Curato d’Ars, moribondo, sentì il suono del
campanello che annunciava l’arrivo del S. Viatico, si commosse fino alle lagrime, e
disse: “Come trattenersi dal piangere quando Gesù viene a noi per l’ultima
volta con tanto amore?”.
Si, Gesù Eucaristico è l’Amore divenuto mio cibo, mia forza, mia vita, mio cuore.
Ogni volta che Lo ricevo, in vita come in morte, Egli si fa mio per farmi Suo. Si: Lui
tutto mio e io tutto Suo. L’uno nell’altro, l’uno dello altro (Giov. 6,
58). Questa è la pienezza dell’Amore per l’anima e per il corpo, sulla terra e
nei Cieli.
OGNI GIORNO CON LUI
Gesù sta nel Tabernacolo per me. Lui è il pane della mia vita soprannaturale. Lui è il
cibo della mia anima. “La mia carne è veramente cibo, il mio sangue è veramente
bevanda” (Giov. 6, 56). Se voglio nutrirmi spiritualmente ed essere pieno di vita
debbo ricevere Lui: “Se non mangiate la mia Carne e non bevete il mio Sangue non
avrete la vita in voi” (Giov. 6, 54). S. Agostino ci fa sapere che i suoi fedeli
della Chiesa d’Africa chiamavano l’Eucaristia con la parola “Vita”;
quando decidevano di accostarsi alla mensa eucaristica, dicevano: “Andiamo alla
Vita”. Espressione mirabile!.
Per sostenere il mio organismo soprannaturale debbo nutrirlo: e l’Eucaristia è
appunto il “Pane di vita” (Giov. 6, 35), il “Pane disceso dal cielo”
(Giov. 6, 59) che dona e rinnova, conserva e accresce le energie spirituali della anima.
S. Pietro G. Eymard arriva a dire: “La Comunione è così necessaria a noi per
sostenere la nostra vita cristiana, come è necessaria agli Angeli la visione di Dio per
mantenere la loro vita gloriosa”.
Ogni giorno debbo nutrire la mia anima, come ogni giorno nutro il mio corpo per donargli
vigore. S. Agostino insegna: “L’Eucaristia è un pane quotidiano che si prende a
rimedio della nostra quotidiana debolezza”. E S. Pietro G. Eymard aggiunge:
“Gesù ha preparato non un’Ostia soltanto, ma una per ogni giorno della nostra
vita. Le nostre Ostie sono preparate: non perdiamone neppure una”.
Gesù è l’Ostia d’amore così soave e salutare da far esclamare a S. Gemma
Galgani: “Sento un gran bisogno di essere rinvigorita da quel cibo tanto dolce che mi
dà Gesù. Questo tratto d’amore che Gesù mi fa ogni mattina, mi intenerisce e
attira a sé tutti gli affetti del mio cuore”.
Per i Santi, la Comunione quotidiana è un’imperiosa esigenza di Vita e di Amore,
corrispondente alla brama divina di Gesù di donarsi per essere la Vita e l’Amore di
ogni anima. Non dimentichiamoci che il Giovedì Santo fu il giorno da Gesù “tanto
desiderato” (Luc. 22, 15). Perciò il S. Curato d’Ars diceva con passione:
“Ogni Ostia consacrata è fatta per struggersi d’amore in un cuore umano”.
E S. Teresina scriveva alla sorella: “Non è per restare in una pisside d’oro,
che Gesù discende ogni giorno dal cielo, ma per trovare un altro cielo, quello della
nostra anima, dove Egli trova le sue delizie”; e quando un’anima, potendolo, non
vuole ricevere Gesù nel suo cuore, “Gesù piange”; per questo, continua ancora
S. Teresina, “quando il demonio non può entrare col peccato nel santuario di
un’anima, vuole almeno che essa sia vuota, senza padrone, e allontana dalla
Comunione”. È evidente, infatti, che si tratta di insidia diabolica, perché solo il
demonio può avere interesse a tenerci lontani da Gesù. Stiamo all’erta, quindi.
Cerchiamo di non cadere negli inganni del demonio: “Fate in modo di non perdere
nessuna Comunione - raccomanda S. Margherita M. Alacoque - ; noi non sapremmo dare maggior
gioia al nostro nemico, il demonio, che ritirandoci da Gesù, il quale gli toglie il
potere che ha sopra di noi”.
La Comunione quotidiana è sorgente quotidiana di amore, di forza, di luce, di gioia, di
coraggio, di ogni virtù e di ogni bene. “Chi ha sete venga a Me e beva” (Giov.
7, 37), ha detto Gesù; Egli solo è la “fonte di acqua zampillante per la vita
eterna” (Giov. 4, 14). Come è possibile che ci sia chi non voglia o trovi
difficoltà ad accostarsi ogni giorno a questa divina “mensa del Signore” (1
Cor. 10, 21)?
S. Tommaso Moro, Gran Cancelliere d’Inghilterra, morto martire per essersi opposto
allo scisma, ascoltava ogni mattina la S. Messa e riceveva la S. Comunione. Alcuni amici
cercavano di fargli notare che una tale assiduità non era conveniente ad un laico immerso
in tanti affari di stato. “Voi mi opponete - rispondeva il Santo - tutte quelle
ragioni che invece mi convincono di più a ricevere la S. Comunione ogni giorno. La mia
dissipazione è grande, e con Gesù io imparo a raccogliermi. Le occasioni di offendere
Dio sono frequenti, e io prendo ogni giorno forza da Lui per fuggirle. Ho bisogno di lumi
e di prudenza per sbrigare affari molto difficili, e ogni giorno posso consultare Gesù
nella S. Comunione: Egli è il mio grande Maestro”.
Al celebre biologo Banting fu chiesto una volta perché ci tenesse tanto alla Comunione
quotidiana. “Avete mai pensato - rispose - che avverrebbe se ogni notte non scendesse
la rugiada dal cielo? Nessuna pianta potrebbe svilupparsi; le erbe e i fiori non
reggerebbero alla traspirazione che il calore diurno provoca in un modo o nell’altro.
Il recupero di forze, il refrigeramento, l’equilibrio degli umori linfatici, e la
vita stessa delle piante son dovuti alla rugiada...”. Fatta una pausa, continuò:
“Anche la mia anima è come una piantina: qualcosa di delicato su cui vento e calore
imperversano ogni giorno. Allora è necessario che ogni mattina io vada a fare il mio
rifornimento di rugiada spirituale, accostandomi alla S. Comunione”.
S. Giuseppe Cottolengo raccomandava ai medici della “Casa della Divina
Provvidenza” di ascoltare la Messa e fare la Comunione, prima di impegnarsi in
difficili operazioni chirurgiche, perché, diceva, “la medicina è una grande
scienza, ma il grande medico è Dio”. E il beato Giuseppe Moscati, celebre medico di
Napoli, si regolava appunto così: si industriava fino all’incredibile (a costo di
sacrifici anche enormi, specie a causa dei frequenti viaggi da fare) per non perdere la
Comunione quotidiana; ma se qualche giorno gli era proprio impossibile comunicarsi, quel
giorno non aveva coraggio di fare le visite mediche, perché, diceva, “senza Gesù
non ho lumi sufficienti per i poveri ammalati”.
Oh! la passione dei Santi per la Comunione quotidiana! Chi può ridirla? S. Giuseppe da
Copertino, che non mancò di unirsi ogni giorno al suo Diletto, arrivò a dire una volta
ai suoi confratelli: “Sappiate che quel giorno in cui non potrò ricevere lo
Pecoriello (così chiamava confidenzialmente l’Agnello Divino) passerò
all’altra vita”. Difatti, soltanto un giorno la violenza del male gli impedi di
ricevere Gesù Eucaristico: il giorno della morte!
Quando il papà di S. Gemma Galgani, preoccupato per la salute della figlia, la
rimproverò perché ogni mattina usciva troppo presto per andare a Messa, sentì
rispondersi dalla santa figlia: “Ma papà, a me mi fa male stare lontana da Gesù
Sacramentato”.
Quando S. Caterina da Genova seppe dell’interdetto che gravava sulla sua città con
la proibizione di celebrare la S. Messa e di distribuire la Comunione, ogni mattina si
recava a piedì fuori Genova fino a un lontano Santuario, per potersi comunicare. Le fu
detto che esagerava; e la Santa rispose: “Se dovessi percorrere miglia e miglia sui
carboni accesi pur di arrivare a ricevere Gesù, direi quella via facile come se
camminassi su un tappeto di rose”.
Impariamo la lezione, noi che forse abbiamo la Chiesa a pochi passi, ove recarci a nostro
agio per ricevere Gesù nel cuore. E anche se dovesse costarci qualche sacrificio, non ne
varrebbe forse la pena?
Ma c’è di più ancora, se pensiamo che i Santi avrebbero desiderato comunicarsi non
una volta sola, ma più volte al giorno. A una figlia spirituale che in buona fede vantava
il suo eroismo nel comunicarsi tutti i giorni, P. Pio da Pietrelcina una volta disse:
“Figlia mia, se si potesse, farei dieci Comunioni al giorno con tutto il
cuore!”. E quella volta che un figlio spirituale si accusò in confessione di aver
fatto, per pura dimenticanza, due Comunioni nella stessa mattinata, P. Pio illuminandosi
disse: “Beata dimenticanza!”.
Avanti! non facciamoci pregare per fare una cosa così santa come la Comunione quotidiana,
a cui attingere ogni bene per l’anima e per il corpo.
Per l’anima. S. Cirillo di Gerusalemme. Padre e Dottore della Chiesa, scrive:
“Se il veleno dell’orgoglio ti gonfia, ricorri all’Eucaristia, e il Pane,
sotto le cui apparenze si è annichilato il tuo Dio, t’insegnerà l’umiltà. Se
in te arde la febbre dell’avarizia, cibati di questo pane, e imparerai la
generosità. Se ti rattrista il vento gelido dell’avarizia, ricorri al Pane degli
Angeli, e nel tuo cuore spunterà rigogliosa la carità. Se ti senti spinto
dall’intemperanza, cibati della Carne e del Sangue di Cristo, che nella vita terrena
praticò sì eccellentemente la sobrietà, e diverrai temperante. Se sei pigro e indolente
nelle cose spirituali, rinforzati con questo cibo celeste, e diverrai fervente. Se,
infine, ti senti ardere dalla febbre dell’impurità, accostati al banchetto degli
Angeli, e la Carne immacolata di Cristo ti farà puro e casto”.
Quando si volle sapere come avesse fatto S. Carlo Borromeo a conservarsi puro e delicato
tra i suoi giovani coetanei dissipati e frivoli, si scoprì il suo segreto: la Comunione
frequente. E fu lo stesso S. Carlo a raccomandare la Comunione frequente al ragazzo Luigi
Gonzaga, divenuto il santo tutto angelico e liliale. Veramente l’Eucaristia si rivela
“frumento degli eletti e vino che fa germogliare i vergini” (Zac. 9, 17). E S.
Filippo Neri, conoscitore profondo dei giovani, diceva: “La devozione al SS.
Sacramento e la devozione alla Vergine sono, non il migliore, ma l’unico mezzo per
conservare la purezza. Non vi è che la Comunione che può conservare puro un cuore a
venti anni... Non ci può essere castità senza Eucaristia”. È verissimo.
Per il corpo. Quante volte a Lourdes non si è ripetuto per l’Eucaristia quel che il
Vangelo dice di Gesù: “usciva da lui una virtù e guariva tutti” (Luc. 8, 46)?
Quanti corpi non sono stati sanati dal dolce Signore racchiuso nei candidi veli? Quanti
poveri e sofferenti non hanno ricevuto, con il Pane eucaristico, il pane della salute, del
sostentamento, della Provvidenza?... S. Giuseppe Cottolengo un giorno si avvide che
parecchi ricoverati della “Casa della Provvidenza” non si erano accostati a
ricevere la S. Comunione. La Pisside era rimasta piena. Proprio in quel giorno
scarseggiava il pane. Il Santo, deposta la Pisside sull’altare, si voltò e disse con
grande animazione queste parole più che espressive: “Pisside piena, sacchi
vuoti!”.
Proprio così. Gesù è la pienezza di vita e di amore della mia anima. Senza di Lui resto
vuoto e arido. Con Lui, invece, possiedo ogni giorno le riserve infinite di ogni bene,
purezza e gioia.
LA COMUNIONE SPIRITUALE
La Comunione Spirituale è la riserva di vita e di amore eucaristico sempre a portata di
mano per gli innamorati di Gesù Ostia. Mediante la Comunione Spirituale, infatti, vengono
soddisfatti i desideri d’amore dell’anima che vuole unirsi a Gesù suo Diletto
Sposo. La Comunione spirituale è unione d’amore fra l’anima e Gesù Ostia.
Unione tutta spirituale, ma reale più reale della stessa unione fra l’anima e il
corpo, “perché la anima vive più dove ama che dove vive”, dice S. Giovanni
della Croce.
La Comunione spirituale suppone, è evidente, la fede nella Presenza Reale di Gesù nei
Tabernacoli; comporta il desiderio della Comunione Sacramentale; esige il ringraziamento
per il dono ricevuto da Gesù. Tutto questo è espresso con semplicità e brevità nella
formula di S. Alfonso de’ Liguori: “Gesù mio, credo che voi siete nel SS.
Sacramento. Vi amo sopra ogni cosa. Vi desidero nell’anima mia. Giacché ora non
posso ricevervi sacramentalmente, venite almeno spiritualmente nel mio cuore... (pausa).
Come già venuto, Vi abbraccio e tutto mi unisco a Voi. Non permettete che io mi abbia mai
a separare da voi”.
La Comunione spirituale produce gli stessi effetti della Comunione Sacramentale a seconda
delle disposizioni con cui si fa, della maggiore o minore carica di affetto con cui si
desidera Gesù, dell’amore più o meno intenso con cui si riceve Gesù e ci si
intrattiene con Lui.
Privilegio esclusivo della Comunione spirituale è quello di poter essere fatta quante
volte si vuole (anche centinaie di volte al giorno), quando si vuole (anche in piena
notte), dove si vuole (anche in un deserto o su... un aereo in volo).
È conveniente fare la Comunione spirituale specialmente quando si assiste alla S. Messa e
non si può fare la Comunione sacramentale. All’atto in cui il Sacerdote si comunica,
l’anima si comunichi anch’ella chiamando Gesù nel suo cuore. In questo modo
ogni Messa ascoltata è completa: offerta, immolazione, comunione.
