Catechismo della Chiesa Cattolica
1183 Il tabernacolo, nelle chiese, deve essere situato “in luogo distintissimo, col massimo onore” [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei]. “La nobiltà, la disposizione e la sicurezza del tabernacolo eucaristico” [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 128] devono favorire l'adorazione del Signore realmente presente nel santissimo Sacramento dell'altare.
Il sacro Crisma (Myron), la cui unzione è il segno sacramentale del sigillo del dono dello Spirito Santo, è tradizionalmente conservato e venerato in un luogo sicuro della chiesa. Vi si può collocare anche l'olio dei catecumeni e quello degli infermi.

1322 La santa Eucaristia completa l'iniziazione cristiana. Coloro che sono stati elevati alla dignità del sacerdozio regale per mezzo del Battesimo e sono stati conformati più profondamente a Cristo mediante la Confermazione, attraverso l'Eucaristia partecipano con tutta la comunità allo stesso sacrificio del Signore.
1323 « Il nostro Salvatore nell'ultima Cena, la notte in cui veniva tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, col quale perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura ».
I. L'Eucaristia - fonte e culmine della vita ecclesiale
1324 L'Eucaristia è « fonte e culmine di tutta la vita cristiana ». « Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua ».
1325 « La comunione della vita divina e l'unità del popolo di Dio, su cui si fonda la Chiesa, sono adeguatamente espresse e mirabilmente prodotte dall'Eucaristia. In essa abbiamo il culmine sia dell'azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono a Cristo e per lui al Padre nello Spirito Santo ».
1326 Infine, mediante la celebrazione eucaristica, ci uniamo già alla liturgia del cielo e anticipiamo la vita eterna, quando Dio sarà « tutto in tutti » (1 Cor 15,28).
1327 In breve, l'Eucaristia è il compendio e la somma della nostra fede: « Il nostro modo di pensare è conforme all'Eucaristia, e l'Eucaristia, a sua volta, si accorda con il nostro modo di pensare ».
II. Come viene chiamato questo sacramento?
1328 L'insondabile ricchezza di questo sacramento si esprime attraverso i diversi nomi che gli si danno. Ciascuno di essi ne evoca aspetti particolari. Lo si chiama:
Eucaristia, perché è rendimento di grazie a Dio. I termini ,< (Lc 22,19; 1 Cor 11,24) e ,< (Mt 26,26; Mc 14,22) ricordano le benedizioni ebraiche che – soprattutto durante il pasto – proclamano le opere di Dio: la creazione, la redenzione e la santificazione.
1329 Cena del Signore, perché si tratta della Cena che il Signore ha consumato con i suoi discepoli la vigilia della sua passione e dell'anticipazione della cena delle nozze dell'Agnello nella Gerusalemme celeste.
Frazione del pane, perché questo rito, tipico della cena ebraica, è stato utilizzato da Gesù quando benediceva e distribuiva il pane come capo della mensa, soprattutto durante l'ultima Cena. Da questo gesto i discepoli lo riconosceranno dopo la sua risurrezione, e con tale espressione i primi cristiani designeranno le loro assemblee eucaristiche. In tal modo intendono significare che tutti coloro che mangiano dell'unico pane spezzato, Cristo, entrano in comunione con lui e formano in lui un solo corpo.
Assemblea eucaristica, in quanto l'Eucaristia viene celebrata nell'assemblea dei fedeli, espressione visibile della Chiesa.
1330 Memoriale della passione e della risurrezione del Signore. Santo sacrificio, perché attualizza l'unico sacrificio di Cristo Salvatore e comprende anche l'offerta della Chiesa; o ancora santo sacrificio della Messa, « sacrificio di lode » (Eb 13,15), sacrificio spirituale, sacrificio puro e santo, poiché porta a compimento e supera tutti i sacrifici dell'Antica Alleanza. Santa e divina liturgia, perché tutta la liturgia della Chiesa trova il suo centro e la sua più densa espressione nella celebrazione di questo sacramento; è nello stesso senso che lo si chiama pure celebrazione dei santi misteri. Si parla anche del Santissimo Sacramento, in quanto costituisce il sacramento dei sacramenti. Con questo nome si indicano le specie eucaristiche conservate nel tabernacolo.
1331 Comunione, perché, mediante questo sacramento, ci uniamo a Cristo, il quale ci rende partecipi del suo Corpo e del suo Sangue per formare un solo corpo; viene inoltre chiamato le cose sante (« J ž(4"; sancta ») – è il significato originale dell'espressione « comunione dei santi » di cui parla il Simbolo degli Apostoli –, pane degli angeli, pane del cielo, farmaco d'immortalità, viatico...
1332 Santa Messa, perché la liturgia, nella quale si è compiuto il mistero della salvezza, si conclude con l'invio dei fedeli (« missio ») affinché compiano la volontà di Dio nella loro vita quotidiana.
III. L'Eucaristia nell'Economia della salvezza
I segni del pane e del vino
1333 Al centro della celebrazione dell'Eucaristia si trovano il pane e il vino i quali, per le parole di Cristo e per l'invocazione dello Spirito Santo, diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. Fedele al comando del Signore, la Chiesa continua a fare, in memoria di lui, fino al suo glorioso ritorno, ciò che egli ha fatto la vigilia della sua passione: « Prese il pane... », « Prese il calice del vino... ». Diventando misteriosamente il Corpo e il Sangue di Cristo, i segni del pane e del vino continuano a significare anche la bontà della creazione. Così, all'offertorio, rendiamo grazie al Creatore per il pane e per il vino, « frutto del lavoro dell'uomo », ma prima ancora « frutto della terra » e « della vite », doni del Creatore. Nel gesto di Melchisedek, re e sacerdote, che « offrì pane e vino » (Gn 14,18) la Chiesa vede una prefigurazione della sua propria offerta.
1334 Nell'Antica Alleanza il pane e il vino sono offerti in sacrificio tra le primizie della terra, in segno di riconoscenza al Creatore. Ma ricevono anche un nuovo significato nel contesto dell'Esodo: i pani azzimi, che Israele mangia ogni anno a Pasqua, commemorano la fretta della partenza liberatrice dall'Egitto; il ricordo della manna del deserto richiamerà sempre a Israele che egli vive del pane della Parola di Dio. Il pane quotidiano, infine, è il frutto della Terra promessa, pegno della fedeltà di Dio alle sue promesse. Il « calice della benedizione » (1 Cor 10,16), al termine della cena pasquale degli Ebrei, aggiunge alla gioia festiva del vino una dimensione escatologica, quella dell'attesa messianica della restaurazione di Gerusalemme. Gesù ha istituito la sua Eucaristia conferendo un significato nuovo e definitivo alla benedizione del pane e del calice.
1335 I miracoli della moltiplicazione dei pani, allorché il Signore pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li distribuì per mezzo dei suoi discepoli per sfamare la folla, prefigurano la sovrabbondanza di questo unico pane che è la sua Eucaristia. Il segno dell'acqua trasformata in vino a Cana annunzia già l'Ora della glorificazione di Gesù. Manifesta il compimento del banchetto delle nozze nel regno del Padre, dove i fedeli berranno il vino nuovo divenuto il Sangue di Cristo.
1336 Il primo annunzio dell'Eucaristia ha provocato una divisione tra i discepoli, così come l'annunzio della passione li ha scandalizzati: « Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo? » (Gv 6,60). L'Eucaristia e la croce sono pietre d'inciampo. Si tratta dello stesso mistero, ed esso non cessa di essere occasione di divisione: « Forse anche voi volete andarvene? » (Gv 6,67): questa domanda del Signore continua a risuonare attraverso i secoli, come invito del suo amore a scoprire che è lui solo ad avere « parole di vita eterna » (Gv 6,68) e che accogliere nella fede il dono della sua Eucaristia è accogliere lui stesso.
L'istituzione dell'Eucaristia
1337 Il Signore, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine. Sapendo che era giunta la sua Ora di passare da questo mondo al Padre, mentre cenavano, lavò loro i piedi e diede loro il comandamento dell'amore. Per lasciare loro un pegno di questo amore, per non allontanarsi mai dai suoi e renderli partecipi della sua pasqua, istituì l'Eucaristia come memoriale della sua morte e della sua risurrezione, e comandò ai suoi Apostoli di celebrarla fino al suo ritorno, costituendoli « in quel momento sacerdoti della Nuova Alleanza ».
1338 I tre Vangeli sinottici e san Paolo ci hanno trasmesso il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia; da parte sua, san Giovanni riferisce le parole di Gesù nella sinagoga di Cafarnao, parole che preparano l'istituzione dell'Eucaristia: Cristo si definisce come il pane di vita, disceso dal cielo.
1339 Gesù ha scelto il tempo della Pasqua per compiere ciò che aveva annunziato a Cafarnao: dare ai suoi discepoli il suo Corpo e il suo Sangue. « Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua. Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: "Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare". [...] Essi andarono [...] e prepararono la Pasqua. Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli Apostoli con lui, e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio". [...] Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio Corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi" » (Lc 22,7-20).
1340 Celebrando l'ultima Cena con i suoi Apostoli durante un banchetto pasquale, Gesù ha dato alla Pasqua ebraica il suo significato definitivo. Infatti, la nuova Pasqua, il passaggio di Gesù al Padre attraverso la sua morte e la sua risurrezione, è anticipata nella Cena e celebrata nell'Eucaristia, che porta a compimento la Pasqua ebraica e anticipa la Pasqua finale della Chiesa nella gloria del Regno.
«Fate questo in memoria di me»
1341 Quando Gesù comanda di ripetere i suoi gesti e le sue parole « finché egli venga » (1 Cor 11,26), non chiede soltanto che ci si ricordi di lui e di ciò che ha fatto. Egli ha di mira la celebrazione liturgica, per mezzo degli Apostoli e dei loro successori, del memoriale di Cristo, della sua vita, della sua morte, della sua risurrezione e della sua intercessione presso il Padre.
1342 Fin dagli inizi la Chiesa è stata fedele al comando del Signore. Della Chiesa di Gerusalemme è detto:
« Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. [...] Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore » (At 2,42.46).
1343 Soprattutto « il primo giorno della settimana », cioè la domenica, il giorno della risurrezione di Gesù, i cristiani si riunivano « per spezzare il pane » (At 20,7). Da quei tempi la celebrazione dell'Eucaristia si è perpetuata fino ai nostri giorni, così che oggi la ritroviamo ovunque nella Chiesa, con la stessa struttura fondamentale. Essa rimane il centro della vita della Chiesa.
1344 Così, di celebrazione in celebrazione, annunziando il mistero pasquale di Gesù « finché egli venga » (1 Cor 11,26), il popolo di Dio avanza « camminando per l'angusta via della croce » verso il banchetto celeste, quando tutti gli eletti si siederanno alla mensa del Regno.
IV. La celebrazione liturgica dell'Eucaristia La Messa lungo i secoli
1345 Fin dal secondo secolo, abbiamo la testimonianza di san Giustino martire riguardo alle linee fondamentali dello svolgimento della celebrazione eucaristica. Esse sono rimaste invariate fino ai nostri giorni in tutte le grandi famiglie liturgiche. Ecco ciò che egli scrive, verso il 155, per spiegare all'imperatore pagano Antonino Pio (138-161) ciò che fanno i cristiani:
« Nel giorno chiamato del sole ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne. Si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei profeti, finché il tempo consente. Poi quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere » « sia per noi stessi [...] sia per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinché, appresa la verità, meritiamo di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di conseguire la salvezza eterna. Finite le preghiere, ci salutiamo l'un l'altro con un bacio. Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d'acqua e di vino temperato. Egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell'universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie , per essere stati fatti degni da lui di questi doni. Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: Amen. Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua "eucaristizzati" e ne portano agli assenti ».
1346 La liturgia dell'Eucaristia si svolge secondo una struttura fondamentale che, attraverso i secoli, si è conservata fino a noi. Essa si articola in due grandi momenti, che formano un'unità originaria:
— la convocazione, la liturgia della Parola, con le letture, l'omelia e la preghiera universale;
— la liturgia eucaristica, con la presentazione del pane e del vino, l'azione di grazie consacratoria e la Comunione.
Liturgia della Parola e liturgia eucaristica costituiscono insieme « un solo atto di culto »; la mensa preparata per noi nell'Eucaristia è infatti ad un tempo quella della Parola di Dio e quella del Corpo del Signore.
1347 Non si è forse svolta in questo modo la Cena pasquale di Gesù risorto con i suoi discepoli? Lungo il cammino spiegò loro le Scritture, poi, messosi a tavola con loro, « prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro » (Lc 24,30).
Lo svolgimento della celebrazione
1348 Tutti si riuniscono. I cristiani accorrono in uno stesso luogo per l'assemblea eucaristica. Li precede Cristo stesso, che è il protagonista principale dell'Eucaristia. È il Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza. È lui stesso che presiede in modo invisibile ogni celebrazione eucaristica. Proprio in quanto lo rappresenta, il Vescovo o il presbitero (agendo in persona Christi Capitis – nella persona di Cristo Capo) presiede l'assemblea, prende la parola dopo le letture, riceve le offerte e proclama la preghiera eucaristica. Tutti hanno la loro parte attiva nella celebrazione, ciascuno a suo modo: i lettori, coloro che presentano le offerte, coloro che distribuiscono la Comunione, e il popolo intero che manifesta la propria partecipazione attraverso l'Amen.
1349 La liturgia della Parola comprende « gli scritti dei profeti », cioè l'Antico Testamento, e « le memorie degli Apostoli », ossia le loro lettere e i Vangeli; all'omelia, che esorta ad accogliere questa parola come è veramente, quale Parola di Dio e a metterla in pratica, seguono le intercessioni per tutti gli uomini, secondo la parola dell'Apostolo: « Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere » (1 Tm 2,1-2).