Quanto sia preziosa la Comunione spirituale lo disse Gesù stesso a S. Caterina da Siena
in una visione. La Santa temeva che la Comunione spirituale non avesse nessun valore
rispetto alla Comunione sacramentale. Gesù in visione le apparve con due calici in mano,
e le disse: “In questo calice d’oro metto le tue Comunioni sacramentali; in
questo calice d’argento metto le tue Comunioni spirituali. Questi due calici mi sono
tanto gràditi”.
E a S. Margherita Maria Alacoque, molto assidua nel mandare i suoi desideri di fiamma a
chiamare Gesù nel Tabernacolo, una volta Gesù disse: “Mi è talmente caro il
desiderio di un’anima di ricevermi, che lo mi precipito in essa ogni volta che mi
chiama con i suoi desideri”.
Quanto sia stata amata dai Santi la Comunione spirituale non ci vuol molto a intuirlo. La
Comunione spirituale soddisfa almeno in parte a quell’ansia ardente di essere sempre
“uno” con chi si ama. Gesù stesso ha detto: “Rimanete in Me e io rimarrò
in voi” (Giov. 15, 4). E la Comunione spirituale aiuta a restare uniti a Gesù,
sebbene lontani dalla sua dimora. Altro mezzo non c’è per placare gli aneliti di
amore che consumano i cuori dei Santi. “Come una cerva anela ai corsi delle acque,
così la mia anima anela a Te, o Dio” (Salm. 41, 2): è il gemito amoroso dei Santi.
“O Sposo mio diletto - esclama S. Caterina da Genova - io desidero talmente la gioia
di stare con te, che, mi pare, se fossi morta risusciterei per riceverti nella
Comunione”. E la B. Agata della Croce provava così acuto il desiderio di vivere
sempre unita a Gesù Eucaristico, che ebbe a dire: “Se il confessore non mi avesse
insegnato a fare la Comunione spirituale, non avrei potuto vivere”.
Per S. Maria Francesca delle Cinque Piaghe, ugualmente, la Comunione spirituale era
l’unico sollievo al dolore acuto che provava nello stare chiusa in casa, lontana dal
suo Amore, specialmente quando non le era concesso di fare la Comunione sacramentale.
Allora saliva sul terrazzo della casa e guardando la Chiesa sospirava fra le lagrime:
“Beati coloro che oggi ti hanno ricevuto nel Sacramento, Gesù. Fortunate le mura
della Chiesa che custodiscono il mio Gesù. Beati i Sacerdoti che sono sempre vicini a
Gesù amabilissimo”. E solo la Comunione spirituale poteva placarla un po’.
Ecco uno dei consigli che P. Pio da Pietrelcina dava a una sua figlia spirituale:
“Nel corso del giorno, quando non ti è permesso di fare altro, chiama Gesù, anche
in mezzo a tutte le tue occupazioni, con gemito rassegnato dell’anima, ed egli verrà
e resterà sempre unito con la anima mediante la sua grazia e il suo santo amore. Vola con
lo spirito dinanzi al Tabernacolo, quando non ci puoi andare col corpo, e là sfoga le
ardenti brame ed abbraccia il Diletto delle anime meglio che se ti fosse dato di riceverlo
sacramentalmente”.
Approfittiamo anche noi di questo grande dono. Specialmente nei momenti di prova o di
abbandono, che cosa ci può essere di più prezioso dell’unione con Gesù Ostia
mediante la Comunione Spirituale? Questo santo esercizio può riempirci le giornate di
amore come d’incanto, può farci vivere con Gesù in un abbraccio d’amore che
dipende solo da noi rinnovare spesso fino a non interromperlo pressoché mai.
S. Angela Merici aveva la passione amorosa della Comunione Spirituale. Non soltanto la
faceva spesso ed esortava a farla, ma arrivò a lasciarla come “eredità” alle
sue figlie perche la praticassero perpetuamente.
La vita di S. Francesco di Sales non dovette forse essere tutta una catena di Comunioni
spirituali? Era suo proposito fare una Comunione spirituale almeno ogni quarto d’ora.
Lo stesso proposito l’aveva fatto il B. Massimiliano M. Kolbe fin da giovane. E il
Servo di Dio Andrea Beltrami ci ha lasciato una breve pagina del suo diario intimo che è
un piccolo programma di vita vissuta in Comunione spirituale ininterrotta con Gesù
Eucaristico. Ecco le sue parole: “Ovunque mi trovi, penserò sovente a Gesù in
Sacramento. Fisserò il mio pensiero al S. Tabernacolo anche quando mi svegliassi di
notte, adorandolo da dove mi trovo, chiamando Gesù in Sacramento, offrendogli
l’azione che sto facendo. Stabilirò un filo telegrafico dallo studio alla Chiesa, un
altro dalla camera, un terzo dal refettorio; e manderò più sovente che mi sarà
possibile dei dispacci d’amore a Gesù in Sacramento”. Quale continua corrente
d’amore divino su quei cari... fili telegrafici!
Di queste e simili sante industrie i Santi sono stati molto attenti a servirsi per dare
sfogo alla piena del loro cuore che non si saziava mai d’amare. “Più Ti amo,
meno Ti amo - esclamava Santa Francesca Saverio Cabrini - perché di più vorrei amarTi.
Non ne posso più... dilata, dilata il cuor mio...”.
Quando S. Rocco da Montpellier passò cinque anni carcerato perché ritenuto un pericoloso
vagabondo, nel carcere stava sempre con gli occhi fissi al finestrino, pregando. Il
carceriere gli chiese: “Che guardi?”. Il Santo gli rispose: “Guardo il
campanile della Parrocchia”. Era il richiamo di una Chiesa, di un Tabernacolo, di
Gesù Eucaristico suo indivisibile amore.
Anche il S. Curato d’Ars diceva ai fedeli: “Alla vista di un campanile voi
potete dire: là è Gesù, perché là un Sacerdote ha celebrato la Messa”. E il B.
Luigi Guanella, quando accompagnava in treno i pellegrinaggi ai Santuari, raccomandava
sempre ai pellegrini di rivolgere il pensiero e il cuore a Gesù ogni volta che vedevano
un campanile dal finestrino del treno. “Ogni campanile - diceva - ci richiama a una
Chiesa, nella quale è un Tabernacolo, si celebra la Messa, sta Gesù”.
Irnpariamo dai Santi anche noi. Vogliano essi comunicarci qualche fiamma
dell’incendio di amore che consumava i loro cuori. Ma mettiamoci anche noi
all’opera, facendo molte Comunioni spirituali, specialmente nei momenti più
impegnativi della giornata. Allora anche in noi avverrà presto l’incendio
d’amore, perché è consolantissimo quel che ci assicura S. Leonardo da Porto
Maurizio: “Se voi praticate parecchie volte al giorno il santo esercizio della
Comunione spirituale, vi dò un mese di tempo per vedere il vostro cuore tutto
cambiato”. Appena un mese: inteso?
IV GESU’ CON ME
“Sarò con voi fino alla consumazione dei secoli”. (Matt. 28, 20)
• La Presenza Reale • La “Visita” a Gesù • Gesù, Ti adoro!
• Amare la “Casa di Gesù”
LA PRESENZA REALE
La Presenza Reale di Gesù nei nostri Tabernacoli è mistero divino, è dono divino, è
amore divino. Durante la S. Messa, negli attimi della Consacrazione, quando il Sacerdote
pronuncia le divine parole di Gesù, “Questo è il mio Corpo ... Questo è il Calice
del mio Sangue” (Matt. 26, 26-7), il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di
Gesù. La sostanza del pane e del vino non c’è più perchè trasformata
(“transustanziata”) nel divino Corpo e Sangue di Gesù. Il pane e il vino
conservano solo le loro apparenze (o “accidenti”) a esprimere la realtà del
“cibo” e della “bevanda”, secondo le parole di Gesù. “La mia
carne è veramente cibo, il mio sangue è veramente bevanda” (Giov. 6, 56).
Sotto i veli dell’Ostia, quindi, e dentro il Calice c’è la Divina Persona di
Gesù con il suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità, che si dona a chiunque lo riceve nella
S. Comunione, e rimane permanentemente nelle Ostie consacrate chiuse nel Tabernacolo.
S. Ambrogio insegna: “Come fa il pane a diventare il corpo di Cristo? Per mezzo della
Consacrazione. La Consacrazione con quali parole viene effettuata? Con le parole di Gesù.
Venuto il momento di compiere il sacro mistero, il sacerdote cessa di parlare da sè,
parla in persona di Gesù”.
Le parole della consacrazione sono le parole più strabilianti che Dio abbia donato alla
Chiesa. Hanno il potere di trasformare un po’ di pane e vino in Gesù Dio Crocifisso!
Realizzano un mistero arcano di somma potenza che supera il potere dei Serafini, e
appartiene solo a Dio e ai Sacerdoti. Non dovremmo meravigliarci, allora, se ci sono stati
Santi sacerdoti che soffrivano angosciosamente quando pronunziavano quelle divine parole.
S. Giuseppe da Copertino e, ai nostri giorni, P. Pio da Pietrelcina apparivano
visibilmente oppressi da angoscia mortale, e solo stentatamente, a strappi, riuscivano a
terminare le due formule della consacrazione. Il P. Guardiano volle chiedere a S. Giuseppe
da Copertino: “Come mai pronunci in modo limpido tutta la Messa, e inciampi a ogni
sillaba della consacrazione?”. Il Santo rispose: “Le parole santissime della
consacrazione sono sulle mie labbra come carboni ardenti; pronunciandole, devo fare come
chi deve ingoiare cibi bollenti”.
È per quelle divine parole della consacrazione che Gesù è sui nostri altari, è nei
nostri Tabernacoli, è nelle candide ostie. Ma come?
“Com’è possibile - chiedeva uno studioso maomettano ad un Vescovo missionario -
che il pane e il vino diventino carne e sangue di Cristo?”. Il Vescovo rispose:
“Quando nascesti eri piccolo; sei cresciuto perchè il corpo ha trasformato in carne
e sangue il nutrimento che hai preso. Se il corpo dell’uomo è capace di trasformare
in carne e sangue il pane e il vino, tanto più facilmente lo potrà Iddio”. Il
maomettano chiese ancora: “Com’è possibile che in un’ostia così piccola
sia presente Gesù tutto intero?”. Il Vescovo rispose: “Guarda il paesaggio che
hai qui davanti, e pensa quanto il tuo occhio è più piccolo in confronto ad esso. Eppure
nel tuo occhio così piccolo c’è l’immagine di questa campagna così vasta. Non
può Dio fare in realtà, nella sua persona, quello che in figura è in noi?”.
Ancora, il maomettano chiese: “Com’è possibile che lo stesso corpo si trovi
contemporaneamente presente in tutte le vostre Chiese e in tutte le ostie
consacrate?” E il Vescovo: “A Dio nulla è impossibile, e questa risposta
potrebbe bastare. Ma anche la natura risponde a questa domanda. Ecco uno specchio; buttalo
a terra e frantumalo: ogni frammento riporterà la stessa immagine che riproduceva lo
specchio intero. Così, lo stesso e medesimo Gesù si riproduce, non in figura, ma in
realtà, in ogni ostia consacrata; Egli è veramente in ognuna di esse”.
Ricordiamo S. Rosa da Lima, la B. Angela da Foligno, S. Caterina da Siena, S. Filippo
Neri, S. Francesco Borgia, S. Giuseppe da Copertino, e tanti altri Santi, che avvertivano
sensibilmente la Presenza Reale di Gesù nel Tabernacolo e nelle Ostie consacrate,
vedendolo con i loro occhi o gustandone l’ineffabile fragranza.
Ricordiamo l’episodio di S. Antonio di Padova, che a un incredulo fece vedere un mulo
affamato inginocchiarsi di fronte all’ostensorio con il Santissimo, anzichè buttarsi
sul cesto di biada posto accanto all’ostensorio. Ricordiamo S. Alfonso M. de’
Liguori che, infermo, ricevette la S. Comunione in cella. Una mattina, appena ricevuta
l’ostia, il Santo si mise a gemere ad alta voce fra le lacrime: “Ma che avete
fatto? Mi avete portato un’ostia senza Gesù, un’ostia non consacrata...”.
Si indagò sulla cosa e si scoprì che il Sacerdote celebrante quella mattina, per pura
distrazione, era passato dal Memento dei vivi al Memento dei morti (Canone Romano),
saltando intemente la consacrazione del pane e del vino. Il Santo aveva avvertito
l’assenza di Gesù in quell’ostia non consacrata!
Si potrebbero ricordare tanti altri episodi tratti dalla vita dei Santi. Così come si
potrebbero ricordare gli atti degli esorcismi sugli ossessi liberati dal demonio mediante
l’Eucaristia. E si potrebbero elencare quelle grandi manifestazioni di fede e di
amore che sono i Congressi Eucaristici, e i celebri Santuari Eucaristici (come Torino,
Lanciano, Siena, Orvieto, S. Pietro a Patierno...) che ancora oggi conservano le
testimonianze vive degli episodi strepitosi accaduti a conferma della Presenza Reale.
Ma più essenziale di ogni episodio o testimonianza, è la Fede su cui si basa la verità
della Presenza Reale e su cui deve basarsi la nostra incrollabile certezza che è così.
Gesù è verità (Giov. 14, 6) e Lui ci ha lasciato l’Eucaristia come un mistero di
fede a cui credere con tutta la mente e con tutto il cuore. Quando a S. Tommaso
d’Aquino, il Dottore Angelico, venne portato il S. Viatico, egli si sollevò dalla
cenere, su cui si era fatto distendere, si inginocchiò e disse: “Anche se esistesse
una luce mille volte più splendente di quella della fede, io non crederei con maggiore
certezza che Colui che sto per ricevere è il Figlio dell’eterno Dio”.