1350 La presentazione dei doni (l'offertorio): vengono recati poi all'altare, talvolta in processione, il pane e il vino che saranno offerti dal sacerdote in nome di Cristo nel sacrificio eucaristico, nel quale diventeranno il suo Corpo e il suo Sangue. È il gesto stesso di Cristo nell'ultima Cena, « quando prese il pane e il calice ». « Soltanto la Chiesa può offrire al Creatore questa oblazione pura, offrendogli con rendimento di grazie ciò che proviene dalla sua creazione ». La presentazione dei doni all'altare assume il gesto di Melchisedek e pone i doni del Creatore nelle mani di Cristo. È lui che, nel proprio sacrificio, porta alla perfezione tutti i tentativi umani di offrire sacrifici.
1351 Fin dai primi tempi, i cristiani, insieme con il pane e con il vino per l'Eucaristia, presentano i loro doni perché siano condivisi con coloro che si trovano in necessità. Questa consuetudine della colletta, sempre attuale, trae ispirazione dall'esempio di Cristo che si è fatto povero per arricchire noi: « I facoltosi e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa; e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno ».
1352 L'anafora. Con la preghiera eucaristica, preghiera di rendimento di grazie e di consacrazione, arriviamo al cuore e al culmine della celebrazione: Nel prefazio la Chiesa rende grazie al Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo, per tutte le sue opere, per la creazione, la redenzione e la santificazione. In questo modo l'intera comunità si unisce alla lode incessante che la Chiesa celeste, gli angeli e tutti i santi cantano al Dio tre volte Santo.
1353 Nell'epiclesi essa prega il Padre di mandare il suo Santo Spirito (o la potenza della sua benedizione 183) sul pane e sul vino, affinché diventino, per la sua potenza, il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo e perché coloro che partecipano all'Eucaristia siano un solo corpo e un solo spirito (alcune tradizioni liturgiche situano l'epiclesi dopo l'anamnesi).
Nel racconto dell'istituzione l'efficacia delle parole e dell'azione di Cristo, e la potenza dello Spirito Santo, rendono sacramentalmente presenti sotto le specie del pane e del vino il suo Corpo e il suo Sangue, il suo sacrificio offerto sulla croce una volta per tutte.
1354 Nell'anamnesi che segue, la Chiesa fa memoria della passione, della risurrezione e del ritorno glorioso di Gesù Cristo; essa presenta al Padre l'offerta di suo Figlio che ci riconcilia con lui. Nelle intercessioni, la Chiesa manifesta che l'Eucaristia viene celebrata in comunione con tutta la Chiesa del cielo e della terra, dei vivi e dei defunti, e nella comunione con i Pastori della Chiesa, il Papa, il Vescovo della diocesi, il suo presbiterio e i suoi diaconi, e tutti i Vescovi del mondo con le loro Chiese.
1355 Nella Comunione, preceduta dalla preghiera del Signore e dalla frazione del pane, i fedeli ricevono « il pane del cielo » e « il calice della salvezza », il Corpo e il Sangue di Cristo che si è dato « per la vita del mondo » (Gv 6,51). Poiché questo pane e questo vino sono stati « eucaristizzati », come tradizionalmente si dice, « questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato ».
V. Il sacrificio sacramentale: azione di grazie, memoriale, presenza
1356 Se i cristiani celebrano l'Eucaristia fin dalle origini e in una forma che, sostanzialmente, non è cambiata attraverso la grande diversità dei tempi e delle liturgie, è perché ci sappiamo vincolati dal comando del Signore, dato la vigilia della sua passione: « Fate questo in memoria di me » (1 Cor 11,24-25).
1357 A questo comando del Signore obbediamo celebrando il memoriale del suo sacrificio. Facendo questo, offriamo al Padre ciò che egli stesso ci ha dato: i doni della creazione, il pane e il vino, diventati, per la potenza dello Spirito Santo e per le parole di Cristo, il Corpo e il Sangue di Cristo: in questo modo Cristo è reso realmente e misteriosamente presente.
1358 Dobbiamo dunque considerare l'Eucaristia
— come azione di grazie e lode al Padre,
— come memoriale del sacrificio di Cristo e del suo corpo,
— come presenza di Cristo in virtù della potenza della sua parola e del suo Spirito.
L'azione di grazie e la lode al Padre
1359 L'Eucaristia, sacramento della nostra salvezza realizzata da Cristo sulla croce, è anche un sacrificio di lode in rendimento di grazie per l'opera della creazione. Nel sacrificio eucaristico, tutta la creazione amata da Dio è presentata al Padre attraverso la morte e la risurrezione di Cristo. Per mezzo di Cristo, la Chiesa può offrire il sacrificio di lode in rendimento di grazie per tutto ciò che Dio ha fatto di buono, di bello e di giusto nella creazione e nell'umanità.
1360 L'Eucaristia è un sacrificio di ringraziamento al Padre, una benedizione con la quale la Chiesa esprime la propria riconoscenza a Dio per tutti i suoi benefici, per tutto ciò che ha operato mediante la creazione, la redenzione e la santificazione. Eucaristia significa prima di tutto: « azione di grazie ».
1361 L'Eucaristia è anche il sacrificio della lode, con il quale la Chiesa canta la gloria di Dio in nome di tutta la creazione. Tale sacrificio di lode è possibile unicamente attraverso Cristo: egli unisce i fedeli alla sua persona, alla sua lode e alla sua intercessione, in modo che il sacrificio di lode al Padre è offerto da Cristo e con lui per essere accettato in lui.
Il memoriale del sacrificio di Cristo e del suo corpo, la Chiesa
1362 L'Eucaristia è il memoriale della pasqua di Cristo, l'attualizzazione e l'offerta sacramentale del suo unico sacrificio, nella liturgia della Chiesa, che è il suo corpo. In tutte le preghiere eucaristiche, dopo le parole della istituzione, troviamo una preghiera chiamata anamnesi o memoriale.
1363 Secondo la Sacra Scrittura, il memoriale non è soltanto il ricordo degli avvenimenti del passato, ma la proclamazione delle meraviglie che Dio ha compiuto per gli uomini. Nella celebrazione liturgica di questi eventi, essi diventano in certo modo presenti e attuali. Proprio così Israele intende la sua liberazione dall'Egitto: ogni volta che viene celebrata la Pasqua, gli avvenimenti dell'Esodo sono resi presenti alla memoria dei credenti affinché conformino ad essi la propria vita.
1364 Nel Nuovo Testamento il memoriale riceve un significato nuovo. Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, fa memoria della pasqua di Cristo, e questa diviene presente: il sacrificio che Cristo ha offerto una volta per tutte sulla croce rimane sempre attuale: « Ogni volta che il sacrificio della croce, col quale "Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato" (1 Cor 5,7), viene celebrato sull'altare, si effettua l'opera della nostra redenzione ».
1365 In quanto memoriale della pasqua di Cristo, l'Eucaristia è anche un sacrificio. Il carattere sacrificale dell'Eucaristia si manifesta nelle parole stesse dell'istituzione: « Questo è il mio Corpo che è dato per voi » e: « Questo calice è la nuova alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi » (Lc 22,19-20). Nell'Eucaristia Cristo dona lo stesso corpo che ha consegnato per noi sulla croce, lo stesso sangue che egli ha « versato per molti, in remissione dei peccati » (Mt 26,28).
1366 L'Eucaristia è dunque un sacrificio perché ripresenta (rende presente) il sacrificio della croce, perché ne è il memoriale e perché ne applica il frutto: Cristo « Dio e Signore nostro, [...] si è immolato a Dio Padre una sola volta morendo sull'altare della croce per compiere una redenzione eterna: poiché, tuttavia, il suo sacerdozio non doveva estinguersi con la morte (Eb 7,24.27), nell'ultima Cena, "nella notte in cui veniva tradito" (1 Cor 11,23), [...] [volle] lasciare alla Chiesa, sua amata Sposa, un sacrificio visibile (come esige l'umana natura), con cui venisse significato quello cruento che avrebbe offerto una volta per tutte sulla croce, prolungandone la memoria fino alla fine del mondo, e applicando la sua efficacia salvifica alla remissione dei nostri peccati quotidiani ».
1367 Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio: « Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi ». 190 « E poiché in questo divino sacrificio, che si compie nella Messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che "si offrì una sola volta in modo cruento" sull'altare della croce, [...] questo sacrificio [è] veramente propiziatorio ».
1368 L'Eucaristia è anche il sacrificio della Chiesa. La Chiesa, che è il corpo di Cristo, partecipa all'offerta del suo Capo. Con lui, essa stessa viene offerta tutta intera. Essa si unisce alla sua intercessione presso il Padre a favore di tutti gli uomini. Nell'Eucaristia il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale, e in questo modo acquistano un valore nuovo. Il sacrificio di Cristo riattualizzato sull'altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere uniti alla sua offerta. Nelle catacombe la Chiesa è spesso raffigurata come una donna in preghiera, con le braccia spalancate, in atteggiamento di orante. Come Cristo ha steso le braccia sulla croce, così per mezzo di lui, con lui e in lui essa si offre e intercede per tutti gli uomini.
1369 Tutta la Chiesa è unita all'offerta e all'intercessione di Cristo. Investito del ministero di Pietro nella Chiesa, il Papa è unito a ogni celebrazione dell'Eucaristia nella quale viene nominato come segno e servo dell'unità della Chiesa universale. Il Vescovo del luogo è sempre responsabile dell'Eucaristia, anche quando viene presieduta da un presbitero; in essa è pronunziato il suo nome per significare che egli presiede la Chiesa particolare, in mezzo al suo presbiterio e con l'assistenza dei diaconi. La comunità a sua volta intercede per tutti i ministri che, per lei e con lei, offrono il sacrificio eucaristico:
« Si ritenga legittima solo quell'Eucaristia che viene celebrata dal Vescovo, o da chi è stato da lui autorizzato ».
« È attraverso il ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto perché viene unito al sacrificio di Cristo, unico mediatore; questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell'Eucaristia in modo incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore ».
1370 All'offerta di Cristo si uniscono non soltanto i membri che sono ancora sulla terra, ma anche quelli che si trovano già nella gloria del cielo. La Chiesa offre infatti il sacrificio eucaristico in comunione con la santissima Vergine Maria, facendo memoria di lei, come pure di tutti i santi e di tutte le sante. Nell'Eucaristia la Chiesa, con Maria, è come ai piedi della croce, unita all'offerta e all'intercessione di Cristo.
1371 Il sacrificio eucaristico è offerto anche per i fedeli defunti « che sono morti in Cristo e non sono ancora pienamente purificati », affinché possano entrare nella luce e nella pace di Cristo: « Seppellite questo corpo dove che sia, senza darvene pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all'altare del Signore ». « Poi [nell'anafora] preghiamo anche per i santi Padri e Vescovi e in generale per tutti quelli che si sono addormentati prima di noi, convinti che questo sia un grande vantaggio per le anime, per le quali viene offerta la supplica, mentre qui è presente la vittima santa e tremenda. [...] Presentando a Dio le preghiere per i defunti, anche se peccatori, [...] presentiamo il Cristo immolato per i nostri peccati, cercando di rendere clemente per loro e per noi il Dio amico degli uomini ».
1372 Sant'Agostino ha mirabilmente riassunto questa dottrina che ci sollecita ad una partecipazione sempre più piena al sacrificio del nostro Redentore che celebriamo nell'Eucaristia:
« Tutta quanta la città redenta, cioè l'assemblea e la società dei santi, offre un sacrificio universale [...] a Dio per opera di quel Sommo Sacerdote che nella passione ha offerto anche se stesso per noi, assumendo la forma di servo, e costituendoci come corpo di un Capo tanto importante. [...] Questo è il sacrificio dei cristiani: "Pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo" (Rm 12,5); e la Chiesa lo rinnova continuamente nel sacramento dell'altare, noto ai fedeli, dove si vede che, in ciò che offre, offre anche se stessa ».
La presenza di Cristo operata dalla potenza della sua Parola e dello Spirito Santo

1373 “Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi” ( Rm 8,34 ), è presente in molti modi alla sua Chiesa: [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48] nella sua Parola, nella preghiera della Chiesa, “là dove sono due o tre riuniti” nel suo “nome” ( Mt 18,20 ), nei poveri, nei malati, nei prigionieri, [Cf Mt 25,31-46 ] nei sacramenti di cui egli è l'autore, nel sacrificio della messa e nella persona del ministro. Ma “ soprattutto (presente) sotto le specie eucaristiche ” [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 7].
1374 Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. Esso pone l'Eucaristia al di sopra di tutti i sacramenti e ne fa “quasi il coronamento della vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i sacramenti” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 73, 3]. Nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia è “contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero ” [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1651]. “Tale presenza si dice" reale" non per esclusione, quasi che le altre non siano "reali", ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente” [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei].
1375 E' per la conversione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue che Cristo diviene presente in questo sacramento. I Padri della Chiesa hanno sempre espresso con fermezza la fede della Chiesa nell'efficacia della Parola di Cristo e dell'azione dello Spirito Santo per operare questa conversione.
San Giovanni Crisostomo, ad esempio, afferma:
Non è l'uomo che fa diventare le cose offerte Corpo e Sangue di Cristo, ma è Cristo stesso, che è stato crocifisso per noi. Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole, ma la loro virtù e la grazia sono di Dio. Questo è il mio Corpo, dice. Questa Parola trasforma le cose offerte [San Giovanni Crisostomo, De proditione Judae, 1, 6: PG 49, 380C].
E sant'Ambrogio, parlando della conversione eucaristica dice:
Non si tratta dell'elemento formato da natura, ma della sostanza prodotta dalla formula della consacrazione, ed è maggiore l'efficacia della consacrazione di quella della natura, perché, per l'effetto della consacrazione, la stessa natura viene trasformata... La Parola di Cristo, che potè creare dal nulla ciò che non esisteva, non può trasformare in una sostanza diversa ciò che esiste? Non è minore impresa dare una nuova natura alle cose che trasformarla [Sant'Ambrogio, De mysteriis, 9, 50. 52: PL 16, 405-406].