“Mistero di fede”: con queste due parole il Papa Paolo VI ha voluto intestare la
sua enciclica eucaristica, proprio perchè le realtà divine non hanno fonte di verità e
di certezza più alta della fede teologale. Era per questa fede che i Santi vedevano Gesù
nell’Ostia e non avevano bisogno di altre prove. Il Papa Gregorio XV ebbe a dire che
S. Teresa di Gesù (da lui canonizzata) “vedeva così distintamente, con gli occhi
dello spirito, nostro Signore Gesù Cristo presente nell’Ostia, che affermava di non
invidiare per nulla la felicità dei Beati, che contemplano nel cielo il Signore faccia a
faccia”. E S. Domenico Savio scrisse una volta nel suo quaderno di diario: “Per
essere felice non mi manca nulla in questo mondo: mi manca solo di vedere in cielo Gesù,
che ora con occhio di fede miro e adoro sull’altare”.
È con questa Fede che noi dobbiamo accostarci alla Eucaristia, dobbiamo stare alla sua
Presenza, dobbiamo amare Gesù Eucaristico e farlo amare.
LA “VISITA” A GESÙ
Con la Presenza Reale, Gesù è nei nostri Tabernacoli. Lo stesso Gesù portato
dall’Immacolata nel suo grembo verginale sta rinchiuso nel piccolo grembo di una
candida ostia. Lo stesso Gesù che fu flagellato, coronato di spine e crocifisso come
vittima per i peccati del mondo sta nel ciborio come Ostia immolata per la nostra
salvezza. Lo stesso Gesù che risuscitò da morte e ascese al cielo dove ora regna
glorioso alla destra del Padre, sta sui nostri altari circondato da una moltitudine quasi
infinita di Angeli adoranti, come la Beata Angela da Foligno potè contemplare in una
visione.
Gesù è proprio con noi, quindi. Si, Gesù è là! Il S. Curato d’Ars non poteva
finire di ripetere queste tre parolette senza sciogliersi in lacrime. Anche S. Pietro
Giuliano Eymard esclamava rapito: “Gesù è là! Dunque tutti a Lui”. E S.
Teresa di Gesù quando sentiva chi diceva: “Se fossi vissuto al tempo di Gesù... Se
avessi visto Gesù... Se avessi parlato con Gesù...”, rispondeva con vivacità:
“Ma Gesù non è presente vivo, vero e reale nell’Eucaristia? Perchè cercare
altro?”. I Santi davvero non cercavano altro. Sapevano dove era Gesù e non
desideravano che di poter stare con Lui inseparabilmente con il cuore e con il corpo.
Stare sempre con chi si ama, non è forse un’altra esigenza primaria del vero amore?
Per questo, sappiamo che le Visite al Santissimo e la Benedizione Eucaristica erano la
brama segreta e manifesta dei Santi. Il tempo della Visita a Gesù è tutto tempo
d’amore, che ritroveremo in Paradiso, perchè solo l’amore “dura per
sempre” (1 Cor. 13, 8). Non sbagliava S. Caterina da Genova a dire: “Il tempo
trascorso davanti al tabernacolo è il tempo più bene speso della mia vita”.
Ma vediamo alcuni esempi dei Santi.
Il B. Massimiliano M. Kolbe, apostolo dell’Immacolata, fin da giovane studente faceva
in media dieci Visite al SS.mo ogni giorno. Durante l’anno scolastico, nei momenti di
intervallo fra un’ora e l’altra di scuola, correva in Cappella, e così in
mattinata riusciva a fare cinque visite a Gesù. Nel resto della giornata faceva altre
cinque Visite, tra cui quella durante il passeggio pomeridiano che aveva sempre come tappa
obbligatoria, a Roma, una Chiesa in cui ci fosse il SS.mo esposto.
Anche S. Roberto Bellarmino, da giovane, nell’andare e tornare da scuola passava
quattro volte dinanzi a una Chiesa: quattro volte al giorno si fermava a far Visita a
Gesù.
Quante volte anche a noi non capita di passare dinanzi a una Chiesa? Possibile che siamo
così insensibili e duri? I Santi speravano di poter incontrare qualche Chiesa lungo le
strade da percorrere; noi invece siamo completamente indifferenti anche se ci capitano
davanti! “Quando vi sono due strade per arrivare in un luogo - scriveva il venerabile
Olier - passo per quella in cui si incontrano più Chiese, per stare più vicino al
Santissimo Sacramento. Al vedere un luogo dove sta il mio Gesù, sono tutto contento e
dico: ‘Siete qui, mio Dio e mio tutto’”.
S. Stanislao Kostka, giovane angelico, approfittava di ogni momento libero per correre
vicino a Gesù Eucaristico; e quando non poteva proprio andarci, si rivolgeva al suo
Angelo Custode e gli diceva confidenzialmente: “Angelo mio caro, va’ là tu per
me”. Questa e una trovata veramente angelica! Ma perchè non farla nostra?
L’Angelo Custode sarebbe lietissimo di obbedirci. Anzi, non potremmo dargli incarico
più nobile e felice.
S. Alfonso Rodriguez era portinaio. Gli toccava spesso passare davanti alla porta della
Cappella. Ebbene, non c’era volta che almeno non si affacciasse a mandare uno sguardo
d’amore a Gesù! Quando poi usciva di casa e quando tornava, si recava sempre da
Gesù a chiederGli la benedizione.
Della sua mamma S. Monica, S. Agostino ha lasciato scritto che ogni giorno, oltre la S.
Messa, si recava due volte da Gesù, il mattino e la sera. Lo stesso faceva l’altra
santa mamma di sette figli, la B. Anna Maria Taigi. E S. Venceslao, re di Boemia, usciva
più volte, di giorno e di notte, anche nel rigore dell’inverno, per visitare il SS.
Sacramento nelle Chiese.
Un esempio graziosissimo in casa di sovrani: quando Sant’Elisabetta d’Ungheria,
fanciulla, giocava con le compagne nella reggia, sceglieva sempre un luogo vicino alla
Cappella, perché ogni tanto, senza farsi notare, si fermava davanti alla porta, baciava
la serratura e diceva a Gesù: “Mio Gesù, io gioco, ma non ti dimentico: benedici me
e le mie compagne. Arrivederci”. Quando si ama!
Dei tre cari pastorelli di Fatima, Francesco era un piccolo contemplativo e aveva la
passione particolare per le visite eucaristiche; voleva recarsi spesso e intrattenersi
più a lungo che poteva in Chiesa, per starsene vicino al Tabernacolo, accanto a
“Gesù nascosto”, com’egli chiamava l’Eucaristia con fanciullesca e
profonda espressione. E quando la malattia lo immobilizzò sul suo povero lettino, egli
confidò alla cuginetta Lucia che la sua pena più grande era quella di non poter più
andare a visitare “Gesù nascosto”, e pregava la cugina di andare lei da
“Gesù nascosto” a portargli tutti i suoi baci e i suoi affetti. Ecco un ragazzo
che ci insegna come si ama!
Ancora: S. Francesco Borgia faceva almeno sette Visite al Santissimo ogni giorno. S. Maria
Maddalena de’ Pazzi, in un periodo della sua vita ne faceva trentatrè al giorno. Lo
stesso faceva la B. Maria Fortunata Viti, umile monaca benedettina dei nostri tempi. La B.
Agata della Croce, terziaria domenicana, arrivò a farne cento al giorno (tra Chiesa e
casa). Che dire infine di Alexandrina Da Costa, che immobilizzata sul letto per anni e
anni, non faceva che volare col cuore presso tutti i “Santi Tabernacoli” della
terra?
Forse a noi recano stupore questi esempi, e ci possono sembrare eccezioni anche fra i
Santi. Ma non è così. Le Visite a Gesù sono un fatto di fede e di amore. Chi più ha
fede e amore, più sente il bisogno di stare con Gesù. E i Santi di che cosa vivevano se
non di fede e amore?
Un bravo catechista spiegava un giorno ai suoi ragazzi: “Se venisse a voi un Angelo
del cielo e vi dicesse: “Gesù in persona è nella tal casa e vi attende”, non
lascereste subito tutto per correre da Lui? Interrompereste ogni divertimento,
sospendereste ogni occupazione; vi stimereste anzi fortunati di poter fare un piccolo
sacrificio per andare da Gesù. Ebbene, sappiate e ricordate che Gesù sta nel
Tabernacolo, e vi aspetta sempre perché vuole avervi vicini e desidera ricolmarvi delle
sue grazie”.
A quale tensione di amore i Santi avvertivano la presenza fisica di “Gesù in
persona” nel Tabernacolo e il desiderio che Gesù ha di averci vicini? A tensione
così alta da far dire a S. Francesco di Sales: “Centomila volte al giorno noi
dovremmo visitare Gesù nel SS. Sacramento!”.
Impariamo dai Santi ad amare anche noi le Visite a Gesù Eucaristico. Andiamo da Lui.
Tratteniamoci con Lui, parlandogli con affetto di ciò che ci sta a cuore. Egli ci avvolge
con il suo sguardo di amore e ci attira al suo Cuore. “Quando noi parliamo a Gesù
con semplicità e con tutto il cuore - diceva il S. Curato d’Ars - egli fa come una
mamma che tiene la testa del suo bambino fra le sue mani, per coprirlo di baci e di
carezze”.
Se non sappiamo fare le Visite con il colloquio personale, procuriamoci il bellissimo e
ineguagliabile libretto di S. Alfonso, Visite al SS. Sacramento e a Maria SS. Come non
ricordare la Visita al SS. e a Maria SS. (di S. Alfonso) che P. Pio da Pietrelcina leggeva
ogni sera con voce di pianto ai piedi di Gesù esposto, prima della Benedizione
Eucaristica?
Incominciamo e siamo fedeli almeno a una Visita giornaliera a Gesù che ci aspetta con
ansia di amore. Cerchiamo poi di aumentarle più che possiamo. E se non abbiamo il tempo
di fare le Visite lunghe, facciamo le “Piccole Visite”, ossia: entriamo in
chiesa ogni volta che possiamo, inginocchiamoci e fermiamoci pochi istanti davanti al SS.
Sacramento, dicendo con amore: “Gesù, sei qui; Ti adoro, Ti amo; vieni nel mio
cuore”. È cosa semplice e breve, ma tanto salutare. Ricordiamo sempre le consolanti
parole di S. Alfonso M. de’ Liguori: “Siate certi che di tutti gli istanti della
vostra vita, il tempo che passerete davanti al Divin Sacramento sarà quello che vi darà
più forza durante la vita, più consolazione nell’ora della morte e durante
l’eternità”.
GESÙ, TI ADORO!
Quando si ama davvero, e si ama tanto, si adora. Amore grande e adorazione sono due cose
distinte, ma formano un tutt’uno: diventano amore adorante e adorazione amorosa.
Gesù nel Tabernacolo viene adorato solo da chi lo ama davvero, e viene amato in modo
eminente da chi Lo adora.
I Santi, artisti dell’amore, sono stati adoratori fedeli e ardenti di Gesù
Eucaristico. Anzi, l’adorazione eucaristica è stata sempre considerata
l’immagine più reale dell’adorazione eterna che costituirà tutto il nostro
Paradiso. La differenza sta solo nel velo che nasconde la vista di quella realtà divina
di cui la fede ci dona certezza incrollabile.
L’adorazione eucaristica è stata la grande passione dei Santi. Adorazione per ore e
ore, a volte per giornate o per nottate intere. Lì, “ai piedi di Gesù” come
Maria di Betania (Luc. 10, 39), in unione amorosa con Lui, da Lui assorbiti in
contemplazione, essi consumavano il loro cuore in oblazione pura e fragrante d’amore
adorante. Ascoltiamo Fratel Carlo De Foucauld che scriveva ai piedi del Tabernacolo:
“Che dolcezza delle dolcezze, mio Dio!... Più di quindici ore senza aver altro da
fare che questo: guardare a Voi e dirVi: Signore, Vi amo! Oh che dolcezza!...”.
Dai grandi Dottori della Chiesa come S. Tommaso e S. Bonaventura, ai Sommi Pontefici come
S. Pio V e S. Pio X, ai Sacerdoti come il S. Curato d’Ars e S. Pietro G. Eymard, alle
umili creature come Santa Rita, S. Pasquale Baylon, S. Bernardetta Soubirous, S. Gerardo,
S. Domenico Savio, S. Gemma Galgani..., tutti i Santi sono stati appassionati adoratori
dell’Eucaristia. Essi, che amavano davvero, non contavano le ore di adorazione di
amore che trascorrevano di giorno e di notte ai piedi di Gesù nel Tabernacolo.
Pensiamo a S. Francesco d’Assisi, che trascorreva tanto tempo, spesso le notti
intere, ai piedi dell’altare, e vi stava con tale devozione e umiltà da commuovere
chiunque si fermasse a osservarlo. Pensiamo a S. Benedetto Labre, chiamato “il povero
delle Quarant’ore”, che trascorreva le sue giornate nelle Chiese in cui
c’era il Santissimo solennemente esposto. Per anni e anni questo Santo fu visto
peregrinare a Roma di Chiesa in Chiesa là dove c’erano le
“Quarant’ore”, e stava lì, dinanzi a Gesù, sempre in ginocchio, assorto
in preghiera adorante, per otto ore immobile, nonostante gli insetti, suoi amici, che gli
torturavano tutto il corpo!
Quando si volle fare un quadro di S. Luigi Gonzaga e si discusse in quale atteggiamento
raffigurarlo, si concluse di ritrarre il Santo in adorazione davanti all’altare,
perché l’adorazione eucaristica fu la caratteristica più espressiva della sua
santità.
S. Margherita M. Alacoque, la prediletta del Sacro Cuore, in un giovedì Santo arrivò a
stare quattordici ore di seguito prostrata in adorazione. E S. Francesca Sav. Cabrini, in
una festa del Sacro Cuore, stette in adorazione per dodici ore continue, assorta e come
magnetizzata da Gesù Eucaristico, tanto che, alla domanda di una suora se le era piaciuto
l’addobbo speciale di fiori e drappi che ornavano l’altare, ella rispose:
“Non ci ho fatto caso: ho visto un solo Fiore, Gesù; null’altro”.
Anche a S. Francesco di Sales capitò, dopo una visita al Duomo di Milano, di sentirsi
chiedere: “Ha visto, Eccellenza, che profusione di marmi, che grandiosità di
linee?”. E il santo Vescovo rispose: “Che volete che vi dica? La presenza di
Gesù nel Tabernacolo ha talmente assorbito il mio spirito, che è scomparsa davanti ai
miei occhi tutta la bellezza dell’arte”. Quale lezione è questa risposta per
noi che con grande leggerezza ci mettiamo a visitare le Chiese celebri come se fossero
sale di museo!