1376 Il Concilio di Trento riassume la fede cattolica dichiarando: “Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione ” [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1642].
1377 La presenza eucaristica di Cristo ha inizio al momento della consacrazione e continua finché sussistono le specie eucaristiche. Cristo è tutto e integro presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo [Cf ibid., 1641].
1378 Il culto dell'Eucaristia. Nella Liturgia della Messa esprimiamo la nostra fede nella presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino, tra l'altro con la genuflessione, o con un profondo inchino in segno di adorazione verso il Signore. “La Chiesa cattolica professa questo culto latreutico al sacramento eucaristico non solo durante la Messa, ma anche fuori della sua celebrazione, conservando con la massima diligenza le ostie consacrate, presentandole alla solenne venerazione dei fedeli cristiani, portandole in processione con gaudio della folla cristiana” [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei].
1379 La santa riserva (tabernacolo) era inizialmente destinata a custodire in modo degno l'Eucaristia perché potesse essere portata agli infermi e agli assenti, al di fuori della Messa. Approfondendo la fede nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia, la Chiesa ha preso coscienza del significato dell'adorazione silenziosa del Signore presente sotto le specie eucaristiche. Perciò il tabernacolo deve essere situato in un luogo particolarmente degno della chiesa, e deve essere costruito in modo da evidenziare e manifestare la verità della presenza reale di Cristo nel santo sacramento.
1380 E' oltremodo conveniente che Cristo abbia voluto rimanere presente alla sua Chiesa in questa forma davvero unica. Poiché stava per lasciare i suoi sotto il suo aspetto visibile, ha voluto donarci la sua presenza sacramentale; poiché stava per offrirsi sulla croce per la nostra salvezza, ha voluto che noi avessimo il memoriale dell'amore con il quale ci ha amati “sino alla fine” ( Gv 13,1 ), fino al dono della propria vita. Nella sua presenza eucaristica, infatti, egli rimane misteriosamente in mezzo a noi come colui che ci ha amati e che ha dato se stesso per noi, [Cf Gal 2,20 ] e vi rimane sotto i segni che esprimono e comunicano questo amore:
La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell'amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andare ad incontrarlo nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione [Giovanni Paolo II, Lett. Dominicae cenae, 3].
1381 “Che in questo sacramento sia presente il vero Corpo e il vero Sangue di Cristo "non si può apprendere coi sensi, dice san Tommaso, ma con la sola fede, la quale si appoggia all'autorità di Dio". Per questo, commentando il passo di san Luca 22, 19: "Questo è il mio Corpo che viene dato per voi", san Cirillo dice: Non mettere in dubbio se questo sia vero, ma piuttosto accetta con fede le parole del Salvatore: perché essendo egli la verità, non mentisce” [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei, che cita San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 75, 1; cf San Cirillo d'Alessandria, Commentarius in Lucam, 22, 19: PG 72, 921B].
Adoro te devote, latens Deitas. . .
Ti adoro con devozione, o Dio che ti nascondi,
che sotto queste figure veramente ti celi:
a te il mio cuore si sottomette interamente,
poiché, nel contemplarti, viene meno.
La vista, il tatto e il gusto si ingannano a tuo riguardo,
soltanto alla parola si crede con sicurezza:
Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio:
nulla è più vero della sua parola di Verità.

VI. Il banchetto pasqualeVI. Il banchetto pasqualeVI. Il banchetto pasquale
1382 La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della croce, e il sacro banchetto della Comunione al Corpo e al Sangue del Signore. Ma la celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all'unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la Comunione. Comunicarsi è ricevere Cristo stesso che si è offerto per noi.
1383 L'altare, attorno al quale la Chiesa è riunita nella celebrazione dell'Eucaristia, rappresenta i due aspetti di uno stesso mistero: l'altare del sacrificio e la mensa del Signore, e questo tanto più in quanto l'altare cristiano è il simbolo di Cristo stesso, presente in mezzo all'assemblea dei suoi fedeli sia come vittima offerta per la nostra riconciliazione, sia come alimento celeste che si dona a noi. « Che cosa è l'altare di Cristo se non l'immagine del Corpo di Cristo? », dice sant'Ambrogio, e altrove: « L'altare è l'immagine del corpo, e il Corpo di Cristo sta sull'altare ». La liturgia esprime in molte preghiere questa unità del sacrificio e della Comunione. La Chiesa di Roma, ad esempio, prega così nella sua anafora:
« Ti supplichiamo, Dio onnipotente: fa' che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull'altare del cielo davanti alla tua maestà divina, perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo mistero del Corpo e Sangue del tuo Figlio, scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del cielo ».
«Prendete e mangiatene tutti»: la Comunione
1384 Il Signore ci rivolge un invito pressante a riceverlo nel sacramento dell'Eucaristia: « In verità, in verità vi dico: se non mangiate la Carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete in voi la vita » (Gv 6,53).
1385 Per rispondere a questo invito dobbiamo prepararci a questo momento così grande e così santo. San Paolo esorta a un esame di coscienza: « Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna » (1 Cor 11,27-29). Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione.
1386 Davanti alla grandezza di questo sacramento, il fedele non può che fare sua con umiltà e fede ardente la supplica del centurione: « Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea » – « O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di' soltanto una parola e io sarò salvato ». Nella divina liturgia di san Giovanni Crisostomo i fedeli pregano con lo stesso spirito:
« O Figlio di Dio, fammi oggi partecipe del tuo mistico convito. Non svelerò il mistero ai tuoi nemici, e neppure ti darò il bacio di Giuda. Ma, come il ladrone, io ti dico: Ricordati di me, Signore, quando sarai nel tuo regno ».
1387 Per prepararsi in modo conveniente a ricevere questo sacramento, i fedeli osserveranno il digiuno prescritto nella loro Chiesa. L'atteggiamento del corpo (gesti, abiti) esprimerà il rispetto, la solennità, la gioia di questo momento in cui Cristo diventa nostro ospite.
1388 È conforme al significato stesso dell'Eucaristia che i fedeli, se hanno le disposizioni richieste, si comunichino quando partecipano alla Messa: « Si raccomanda molto quella partecipazione più perfetta alla Messa, per la quale i fedeli, dopo la Comunione del sacerdote, ricevono il Corpo del Signore dal medesimo sacrificio ».
1389 La Chiesa fa obbligo ai fedeli di « partecipare alla divina liturgia la domenica e le feste » e di ricevere almeno una volta all'anno l'Eucaristia, possibilmente nel tempo pasquale, preparati dal sacramento della Riconciliazione. La Chiesa tuttavia raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Eucaristia la domenica e i giorni festivi, o ancora più spesso, anche tutti i giorni.
1390 In virtù della presenza sacramentale di Cristo sotto ciascuna specie, la Comunione con la sola specie del pane permette di ricevere tutto il frutto di grazia dell'Eucaristia. Per motivi pastorali questo modo di fare la Comunione si è legittimamente stabilito come il più abituale nel rito latino. Tuttavia « la santa Comunione esprime con maggior pienezza la sua forma di segno, se viene fatta sotto le due specie. In essa risulta infatti più evidente il segno del banchetto eucaristico ». Questa è la forma abituale di comunicarsi nei riti orientali.
I frutti della Comunione
1391 La Comunione accresce la nostra unione a Cristo. Ricevere l'Eucaristia nella Comunione reca come frutto principale l'unione intima con Cristo Gesù. Il Signore infatti dice: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui » (Gv 6,56). La vita in Cristo ha il suo fondamento nel banchetto eucaristico: « Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me » (Gv 6,57): « Quando, nelle feste [del Signore], i fedeli ricevono il Corpo del Figlio, essi annunziano gli uni agli altri la Buona Notizia che è stata donata la caparra della vita, come quando l'angelo disse a Maria [di Magdala]: "Cristo è risorto!". Ecco infatti che già ora la vita e la risurrezione sono elargite a colui che riceve Cristo ».
1392 Ciò che l'alimento materiale produce nella nostra vita fisica, la Comunione lo realizza in modo mirabile nella nostra vita spirituale. La Comunione alla Carne del Cristo risorto, « vivificata dallo Spirito Santo e vivificante », conserva, accresce e rinnova la vita di grazia ricevuta nel Battesimo. La crescita della vita cristiana richiede di essere alimentata dalla Comunione eucaristica, pane del nostro pellegrinaggio, fino al momento della morte, quando ci sarà data come viatico.
1393 La Comunione ci separa dal peccato. Il Corpo di Cristo che riceviamo nella Comunione è « dato per noi », e il Sangue che beviamo è « sparso per molti in remissione dei peccati ». Perciò l'Eucaristia non può unirci a Cristo senza purificarci, nello stesso tempo, dai peccati commessi e preservarci da quelli futuri:
« Ogni volta che lo riceviamo, annunziamo la morte del Signore. Se annunziamo la morte, annunziamo la remissione dei peccati. Se, ogni volta che il suo sangue viene sparso, viene sparso per la remissione dei peccati, devo riceverlo sempre, perché sempre mi rimetta i peccati. Io che pecco sempre, devo sempre disporre della medicina ».
1394 Come il cibo del corpo serve a restaurare le forze perdute, l'Eucaristia fortifica la carità che, nella vita di ogni giorno, tende ad indebolirsi; la carità così vivificata cancella i peccati veniali. Donandosi a noi, Cristo ravviva il nostro amore e ci rende capaci di troncare gli attaccamenti disordinati alle creature e di radicarci in lui:
« Cristo è morto per noi per amore. Perciò quando facciamo memoria della sua morte, durante il sacrificio, invochiamo la venuta dello Spirito Santo quale dono di amore. La nostra preghiera chiede quello stesso amore per cui Cristo si è degnato di essere crocifisso per noi. Anche noi, mediante la grazia dello Spirito Santo, possiamo essere crocifissi al mondo e il mondo a noi. [...] Avendo ricevuto il dono dell'amore, moriamo al peccato e viviamo per Dio ».
1395 Proprio per la carità che accende in noi, l'Eucaristia ci preserva in futuro dai peccati mortali. Quanto più partecipiamo alla vita di Cristo e progrediamo nella sua amicizia, tanto più ci è difficile separarci da lui con il peccato mortale. L'Eucaristia non è ordinata al perdono dei peccati mortali. Questo è proprio del sacramento della Riconciliazione. Il proprio dell'Eucaristia è invece di essere il sacramento di coloro che sono nella piena comunione della Chiesa.
1396 L'unità del corpo mistico: l'Eucaristia fa la Chiesa. Coloro che ricevono l'Eucaristia sono uniti più strettamente a Cristo. Per ciò stesso, Cristo li unisce a tutti i fedeli in un solo corpo: la Chiesa. La Comunione rinnova, fortifica, approfondisce questa incorporazione alla Chiesa già realizzata mediante il Battesimo. Nel Battesimo siamo stati chiamati a formare un solo corpo. L'Eucaristia realizza questa chiamata: « Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il Sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane » (1 Cor 10,16-17):
« Se voi siete il corpo e le membra di Cristo, sulla mensa del Signore è deposto il vostro mistero, ricevete il vostro mistero. A ciò che siete rispondete: Amen, e rispondendo lo sottoscrivete. Ti si dice infatti: Il Corpo di Cristo e tu rispondi: Amen. Sii membro del corpo di Cristo, perché sia veritiero il tuo Amen ».
1397 L'Eucaristia impegna nei confronti dei poveri. Per ricevere nella verità il Corpo e il Sangue di Cristo offerti per noi, dobbiamo riconoscere Cristo nei più poveri, suoi fratelli:
« Tu hai bevuto il Sangue del Signore e non riconosci tuo fratello. [...] Tu disonori questa stessa mensa, non giudicando degno che condivida il tuo cibo colui che è stato ritenuto degno di partecipare a questa mensa. [...] Dio ti ha liberato da tutti i tuoi peccati e ti ha invitato a questo banchetto. E tu, nemmeno per questo, sei divenuto più misericordioso ».
1398 L'Eucaristia e l'unità dei cristiani. Davanti alla sublimità di questo sacramento, sant'Agostino esclama: « O sacramentum pietatis! O signum unitatis! O vinculum caritatis! – O sacramento di pietà! O segno di unità! O vincolo di carità! ». Quanto più dolorosamente si fanno sentire le divisioni della Chiesa che impediscono la comune partecipazione alla mensa del Signore, tanto più pressanti sono le preghiere al Signore perché ritornino i giorni della piena unità di tutti coloro che credono in lui.
1399 Le Chiese Orientali che non sono nella piena comunione con la Chiesa cattolica celebrano l'Eucaristia con grande amore. « Quelle Chiese, quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il sacerdozio e l'Eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora unite a noi da strettissimi vincoli ». Quindi « una certa comunicazione nelle cose sacre, presentandosi opportune circostanze e con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica, non solo è possibile, ma anche consigliabile ».
1400 Le comunità ecclesiali sorte dalla Riforma, separate dalla Chiesa cattolica, « specialmente per la mancanza del sacramento dell'Ordine, non hanno conservato la genuina ed integra sostanza del mistero eucaristico ». Per questo motivo, non è possibile, per la Chiesa cattolica, l'intercomunione eucaristica con queste comunità. Tuttavia, queste comunità ecclesiali, « mentre nella santa Cena fanno memoria della morte e della risurrezione del Signore, professano che nella Comunione di Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta gloriosa ».
1401 In presenza di una grave necessità, a giudizio dell'Ordinario, i ministri cattolici possono amministrare i sacramenti (Eucaristia, Penitenza, Unzione degli infermi) agli altri cristiani che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, purché li chiedano spontaneamente: è necessario in questi casi che essi manifestino la fede cattolica a riguardo di questi sacramenti e che si trovino nelle disposizioni richieste.
VII. L'Eucaristia - «Pegno della gloria futura»
1402 In un'antica preghiera, la Chiesa acclama il mistero dell'Eucaristia: « O sacrum convivium in quo Christus sumitur: recolitur memoria passionis eius, mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus datur – O sacro convito nel quale ci nutriamo di Cristo: si fa memoria della sua passione, l'anima è ricolmata di grazia e ci è donato il pegno della gloria futura ». Se l'Eucaristia è il memoriale della pasqua del Signore, se mediante la nostra Comunione all'altare veniamo ricolmati « di ogni grazia e benedizione del cielo », l'Eucaristia è pure anticipazione della gloria del cielo.
1403 Nell'ultima Cena il Signore stesso ha fatto volgere lo sguardo dei suoi discepoli verso il compimento della pasqua nel regno di Dio: « Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio » (Mt 26,29). 245 Ogni volta che la Chiesa celebra l'Eucaristia, ricorda questa promessa e il suo sguardo si volge verso « Colui che viene » (Ap 1,4). Nella preghiera, essa invoca la sua venuta: « Marana tha » (1 Cor 16,22), « Vieni, Signore Gesù » (Ap 22,20), « Venga la tua grazia e passi questo mondo! ».
1404 La Chiesa sa che, fin d'ora, il Signore viene nella sua Eucaristia, e che egli è lì, in mezzo a noi. Tuttavia questa presenza è nascosta. È per questo che celebriamo l'Eucaristia « expectantes beatam spem et Adventum Salvatoris nostri Iesu Christi – nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo », chiedendo « di ritrovarci insieme a godere della tua gloria quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto e noi saremo simili a te, e canteremo per sempre la tua lode, in Cristo, nostro Signore ».
1405 Di questa grande speranza, quella dei nuovi cieli e della terra nuova nei quali abiterà la giustizia, non abbiamo pegno più sicuro, né segno più esplicito dell'Eucaristia. Ogni volta infatti che viene celebrato questo mistero, « si effettua l'opera della nostra redenzione » e noi spezziamo « l'unico pane, che è farmaco d'immortalità, antidoto per non morire, ma per vivere in Gesù Cristo per sempre ».

1406 Gesù dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno... Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna. . . dimora in me e io in lui” ( Gv 6,51; 1406 Gv 6,54; Gv 6,56 ).
1407 L'Eucaristia è il cuore e il culmine della vita della Chiesa, poiché in essa Cristo associa la sua Chiesa e tutti i suoi membri al proprio sacrificio di lode e di rendimento di grazie offerto al Padre una volta per tutte sulla croce; mediante questo sacrificio egli effonde le grazie della salvezza sul suo Corpo, che è la Chiesa.
1408 La celebrazione eucaristica comporta sempre: la proclamazione della Parola di Dio, l'azione di grazie a Dio Padre per tutti i suoi benefici, soprattutto per il dono del suo Figlio, la consacrazione del pane e del vino e la partecipazione al banchetto liturgico mediante la recezione del Corpo e del Sangue del Signore. Questi elementi costituiscono un solo e medesimo atto di culto.
1409 L'Eucaristia è il memoriale della Pasqua di Cristo, cioè dell'opera della salvezza compiuta per mezzo della vita, della morte e della Risurrezione di Cristo, opera che viene resa presente dall'azione liturgica.
1410 E' Cristo stesso, sommo ed eterno sacerdote della Nuova Alleanza, che, agendo attraverso il ministero dei sacerdoti, offre il sacrificio eucaristico. Ed è ancora lo stesso Cristo, realmente presente sotto le specie del pane e del vino, l'offerta del sacrificio eucaristico.
1411 Soltanto i sacerdoti validamente ordinati possono presiedere l'Eucaristia e consacrare il pane e il vino perché diventino il Corpo e il Sangue del Signore.
1412 I segni essenziali del sacramento eucaristico sono il pane di grano e il vino della vite, sui quali viene invocata la benedizione dello Spirito Santo e il sacerdote pronunzia le parole della consacrazione dette da Gesù durante l'ultima Cena: “Questo è il mio Corpo dato per voi. . . Questo è il calice del mio Sangue. . . ”.
1413 Mediante la consacrazione si opera la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Sotto le specie consacrate del pane e del vino, Cristo stesso, vivente e glorioso, è presente in maniera vera, reale e sostanziale, il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua anima e la sua divinità [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1640; 1651].
1414 In quanto sacrificio, l'Eucaristia viene anche offerta in riparazione dei peccati dei vivi e dei defunti, e al fine di ottenere da Dio benefici spirituali o temporali.
1415 Chi vuole ricevere Cristo nella Comunione eucaristica deve essere in stato di grazia. Se uno è consapevole di aver peccato mortalmente, non deve accostarsi all'Eucaristia senza prima aver ricevuto l'assoluzione nel sacramento della Penitenza.
1416 La santa Comunione al Corpo e al Sangue di Cristo accresce in colui che si comunica l'unione con il Signore, gli rimette i peccati veniali e lo preserva dai peccati gravi. Poiché vengono rafforzati i vincoli di carità tra colui che si comunica e Cristo, ricevere questo sacramento rafforza l'unità della Chiesa, Corpo mistico di Cristo.
1417 La Chiesa raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Comunione quando partecipano alla celebrazione dell'Eucaristia; ne fa loro obbligo almeno una volta all'anno.
1418 Poiché Cristo stesso è presente nel Sacramento dell'altare, bisogna onorarlo con un culto di adorazione. La visita al Santissimo Sacramento “è prova di gratitudine, segno di amore e debito di riconoscenza a Cristo Signore” [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei].
1419 Poiché Cristo è passato da questo mondo al Padre, nell'Eucaristia ci dona il pegno della gloria futura presso di lui: la partecipazione al Santo Sacrificio ci identifica con il suo Cuore, sostiene le nostre forze lungo il pellegrinaggio di questa vita, ci fa desiderare la vita eterna e già ci unisce alla Chiesa del Cielo, alla Santa Vergine Maria e a tutti i Santi.

DIRETTORIO CATECHISTICO GENERALE
L’eucaristia, centro di tutta la vita sacramentale
58. Si comprende facilmente il primato dell’eucaristia su tutti i sacramenti e la sua eminente efficacia nell’edificare la chiesa. Nell’eucaristia infatti, dopo le parole della consacrazione, la realtà profonda (non fenomenica) del pane e del vino è trasformata nel corpo e sangue di Cristo. Questa meravigliosa trasformazione viene chiamata dalla chiesa "transustanziazione". Perciò sotto le apparenze (o realtà fenomenica) del pane e del vino è nascosta, in modo del tutto misterioso, la stessa umanità di Cristo, non soltanto attraverso la sua virtù ma per se stessa (cioè sostanzialmente), congiunta con la sua divina Persona.
Questo sacrificio non è semplicemente un rito commemorativo di un sacrificio passato. Infatti in esso Cristo, per mezzo del ministero dei sacerdoti, perpetua nel corso dei secoli in modo incruento il sacrificio della Croce e nutre i fedeli di se stesso, pane di vita, affinché, riempiti dell’amore di Dio e del prossimo, diventino un popolo sempre più accetto a Dio. Nutriti della vittima del sacrificio della croce, i fedeli col loro amore genuino e attivo superino i pregiudizi per i quali spesso sono accusati di praticare un culto sterile che li distoglie dall’impegno di collaborazione fraterna con gli uomini. Il convito eucaristico ha lo scopo di unire ogni giorno più i fedeli a Dio attraverso la preghiera frequente, spingendoli a riconoscere e amare gli altri uomini come fratelli in Cristo e figli di Dio.

Codice di Diritto Canonico

Titolo III - LA SANTISSIMA EUCARESTIA (Cann. 897 – 958)
Can. 897 - Augustissimo sacramento è la santissima Eucaristia, nella quale lo stesso Cristo Signore è presente, viene offerto ed è preso come cibo, e mediante la quale continuamente vive e cresce la Chiesa. Il Sacrificio eucaristico, memoriale della morte e della risurrezione del Signore, nel quale si perpetua nei secoli il Sacrificio della croce, è culmine e fonte di tutto il culto e della vita cristiana, mediante il quale è significata e prodotta l'unità del popolo di Dio e si compie l'edificazione del Corpo di Cristo. Gli altri sacramenti infatti e tutte le opere ecclesiastiche di apostolato sono strettamente uniti alla santissima Eucaristia e ad essa sono ordinati.
Can. 898 - I fedeli abbiano in sommo onore la santissima Eucaristia, partecipando attivamente nella celebrazione dell'augustissimo Sacrificio, ricevendo con frequenza e massima devozione questo sacramento e venerandolo con somma adorazione; i pastori d'anime che illustrano la dottrina di questo sacramento, istruiscano diligentemente i fedeli circa questo obbligo.

Capitolo I: LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
Can. 899 - §1. La celebrazione eucaristica è azione di Cristo stesso e della Chiesa; in essa Cristo Signore, mediante il ministero del sacerdote, offre a Dio Padre se stesso, sostanzialmente presente sotto le specie del pane e del vino, e si comunica in cibo spirituale ai fedeli associati nella sua offerta.
§2. Nella Sinassi eucaristica il popolo di Dio è chiamato a radunarsi in unità sotto la presidenza del Vescovo o, in dipendenza dalla sua autorità, del presbitero, che agiscono nella persona di Cristo, e tutti i fedeli che prendono parte, sia chierici sia laici, concorrono partecipandovi ciascuno a suo modo secondo il proprio ordine e la diversità di compiti liturgici.
§3. La celebrazione eucaristica sia ordinata in modo che tutti coloro che vi partecipano traggano da essa abbondanza di frutti, per il conseguimento dei quali Cristo Signore ha istituito il Sacrificio eucaristico.
Articolo 1 - Il ministro della santissima Eucaristia
Can. 900 - §1. Ministro, in grado di celebrare nella persona di Cristo il sacramento dell'Eucaristia, è il solo sacerdote validamente ordinato.
§2. Celebra lecitamente l'Eucaristia il sacerdote che non sia impedito per legge canonica, osservando le disposizioni dei canoni che seguono.
Can. 901 - Il sacerdote ha diritto di applicare la Messa per chiunque, sia per i vivi sia per i defunti.
Can. 902 - - A meno che l'utilità dei fedeli non richieda o non consigli diversamente, i sacerdoti possono concelebrare l'Eucaristia, rimanendo tuttavia intatta per i singoli la libertà di celebrarla in modo individuale, non però nello stesso tempo nel quale nella medesima chiesa o oratorio si tiene la concelebrazione.
Can. 903 - Un sacerdote sia ammesso a celebrare anche se sconosciuto al rettore della Chiesa, purché esibisca le lettere commendatizie del suo Ordinario o del suo Superiore, date almeno entro l'anno, oppure si possa prudentemente ritenere che non sia impedito di celebrare.
Can. 904 - Memori che nel mistero del Sacrificio eucaristico viene esercitata ininterrottamente l'opera della redenzione, i sacerdoti celebrino frequentemente; anzi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale, anche quando non si possa avere la presenza dei fedeli, è sempre un atto di Cristo e della Chiesa, nel quale i sacerdoti adempiono il loro principale compito.
Can. 905 - §1. Eccettuati i casi in cui, a norma del diritto, è lecito celebrare o concelebrare l'Eucaristia più volte nello stesso giorno, non è consentito al sacerdote celebrare più di una volta al giorno. §2. Nel caso vi sia scarsità di sacerdoti, l'Ordinario del luogo può concedere che i sacerdoti, per giusta causa, celebrino due volte al giorno e anche, se lo richiede la necessità pastorale, tre volte nelle domeniche e nelle feste di precetto.
Can. 906 - Il sacerdote non celebri il Sacrificio eucaristico senza la partecipazione di almeno qualche fedele, se non per giusta e ragionevole causa.
Can. 907 - Nella celebrazione eucaristica ai diaconi e ai laici non è consentito proferire le orazioni, in particolare la preghiera eucaristica, o eseguire le azioni che sono proprie del sacerdote celebrante.
Can. 908 - È vietato ai sacerdoti cattolici concelebrare l'Eucaristia con i sacerdoti o i ministri delle Chiese o delle comunità ecclesiali, che non hanno la piena comunione con la Chiesa cattolica.
Can. 909 - Il sacerdote non ometta di prepararsi diligentemente con la preghiera alla celebrazione del sacrificio eucaristico, e, dopo averlo terminato, di renderne grazie a Dio.
Can. 910 - §1. Ministro ordinario della sacra comunione è il Vescovo, il presbitero e il diacono. §2. Ministro straordinario della sacra comunione è l'accolito o anche un altro fedele incaricato a norma del can. 230, §3.
Can. 911 - §1. Hanno il dovere e il diritto di portare l'Eucaristia sotto forma di Viatico agli infermi, il parroco e i vicari parrocchiali, i cappellani, come pure il Superiore della comunità negli istituti religiosi clericali o nelle società di vita apostolica, nei riguardi di tutti coloro che si trovano nella casa. §2. Ciò deve fare qualsiasi sacerdote o un altro ministro della sacra comunione, in caso di necessità o con la licenza almeno presunta del parroco, del cappellano o del Superiore, i quali debbono poi essere informati.
Articolo 2 - Partecipazione alla santissima Eucaristia
Can. 912 - Ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione.
Can. 913 - §1. Per poter amministrare la santissima Eucaristia ai fanciulli, si richiede che essi posseggano una sufficiente conoscenza e una accurata preparazione, così da percepire, secondo la loro capacità, il mistero di Cristo ed essere in grado di assumere con fede e devozione il Corpo del Signore. §2. Tuttavia ai fanciulli che si trovino in pericolo di morte la santissima Eucaristia può essere amministrata se possono distinguere il Corpo di Cristo dal cibo comune e ricevere con riverenza la comunione.