A proposito dell’intensità del raccoglimento durante l’adorazione, al B.
Contardo Ferrini, professore all’università di Modena, successe questo fatto.
Entrato in una Chiesa per una Visita a Gesù, cadde così assorto in adorazione, con lo
sguardo fisso al Tabernacolo, da non accorgersi che qualcuno gli stava rubando il mantello
togliendoglielo da sopra le spalle.
“Neanche un fulmine potrebbe distrarla”, si diceva di S. Maria Maddalena Postel,
a vederla così raccolta e amorosa durante l’adorazione eucaristica. A S. Caterina da
Siena, invece, accadde una volta, durante l’adorazione, di sollevare lo sguardo verso
una persona che le passava accanto. Per quella distrazione di un istante, la Santa si
afflisse tanto, da piangere a lungo esclamando: “io sono una peccatrice, io sono una
peccatrice”.
Come non vergognarci noi con il nostro comportamento? Anche dinanzi a Gesù solennemente
esposto noi siamo così facili a girarci per guardare a destra e a sinistra, ci muoviamo e
ci distraiamo per dei nonnulla, senza provare, e questo è terribile, nessun dispiacere.
Ah, la delicatezza d’amore dei Santi! S. Teresa insegnava: “Noi dobbiamo stare
alla presenza di Gesù in Sacramento come i Santi nel cielo davanti all’Essenza
Divina”. È così che ci stavano i Santi; il Curato d’Ars adorava Gesù
Eucaristico con tale fervore e raccoglimento da indurre il popolo a convincersi che il
Santo vedesse con gli occhi Gesù in persona. Lo stesso si diceva di S. Vincenzo de’
Paoli: “Egli vede là dentro Gesù”. Lo stesso avveniva per S. Pietro G. Eymard,
l’apostolo impareggiabile dell’adorazione eucaristica, del quale fu devoto
imitatore P. Pio da Pietrelcina che si iscrisse fra i Sacerdoti adoratori e tenne per
quarant’anni l’immaginetta del B. Eymard sul suo tavolino.
Ricordiamo, anzi, che il Signore sembra aver premiato in modo singolare alcuni Santi
facendo loro compiere anche dopo la morte qualche atto di adorazione all’Eucaristia.
Così, S. Caterina da Bologna, da più giorni morta, dinanzi all’altare del
Sacramento si sollevò in preghiera di adorazione. Il cadavere dì S. Pasquale Baylon,
durante la S. Messa esequiale, all’elevazione dell’Ostia e del Calice, aprì due
volte gli occhi in segno di adorazione all’Eucaristia. Il Beato Matteo da Girgenti,
trasportato in Chiesa per la S. Messa esequiale, congiunse le mani in adorazione verso
l’Eucaristia. Il B. Bonaventura da Potenza, a Ravello, mentre il suo corpo veniva
trasportato passando dinanzi all’altare del Santissimo, fece un devoto inchino a
Gesù nel Tabernacolo.
È proprio vero che “l’amore è più forte della morte” (Cant. 8, 6) e
“chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (Giov. 6, 59). L’Eucaristia è
Gesù Amore. L’Eucaristia è Gesù Vita. L’adorazione eucaristica è amore
celeste che vivifica e fa essere “uno” con Gesù Vittima che
“incessantemente intercede per noi” (Ebr. 7, 25). Ricordiamolo: chi adora si fa
“uno” con Gesù Ostia nell’intercedere presso Dio Padre per la salvezza dei
fratelli. Questa è la carità suprema verso tutti gli uomini: ottenere loro il Regno dei
cieli. E solo in Paradiso vedremo quante anime sono state strappate all’inferno
dall’adorazione eucaristica riparatrice dei santi conosciuti e sconosciuti. Né
dobbiamo dimenticare che a Fatima l’Angelo in persona insegnò ai tre pastorelli la
bellissima preghiera eucaristica riparatrice, che dovremmo imparare anche noi:
“Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, io vi adoro profondamente e vi
offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo,
presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione dei peccati con i quali Lui
stesso è offeso. Per i meriti infiniti del Sacro Cuore e del Cuore Immacolato di Maria,
io vi domando la conversione dei peccatori”. L’adorazione eucaristica è
l’estasi dell’amore divino ed è l’azione salvifica più possente
nell’apostolato per la salvezza delle anime.
Per questo il B. Massimiliano M. Kolbe, il grande apostolo mariano, in ogni sua
fondazione, prima ancora delle celle per i frati, voleva che si costruisse la Cappella per
introdurre subito l’adorazione perpetua al Santissimo esposto. E un giorno, in
Polonia, mentre accompagnava un ospite in visita alla “Città
dell’Immacolata”, arrivato nella grande Cappella dell’adorazione, disse
all’ospite indicando con la mano il Santissimo Sacramento: “Tutta la nostra vita
dipende da qui”.
P. Pio da Pietrelcina, il frate stimmatizzato del Gargano, a cui accorrevano folle da ogni
parte, dopo le sue ore giornaliere di confessionale, trascorreva quasi tutto il tempo del
giorno e della notte presso il Tabernacolo in adorazione con Maria SS. (recitando Rosari a
centinaia). Una volta il Vescovo di Manfredonia, Mons. Cesarano, scelse il convento di P.
Pio per farvi otto giorni di Esercizi Spirituali. Ogni notte il Vescovo si alzava ad ore
diverse per recarsi in Cappella, e ogni notte, a tutte le ore, trovava sempre P. Pio in
adorazione! Il grande apostolo del Gargano operava invisibilmente su tutta la terra (e
talvolta anche visibilmente con le bilocazioni) stando lì, prostrato ai piedi di Gesù,
con il Rosario fra le mani. E lo diceva lui stesso ai suoi figli spirituali: “Quando
volete trovarmi, venite vicini al Tabernacolo”.
Don Giacomo Alberione, altro grande apostolo a noi contemporaneo, a fondamento di tutta la
sua dinamica opera, la “Società Apostolato Stampa”, pose espressamente
l’adorazione eucaristica, con la Congregazione delle Pie Discepole del Divin Maestro,
che hanno la missione unica e specifica di adorare giorno e notte Gesù Eucaristico
solennemente esposto.
Davvero l’adorazione eucaristica è l’“ottima parte” di cui parla
Gesù nel rimprovero a Marta che si affaccenda dietro “molte cose” secondarie,
trascurando l’“unica necessaria” scelta da Maria: l’adorazione umile e
amorosa (Luc. 10, 41).
Con quale impegno, quindi, non dobbiamo anche noi amare l’adorazione eucaristica? Se
Gesù è “la consistenza di tutte le cose” (Col. 1, 17), andare da Lui, stare
con Lui, unirsi a Lui significa trovare, acquistare, possedere la consistenza di se stesso
e dell’universo intero. “Solo Gesù è tutto, il resto è nulla”, diceva S.
Teresina. E allora, rinunciare al nulla per il Tutto, consumare se stesso per il Tutto
anziché per il nulla, non dovrebbe essere la nostra vera ricchezza e suprema sapienza?
Così doveva ragionare P. Pio da Pietrelcina quando scriveva: “Mille anni trascorsi
in mezzo alla gloria degli uomini non compensano neppure un’ora sola trascorsa in
dolce colloquio con Gesù Sacramentato”.
Come dovremmo anche noi, al pari dei Santi, invidiare gli Angeli che circondano
ininterrottamente i Tabernacoli!
AMARE LA “CASA DI GESÙ”
La divina Presenza Reale di Gesù nei nostri Tabernacoli è stata sempre oggetto di
immensa riverenza e rispetto da parte dei Santi. La loro delicatezza amorosa, verginale,
per le “cose di Gesù” (1 Cor. 7, 32) era una delle espressioni più evidenti
del loro grande amore che non ammetteva riserve, che tutto considerava di grande
importanza, anche una semplice cosa di rito esterno, per la quale S. Teresa e S. Alfonso
si dicevano pronti a sacrificare la stessa vita.
Ed è dai Santi che dobbiamo imparare ad amare Gesù circondando di premure affettuose i
santi Tabernacoli, gli altari e le Chiese sue “dimore” (Marc. 11, 17).
Del resto, Gesù stesso volle istituire il Sacramento dell’amore in un luogo nobile e
bello: il Cenacolo, una grande sala con addobbi e tappeti (Luc. 22, 12). E i Santi hanno
sempre zelato con tutte le forze il decoro per la Casa di Dio.
S. Francesco d’Assisi, ad esempio, nelle sue peregrinazioni apostoliche portava con
sé o si procurava una... scopa, per scopare le Chiese che non trovava pulite; dopo la
predica al popolo, di solito egli radunava il clero del paese e raccomandava con ardore lo
zelo per il decoro della Casa del Signore; faceva preparare da S. Chiara e dalle clarisse
i sacri lini per gli altari, e, nonostante la sua povertà, procurava e inviava pissidi,
calici, tovaglie alle Chiese povere e abbandonate.
Dalla vita di S. Giovanni Battista De La Salle sappiamo che il Santo voleva vedere la
Cappella sempre linda e ornata, l’altare in perfetto ordine, la lampada eucaristica
sempre accesa. Le tovaglie sporche, gli ornamenti strappati, i vasi poco puliti, ferivano
i suoi occhi e più ancora il suo cuore. Nessuna spesa egli riteneva eccessiva, quando si
trattava del culto a Gesù.
S. Paolo della Croce voleva così lindi gli arredi e gli oggetti sacri, che un giorno
mandò indietro uno dopo l’altro due corporali perché non gli sembravano abbastanza
puliti.
Tra i sovrani amanti dell’Eucaristia, S. Venceslao, re di Boemia, preparava da sé il
terreno, seminava il grano, lo mieteva, lo macinava, lo passava a staccio, e col fior
fiore della farina preparava le ostie per il S. Sacrificio. E S. Radegonda, regina di
Francia, divenuta umile religiosa, era felice di poter macinare con le sue mani il grano
scelto per le sante Messe, e ne provvedeva gratuitamente le Chiese povere. Ricordiamo
anche S. Vincenza Gerosa che si prendeva cura delle viti per il vino delle Sante Messe.
Con le sue mani le coltivava, le potava, felice al pensiero che quei grappoli d’uva
da lei curati sarebbero diventati Sangue di Gesù.
Che dire poi della delicatezza dei Santi verso le Specie eucaristiche? Intatta era la loro
fede nella Presenza Reale di Gesù anche nel più piccolo frammento di Ostia. Bastava
vedere P. Pio con quale delicata finezza purificava la patena e i vasi sacri
all’altare: gli si leggeva l’adorazione sul volto!
Quella volta che S. Teresina vide un piccolo frammento di Ostia sulla patena, dopo la S.
Messa, chiamò le novizie e in processione ella portò in sacrestia la patena con una
grazia e un’adorazione veramente angeliche. E S. Teresa Margherita, trovato un
frammento di Ostia a terra presso l’altare, scoppiò in pianto perché pensò a una
irriverenza verso Gesù, e si pose in adorazione accanto al frammento fino a che non venne
un Sacerdote a raccoglierlo e riporlo nel Tabernacolo.
Una volta a S. Carlo Borromeo, mentre distribuiva la Comunione, cadde inavvertitamente di
mano una Sacra Particola. Il Santo si ritenne colpevole di grave irriverenza a Gesù, e ne
soffrì tanto che per quattro giorni non ebbe il coraggio di celebrare la S. Messa e si
impose per penitenza otto giorni di digiuno!
E che dire di S. Francesco Saverio che a volte, distribuendo la S. Comunione, si sentiva
afferrare da un tale senso di adorazione verso Gesù fra le sue mani, che si poneva in
ginocchio a comunicare i fedeli? Non era quello uno spettacolo di fede e di amore degno
del cielo?
Ancor più fine, inoltre, era il tatto dei Santi Sacerdoti nel toccare la SS. Eucaristia.
Come avrebbero desiderato essi avere le stesse mani verginali dell’Immacolata! A S.
Corrado di Costanza capitava che di notte gli indici e i pollici gli diventavano luminosi,
per la fede e l’amore con cui usava quelle dita nel toccare il Corpo Santissimo di
Gesù. S. Giuseppe da Copertino, il santo estatico che volava come un Angelo, rivelava la
sua squisita delicatezza d’amore a Gesù nell’espresso desiderio di avere un
altro paio di indici e di pollici, da poter mettere solo per toccare la Carne Santissima
di Gesù. E P. Pio da Pietrelcina talvolta stentava visibilmente a prendere fra le dita
l’Ostia Santa, ritenendosi indegno di toccarla con le sue mani
“stimmatizzate”. (Cosa dire, oggi della penosa leggerezza con cui si tenta di
introdurre ovunque la Comunione sulla mano anziché sulla lingua? Di fronte ai Santi così
umili e angelici non si fa forse la figura di rozzi presuntuosi?).
Altra grande preoccupazione dei Santi, per il decoro della Chiesa e delle anime, è stata
quella di esigere la modestia e il pudore dalle donne. La severità su questo punto
particolare si trova costantemente riaffermata da tutti i Santi, da S. Paolo Apostolo (il
velo alle donne perché non abbiano la testa “come se fosse rasa!”: 1 Cor. 11,
5-6) a S. Giovanni Crisostomo, a S. Ambrogio ecc., fino a P. Pio da Pietrelcina che non
ammetteva mezze misure, ma esigeva sempre abiti modesti lunghi ben sotto le ginocchia. E
come potrebbe essere altrimenti? Il Servo di Dio P. Leopoldo da Castelnuovo cacciava fuori
di Chiesa le donne in abiti poco modesti chiamandole “carne da mercato”. Cosa
direbbe oggi che quasi tutte le donne, anche dentro le Chiese fanno strazio del pudore e
della decenza? Esse continuano, persino nei luoghi sacri, la diabolica arte seduttrice di
Eva verso la concupiscenza dell’uomo, come dice lo Spirito Santo (Eccli. 9, 9); ma la
giustizia di Dio non lascerà impunita tanta stoltezza e immondezza; anzi, come dice
l’Apostolo, “è soprattutto per questi peccati (della carne) che si scatena la
collera di Dio” (Col. 3, 5-6).