Can. 914 - È dovere innanzitutto dei genitori e di coloro che ne hanno le veci, come pure dei parroci, provvedere affinché i fanciulli che hanno raggiunto l'uso di ragione siano debitamente preparati e quanto prima, premessa la confessione sacramentale, alimentati di questo divino cibo; spetta anche al parroco vigilare che non si accostino alla sacra Sinassi fanciulli che non hanno raggiunto l'uso di ragione o avrà giudicati non sufficientemente disposti.
Can. 915 - Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l'irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto.
Can. 916 - Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al Corpo del Signore senza premettere la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi l'opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi di porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima.
Can. 917 - Chi ha già ricevuto la santissima Eucaristia, può riceverla di nuovo lo stesso giorno, soltanto entro la celebrazione eucaristica alla quale partecipa, salvo il disposto del can. 921, §2.
Can. 918 - Si raccomanda vivissimamente che i fedeli ricevano la sacra comunione nella stessa celebrazione eucaristica; tuttavia a coloro che la chiedono per una giusta causa fuori della Messa venga data, osservando i riti liturgici.
Can. 919 - §1. Chi sta per ricevere la santissima Eucaristia si astenga per lo spazio di almeno un'ora prima della sacra comunione da qualunque cibo o bevanda, fatta eccezione soltanto per l'acqua e le medicine. §2. Il sacerdote, che nello stesso giorno celebra due o tre volte la santissima Eucaristia, può prendere qualcosa prima della seconda o terza celebrazione, anche se non sarà intercorso lo spazio di un'ora. §3. Gli anziani, coloro che sono affetti da qualche infermità e le persone addette alle loro cure, possono ricevere la santissima Eucaristia anche se hanno preso qualcosa entro l'ora antecedente.
Can. 920 - §1. Ogni fedele, dopo che è stato iniziato alla santissima Eucaristia, è tenuto all'obbligo di ricevere almeno una volta all'anno la sacra comunione. §2. Questo precetto deve essere adempiuto durante il tempo pasquale, a meno che per una giusta causa non venga compiuto in altro tempo entro l'anno.
Can. 921 - §1. I fedeli che si trovano in pericolo di morte derivante da una causa qualsiasi, ricevano il conforto della sacra comunione come Viatico. §2. Anche se avessero ricevuto nello stesso giorno la sacra comunione, tuttavia si suggerisce vivamente che quanti si trovano in pericolo di morte, si comunichino nuovamente. §3. Perdurando il pericolo di morte, si raccomanda che la sacra comunione venga amministrata più volte, in giorni distinti.
Can. 922 - Il santo Viatico per gli infermi non venga differito troppo; coloro che hanno la cura d'anime vigilino diligentemente affinché gli infermi ne ricevano il conforto nel pieno possesso delle loro facoltà.
Can. 923 - I fedeli possono partecipare al Sacrificio eucaristico e ricevere la sacra comunione in qualunque rito cattolico, fermo restando il disposto del can. 844.
Articolo 3 - Riti e cerimonie della celebrazione eucaristica
Can. 924 - §1. Il sacrosanto Sacrificio eucaristico deve essere offerto con pane e vino, cui va aggiunta un pò d'acqua. §2. Il pane deve essere solo di frumento e confezionato di recente, in modo che non ci sia alcun pericolo di alterazione. §3. Il vino deve essere naturale, del frutto della vite e non alterato.
Can. 925 - La sacra comunione venga data sotto la sola specie del pane o, a norma delle leggi liturgiche, sotto le due specie; però, in caso di necessità, anche sotto la sola specie del vino.
Can. 926 - Nella celebrazione eucaristica, secondo l'antica tradizione della Chiesa latina, il sacerdote usi pane azzimo, ovunque egli celebri.
Can. 927 - Non è assolutamente lecito, anche nel caso di urgente estrema necessità, consacrare una materia senza l'altra o anche l'una e l'altra, fuori della celebrazione eucaristica.
Can. 928 - La celebrazione eucaristica venga compiuta in lingua latina o in altra lingua, purché i testi liturgici siano stati legittimamente approvati.
Can. 929 - I sacerdoti e i diaconi, nel celebrare e nell'amministrare l'Eucaristia, indossino le vesti sacre prescritte dalle rubriche.
Can. 930 - §1. Il sacerdote infermo o avanzato in età, se non può rimanere in piedi, può celebrare il Sacrificio eucaristico stando seduto, osservando le leggi liturgiche; non però davanti al popolo, se non con licenza dell'Ordinario del luogo. §2. Il sacerdote cieco o affetto da qualche altra infermità celebra lecitamente il Sacrificio eucaristico usando un testo, tra quelli approvati, di qualsiasi Messa, con l'assistenza, se il caso lo esige, di un altro sacerdote o di un diacono o anche di un laico debitamente istruito, che lo aiuti.
Articolo 4 - Tempo e luogo della celebrazione eucaristica
Can. 931 - La celebrazione e la distribuzione dell'Eucaristia può essere compiuta in qualsiasi giorno e ora, eccettuati quelli che sono esclusi dalle norme liturgiche.
Can. 932 - §1. La celebrazione eucaristica venga compiuta nel luogo sacro, a meno che in un caso particolare la necessità non richieda altro; nel qual caso la celebrazione deve essere compiuta in un luogo decoroso.
§2. Il sacrificio eucaristico si deve compiere sopra un altare dedicato o benedetto; fuori del luogo sacro può essere usato un tavolo adatto, purché sempre ricoperto di una tovaglia e del corporale.
Can. 933 - Per una giusta causa e con licenza espressa dell'Ordinario del luogo, è consentito al sacerdote celebrare l'Eucaristia nel tempio di qualche Chiesa o comunità ecclesiale non aventi piena comunione con la Chiesa cattolica, allontanato il pericolo di scandalo.
Capitolo II: CONSERVAZIONE E VENERAZIONE DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA
Can. 934 - §1. La santissima Eucaristia:
1) deve essere conservata nella chiesa cattedrale o a questa equiparata, in ogni chiesa parrocchiale e nella chiesa o oratorio annesso alla casa di un istituto religioso o di una società di vita apostolica; 2) può essere conservata nella cappella privata del Vescovo e, su licenza dell'Ordinario del luogo, nelle altre chiese, oratori o cappelle private.
§2. Nei luoghi sacri dove viene conservata la santissima Eucaristia, vi deve essere sempre chi ne abbia cura e, per quanto possibile, il sacerdote vi celebri la Messa almeno due volte al mese.
Can. 935 - Non è lecito ad alcuno conservare presso di sè la santissima Eucaristia o portarsela in viaggio, a meno che non vi sia una necessità pastorale urgente e osservate le disposizioni del Vescovo diocesano.
Can. 936 - Nella casa di un istituto religioso o in un'altra pia casa, la santissima Eucaristia venga conservata soltanto nella chiesa o nell'oratorio principale annesso alla casa; l'Ordinario può tuttavia permettere per una giusta causa che venga conservata anche in un altro oratorio della medesima casa.
Can. 937 - Se non vi si oppone una grave ragione, la chiesa nella quale viene conservata la santissima Eucaristia, resti aperta ai fedeli almeno per qualche ora al giorno, affinché possano trattenersi in preghiera dinanzi al santissimo Sacramento.
Can. 938 - §1. La santissima Eucaristia venga custodita abitualmente in un solo tabernacolo della chiesa o dell'oratorio.
§2. Il tabernacolo nel quale si custodisce la santissima Eucaristia sia collocato in una parte della chiesa o dell'oratorio che sia distinta, visibile, ornata decorosamente, adatta alla preghiera.
§3. Il tabernacolo nel quale si custodisce abitualmente la santissima Eucaristia sia inamovibile, costruito con materiale solido non trasparente e chiuso in modo tale che sia evitato il più possibile ogni pericolo di profanazione.

§4. Per causa grave è consentito conservare la santissima Eucaristia, soprattutto durante la notte, in altro luogo più sicuro e decoroso.
§5. Chi ha la cura della chiesa o dell'oratorio, provveda che la chiave del tabernacolo, nel quale è conservata la santissima Eucaristia, sia custodita con la massima diligenza.
Can. 939 - Le ostie consacrate vengano conservate nella pisside o in un piccolo vaso in quantità sufficiente alle necessità dei fedeli e, consumate nel debito modo le precedenti, siano rinnovate con frequenza.
Can. 940 - Davanti al tabernacolo nel quale si custodisce la santissima Eucaristia, brilli perennemente una speciale lampada, mediante la quale venga indicata e sia onorata la presenza di Cristo.
Can. 941 - §1. Nelle chiese e negli oratori a cui è concesso conservare la santissima Eucaristia, si possono compiere esposizioni sia con la pisside, sia con l'ostensorio, osservando le norme stabilite nei libri liturgici.
§2. Durante la celebrazione della Messa non vi sia nella stessa navata della chiesa o dell'oratorio l'esposizione del santissimo Sacramento.
Can. 942 - Si raccomanda che nelle stesse chiese e oratori ogni anno si compia l'esposizione solenne del santissimo Sacramento prolungata per un tempo conveniente, anche se non continuo, affinché la comunità locale mediti e adori con intensa devozione il mistero eucaristico; però tale esposizione si faccia soltanto se si prevede una adeguata affluenza di fedeli e osservando le norme stabilite.
Can. 943 - Ministro dell'esposizione del santissimo Sacramento e della benedizione eucaristica è il sacerdote o il diacono; in speciali circostanze sono ministri della sola esposizione e riposizione, ma non della benedizione, l'accolito, il ministro straordinario della sacra comunione o altra persona designata dall'Ordinario del luogo, osservando le disposizioni del Vescovo diocesano.
Can. 944 - §1. Ove, a giudizio del Vescovo diocesano, è possibile, si svolga, quale pubblica testimonianza di venerazione verso la santissima Eucaristia e specialmente nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo, la processione condotta attraverso le pubbliche vie.
§2. Spetta al Vescovo diocesano dare delle direttive circa le processioni, con cui provvedere alla loro partecipazione e dignità.
Capitolo III: L'OFFERTA DATA PER LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA
Can. 945 - §1. Secondo l'uso approvato della Chiesa, è lecito ad ogni sacerdote che celebra la Messa, ricevere l'offerta data affinché applichi la Messa secondo una determinata intenzione.
§2. È vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più poveri, anche senza ricevere alcuna offerta.
Can. 946 - I fedeli che danno l'offerta perché la Messa venga celebrata secondo la loro intenzione, contribuiscono al bene della Chiesa, e mediante tale offerta partecipano della sua sollecitudine per il sostentamento dei ministri e delle opere.
Can. 947 - Dall'offerta delle Messe deve essere assolutamente tenuta lontana anche l'apparenza di contrattazione o di commercio.
Can. 948 - Devono essere applicate Messe distinte secondo le intenzioni di coloro per ciascuno dei quali l'offerta, anche se esigua, è stata data e accettata.
Can. 949 - Chi è onerato dall'obbligo di celebrare la Messa e di applicarla secondo l'intenzione di coloro che hanno dato l'offerta, vi è ugualmente obbligato anche se, senza sua colpa, le offerte percepite sono andate perdute.
Can. 950 - Se viene offerta una somma di denaro per l'applicazione di Messe senza indicare il numero delle Messe da celebrare, questo venga computato in ragione dell'offerta stabilita nel luogo ove l'offerente dimora, a meno che non debba legittimamente presumersi che fu un'altra la sua intenzione.
Can. 951 - §1. Il sacerdote che celebra più Messe nello stesso giorno, può applicare ciascuna di esse secondo l'intenzione per la quale è stata data l'offerta, ma a condizione però che, al di fuori del giorno di Natale, egli tenga per sé l'offerta di una sola Messa e consegni invece le altre per le finalità stabilite dall'Ordinario, essendogli consentito di percepire una certa retribuzione a titolo estrinseco. §2. Il sacerdote che concelebra nello stesso giorno una seconda Messa, a nessun titolo può percepire l'offerta per questa.
Can. 952 - §1. Spetta al concilio provinciale o alla riunione dei Vescovi della provincia definire per tutta la provincia, mediante decreto, quale sia l'offerta da dare per la celebrazione e l'applicazione della Messa, né è lecito al sacerdote chiedere una somma maggiore; gli è tuttavia consentito accettare una offerta data spontaneamente, maggiore e anche minore di quella stabilita per l'applicazione della Messa. §2. Ove manchi tale decreto si osservi la consuetudine vigente nella diocesi. §3. Anche i membri di tutti gli istituti religiosi debbono attenersi allo stesso decreto o alla consuetudine del luogo, di cui ai §§1 e 2.
Can. 953 - Non è lecito ad alcuno accettare tante offerte di Messe da applicare personalmente, alle quali non può soddisfare entro l'anno.
Can. 954 - Se in talune chiese o oratori vengono richieste celebrazioni di Messe in numero maggiore di quante ivi possono essere celebrate, è lecito farle celebrare altrove, eccetto che gli offerenti non abbiano manifestato espressamente una volontà contraria.
Can. 955 - §1. Chi intendesse affidare ad altri la celebrazione di Messe da applicare, le trasmetta quanto prima a sacerdoti a lui accetti, purché a lui consti che sono al di sopra di ogni sospetto; deve trasmettere l'offerta ricevuta intatta, a meno che non consti con certezza che la parte eccedente l'offerta dovuta nella diocesi, fu data in considerazione della persona; è tenuto anche all'obbligo di provvedere alla celebrazione delle Messe, fino a che non avrà ricevuto la prova sia dell'accettazione dell'obbligo sia dell'offerta pervenuta. §2. Il tempo entro il quale debbono essere celebrate le Messe, ha inizio dal giorno in cui il sacerdote che le celebrerà, le riceve, se non consti altro. §3. Coloro che affidano ad altri Messe da celebrare, annotino senza indugio nel registro sia le Messe che hanno ricevuto sia quelle che hanno trasmesso ad altri, segnando anche le loro offerte. §4. Qualsiasi sacerdote deve annotare accuratamente le Messe che ha ricevuto da celebrare e quelle cui ha soddisfatto.
Can. 956 - Tutti e ciascun degli amministratori di cause pie o coloro che in qualunque modo sono obbligati a provvedere alla celebrazione di Messe, sia chierici sia laici, consegnino ai propri Ordinari, secondo modalità che essi dovranno definire, gli oneri di Messe ai quali non si sia soddisfatto entro l'anno.
Can. 957 - Il dovere e il diritto di vigilare sull'adempimento degli oneri di Messe, competono, nelle chiese del clero secolare, all'Ordinario del luogo, nelle chiese degli istituti religiosi o delle società di vita apostolica, ai loro Superiori.
Can. 958 - §1. Il parroco come pure il rettore di una chiesa o di un altro luogo pio ove si è soliti ricevere offerte di Messe, abbiano un registro speciale, nel quale annotino accuratamente il numero delle Messe da celebrare, l'intenzione, l'offerta data e l'avvenuta celebrazione. §2. L'Ordinario è tenuto all'obbligo di prendere visione ogni anno di tali registri, personalmente o tramite altri.




Catéchisme de l'Église Catholique
1183 Le tabernacle doit être situé " dans les églises en un lieu des plus dignes, avec le plus grand honneur " (MF). La noblesse, la disposition et la sécurité du tabernacle eucharistique (SC 128) doivent favoriser l’adoration du Seigneur réellement présent dans le Saint Sacrement de l’autel . Le saint chrême (myron), dont l’onction est le signe sacramentel du sceau du don de l’Esprit Saint est traditionnellement conservé et vénéré dans un lieu sûr du sanctuaire. On peut y joindre l’huile des catéchumènes et celle des malades.
Article 3 Le sacrement de l’Eucharistie
1322 La Sainte Eucharistie achève l’initiation chrétienne. Ceux qui ont été élevés à la dignité du sacerdoce royal par le baptême et configurés plus profondément au Christ par la confirmation, ceux-là, par le moyen de l’Eucharistie, participent avec toute la communauté au sacrifice même du Seigneur.
1323 " Notre Sauveur, à la dernière Cène, la nuit où il était livré, institua le sacrifice eucharistique de son Corps et de son Sang pour perpétuer le sacrifice de la croix au long des siècles, jusqu’à ce qu’il vienne, et pour confier à l’Église, son Épouse bien-aimée, le mémorial de sa mort et de sa résurrection : sacrement de l’amour, signe de l’unité, lien de la charité, banquet pascal dans lequel le Christ est reçu en nourriture, l’âme est comblée de grâce et le gage de la gloire future nous est donné " (SC 47).
I. L’Eucharistie – source et sommet de la vie ecclésiale
1324 L’Eucharistie est " source et sommet de toute la vie chrétienne " (LG 11). " Les autres sacrements ainsi que tous les ministères ecclésiaux et les tâches apostoliques sont tous liés à l’Eucharistie et ordonnés à elle. Car la sainte Eucharistie contient tout le trésor spirituel de l’Église, c’est-à-dire le Christ lui-même, notre Pâque " (PO 5).
1325 " La communion de vie avec Dieu et l’unité du peuple de Dieu, par lesquelles l’Église est elle-même, l’Eucharistie les signifie et les réalise. En elle se trouve le sommet à la fois de l’action par laquelle, dans le Christ, Dieu sanctifie le monde, et du culte qu’en l’Esprit Saint les hommes rendent au Christ et, par lui, au Père " (CdR, instr. " Eucharisticum mysterium " 6).
1326 Enfin, par la célébration eucharistique nous nous unissons déjà à la liturgie du ciel et nous anticipons la vie éternelle quand Dieu sera tout en tous (cf. 1 Co 15, 28).
1327 Bref, l’Eucharistie est le résumé et la somme de notre foi : " Notre manière de penser s’accorde avec l’Eucharistie, et l’Eucharistie en retour confirme notre manière de penser " (S. Irénée, hær. 4, 18, 5).
II. Comment est appelé ce sacrement ?
1328 La richesse inépuisable de ce sacrement s’exprime dans les différents noms qu’on lui donne. Chacun de ces noms en évoque certains aspects. On l’appelle : Eucharistie parce qu’il est action de grâces à Dieu. Les mots eucharistein (Lc 22, 19 ; 1 Co 11, 24) et eulogein (Mt 26, 26 ; Mc 14, 22) rappellent les bénédictions juives qui proclament – surtout pendant le repas – les œuvres de Dieu : la création, la rédemption et la sanctification.
1329 Repas du Seigneur (cf. 1 Co 11, 20) parce qu’il s’agit de la Cène que le Seigneur a pris avec ses disciples la veille de sa passion et de l’anticipation du repas des noces de l’Agneau (cf. Ap 19, 9) dans la Jérusalem céleste. Fraction du Pain parce que ce rite, propre au repas juif, a été utilisé par Jésus lorsqu’il bénissait et distribuait le pain en maître de table (cf. Mt 14, 19 ; 15, 36 ; Mc 8, 6. 19), surtout lors de la dernière Cène (cf. Mt 26, 26 ; 1 Co 11, 24). C’est à ce geste que les disciples le reconnaîtront après sa résurrection (cf. Lc 24, 13-35), et c’est de cette expression que les premiers chrétiens désigneront leurs assemblées eucharistiques (cf. Ac 2, 42. 46 ; 20, 7. 11). Ils signifient par là que tous ceux qui mangent à l’unique pain rompu, le Christ, entrent en communion avec Lui et ne forment plus qu’un seul corps en Lui (cf. 1 Co 10, 16-17). Assemblée eucharistique (synaxis) parce que l’Eucharistie est célébrée en l’assemblée des fidèles, expression visible de l’Église (cf. 1 Co 11, 17-34).
1330 Mémorial de la passion et de la résurrection du Seigneur. Saint Sacrifice, parce qu’il actualise l’unique sacrifice du Christ Sauveur et qu’il inclut l’offrande de l’Église ; ou encore saint sacrifice de la messe, " sacrifice de louange " (He 13, 15 ; cf. Ps 116, 13. 17), sacrifice spirituel (cf. 1 P 2, 5), sacrifice pur (cf. Ml 1, 11) et saint, puisqu’il achève et dépasse tous les sacrifices de l’Ancienne Alliance. Sainte et divine Liturgie, parce que toute la liturgie de l’Église trouve son centre et son expression la plus dense dans la célébration de ce sacrement ; c’est dans le même sens qu’on l’appelle aussi célébration des Saints Mystères. On parle aussi du Très Saint Sacrement parce qu’il est le sacrement des sacrements. On désigne de ce nom les espèces eucharistiques gardées dans le tabernacle.
1331 Communion, parce que c’est par ce sacrement que nous nous unissons au Christ qui nous rend participants de son Corps et de son Sang pour former un seul corps (cf. 1 Co 10, 16-17) ; on l’appelle encore les choses saintes : ta hagia ; sancta (Const. Ap. 8, 13, 12 ; Didaché 9, 5 ; 10, 6) – c’est le sens premier de la " communion des saints " dont parle le Symbole des Apôtres -, pain des anges, pain du ciel, médicament d’immortalité (S. Ignace d’Antioche, Eph. 20, 2), viatique...
1332 Sainte Messe parce que la liturgie dans laquelle s’est accompli le mystère du salut, se termine par l’envoi des fidèles (" missio ") afin qu’ils accomplissent la volonté de Dieu dans leur vie quotidienne.
III. L’eucharistie dans l’économie du salut
Les signes du pain et du vin
1333 Au cœur de la célébration de l’Eucharistie il y a le pain et le vin qui, par les paroles du Christ et par l’invocation de l’Esprit Saint, deviennent le Corps et le Sang du Christ. Fidèle à l’ordre du Seigneur l’Église continue de faire, en mémoire de Lui, jusqu’à son retour glorieux, ce qu’il a fait la veille de sa passion : " Il prit du pain... ", " Il prit la coupe remplie de vin... ". En devenant mystérieusement le Corps et le Sang du Christ, les signes du pain et du vin continuent à signifier aussi la bonté de la création. Ainsi, dans l’Offertoire, nous rendons grâce au Créateur pour le pain et le vin (cf. Ps 104, 13-15), fruit " du travail de l’homme ", mais d’abord " fruit de la terre " et " de la vigne ", dons du Créateur. L’Église voit dans le geste de Melchisédech, roi et prêtre, qui " apporta du pain et du vin " (Gn 14, 18) une préfiguration de sa propre offrande (cf. MR, Canon Romain 95 : " Supra quæ ").
1334 Dans l’Ancienne Alliance, le pain et le vin sont offerts en sacrifice parmi les prémices de la terre, en signe de reconnaissance au Créateur. Mais ils reçoivent aussi une nouvelle signification dans le contexte de l’Exode : Les pains azymes qu’Israël mange chaque année à la Pâque, commémorent la hâte du départ libérateur d’Égypte ; le souvenir de la manne du désert rappellera toujours à Israël qu’il vit du pain de la Parole de Dieu (cf. Dt 8, 3). Enfin, le pain de tous les jours est le fruit de la Terre promise, gage de la fidélité de Dieu à ses promesses. La " coupe de bénédiction " (1 Co 10, 16), à la fin du repas pascal des juifs, ajoute à la joie festive du vin une dimension eschatologique, celle de l’attente messianique du rétablissement de Jérusalem. Jésus a institué son Eucharistie en donnant un sens nouveau et définitif à la bénédiction du pain et de la coupe.
1335 Les miracles de la multiplication des pains, lorsque le Seigneur dit la bénédiction, rompit et distribua les pains par ses disciples pour nourrir la multitude, préfigurent la surabondance de cet unique pain de son Eucharistie (cf. Mt 14, 13-21 ; 15, 32-39). Le signe de l’eau changé en vin à Cana (cf. Jn 2, 11) annonce déjà l’Heure de la glorification de Jésus. Il manifeste l’accomplissement du repas des noces dans le Royaume du Père, où les fidèles boiront le vin nouveau (cf. Mc 14, 25) devenu le Sang du Christ.
1336 La première annonce de l’Eucharistie a divisé les disciples, tout comme l’annonce de la Passion les a scandalisés : " Ce langage-là est trop fort ! Qui peut l’écouter ? " (Jn 6, 60). L’Eucharistie et la croix sont des pierres d’achoppement. C’est le même mystère, et il ne cesse d’être occasion de division. " Voulez-vous partir, vous aussi ? " (Jn 6, 67) : Cette question du Seigneur retentit à travers les âges, invitation de son amour à découvrir que c’est Lui seul qui a " les paroles de la vie éternelle " (Jn 6, 68) et qu’accueillir dans la foi le don de son Eucharistie, c’est l’accueillir Lui-même.
L’institution de l’Eucharistie
1337 Le Seigneur, ayant aimé les siens, les aima jusqu’à la fin. Sachant que l’heure était venue de partir de ce monde pour retourner à son Père, au cours d’un repas, il leur lava les pieds et leur donna le commandement de l’amour (cf. Jn 13, 1-17). Pour leur laisser un gage de cet amour, pour ne jamais s’éloigner des siens et pour les rendre participants de sa Pâque, il institua l’Eucharistie comme mémorial de sa mort et de sa résurrection, et il ordonna à ses apôtres de le célébrer jusqu’à son retour, " les établissant alors prêtres du Nouveau Testament " (Cc. Trente : DS 1740).
1338 Les trois évangiles synoptiques et S. Paul nous ont transmis le récit de l’institution de l’Eucharistie ; de son côté, S. Jean rapporte les paroles de Jésus dans la synagogue de Capharnaüm, paroles qui préparent l’institution de l’Eucharistie : Le Christ se désigne comme le pain de vie, descendu du ciel (cf. Jn 6).
1339 Jésus a choisi le temps de la Pâque pour accomplir ce qu’il avait annoncé à Capharnaüm : donner à ses disciples son Corps et son Sang :
Vint le jour des Azymes, où l’on devait immoler la pâque. [Jésus] envoya alors Pierre et Jean : ‘Allez dit-il, nous préparer la Pâque, que nous la mangions’... Ils s’en allèrent donc ... et préparèrent la Pâque. L’heure venue, il se mit à table avec ses apôtres et leur dit : ‘J’ai désiré avec ardeur manger cette pâque avec vous avant de souffrir ; car je vous le dis, je ne la mangerai jamais plus jusqu’à ce qu’elle s’accomplisse dans le Royaume de Dieu’ ... Puis, prenant du pain et rendant grâces, il le rompit et le leur donna, en disant : ‘Ceci est mon Corps, qui va être donné pour vous ; faites ceci en mémoire de moi’. Il fit de même pour la coupe après le repas, disant : ‘’Cette coupe est la nouvelle Alliance en mon Sang, qui va être versé pour vous’ (Lc 22, 7-20 ; cf. Mt 26, 17-29 ; Mc 14, 12-25 ; 1 Co 11, 23-26).
1340 En célébrant la dernière Cène avec ses apôtres au cours du repas pascal, Jésus a donné son sens définitif à la pâque juive. En effet, le passage de Jésus à son Père par sa mort et sa résurrection, la Pâque nouvelle, est anticipée dans la Cène et célébrée dans l’Eucharistie qui accomplit la pâque juive et anticipe la pâque finale de l’Église dans la gloire du Royaume.