Ugualmente, i Santi hanno sempre raccomandato, con l’esempio e con la parola,
l’angelica compostezza con cui entrare in Chiesa, segnarsi devotamente con
l’acqua santa, genuflettere piamente, e, prima di ogni altra cosa, adorare Gesù in
Sacramento unendosi agli Angeli e ai Santi che gli stanno attorno. Se si sosta in
preghiera, bisogna raccogliersi con cura per conservarsi attenti e devoti; è anche bene
accostarsi più che si può all’altare del Sacramento, perché il B. Giovanni Duns
Scoto ha dimostrato che l’influsso fisico dell’Umanità Santissima di Gesù è
tanto più intenso quanto più si è vicini al suo Corpo e Sangue (S. Gemma Galgani,
infatti, diceva che a volte non le era possibile accostarsi di più all’altare del
Santissimo, perché le si accendeva un tale fuoco d’amore nel cuore da arrivare a
bruciarle i panni sul petto!).
Chi vedeva S. Francesco di Sales entrare in Chiesa, segnarsi, genuflettere, pregare
davanti al Tabernacolo, doveva dar ragione al popolo che diceva: “Così fanno gli
Angeli e i Santi in cielo”.
Una volta un principe della corte di Scozia disse a un amico: “Se tu vuoi vedere come
pregano gli Angeli in cielo, va in Chiesa e guarda la Regina Margherita come prega con i
suoi figli davanti all’altare”. A tutti i frettolosi e i distratti bisognerebbe
ricordare con fermezza le parole del B. Luigi Guanella: “La Chiesa non può mai
diventare né un corridoio, né un cortile, né una via, né una piazza”. E S.
Vincenzo de’ Paoli raccomandava con tristezza di non fare davanti al SS. Sacramento
certe genuflessioni da “marionette”.
Non siano vani per noi questi esempi e ammaestramenti dei Santi.
Leggiamo nel Vangelo un piccolo episodio che contiene un grande gesto d’amore tutto
grazia e profumo. È il gesto che compì S. Maria Maddalena nella casa di Betania, quando
si avvicinò a Gesù “con un vaso di alabastro pieno di profumo di gran valore, e lo
versò sul capo di Lui” (Matt. 26, 7). Circondare di grazia e di profumo i santi
Tabernacoli è stato un compito affidato sempre a quelle creature gentili e profumate che
sono i fiori. E anche in questo i Santi non sono stati secondi a nessuno. Quando
l’Arcivescovo di Torino volle entrare un giorno, occasionalmente, nella Chiesa della
“Piccola Casa della Provvidenza,” la trovò così nitida, con l’altare
ornato e profumato di fiori, che chiese a S. Giuseppe Cottolengo: “Che festa si
celebra oggi?”. Il Santo gli rispose: “Nessuna festa facciamo oggi: ma qui, in
Chiesa, è sempre festa”.
S. Francesco Di Geronimo si industriava a piantare e a coltivare da sé i fiori per
l’altare del Sacramento, e talvolta li faceva anche crescere miracolosamente perché
Gesù non restasse senza fiori.
“Un fiore a Gesù”: non priviamoci di questo delicato gesto d’amore a
Gesù. Sarà una piccola spesa settimanale, ma verrà ricompensata da Gesù “al
centuplo” e i nostri fiori sull’altare esprimeranno con la loro grazia e
fragranza la nostra presenza d’amore accanto a Gesù.
C’è di più, anzi. S. Agostino ci ricorda una pia usanza dei suoi tempi: dopo la S.
Messa i fedeli si disputavano i fiori dell’altare; li portavano a casa e li
conservavano come reliquie, perché sull’altare erano stati vicini vicini a Gesù,
presenti al suo Divin Sacrificio. E Santa Giovanna Francesca di Chantal, diligentissima
nel portare sempre fiori freschi a Gesù, appena cominciavano ad appassire accanto al
Tabernacolo, li prendeva e li portava in cella per averli con sé ai piedi del suo
Crocifisso. Quando si ama!
Impariamo e imitiamo.
V COLUI CHE CI DONA GESÙ
Il Sacerdote è l’“uomo di Dio” (2 Tim. 3, 17) COLUI CHE Cl DONA GESÙ
Chi è che ci prepara l’Eucaristia e ci dona Gesù? È il Sacerdote. Se non ci fosse
il Sacerdote, non esisterebbero né il Sacrificio della Messa, né la S. Comunione, né la
Presenza Reale di Gesù nei Tabernacoli.
E chi è il Sacerdote? È l’“Uomo di Dio” (2 Tim. 3, 17). Difatti, è solo
Dio che lo sceglie e lo chiama da mezzo agli uomini, con una vocazione specialissima
(“Nessuno assume da sé questo onore, ma solo chi è chiamato da Dio”: Ebr. 5,
4), lo separa da tutti gli altri (“segregato per il Vangelo”: Rom. 1, 1), lo
segna con un carattere sacro che durerà eternamente (“Sacerdote in eterno”:
Ebr. 5, 6) e lo investe dei divini poteri del Sacerdozio ministeriale perché sia
consacrato esclusivamente alle cose di Dio: il Sacerdote “scelto fra gli uomini è
costítuito a pro’ degli uomini in tutte le cose di Dio, per offrire doni e sacrifici
per i peccati” (Ebr. 5, 1-2).
Con la Sacra Ordinazione il Sacerdote viene consacrato nell’anima e nel corpo.
Diviene un essere tutto sacro, configurato a Gesù Sacerdote. Per questo il Sacerdote è
il vero prolungamento di Gesù; partecipa della stessa vocazione e missione di Gesù;
impersona Gesù negli atti più importanti della redenzione universale (culto divino ed
evangelizzazione); è chiamato a riprodurre nella sua vita l’intera vita di Gesù:
vita verginale, povera, crocifissa. È per questa conformità a Gesù che egli è
“ministro di Cristo fra le genti” (Rom. 15, 16), guida e maestro delle anime
(Matt. 28, 20).
S. Gregorio Nisseno scrive: “Colui che ieri era confuso col popolo, diventa suo
maestro, suo superiore, dottore delle cose sante e capo dei sacri misteri”. Ciò
avviene ad opera dello Spirito Santo, poiché “non è un uomo, non un angelo, non un
arcangelo, non una potenza creata, ma lo Spirito Santo quegli che investe del
Sacerdozio” (S. Giovanni Crisostomo). Lo Spirito Santo configura l’anima del
Sacerdote a Gesù, impersona Gesù in lui, di modo che “il Sacerdote all’altare
opera nella stessa Persona di Gesù” (S. Cipriano), ed “è padrone di tutto
Dio” (S. Giovanni Crisostomo). Non ci sarà da meravigliarsi, allora, se la dignità
del Sacerdote viene considerata “celestiale” (S. Cassiano), “divina”
(S. Dionisio), “infinita” (S. Efrem), “venerata con amore dagli stessi
Angeli” (S. Gregorio Nazianzeno), tanto che “quando il Sacerdote celebra il
Sacrificio Divino, gli Angeli stanno vicini a lui, e in coro intonano un cantico di lode
in onore di colui che si immola” (S. Giovanni Crisostomo). E ciò avviene ad ogni S.
Messa!
Sappiamo che S. Francesco d’Assisi non volle diventare Sacerdote perché si riteneva
troppo indegno di così eccelsa vocazione. Venerava i Sacerdoti con tale devozione da
considerarli suoi “Signori”, poiché in essi vedeva solamente “il Figlio di
Dio”; e il suo amore alla Eucaristia si fondeva con l’amore al Sacerdote, il
quale consacra e amministra il Corpo e Sangue di Gesù. In particolare, venerava le mani
dei Sacerdoti, che egli baciava sempre in ginocchio con grande devozione; e anzi baciava
anche i piedi e le stesse orme dove era passato un Sacerdote.
La venerazione per le mani consacrate del Sacerdote, baciate con riverenza dai fedeli, è
da sempre nella Chiesa. Basti pensare che durante le persecuzioni, nei primi secoli, un
oltraggio particolare ai Vescovi e ai Sacerdoti consisteva nell’amputare loro le
mani, perché non potessero più né consacrare né benedire. I cristiani raccoglievano
quelle mani e le conservavano come reliquie fra gli aromi. Anche il bacio delle mani del
Sacerdote è una espressione delicata di fede e di amore a Gesù che il Sacerdote
impersona. Più si ha fede e amore, più si è spinti a prostrarsi dinanzi al Sacerdote e
a baciare quelle mani “sante e venerabili” (Canone Romano) fra cui Gesù si fa
amorosamente presente ogni giorno. “O veneranda dignità del Sacerdote - esclama S.
Agostino - nelle cui mani il Figlio di Dio si incarna come nel seno della Vergine!”.
E il S. Curato d’Ars diceva: “Si dà un gran valore agli oggetti che sono stati
deposti, a Loreto, nella scodella della Vergine Santa e del Bambino Gesù. Ma le dita del
Sacerdote, che hanno toccato la Carne adorabile di Gesù Cristo, che si sono affondate nel
calice, dove è stato il suo Sangue, nella pisside dove è stato il suo Corpo, non sono
forse più preziose?”. Forse non ci abbiamo mai pensato, ma è così. E gli esempi
dei Santi lo confermano.
La venerabile Caterina Vannini vedeva in estasi gli Angeli che durante la Messa
circondavano le mani del Sacerdote e le sostenevano al momento dell’elevazione
dell’Ostia e del Calice. Possiamo immaginare con quale rispetto e affetto la
venerabile baciava quelle mani?
Santa Edwige, regina, ogni mattina assisteva a tutte le SS. Messe che si celebravano nella
Cappella di Corte, mostrandosi molto grata e riverente verso i Sacerdoti che avevano
celebrato: li invitava dentro, baciava loro le mani con somma devozione, li faceva
nutrire, trattandoli con tutti gli onori più distinti. La si udiva esclamare commossa:
“Benedetto chi ha fatto discendere Gesù dal cielo e lo ha dato a me”.
S. Pasquale Baylon era il portinaio del Convento. Ogni volta che arrivava un Sacerdote, il
santo fraticello si inginocchiava e gli baciava riverentemente tutte e due le mani. Di
lui, come di S. Francesco, si disse che “era devoto delle mani consacrate dei
Sacerdoti”. Egli le riteneva capaci di tener lontani i mali e di ricolmare di beni
chi le toccava con venerazione, perché sono le mani di cui si serve Gesù.
E non era forse edificante vedere come P. Pio da Pietrelcina cercava di baciare con amore
le mani di qualche sacerdote, magari afferrandole a sorpresa? E che dire dell’altro
servo di Dio, Don Dolindo Ruotolo, il quale non ammetteva che un Sacerdote potesse
negargli “la carità” di fargli baciare le mani?
Del resto, sappiamo che questo atto di venerazione spesso è stato premiato da Dio con
veri miracoli. Nella vita di S. Ambrogio, si legge che un giorno, appena celebrata la S.
Messa, il Santo fu avvicinato da una donna paralitica che volle baciargli le mani. La
poveretta riponeva grande fede in quelle mani che avevano consacrato l’Eucaristia: e
fu guarita all’istante. Lo stesso, a Benevento, una donna paralitica da quindici
anni, chiese al Papa Leone IX di poter bere l’acqua da lui adoperata durante la S.
Messa per l’abluzione delle dita. Il Santo Papa accontentò l’inferma in questa
richiesta umile come quella della Cananea che chiese a Gesù “le briciole che cadono
dalla mensa dei padroni” (Matt. 15, 27). E fu subito guarita anch’essa.
La fede dei Santi era davvero gigante e operante! Vivevano di fede (Rom. 1, 17) e
operavano per fede con un amore che non ammetteva limiti quando si trattava di Gesù. E il
Sacerdote per essi era né più né meno che Gesù. “Nei Sacerdoti vedo il Figlio di
Dio”, diceva S. Francesco d’Assisi. “Ogni volta che vedete un Sacerdote -
predicava il S. Curato d’Ars - pensate a Gesù”. S. Maria Maddalena de’
Pazzi, infatti, parlando di qualche Sacerdote soleva dire: “questo Gesù”. Ed è
per questo che S. Caterina da Siena e S. Teresa di Gesù baciavano la terra dove era
passato un Sacerdote. Ancor più, S. Veronica Giuliani, un giorno, visto il Sacerdote
salire la scala del monastero per portare la S. Comunione alle ammalate, si inginocchiò
in fondo alla scalinata e salì quei gradini in ginocchio, baciandoli uno ad uno e
bagnandoli di lagrime d’amore. Quando si ama!
“Se io incontrassi - diceva il S. Curato d’Ars - un Sacerdote e un Angelo,
saluterei prima il Sacerdote, poi l’Angelo... Se non ci fosse il Sacerdote, a nulla
gioverebbe la Passione e la Morte di Gesù... A che servirebbe uno scrigno ricolmo
d’oro, quando non vi fosse chi lo apre? Il Sacerdote ha la chiave dei tesori
celesti...”. Chi fa discendere Gesù nelle candide ostie? Chi mette Gesù nei nostri
Tabernacoli? Chi dona Gesù alle nostre anime? Chi purifica i nostri cuori per poter
ricevere Gesù?... Il Sacerdote, solo il Sacerdote. Egli è il “ministro del
Tabernacolo” (Ebr. 13, 10), è il “ministro della riconciliazione” (2 Cor.
5, 18), è il “ministro di Gesù per i fratelli” (Col. 1, 7), è il
“dispensatore dei misteri divini” (1 Cor. 4, 1). E quanti episodi non si
potrebbero narrare di Sacerdoti eroici nel sacrificare se stessi per donare Gesù ai
fratelli? Ne riferiamo uno solo fra i tanti.
Alcuni anni fa, in una parrocchia bretone stava per morire il vecchio curato. Insieme a
lui, era in fin di vita anche uno dei suoi parrocchiani, tra i più lontani da Dio e dalla
Chiesa. Il povero Parroco era desolato perché impossibilitato a muoversi, e mandò a lui
il viceparroco avvertendolo di ricordare al moribondo che una volta aveva promesso di non
morire senza i Santi Sacramenti. “Ma io lo promisi al Parroco, e non a voi”, si
scusò il malato. Il vice-parroco dovette andarsene, e riferì la risposta al Parroco.
Questi non si tirò indietro, pur sapendo di avere solo poche ore di vita. Pregò e
ottenne di essere portato a casa del peccatore. Vi arrivò; riuscì a confessare e a dare
Gesù al moribondo; poi gli disse: “Arrivederci in Paradiso!”. Su una lettiga il
coraggioso Parroco fu riportato in canonica. Arrivati, si sollevò la coperta, ma il
parroco non si muoveva più: era spirato.
Veneriamo il Sacerdote e siamogli grati perché ci dona Gesù; ma soprattutto preghiamo
per la sua altissima missione, che è la missione stessa di Gesù: “Come il Padre ha
mandato Me, così io mando voi” (Giov. 20, 21). Missione divina che fa girar la testa
e impazzir di amore, a rifletterci fino in fondo. Il Sacerdote “è assimilato al
Figlio di Dio” (Ebr. 7, 3), e il Santo Curato d’Ars diceva che “solo in
cielo misurerà tutta la sua grandezza. Se già sulla terra lo intendesse, morrebbe non di
spavento, ma di amore... Dopo Dio, il Sacerdote è tutto”.
Ma questa sublimità di grandezza comporta responsabilità enormi che pesano sulla povera
umanità del Sacerdote; umanità in tutto identica a quella di ogni altro uomo. “Il
Sacerdote - diceva S. Bernardo - per natura è come tutti gli altri uomini, per dignità
è superiore a qualsiasi altro uomo della terra, per condotta deve essere emulo degli
Angeli”.
Vocazione divina, missione sublime, vita angelica, dignità eccelsa, pesi sterminati... in
povera carne umana! Diceva bene il Servo di Dio Don Edoardo Poppe, sacerdote mirabile:
“Il Sacerdozio è Croce e Martirio”.
Si pensi al peso delle responsabilità per la salvezza delle anime affidate al Sacerdote.
Egli ha da preoccuparsi di portare alla fede gli increduli, di convertire i peccatori, di
infervorare i tiepidi, di sospingere sempre più in alto i buoni, di far camminare sulle
vette i santi. Ma come può fare tutto ciò se non è davvero “uno” con Gesù?
Per questo Padre Pio da Pietrelcina diceva: “Il Sacerdote o è un santo o è un
demonio”. O santifica o rovina. Ma quale disastro incalcolabile non provoca il
Sacerdote che profana la sua vocazione con un indegno comportamento o addirittura la
calpesta rinnegando il suo stato di consacrato ed eletto del Signore (Giov. 15, 16)?
Il S. Curato d’Ars, è scritto nei Processi canonici, versava lagrime abbondantissime
“pensando alla disgrazia dei sacerdoti che non corrispondono alla santità della loro
vocazione”. E P. Pio da Pietrelcina ha descritto visioni angosciose sulle sofferenze
spaventose di Gesù per colpa di sacerdoti indegni e infedeli.
Si sa che S. Teresina, l’angelica carmelitana, fece la sua ultima Comunione, prima di
morire, per questa sublime intenzione: ottenere il ritorno di un Sacerdote traviato che
aveva rinnegato la sua vocazione. E si sa che questo sacerdote morì pentito, invocando
Gesù.
Sappiamo che non sono rare le anime, specialmente verginali, che si sono offerte vittime
per i Sacerdoti. Sono anime predilette da Gesù in modo assolutamente singolare. Ma
preghiamo anche noi, e offriamo anche noi sacrifici per i Sacerdoti, per quelli in
pericolo e per quelli più saldi, per quelli traviati e per quelli già avanti nella
perfezione.
E in particolare, ogni volta che vediamo un Sacerdote all’altare, preghiamo anche noi
la Madonna con le parole del venerabile Carlo Giacinto: “O cara Madonna, presta il
tuo Cuore a quel Sacerdote, affinché possa degnamente celebrare”. Meglio ancora,
anzi, preghiamo perché ogni Sacerdote possa imitare S. Gaetano, il quale si preparava
alla celebrazione della S. Messa unendosi così intimamente a Maria SS., che di lui si
diceva: “celebra la Messa come se fosse Lei”. E difatti, come la Madonna accolse
Gesù fra le sue mani a Betlem, così il Sacerdote riceve Gesù fra le sue mani nella S.
Messa. Come la Madonna offrì Gesù Vittima sul Calvario, così il Sacerdote offre
l’Agnello immolato sull’altare. Come la Madonna ha donato Gesù
all’umanità, così il Sacerdote ci dona Gesù con la S. Comunione. Dice bene,
quindi, S. Bonaventura: ogni sacerdote all’altare dovrebbe essere interamente
identificato alla Madonna, perché “come per mezzo di Lei ci è stato dato questo
Santissimo Corpo, così per le sue mani si deve offrire”. E S. Francesco
d’Assisi diceva che la Madonna rappresenta per tutti i Sacerdoti lo specchio della
loro santità, data la stretta vicinanza che c’è fra l’incarnazione del Verbo
nel seno di Maria e la consacrazione eucaristica fra le mani del Sacerdote.
VI IL PANE DI MAMMA
“ ... Maria da cui è nato Gesù” (Matt. 1, 16)
IL PANE DI MAMMA
L’Eucaristia è il Pane della nostra Mamma divina. È il Pane fatto da Maria con la
farina della sua carne immacolata, impastata del suo latte verginale. Scriveva S.
Agostino: “Gesù ha preso carne dalla carne di Maria”.
Anche nell’Eucaristia, lo sappiamo, insieme alla Divinità c’è tutto il Corpo e
Sangue di Gesù tratti dal Corpo e Sangue di Maria tutta Vergine. Perciò sarà tanto vero
e tanto bello, ad ogni S. Comunione che si fa, avvertire nell’Eucaristia la dolce e
misteriosa presenza di Maria SS., inseparabile e tutt’una con Gesù Ostia. Gesù è
sempre il suo Figliolo adorato, Carne della sua Carne e Sangue del suo Sangue. Se Adamo
poteva chiamare Eva, tratta dalla sua costola, “ossa delle mie ossa, carne della mia
carne” (Gen. 2, 23), quanto più non potrà Maria SS. chiamare Gesù “carne
della mia carne e sangue del mio sangue”? Tratta dall’“intatta
Vergine”, come dice S. Tommaso d’Aquino, la Carne di Gesù è la carne materna
di Maria, il Sangue di Gesù è il sangue materno di Maria. Non sarà mai possibile,
quindi, separare Gesù da Maria.
Per questo, ad ogni S. Messa che si celebra, anche la Beata Vergine può ripetere con
verità a Gesù nell’Ostia e nel Calice: “Tu sei mio Figlio. Oggi io ti ho
generato” (Salm. 2, 7), E giustamente S. Agostino ci insegna che nell’Eucaristia
“Maria estende e perpetua la sua Divina Maternità”, mentre S. Alberto Magno
esorta con amore: “Anima mia, se vuoi godere l’intimità di Maria, lasciati
portare fra le sue braccia e nutriti del suo sangue... Va’ con questo pensiero
ineffabilmente casto alla mensa di Dio e troverai nel Sangue del Figlio il nutrimento
della Madre”. Dicono parecchi Santi e teologi (S. Pier Damiani, S. Bernardo, S.
Bonaventura, S. Bernardino...), che Gesù istituì l’Eucaristia anzitutto per Maria,
e poi, tramite Maria, Mediatrice universale di ogni grazia, per tutti noi. È da Maria,
quindi, che ci viene donato Gesù giorno per giorno: e in Gesù è sempre la carne
immacolata e il sangue verginale della Sua Mamma divina che penetra nel nostro cuore e
inebria la nostra anima. In un’estasi durante la celebrazione della S. Messa, S.
Ignazio di Loyola contemplò un giorno la realtà svelata di questa dolcissima verità, e
ne restò celestialmente commosso.
Se pensiamo, inoltre, che Gesù, frutto del seno inmacolato di Maria, è tutto
l’amore, tutta la dolcezza, tutta l’intimità, tutta la ricchezza, tutta la vita
di Maria, ricevendo Lui noi non possiamo non ricevere anche Colei che per i vincoli del
sommo amore, oltre che per i vincoli della carne e del sangue, forma un’unica cosa,
un solo tutto con Gesù, sempre e indissolubilmente “unita al suo Diletto”
(Cant. 8, 5). Non è forse vero che l’amore, è soprattutto l’amore divino,
unisce e unifica? E possiamo noi pensare, dopo quella in seno alla Trinità Beata, una
unità più intima e totale di quella fra Gesù e Maria Vergine?
L’immacolatezza di Maria, la verginità di Maria, la tenerezza, la dolcezza,
l’amore di Maria, e perfino gli stessi tratti del volto celestiale di Maria: tutto
noi ritroviamo in Gesù, giacché l’umanità santissima assunta dal Verbo è tutta e
solo umanità di Maria, per il mistero ineffabile della Concezione verginale, operata
dallo Spirito Santo, che rese Maria Madre di Gesù consacrandola Vergine eternamente
intatta e splendente nell’anima e nel corpo.
Per questo “l’Eucaristia - scrive ancora S. Alberto Magno - crea gli impulsi
dell’amore angelico e ha la singolare efficacia di mettere nelle anime un sacro
istinto di tenerezza per la Regina degli Angeli. Ella ci ha dato la carne della sua carne,
le ossa delle sue ossa, e continua a darci nell’Eucaristia questa dolce e verginale
vivanda celeste”.
Infine, come nella generazione eterna del Verbo, in seno alla Trinità, il Padre si dona
tutto al Figlio, “Specchio del Padre”, così nella generazione temporale dello
stesso Verbo, in seno all’umanità, la Madre Divina si dona tutta al Figlio, al suo
Gesù, “il fiore verginale della Vergine Madre” (Pio Xll); e il Figlio a sua
volta si dona tutto alla Madre assimilandosi a Lei e rendendola “tutta
deificata” (S. Pier Damiani).
S. Pietro Giuliano Eymard, il santo tutto amore alla Eucaristia, affermava che già su
questa terra, dopo l’Ascensione di Gesù al cielo, la Beata Vergine “viveva nel
Santissimo Sacramento, viveva di esso”, ed egli amava perciò chiamarla “Nostra
Signora del Santissimo Sacramento”. E P. Pio da Pietrelcina diceva talvolta ai suoi
figli spirituali: “Ma non vedete la Madonna sempre accanto al Tabernacolo?”. E
come potrebbe non esserci Lei che sul Calvario “stava presso la Croce di Gesù”
(Giov. 19, 25)? Per questo S. Alfonso de’ Liguori ad ogni Visita a Gesù Eucaristico
univa sempre la Visita a Maria SS. E il Beato Massimiliano M. Kolbe raccomandava che,
andando da Gesù Eucaristico, non si trascurasse mai il ricordo della presenza di Maria,
chiamandola e unendosi a Lei, facendosi almeno attraversare la mente dal suo Nome soave.
Nella vita di S. Giacinto, domenicano, si legge che una volta, il Santo, ad evitare una
profanazione del Santissimo Sacramento, corse a prendere dal Tabernacolo la Pisside con le
Sante Particole, per metterla al sicuro. Mentre S. Giacinto stava per andar via con Gesù
Eucaristico stretto al petto, udì una voce venire dalla statua di Maria SS. posta accanto
all’altare: “E come? Porti via Gesù senza portare anche me?...”. Il Santo
si fermò interdetto, capì il richiamo, ma non sapeva come fare a portare via anche la
statua della Celeste Mamma; incerto, si avvicinò alla statua per cercare di prenderla con
la sola mano libera che poteva avere, ma non ci fu bisogno di sforzo alcuno, perché la
statua era divenuta leggera come una piuma. Il significato del prodigio è delicatissimo:
prendere Maria con Gesù non può pesare né costare assolutamente nulla, perché Essi
“stanno l’uno nell’altro” (Giov. 6, 57) in maniera divinamente
sublime.
Bellissima è anche la risposta che S. Bernardetta Soubirous diede a chi voleva metterla
in difficoltà con una domanda un po’ imbarazzante: “Ti piace di più ricevere
la S. Comunione o vedere la Madonna nella grotta?”. La piccola Santa pensò qualche
istante e poi rispose: “Che domanda strana! Son cose che non si possono separare.
Gesù e Maria vanno sempre insieme”.
L’unione fra la Madonna e l’Eucaristia resterà di sua natura indissolubile
“fino alla consumazione dei secoli” (Matt. 28, 20). Sì, Maria SS. con il suo
corpo e con la sua anima è il celeste “Tabernacolo del Signore” (Apoc. 21, 3);
è l’incorruttibile ostia “santa e immacolata” (Ef. 5, 27) che riveste di
sé il Verbo di Dio fatto uomo; S. Germano arriva a chiamarla “Paradiso soavissimo di
Dio!” E anzi, secondo una pia sentenza, avvalorata dalle estasi e visioni di S.
Veronica Giuliani, e soprattutto della Beata Maddalena Martinengo, anche in Paradiso la
Vergine Santissima conserva e conserverà in eterno Gesù Ostia visibile nel suo petto, e
ciò a sua “eterna consolazione, per giubilo di tutti i Beati, e specialmente a
perenne letizia dei devoti del SS. Sacramento”. È l’immagine della Madonna
Mediatrice universale fatta dipingere anche recentemente da adre Speranza e collocata nel
Santuario di Collevalenza. È la stessa immagine riprodotta di frequente negli ostensori
eucaristici dei secoli scorsi, che rappresentano la Madonna con l’incavo nel petto
per collocarvi l’Ostia Consacrata. “Beato il grembo che ti ha portato”,
gridò la donna in mezzo alla folla. E per questo in alcune chiese di Francia il
tabernacolo eucaristico veniva collocato in una statua dell’Assunta. Il significato
è luminoso: e sempre Maria SS. che ci dona Gesù, Frutto Benedetto del suo seno verginale
e Cuore del suo Cuore Immacolato. Ed Ella continuerà per l’eternità a portare Gesù
Eucaristico nel suo petto per offrirLo alla contemplazione gioiosa dei Beati ai quali è
dato già adesso vedere la Divina Persona di Gesù nelle Specie eucaristiche, secondo
l’insegnamento del Dottore Angelico, S. Tommaso d’Aquino.
Ma anche l’unione nostra con la Madonna trova il suo punto ardente di fusione piena e
più amorosa proprio nell’Eucaristia, e specialmente nella S. Comunione. Con Gesù
Ostia anch’Ella entra in noi, si fa tutt’una con ciascuno di noi suoi figli,
effondendo il suo amore materno sulla nostra anima e sul nostro corpo. Scrisse bene,
infatti, il grande S. Ilario, Padre e Dottore della Chiesa: “La gioia più grande che
noi possiamo dare a Maria è quella di portare Gesù Eucaristico nel nostro petto”.