" Faites ceci en mémoire de moi "
1341 Le commandement de Jésus de répéter ses gestes et ses paroles " jusqu’à ce qu’il vienne ", ne demande pas seulement de se souvenir de Jésus et de ce qu’il a fait. Il vise la célébration liturgique, par les apôtres et leurs successeurs, du mémorial du Christ,de sa vie, de sa mort, de sa résurrection et de son intercession auprès du Père.
1342 Dès le commencement l’Église a été fidèle à l’ordre du Seigneur. De l’Église de Jérusalem il est dit : Ils se montraient assidus à l’enseignement des apôtres, fidèles à la communion fraternelle, à la fraction du pain et aux prières... Jour après jour, d’un seul cœur, ils fréquentaient assidûment le Temple et rompaient le pain dans leurs maisons, prenant leur nourriture avec joie et simplicité de cœur (Ac 2, 42. 46).
1343C’était surtout " le premier jour de la semaine ", c’est-à-dire le jour du dimanche, le jour de la résurrection de Jésus, que les chrétiens se réunissaient " pour rompre le pain " (Ac 20, 7). Depuis ces temps-là jusqu’à nos jours la célébration de l’Eucharistie s’est perpétuée, de sorte qu’aujourd’hui nous la rencontrons partout dans l’Église, avec la même structure fondamentale. Elle demeure le centre de la vie de l’Église.
1344 Ainsi, de célébration en célébration, annonçant le mystère pascal de Jésus " jusqu’à ce qu’Il vienne " (1 Co 11, 26), le peuple de Dieu en pèlerinage " s’avance par la porte étroite de la Croix " (AG 1) vers le banquet céleste, quand tous les élus s’assiéront à la table du Royaume.
IV. La célébration liturgique de l’eucharistie
La messe de tous les siècles
1345 Dès le deuxième siècle, nous avons le témoignage de S. Justin le Martyr sur les grandes lignes du déroulement de la célébration eucharistique. Elles sont restées les mêmes jusqu’à nos jours pour toutes les grandes familles liturgiques. Voici ce qu’il écrit, vers 155, pour expliquer à l’empereur païen Antonin le Pieux (138-161) ce que font les chrétiens : [Le jour qu’on appelle jour du soleil, a lieu le rassemblement en un même endroit de tous ceux qui habitent la ville ou la campagne. On lit les mémoires des Apôtres et les écrits des Prophètes, autant que le temps le permet. Quand le lecteur a fini, celui qui préside prend la parole pour inciter et exhorter à l’imitation de ces belles choses. Ensuite, nous nous levons tous ensemble et nous faisons des prières] pour nous-mêmes ... et pour tous les autres, où qu’ils soient, afin que nous soyons trouvés justes par notre vie et nos actions et fidèles aux commandements, pour obtenir ainsi le salut éternel. Quand les prières sont terminées, nous nous donnons un baiser les uns aux autres. Ensuite, on apporte à celui qui préside les frères du pain et une coupe d’eau et de vin mélangés. Il les prend et fait monter louange et gloire vers le Père de l’univers, par le nom du Fils et du Saint-Esprit et il rend grâce (en grec : eucharistian) longuement de ce que nous avons été jugés dignes de ces dons. Quand il a terminé les prières et les actions de grâce, tout le peuple présent pousse une acclamation en disant : Amen. Lorsque celui qui préside a fait l’action de grâce et que le peuple a répondu, ceux que chez nous on appelle diacres distribuent à tous ceux qui sont présents du pain, du vin et de l’eau " eucharistiés " et ils en apportent aux absents (S. Justin, apol. 1, 65 [le texte entre crochets est du chapitre 67]).
1346 La liturgie de l’Eucharistie se déroule selon une structure fondamentale qui s’est conservée à travers les siècles jusqu’à nous. Elle se déploie en deux grands moments qui forment une unité foncière :
– le rassemblement, la liturgie de la Parole, avec les lectures, l’homélie et la prière universelle ;
– la liturgie eucharistique, avec la présentation du pain et du vin, l’action de grâce consécratoire et la communion.
Liturgie de la Parole et liturgie eucharistique constituent ensemble " un seul et même acte du culte " (SC 56) ; en effet, la table dressée pour nous dans l’Eucharistie est à la fois celle de la Parole de Dieu et celle du Corps du Seigneur (cf. DV 21).

1347 N’est-ce pas là le mouvement même du repas pascal de Jésus ressuscité avec ses disciples : chemin faisant, il leur expliquait les Écritures, puis, se mettant à table avec eux, " il prit le pain, dit la bénédiction, le rompit et le leur donna " (cf. Lc 24, 13-35) ?
Le mouvement de la célébration
1348 Tous se rassemblent. Les chrétiens accourent dans un même lieu pour l’assemblée eucharistique. A sa tête le Christ lui-même qui est l’acteur principal de l’Eucharistie. Il est le grand prêtre de la Nouvelle Alliance. C’est Lui-même qui préside invisiblement toute célébration eucharistique. C’est en Le représentant que l’évêque ou le prêtre (agissant " in persona Christi capitis ") préside l’assemblée, prend la parole après les lectures, reçoit les offrandes et dit la prière eucharistique. Tous ont leur part active dans la célébration, chacun à sa manière : les lecteurs, ceux qui apportent les offrandes, ceux qui donnent la communion, et le peuple tout entier dont l’Amen manifeste la participation.
1349 La liturgie de la Parole comporte " les écrits des prophètes ", c’est-à-dire l’Ancien Testament, et " les mémoires des apôtres ", c’est-à-dire leurs épîtres et les Évangiles ; après l’homélie qui exhorte à accueillir cette Parole comme ce qu’elle est vraiment, Parole de Dieu (cf. 1 Th 2, 13), et à la mettre en pratique, viennent les intercessions pour tous les hommes, selon la parole de l’Apôtre : " Je recommande donc, avant tout, qu’on fasse des demandes, des prières, des supplications, des actions de grâces pour tous les hommes, pour les rois et tous les dépositaires de l’autorité " (1 Tm 2, 1-2).
1350 La présentation des oblats (l’offertoire) :on apporte alors, parfois en procession, le pain et le vin à l’autel qui seront offerts par le prêtre au nom du Christ dans le sacrifice eucharistique où ils deviendront le corps et le sang de Celui-ci. C’est le geste même du Christ à la Dernière Cène, " prenant du pain et une coupe ". " Cette oblation, l’Église seule l’offre, pure, au Créateur, en lui offrant avec action de grâce ce qui provient de sa création " (S. Irénée, hær. 4, 18, 4 ; cf. Ml 1, 11). La présentation des oblats à l’autel assume le geste de Melchisédech et confie les dons du créateur entre les mains du Christ. C’est Lui qui, dans Son sacrifice, mène à la perfection toutes les tentatives humaines d’offrir des sacrifices.
1351 Dès le début, les chrétiens apportent, avec le pain et le vin pour l’Eucharistie, leurs dons pour le partage avec ceux qui sont dans le besoin. Cette coutume de la collecte (cf. 1 Co 16, 1), toujours actuelle, s’inspire de l’exemple du Christ qui s’est fait pauvre pour nous enrichir (cf. 2 Co 8, 9) : Ceux qui sont riches et qui veulent, donnent, chacun selon ce qu’il s’est lui-même imposé ; ce qui est recueilli est remis à celui qui préside et lui, il assiste les orphelins et les veuves, ceux que la maladie ou toute autre cause prive de ressources, les prisonniers, les immigrés et, en un mot, il secourt tous ceux qui sont dans le besoin (S. Justin, apol. 1, 67, 6).
1352 L’anaphore : Avec la prière eucharistique, prière d’action de grâce et de consécration, nous arrivons au cœur et au sommet de la célébration : Dans la préface l’Église rend grâce au Père, par le Christ, dans l’Esprit Saint, pour toutes ses œuvres, pour la création, la rédemption et la sanctification. Toute la communauté rejoint alors cette louange incessante que l’Église céleste, les anges et tous les saints, chantent au Dieu trois fois Saint.
1353 Dans l’épiclèse elle demande au Père d’envoyer son Esprit Saint (ou la puissance de sa bénédiction : cf. MR, Canon Romain 90) sur le pain et le vin, afin qu’ils deviennent, par sa puissance, le Corps et le Sang de Jésus-Christ, et que ceux qui prennent part à l’Eucharistie soient un seul corps et un seul esprit (certaines traditions liturgiques placent l’épiclèse après l’anamnèse). Dans le récit de l’institution la force des paroles et de l’action du Christ, et la puissance de l’Esprit Saint, rendent sacramentellement présents sous les espèces du pain et du vin son Corps et son Sang, son sacrifice offert sur la croix une fois pour toutes.
1354 Dans l’anamnèse qui suit, l’Église fait mémoire de la passion, de la résurrection et du retour glorieux du Christ Jésus ; elle présente au Père l’offrande de son Fils qui nous réconcilie avec Lui. Dans les intercessions, l’Église exprime que l’Eucharistie est célébrée en communion avec toute l’Église du ciel et de la terre, des vivants et des défunts, et dans la communion avec les pasteurs de l’Église, le Pape, l’évêque du diocèse, son presbyterium et ses diacres, et tous les évêques du monde entier avec leurs églises.
1355 Dans la communion, précédée de la prière du Seigneur et de la fraction du pain, les fidèles reçoivent " le pain du ciel " et " la coupe du salut ", le Corps et le Sang du Christ qui s’est livré " pour la vie du monde " (Jn 6, 51) : Parce que ce pain et ce vin ont été, selon l’expression ancienne, " eucharistiés ", " nous appelons cette nourriture Eucharistie et personne ne peut y prendre part s’il ne croit pas à la vérité de ce qu’on enseigne chez nous, s’il n’a reçu le bain pour la rémission des péchés et la nouvelle naissance et s’il ne vit selon les préceptes du Christ " (S. Justin, apol. 1, 66, 1-2).
V. Le sacrifice sacramentel : action de grâce, mémorial, présence
1356 Si les chrétiens célèbrent l’Eucharistie depuis les origines, et sous une forme qui, dans sa substance, n’a pas changé à travers la grande diversité des âges et des liturgies, c’est parce que nous nous savons liés par l’ordre du Seigneur, donné la veille de sa passion : " faites ceci en mémoire de moi " (1 Co 11, 24-25).
1357 Cet ordre du Seigneur, nous l’accomplissons en célébrant le mémorial de son sacrifice. Ce faisant, nous offrons au Père ce qu’il nous a Lui-même donné : les dons de sa création, le pain et le vin, devenus, par la puissance de l’Esprit Saint et par les paroles du Christ, le Corps et le Sang du Christ : le Christ est ainsi rendu réellement et mystérieusement présent.
1358 Il nous faut donc considérer l’Eucharistie
– comme action de grâce et louange au Père,
– comme mémorial sacrificiel du Christ et de son Corps,
– comme présence du Christ par la puissance de sa Parole et de son Esprit.
L’action de grâce et la louange au Père
1359 L’Eucharistie, sacrement de notre salut accompli par le Christ sur la croix, est aussi un sacrifice de louange en action de grâce pour l’œuvre de la création. Dans le sacrifice eucharistique, toute la création aimée par Dieu est présentée au Père à travers la mort et la résurrection du Christ. Par le Christ, l’Église peut offrir le sacrifice de louange en action de grâce pour tout ce que Dieu a fait de bon, de beau et de juste dans la création et dans l’humanité.
1360 L’Eucharistie est un sacrifice d’action de grâce au Père, une bénédiction par laquelle l’Église exprime sa reconnaissance à Dieu pour tous ses bienfaits, pour tout ce qu’il a accompli par la création, la rédemption et la sanctification. Eucharistie signifie d’abord : action de grâce.
1361 L’Eucharistie est aussi le sacrifice de louange, par lequel l’Église chante la gloire de Dieu au nom de toute la création. Ce sacrifice de louange n’est possible qu’à travers le Christ : Il unit les fidèles à sa personne, à sa louange et à son intercession, en sorte que le sacrifice de louange au Père est offert par le Christ et avec lui pour être accepté en lui.
Le mémorial sacrificiel du Christ et de son Corps, l’Église
1362 L’Eucharistie est le mémorial de la Pâque du Christ, l’actualisation et l’offrande sacramentelle de son unique sacrifice, dans la liturgie de l’Église qui est son Corps. Dans toutes les prières eucharistiques nous trouvons, après les paroles de l’institution, une prière appelée anamnèse ou mémorial.
1363 Dans le sens de l’Écriture Sainte le mémorial n’est pas seulement le souvenir des événements du passé, mais la proclamation des merveilles que Dieu a accomplies pour les hommes (cf. Ex 13, 3). Dans la célébration liturgique de ces événements, ils deviennent d’une certaine façon présents et actuels. C’est de cette manière qu’Israël comprend sa libération d’Égypte : chaque fois qu’est célébrée la pâque, les événements de l’Exode sont rendus présents à la mémoire des croyants afin qu’ils y conforment leur vie.
1364 Le mémorial reçoit un sens nouveau dans le Nouveau Testament. Quand l’Église célèbre l’Eucharistie, elle fait mémoire de la Pâque du Christ, et celle-ci devient présente : le sacrifice que le Christ a offert une fois pour toutes sur la Croix demeure toujours actuel (cf. He 7, 25-27) : " Toutes les fois que le sacrifice de la croix par lequel le Christ notre pâque a été immolé se célèbre sur l’autel, l’œuvre de notre rédemption s’opère " (LG 3).
1365 Parce qu’elle est mémorial de la Pâque du Christ, l’Eucharistie est aussi un sacrifice. Le caractère sacrificiel de l’Eucharistie est manifesté dans les paroles mêmes de l’institution : " Ceci est mon Corps qui va être donné pour vous " et " Cette coupe est la nouvelle Alliance en mon Sang, qui va être versé pour vous " (Lc 22, 19-20). Dans l’Eucharistie le Christ donne ce corps même qu’il a livré pour nous sur la croix, le sang même qu’il a " répandu pour une multitude en rémission des péchés " (Mt 26, 28).