La Sua materna unione con Gesù diventa unione anche con chi si unisce a Gesù,
specialmente nella S. Comunione. E che cosa può allietare tanto chi ama, quanto
l’unione con la persona amata? E noi, non siamo forse i figli diletti della Celeste
Mamma?
Quando noi andiamo da Gesù all’altare, troviamo sempre, come i Re Magi a Betlem,
“Gesù con Maria sua Madre” (Matt. 2, 2); e Gesù Ostia, sull’altare del
nostro cuore, può ripetere a ciascuno di noi come a S. Giovanni Evangelista
sull’altare del Calvario: “Ecco tua Madre” (Giov. 19, 27).
Con sublime elevazione, S. Agostino ci illustra ancora meglio come Maria SS. si fa nostra
e si unisce a ciascuno di noi con la Comunione Eucaristica: “Il Verbo è il
nutrimento degli Angeli. Gli uomini non hanno la forza di nutrirsi, eppure ne hanno
bisogno. Occorre trovare una madre che mangi di questo Pane soprasostanziale, e lo
trasformi in latte per nutrire i suoi poveri figli. Ed ecco Maria: ella si nutre del Verbo
e lo trasforma nella SS. Umanità, lo trasforma in Corpo e Sangue, in questo latte
soavissimo che si chiama Eucaristia”.
Per questo è cosa naturale che nei grandi, come nei piccoli Santuari mariani si sviluppa
sempre la pietà eucaristica, al punto da poterli considerare anche Santuari eucaristici.
Si pensi a Lourdes, Fatima, Loreto, Pompei..., dove le folle si accostano all’altare
a file quasi interminabili per nutrirsi del Frutto di Maria. E non può essere
diversamente, perché non c’è unione così intima e dolce con la Madonna come quella
che si realizza ricevendo la SS. Eucaristia. Davvero Gesù e Maria “vanno sempre
insieme”, come diceva S. Bernardetta!
Riflettiamo, inoltre, che la Madonna stessa a Fatima, insieme al S. Rosario, chiese
soprattutto la Comunione riparatrice per tutte le offese e gli oltraggi che riceve il suo
Cuore Immacolato. Ella cerca cuori amanti che vogliano consolarLa “accogliendola
nella propria dimora”, come fece S. Giovanni Evangelista (Giov. 19, 27). E noi
davvero L’accogliamo nella dimora del nostro cuore, nel modo più intimo e a Lei più
caro, ogni volta che La facciamo penetrare con Gesù Ostia in noi, e Le offriamo Gesù
vivo e vero a suo supremo conforto e delizia. Ma quale grazia non è mai questa, di
trovarci anche noi uniti alla Madonna, con Gesù e in Gesù? Non voleva forse S. Ambrogio
che tutti i cristiani avessero “l’anima di Maria per magnificare il Signore, lo
spirito di Maria per esultare in Dio?” Proprio questo ci vien concesso in maniera
superlativa in ogni Santa Comunione. Pensiamoci con affetto e gratitudine.
Alla base di uno degli antichi ostensori raffiguranti Maria SS. che porta
l’Eucaristia nel petto, si trovano incise queste parole: “O cristiano, che pieno
di fede vieni a ricevere il Pane di vita, mangialo degnamente, e ricordati che esso è
stato impastato con il purissimo sangue di Maria”. In realtà, Maria può davvero
chiamarci a Sé e dirci con il Profeta ispirato: “Venite e mangiate il mio pane,
bevete il vino che io ho preparato per voi” (Prov. 9, 5). Il B. Massimiliano M. Kolbe
voleva esprimere il contenuto di questo passo ispirato quando progettava che tutti gli
altari del SS. Sacramento fossero sormontati da una statua dell’Immacolata con le
braccia distese in avanti a invitare tutti perchè si accostassero a mangiare il Pane
fatto da Lei stessa.
Con bella immagine, S. Gregorio di Tour diceva che il seno immacolato di Maria SS. è la
celeste “madia” ripiena del Pane di vita fatto per nutrire i figli. “Beato
il grembo che ti ha portato e il petto che ti ha allattato!”, gridò quella donna a
Gesù (Luc. 11, 27). L’Immacolata ha portato Gesù nel suo purissimo grembo,
formandone il corpo con la propria carne e con il proprio sangue. Per questo, ogni volta
che ci accostiamo alla mensa dell’altare, ci sia soave ricordarci che Gesù
Eucaristico è il Pane di vita fatto da Maria con la farina della sua carne immacolata,
impastata del suo latte verginale. L’ha fatto per noi, suoi figli. E noi ci sentiremo
davvero più fratelli, mangiando tutti questo delizioso e fragrante Pane di Mamma.
VII PREGHIERE PER LA S. EUCARISTIA
“ . . . si prostrarono e Lo adorarono” (Matt. 2, 11) • La S. Comunione:
Preparazione. Ringraziamento.
• La Comunione con Maria.• La Visita Eucaristica: Visita al SS.
SacramentoComunione SpiritualeVisita a Maria SS.
LA S. COMUNIONE
Preparazione
Fede - Signor mio Gesù Cristo, io credo con tutta l’anima che Tu sei realmente
presente nel Sacramento dell’altare. Credo perché Tu l’hai detto, suprema
Verità, che io adoro. Rivolto a quell’Ostia santa, anch’io ti dico con S.
Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
Adorazione - Ti adoro e ti riconosco per mio Creatore, Signore, Redentore e per mio sommo,
unico Bene.
Speranza - Signore, spero che donandoti tutto a me in questo divin Sacramento, mi userai
misericordia e mi concederai le grazie necessarie per poter raggiungere più facilmente il
Paradiso.
Amore - Signore, io ti amo con tutto il cuore, sopra ogni cosa, perché Tu sei il mio Dio
infinitamente amabile. Perdonami di averti amato così poco finora. Vorrei amarti con
l’ardore dei Serafini: anzi col Cuore stesso della tua e mia Madre Immacolata, Maria.
Per amor tuo, o Gesù, voglio amare i mie fratelli come me stesso.
Umiltà - Signore, io non son degno che Tu entri dentro di me, ma dì soltanto una parola
e l’anima mia sarà salva.
Dolore - Prima di accostarmi a Te, o Gesù, ti chiedo ancora una volta perdono dei miei
peccati. Tu mi hai amato fino a morire per me, ed io sono stato tanto cattivo e ti ho
offeso innumerevoli volte. Abbi pietà di me, perdonami, cancella con la tua grazia ogni
più piccola macchia di peccato. Vorrei accostarmi a Te con una purità angelica, per
poterti ricevere degnamente.
Desiderio - Mio Dio, vieni nell’anima mia a santificarla; mio Dio, vieni nel mio
cuore a purificarlo; mio Dio, entra nel mio corpo a custodirlo, e non mi separare mai dal
tuo amore.
Consuma tutto ciò che vedi di indegno della tua presenza, e che possa fare ostacolo alla
tua grazia, al tuo amore.
Fra pochi istanti Gesù sarà dentro di te. È questo il momento più bello e più grande
della tua giornata.
Preparati molto bene. Presenta a Gesù un cuore ardente di amore e di desiderio. Sentiti
indegno di tanta predilezione, e non accostarti a Lui con l’anima macchiata dal
peccato mortale.
Cerca di fare la S. Comunione durante la S. Messa. Ma se non puoi, accostati ugualmente a
ricevere la S. Comunione fuori della S. Messa: purché tu non rimanga senza Gesù ogni
giorno.
Ricorda che la Comunione fervorosa: 1) conserva e aumenta in te la grazia; 2) ti rimette i
peccati veniali; 3) ti preserva dai mortali; 4) ti dà consolazione e conforto,
accrescendo la carità e la: speranza della vita eterna.
Ringraziamento
Ora che Gesù è dentro di te, sei diventato un tabernacolo vivente. Sta raccolto e adora
il tuo Signore. Esprimigli tutta la gioia di possederlo. Apri a Lui il tuo cuore e
parlagli con grande confidenza.
Preghiera - Davanti al tuo infinito amore, o Gesù, io mi sento profondamente commosso, e,
pieno di riconoscenza, non so far altro che ripetere: grazie o Gesù. Ma che cosa ti
renderò io, o Signore, in cambio del tuo dono?
Sento la tua dolcissima voce che mi ripete: “Figlio, dammi il tuo cuore”. Si, o
Signore, ti offro il mio cuore e l’anima mia; ti consacro tutta la mia vita, voglio
essere tutto tuo per l’eternità.
A Gesù Crocifisso - Eccomi, o mio amato e buon Gesù, che alla tua santissima presenza
prostrato, ti prego col fervore più vivo a stampare nel mio cuore sentimenti di fede, di
speranza e di carità, di dolore dei miei peccati e di proponimento di non più
offenderti; mentre io con tutto l’amore e con tutta la compassione vado considerando
le tue cinque piaghe, cominciando da ciò che disse di te, o mio Gesù il santo Profeta
Davide: “Hanno forato le mie mani e i miei piedi; hanno contato tutte le mie
ossa”.
Invocazioni - Anima di Cristo, santificami. Corpo di Cristo, salvami. Sangue di Cristo,
inebriami. Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, confortami. O buon
Gesù, esaudiscimi. Dentro le tue piaghe, nascondimi. Non permettere che io mi separi da
te. Dal maligno nemico difendimi. Nell’ora della morte chiamami: e comanda che io
venga a te, affinché ti lodi con i tuoi santi, nei secoli dei secoli. Amen.
Preghiera di S. Bonaventura - Trafiggi, o dolcissimo Gesù, la parte più intima
dell’anima mia con la soavissima e salutifera ferita del tuo amore e con la verace,
sincera, apostolica e santissima carità, affinché la mia anima languisca e si strugga
per il tuo amore e desiderio verso di Te; Te solo brami e si consumi per il desiderio
della tua casa, aspiri a liberarsi dai legami del corpo e a restare sempre con Te.
Concedimi che l’anima mia abbia fame di Te, pane degli Angeli, nutrimento delle anime
sante, pane nostro quotidiano, che ci dà forza e contiene in sé ogni dolcezza, ogni
delizia e ogni soave sapore. Il mio cuore brami solo di cibarsi di Te, in cui gli Angeli
desiderano fissare lo sguardo e la mia anima sia ripiena della dolcezza del tuo sapore.
Che io abbia sempre sete di Te, fonte di vita, fonte di sapienza e di scienza, fonte di
luce eterna, torrente di ogni delizia, abbondanza della casa di Dio.
Che io aneli sempre a Te, Te cerchi, Te ritrovi, a Te sospiri, a Te giunga, Te mediti, di
Te parli, e tutto compia a gloria del tuo nome, con umiltà e discrezione, con amore e
diletto, con facilità e affetto, con perseveranza sino alla fine.
Tu solo sii sempre la mia speranza, tutta la mia fiducia, la mia ricchezza, la mia
delizia, la mia gioia, il mio gaudio, la mia quiete e la mia tranquillità. Tu sii la mia
pace, la mia dolcezza, il mio profumo, il mio cibo, il mio nutrimento, il mio rifugio, la
mia possessione. Tu finalmente sii il mio tesoro, nel quale la mia mente e il mio cuore
restino fissi, fermi e immobilmente radicati per sempre. Amen.
LA COMUNIONE CON MARIA
(meditando l’Ave)
Preparazione.
Vergine santa, sto per ricevere il tuo Gesù. Vorrei che il mio cuore fosse simile al tuo
quando divenisti Madre del Salvatore all’annuncio dell’Angelo.
Ave Maria - Ti saluto, o Madre buona; permetti che io mi unisca a Te per adorare Gesù.
Imprestami i tuoi affetti, anzi adoralo Tu per me. Ave, o vero Corpo di Gesù, nato da
Maria Vergine: io credo e adoro.
Piena di grazia - Tu, o Maria, eri degna di ricevere Dio, tutto santo, perché fosti
ricolma di grazia fin dal primo istante della tua vita. Ma io... sono povero e peccatore.
La mia cattiveria mi rende indegno di accostarmi alla Comunione. O Madre mia, coprimi dei
tuoi meriti e conducimi a Gesù.
Il Signore è con Te - Il Signore è con Te, o Vergine Santissima, Tu l’hai attirato
dal cielo nel tuo cuore coi tuoi ardentissimi desideri. Metti anche nel mio cuore un
desiderio ardente e una fame insaziabile di Gesù, sicché possa dirgli con verità:
“a Vieni, o Gesù mio; io ti desidero col cuore della tua e mia Madre Maria”.
Tu sei benedetta fra le donne - Benedetta Tu, o Maria, che non conoscesti mai il rimorso
delle colpe commesse, perché esente da ogni sorta di peccato e di imperfezione. Ma io so
di aver peccato e non sono certo di essermi pentito abbastanza. Fammi comprendere la
malizia del mio peccato e la bontà di Dio che ho offeso. Piango i miei peccati.
Presentami così pentito al tuo Gesù.
E benedetto è il frutto del tuo seno - Madre buona, che regalo ci hai fatto dandoci
Gesù, il nostro Salvatore! Ecco che Egli vuol venire in me per rendermi un figliuolo caro
al tuo cuore. Io vado con fiducia a riceverlo e gli dico: Gesù mio, in Te mi abbandono.
Vieni a darmi la forza di servirti fedelmente e la speranza di goderti per sempre con la
tua Mamma in Cielo.
Gesù - Fa’ ch’io provi, o Madre, quei sentimenti che tu provavi nel vivere
assieme a Gesù, nel chiamarlo per nome. Ora io sto per riceverlo. Permettimi che possa
dirgli: “Vieni, o Gesù mio; in me troverai la stessa accoglienza che avesti dalla
Madre tua in terra. Per sua intercessione spero che Tu mi farai buona accoglienza in
Cielo”.
RINGRAZIAMENTO
Santa Maria, Madre di Dio - O Madre mia, come sono contento di trovarmi unito col tuo
Gesù! Ma qual è il mio merito perché sia venuto a me il mio Signore? O Maria, Tu che
sei santa e Immacolata, presentagli per me un ringraziamento degno.
Tu che per prima sentisti i palpiti di quel Gesù che ora accolgo in me, Tu che lo amasti
più di tutti i Santi insieme e che sulla terra vivesti solo per Lui, fa ch’io
partecipi in questo momento dei tuoi sentimenti e del tuo amore.
E Tu, o Gesù, accetta l’amore di tua Madre come fosse mio e non negarmi uno sguardo
di tenerezza mentre anch’io ti dico con tutto il cuore: Ti amo.
Prega per noi peccatori - Si, o Maria, prega per me; unisci in questo istante la tua alla
mia preghiera. E poiché Gesù è venuto nel mio cuore disposto a farmi tutte le grazie,
gli voglio chiedere anzitutto che io non abbia mai a separarmi da Lui col peccato. E Tu
preservami dal male e sii il mio rifugio nella tentazione.
Adesso - E poi, o mia cara Madre, chiedo tutte le grazie che sono utili all’anima
mia. Ottienimi di rivestirmi di bontà e di mitezza, di vivere nella più illibata
purezza.
... E nell'ora della nostra morte - Ti prego fin d'ora, o Gesù, che io possa riceverti
degnamente in punto di morte, e che la mia morte sia santa. L’accetto quando e come
me la manderai Tu, in unione con il tuo sacrificio, compiùto sulla Croce. L’accetto
per sottomettermi alla divina Volontà, per la gloria di Dio, per la salvezza mia e delle
anime.
Vergine Addolorata, assistimi come hai assistito Gesù nell’agonia.
Così sia - Ecco, o Gesù, la parola che io voglio ripetere in tutti gli istanti della mia
giovinezza e della mia vita. Sia fatta sempre la tua Volontà. Tutto ciò che Tu disponi
è la cosa migliore per me ed io fin d’ora l’accetto e Ti ringrazio. Così sia.
LA VISITA EUCARISTICA
Visita al SS.mo Sacramento
Signor mio Gesù Cristo, che per l'amore che portate agli uomini, ve ne state notte e
giorno in questo Sacramento tutto pieno di pietà e di amore, aspettando, chiamando ed
accogliendo tutti coloro che vengono a visitarvi, io vi credo presente nel Sacramento
dell'Altare.
Vi adoro nell'abisso del mio niente, e vi ringrazio di quante grazie mi avete fatte;
specialmente di avermi donato Voi stesso in questo Sacramento, e di avermi data per
Avvocata la vostra santissima Madre Maria e di avermi chiamato a visitarvi in questa
chiesa.
Io saluto oggi il vostro amantissimo Cuore ed intendo salutarlo per tre fini: primo, in
ringraziamento di questo gran dono; secondo, per compensarvi di tutte le ingiurie, che
avete ricevuto da tutti i vostri nemici in questo Sacramento: terzo, intendo con questa
visita adorarvi in tutti i luoghi della terra, dove Voi sacramentato ve ne state meno
riverito e più abbandonato.
Gesù mio, io vi amo con tutto il cuore. Mi pento di aver per il passato tante volte
disgustata la vostra Bontà infinita. Propongo con la vostra grazia di non offendervi più
per l'avvenire: ed al presente, miserabile qual sono, io mi consacro tutto a Voi: vi dono
e rinunzio tutta la mia volontà, gli affetti, i desideri e tutte le cose mie.
Da oggi in avanti fate di me e delle mie cose tutto quello che vi piace. Solo vi chiedo e
voglio il vostro santo amore, la perseveranza finale e l'adempimento perfetto della vostra
volontà.
Vi raccomando le anime del Purgatorio, specialmente le più devote del Santissimo
Sacramento e di Maria Santissima. Vi raccomando ancora tutti i poveri peccatori.
Unisco infine, Salvator mio caro, tutti gli affetti miei cogli affetti del vostro
amorosissimo Cuore e così uniti li offro al vostro Eterno Padre, e lo prego in nome
vostro, che per vostro amore li accetti e li esaudisca. Così sia.
Comunione spirituale
Gesù mio, credo che voi siete nel SS. Sacramento. Vi amo sopra ogni cosa e vi desidero
nell'anima mia. Poiché ora non posso ricevervi sacramentalmente, venite almeno
spiritualmente nel mio cuore.
(Si faccia una breve pausa in cui unirsi a Gesù).
Come già venuto io vi abbraccio e tutto mi unisco a voi; non permettete che io mi abbia
mai a separare da voi.
Visita a Maria SS.ma
Santissima Vergine Immacolata e Madre mia Maria, a Voi che siete la Madre del mio Signore,
la Regina del mondo, l'Avvocata, la Speranza, il Rifugio dei peccatori, ricorro oggi io,
che sono il più miserabile di tutti.
Vi venero, o gran Regina, e Vi ringrazio di quante grazie mi avete fatto finora,
specialmente di avermi liberato dall'inferno, da me tante volte meritato.
Io Vi amo, Signora amabilissima, e per l'amore che Vi porto, Vi prometto di volerVi sempre
servire, e di far quanto posso, affinché siate amata anche dagli altri.
Io ripongo in Voi tutte le mie speranze, tutta la mia salute; accettatemi per vostro
servo, ed accoglietemi sotto il vostro manto Voi, Madre di misericordia.
E poiché siete così potente presso Dio, Voi liberatemi da tutte le tentazioni, oppure
ottenetemi forza di vincerle sino alla morte.
A Voi domando il vero amore a Gesù Cristo. Da Voi spero di fare una buona e santa morte.
Madre mia, Maria, per l'amore che portate a Dio, Vi prego di aiutarmi sempre, ma più
nell'ultimo punto della mia vita. Non mi lasciate, fintanto che non mi vedrete già salvo
in cielo, a benedirvi ed a cantare le vostre misericordie per tutta l'eternità. Così
spero. Così sia.
(S. Alfonso M. de' Liguori)
IL MIRACOLO EUCARISTICO DI LANCIANO: FEDE, SCIENZA E PIETA’ POPOLARE.
Tutte le strade dell’Eucarestia debbono passare per LANCIANO. Lanciano (Ch), infatti, è città del primo Miracolo Eucaristico della storia e unico, nel genere, come dimostra quanto segue.
Con Bolsena, Siena e Ferrara (per fare qualche riferimento), Lanciano è un nome importante nella nomenclatura religiosa d’Italia e del mondo. L ‘Abruzzo, terra di Santi e di santuari, ne va orgoglioso. Ma ecco i fatti.
Una mattina di dodici secoli fa (anno 700), un monaco basiliano, oppresso dal dubbio sulla presenza reale di Gesù nell’Eucarestia, fatta la doppia consacrazione del pane e del vino, improvvisamente vide l'Ostia mutarsi in Carne e il Vino in Sangue. Attonito e non potendo occultare l’accaduto, manifestò il fatto ai pochi fedeli presenti, i quali, in un baleno, divulgarono la notizia in tutta la città e dintorni.
Così, in una piccola città frentana e in un'umile
chiesa agreste, intitolata a S. Legonziano, si verificava il più grande miracolo eucaristico della storia.
I fedeli lancianesi hanno sempre creduto, per una tradizione ininterrotta, al Prodigio, anche se circostanze diverse lungo i secoli hanno variamente contribuito a rendere il Miracolo poco diffuso. La custodia e i luoghi “oscuri” della riposizione (suggeriti forse da una eccessiva prudenza) sono i motivi principali dell’oblio che ha avvolto così a lungo questo meraviglioso Tesoro.
Dal 1902 le Ss. Reliquie custodite in un artistico ostensorio d’argento (1713) e collocate alla sommità di un altare monumentale, possono essere ammirate e venerate da vicino, per un doppio ordine di scale marmoree che vi conducono i numerosi pellegrini.
Oggi, a distanza di dodici secoli, la Carne conserva la forma rosea. Il Sangue, contenuto in un calice di cristallo molto antico e fissato alla base dell’ostensorio, è suddiviso in cinque grumi, del peso complessivo di grammi 16 e milligrammi 505, terreo all’aspetto, ma dai colori naturali alla luce ravvicinata.
Tutte queste circostanze hanno favorito una larga e rapida diffusione del Miracolo stesso. Finché nel 1971 non si ebbe il solenne e universale riconoscimento.
Infatti, dopo varie ricognizioni ecclesiastiche, effettuate dai Vescovi locali a partire dal 1500, a cavallo degli anni 1970-1971, L 'illustre scienziato italiano prof. dott. Odoardo Linoli, libero docente di anatomia e istologia patologica e di chimica e di microscopia clinica, primario de “Gli Ospedali Riuniti” di Arezzo, operò la prima ricognizione scientifica della Carne e del Sangue, su incarico del Religiosi del Santuanio.
La ricognizione previde due tempi: quello del prelievo dei campioni e quello della relazione pubblica sui risultati acquisiti.
Il prelievo fu effettuato il 18 novembre 1970, alla presenza dell’Arciv. di Lanciano, Mons. Perantoni, del Ministro Provinciaie dei Conventuali d’Abruzzo e di tutta la Comunità religiosa del Santuario. Rotti i sigilli, apposti dall’Arciv. Petrarca nel 1886, l‘esimio professore prelevò dalla Carne due piccolissimi frammenti del peso cormplessivo di milligrammi 20, e dal Sangue altri frammenti del peso complessivo di milligrammi 318. Condotto il tutto nel suo laboratonio scientifico di Arezzo, il Prof. Linoli analizzò i Reperti per quasi tre mesi. Aquisiti tutti i dati, prima di pronunciarsi, intese avvalersi della collaborazione del suo illustre collega Prof. Ruggero Bertelli, ordinario fuori ruolo di anatomia umana normale all'università di Siena.
Ottenute le convalide desiderate ed essendo tutto pronto per la pubblicazione, il 4 marzo 1971, nella Chiesa di S. Francesco (e cioè del Miracolo), davanti ad un pubblico scelto e numeroso, il Prof. Linoli comunicò ufficialmente i risultati delle analisi, corredandoli di un’ abbondante documentazione fotografica. Egli sintetizzò così:
1)Il Sangue del Miracolo Eucaristico è vero sangue e la Carne è vera carne.
2) La Carne è costituita da tessuto muscolare del cuore (miocardio).
3)Il Sangue e la Carne appartengono alla specie umana.
4)Il gruppo sanguigno è identico nel Sangue e nella Carne e ciò sta ad indicare l’unicità della persona donante, restando aperta la possibilità della provenienza da due persone diverse, fornite però dello stesso gruppo ematico.
5) Nel Sangue sono state ritrovate le proteine normalmente frazionate con i rapporti percentuali quali si hanno nel quadro siero-proteico del sangue fresco normale.
6) Nel Sangue sono stati anche ritrovati i minerali Cloruro, Fosforo, Magnesio, Potassio, Sodio in quantità ridotta, mentre è risultato aumentato il Calcio.
Il noto scienziato, ampliando le conclusioni, asserì che:
a) per la Carne, è da escludere una derivazione da dissezione anatomica, operata su un cuore umano;
b) nessun processo conservativo ha mai riguardato la Carne e il Sangue;
c) è, perciò, assolutamente eccezionale la conservazione delle proteine e dei minerali nella Carne e nel Sangue.
L ‘intervento scientifico del Prof. Linoli, pubblicato su tutte le più importanti riviste mediche, nonché sul testo redatto dal Santuario, ha suscitato e suscita una vasta gamma di consensi in campo scientifico nazionale ed internazionale.
Nel 1973, iI Prof. Giuseppe Biondini, medico e biologo italiano, interessò del fatto il Consiglio Superiore della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), di cui, è membro effettivo. Detto Consiglio, di fronte al caso eccezionale, accolse la sollecitazione e affidò ad un'équipe di esperti di sette nazioni una verifica dei risultati acquisiti dal prof. Linoli, non per disistima verso il suo operato, ma per l'estrema importanza scientifica dell’analisi effettuata. Dopo 15 mesi di indagini, condotte collegialmente e non, la predetta Commissione scientifica internazionale, avvalendosi di tecniche e attrezzature aggiornatissime, non escluse quelle offerte dalla medicina nucleare, confermò pienamente i brillanti risultati conseguiti dal Prof. Linoli, allegando il tutto agli “ATTI” dell' OMS, in vista di una opportuna pubblicazione ufficiale. I predetti scienziati dell’ONU hanno precisato che iI Miracolo Eucaristico di Lanciano è e rimarrà un Caso Unico” scientificamente inspiegabile. Una conclusione solo apparentemente sorprendente, considerata l’ indimostrabilità scientifica del “mistero” corrispondente.
Il valore teologico e spirituale della definizione scientifica del Miracolo Eucaristico di Lanciano meriterebbe un discorso a parte, ma è, comunque, intuito dalle folle pellegrinanti.
Dinanzi al Miracolo si constata de visu “l’emozione commossa e austera dell’anima religiosa popolare” (Paolo VI), nonché l‘attenzione che il Miracolo suscita negli animi, anche i più prevenuti...
Solo per dare qualche cifra approssimativa, nell’anno 1978 sono stati contati più di 700 gruppi e nell’anno in corso si prevede di superare ll migliaio, ai quali vanno aggiunti i tanti pellegrini “spiccioli” che quotidianamente passano per il Santuario. L 'Italia è praticamente di casa a Lanciano!
Si registrano, inoltre, moltissime presenze estere, provenienti da ogni parte d’Europa e delle Americhe. Il testo “IL MIRACOLO EUCARISTICO DI LANCIANO" già alla terza edizione, è stato edito anche in inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e, prossimamente, in lingua locale, nelle Isole Filippine.
Dinanzi al Miracolo Eucaristico di Lanciano emerge, a volte esplode, la grande pietà eucaristica del popolo, di qualunque cultura ed estrazione sociale. Di fronte a questo “segno”, perfettamente adeguato alla realtà Significata, non c’è chi, seppure “assente”, non percepisce un forte richiamo religioso e un profondo senso del divino.
Il Miracolo Eucaristico di Lanciano, dono eccelso del Signore alla Chiesa, rimane, nella beatitudine evangelica della fede pura (cfr. Gv 20,29), un “segno” imponente delle realtà invisibili, un richiamo stimolante a una decisiva presa di coscienza religiosa, per un concreto rinnovamento di vita.
Il mattino del 3 novernbme 1974 sostava al Santuario, con un gruppo di prelati polacchi, il Card. WOJTYLA, ora Papa Giovanni Paolo II°. Dopo una lunga visita, ricca di interesse e di pietà, lasciava scritte, nell' Album dei visitatori, queste parole: “Fac nos tibi semper magis credere, in te spem habere, te diligere".
(P. Gabriele Jacovozzi)