1366L’Eucharistie est donc un sacrifice parce qu’elle représente (rend présent) le sacrifice de la croix, parce qu’elle en est le mémorial et parce qu’elle en applique le fruit : [Le Christ] notre Dieu et Seigneur, s’offrit lui-même à Dieu le Père une fois pour toutes, mourant en intercesseur sur l’autel de la Croix, afin de réaliser pour eux (les hommes) une rédemption éternelle. Cependant, comme sa mort ne devait pas mettre fin à son sacerdoce (He 7, 24. 27), à la dernière Cène, " la nuit où il fut livré " (1 Co 11, 13), il voulait laisser à l’Église, son épouse bien-aimée, un sacrifice visible (comme le réclame la nature humaine), où serait représenté le sacrifice sanglant qui allait s’accomplir une unique fois sur la croix, dont la mémoire se perpétuerait jusqu’à la fin des siècles (1 Co 11, 23) et dont la vertu salutaire s’appliquerait à la rédemption des péchés que nous commettons chaque jour (Cc. Trente : DS 1740).
1367 Le sacrifice du Christ et le sacrifice de l’Eucharistie sont un unique sacrifice : " C’est une seule et même victime, c’est le même qui offre maintenant par le ministère des prêtres, qui s’est offert lui-même alors sur la Croix. Seule la manière d’offrir diffère " (Cc. Trente, sess. 22a, Doctrina de ss. Missae sacrificio, c. 2 : DS 1743). " Et puisque dans ce divin sacrifice qui s’accomplit à la messe, ce même Christ, qui s’est offert lui-même une fois de manière sanglante sur l’autel de la Croix, est contenu et immolé de manière non sanglante, ce sacrifice est vraiment propitiatoire " (ibid.).
1368 L’Eucharistie est également le sacrifice de l’Église. L’Église, qui est le Corps du Christ, participe à l’offrande de son Chef. Avec Lui, elle est offerte elle-même tout entière. Elle s’unit à son intercession auprès du Père pour tous les hommes. Dans l’Eucharistie, le sacrifice du Christ devient aussi le sacrifice des membres de son Corps. La vie des fidèles, leur louange, leur souffrance, leur prière, leur travail, sont unis à ceux du Christ et à sa totale offrande, et acquièrent ainsi une valeur nouvelle. Le sacrifice du Christ présent sur l’autel donne à toutes les générations de chrétiens la possibilité d’être unis à son offrande. Dans les catacombes, l’Église est souvent représentée comme une femme en prière, les bras largement ouverts en attitude d’orante. Comme le Christ qui a étendu les bras sur la croix, par lui, avec lui et en lui, elle s’offre et intercède pour tous les hommes.
1369 Toute l’Église est unie à l’offrande et à l’intercession du Christ. Chargé du ministère de Pierre dans l’Église, le Pape est associé à toute célébration de l’Eucharistie où il est nommé comme signe et serviteur de l’unité de l’Église Universelle. L’évêque du lieu est toujours responsable de l’eucharistie, même lorsqu’elle est présidée par un prêtre ; son nom y est prononcé pour signifier sa présidence de l’Église particulière, au milieu du presbyterium et avec l’assistance des diacres. La communauté intercède aussi pour tous les ministres qui, pour elle et avec elle, offrent le sacrifice eucharistique : Que cette eucharistie seule soit regardée comme légitime, qui se fait sous la présidence de l’évêque ou de celui qu’il en a chargé (S. Ignace d’Antioche, Smyrn. 8, 1). C’est par le ministère des prêtres que se consomme le sacrifice spirituel des chrétiens, en union avec le sacrifice du Christ, unique Médiateur, offert au nom de toute l’Église dans l’Eucharistie par les mains des prêtres, de manière non sanglante et sacramentelle, jusqu’à ce que vienne le Seigneur lui-même (PO 2).
1370 A l’offrande du Christ s’unissent non seulement les membres qui sont encore ici-bas, mais aussi ceux qui sont déjà dans la gloire du ciel : C’est en communion avec la très Sainte Vierge Marie et en faisant mémoire d’elle, ainsi que de tous les saints et toutes les saintes, que l’Église offre le sacrifice eucharistique. Dans l’Eucharistie l’Église, avec Marie, est comme au pied de la Croix, unie à l’offrande et à l’intercession du Christ.
1371 Le sacrifice eucharistique est aussi offert pour les fidèles défunts " qui sont morts dans le Christ et ne sont pas encore pleinement purifiés " (Cc. Trente : DS 1743), pour qu’ils puissent entrer dans la lumière et la paix du Christ : Enterrez ce corps n’importe où ! Ne vous troublez pas pour lui d’aucun souci ! Tout ce que je vous demande, c’est de vous souvenir de moi à l’autel du Seigneur où que vous soyez " (S. Monique, avant sa mort, à S. Augustin et son frère ; conf. 9, 11, 27). Ensuite, nous prions [dans l’anaphore] pour les saints pères et évêques endormis, et en général pour tous ceux qui se sont endormis avant nous, en croyant qu’il y aura très grand profit pour les âmes, en faveur desquelles la supplication est offerte, tandis que se trouve présente la sainte et si redoutable victime... En présentant à Dieu nos supplications pour ceux qui se sont endormis, fussent-ils pécheurs, nous ... présentons le Christ immolé pour nos péchés, rendant propice, pour eux et pour nous, le Dieu ami des hommes (S. Cyrille de Jérusalem, catech. myst. 5, 9. 10 : PG 33, 1116B-1117A).
1372 S. Augustin a admirablement résumé cette doctrine qui nous incite à une participation de plus en plus complète au sacrifice de notre Rédempteur que nous célébrons dans l’Eucharistie : Cette cité rachetée tout entière, c’est-à-dire l’assemblée et la société des saints, est offerte à Dieu comme un sacrifice universel par le Grand Prêtre qui, sous la forme d’esclave, est allé jusqu’à s’offrir pour nous dans sa passion, pour faire de nous le corps d’un si grand Chef ... Tel est le sacrifice des chrétiens : " à plusieurs, n’être qu’un seul corps dans le Christ " (Rm 12, 5). Et ce sacrifice, l’Église ne cesse de le reproduire dans le Sacrement de l’autel bien connu des fidèles, où il lui est montré que dans ce qu’elle offre, elle est elle-même offerte (S. Augustin, civ. 10, 6).
La présence du Christ par la puissance de sa Parole et de l’Esprit Saint

1373 " Le Christ Jésus qui est mort, qui est ressuscité, qui est à la droite de Dieu, qui intercède pour nous " (Rm 8, 34), est présent de multiples manières à son Église (cf. LG 48) : dans sa Parole, dans la prière de son Église, " là où deux ou trois sont rassemblés en mon nom " (Mt 18, 20), dans les pauvres, les malades, les prisonniers (Mt 25, 31-46), dans ses sacrements dont il est l’auteur, dans le sacrifice de la messe et en la personne du ministre. Mais " au plus haut point (il est présent) sous les espèces eucharistiques " (SC 7).
1374 Le mode de présence du Christ sous les espèces eucharistiques est unique. Il élève l’Eucharistie au-dessus de tous les sacrements et en fait " comme la perfection de la vie spirituelle et la fin à laquelle tendent tous les sacrements " (S. Thomas d’A., s. th. 3, 73, 3). Dans le très saint sacrement de l’Eucharistie sont " contenus vraiment, réellement et substantiellement le Corps et le Sang conjointement avec l’âme et la divinité de notre Seigneur Jésus-Christ, et, par conséquent, le Christ tout entier " (Cc Trente : DS 1651). " Cette présence, on la nomme ‘réelle’, non à titre exclusif, comme si les autres présences n’étaient pas ‘réelles’, mais par excellence parce qu’elle est substantielle, et que par elle le Christ, Dieu et homme, se rend présent tout entier " (MF 39).
1375 C’est par la conversion du pain et du vin au le Corps et au Sang du Christ que le Christ devient présent en ce sacrement. Les Pères de l’Église ont fermement affirmé la foi de l’Église en l’efficacité de la Parole du Christ et de l’action de l’Esprit Saint pour opérer cette conversion.
Ainsi, S. Jean Chrysostome déclare :
Ce n’est pas l’homme qui fait que les choses offertes deviennent Corps et Sang du Christ, mais le Christ lui-même qui a été crucifié pour nous. Le prêtre, figure du Christ, prononce ces paroles, mais leur efficacité et la grâce sont de Dieu. Ceci est mon Corps, dit-il. Cette parole transforme les choses offertes (prod. Jud. 1, 6 : PG 49, 380C).
Et saint Ambroise dit au sujet de cette conversion :
Soyons bien persuadés que ceci n’est pas ce que la nature a formé, mais ce que la bénédiction a consacré, et que la force de la bénédiction l’emporte sur celle de la nature, parce que par la bénédiction la nature elle-même se trouve changée ... La parole du Christ, qui a pu faire de rien ce qui n’existait pas, ne pourrait donc changer les choses existantes en ce qu’elles n’étaient pas encore ? Car ce n’est pas moins de donner aux choses leur nature première que de la leur changer (myst. 9, 50. 52 : PL 16, 405-406).
1376 Le Concile de Trente résume la foi catholique en déclarant : " Parce que le Christ, notre Rédempteur, a dit que ce qu’il offrait sous l’espèce du pain était vraiment son Corps, on a toujours eu dans l’Église cette conviction, que déclare le saint Concile de nouveau : par la consécration du pain et du vin s’opère le changement de toute la substance du pain en la substance du Corps du Christ notre Seigneur et de toute la substance du vin en la substance de son Sang ; ce changement, l’Église catholique l’a justement et exactement appelé transsubstantiation " (DS 1642).
1377 La présence eucharistique du Christ commence au moment de la consécration et dure aussi longtemps que les espèces eucharistiques subsistent. Le Christ est tout entier présent dans chacune des espèces et tout entier dans chacune de leurs parties, de sorte que la fraction du pain ne divise pas le Christ (cf. Cc. Trente : DS 1641).
1378 Le culte de l’Eucharistie. Dans la liturgie de la messe, nous exprimons notre foi en la présence réelle du Christ sous les espèces du pain et du vin, entre autres, en fléchissant les genoux, ou en nous inclinant profondément en signe d’adoration du Seigneur. " L’Église catholique a rendu et continue de rendre ce culte d’adoration qui est dû au sacrement de l’Eucharistie non seulement durant la messe, mais aussi en dehors de sa célébration : en conservant avec le plus grand soin les hosties consacrées, en les présentant aux fidèles pour qu’ils les vénèrent avec solennité, en les portant en procession " (MF 56).
1379 La sainte réserve (tabernacle) était d’abord destinée à garder dignement l’Eucharistie pour qu’elle puisse être portée aux malades et aux absents en dehors de la messe. Par l’approfondissement de la foi en la présence réelle du Christ dans son Eucharistie, l’Église a pris conscience du sens de l’adoration silencieuse du Seigneur présent sous les espèces eucharistiques. C’est pour cela que le tabernacle doit être placé à un endroit particulièrement digne de l’église ; il doit être construit de telle façon qu’il souligne et manifeste la vérité de la présence réelle du Christ dans le saint sacrement.
1380 Il est hautement convenable que le Christ ait voulu rester présent à son Église de cette façon unique. Puisque le Christ allait quitter les siens sous sa forme visible, il voulait nous donner sa présence sacramentelle ; puisqu’il allait s’offrir sur la Croix pour nous sauver, il voulait que nous ayons le mémorial de l’amour dont il nous a aimés " jusqu’à la fin " (Jn 13, 1), jusqu’au don de sa vie. En effet, dans sa présence eucharistique il reste mystérieusement au milieu de nous comme celui qui nous a aimés et qui s’est livré pour nous (cf. Ga 2, 20), et il le reste sous les signes qui expriment et communiquent cet amour :
L’Église et le monde ont un grand besoin du culte eucharistique. Jésus nous attend dans ce sacrement de l’amour. Ne refusons pas le temps pour aller Le rencontrer dans l’adoration, dans la contemplation pleine de foi et ouverte à réparer les fautes graves et les délits du monde. Que ne cesse jamais notre adoration (Jean Paul II, l. " Dominicæ cenæ " 3).
1381 " La présence du véritable Corps du Christ et du véritable Sang du Christ dans ce sacrement, ‘on ne l’apprend point par les sens, dit S. Thomas, mais par la foi seule, laquelle s’appuie sur l’autorité de Dieu’. C’est pourquoi, commentant le texte de S. Luc, 22, 19 : ‘Ceci est mon Corps qui sera livré pour vous’, saint Cyrille d’Alexandrie (Lc. 22, 19 : PG 72, 921B) déclare : ‘Ne va pas te demander si c’est vrai, mais accueille plutôt avec foi les paroles du Seigneur, parce que lui, qui est la Vérité, ne ment pas’ " (Thomas d’A., s. th. 3, 75, 1 cité par Paul VI, MF 18) :
Adoro te devote, latens Deitas,
Quæ sub his figuris vere latitas :
Tibi se cor meum totum subjicit,
Quia te contemplans totum deficit.
Je T’adore profondément, divinité cachée,
vraiment présente sous ces apparences ;
à Toi mon cœur se soumet tout entier
parce qu’à Te contempler, tout entier il défaille
Visus, gustus, tactus in te fallitur,
Sed auditu solo tuto creditur :
Credo quidquid dixit Dei Filius :
Nil hoc Veritatis verbo verius.
La vue, le goût, le toucher ne T’atteignent pas :
à ce qu’on entend dire seulement il faut se fier ;
je crois tout ce qu’a dit le Fils de Dieu ;
rien de plus vrai que cette parole de la Vérité.
VI. Le banquet pascal
1382 La messe est à la fois et inséparablement le mémorial sacrificiel dans lequel se perpétue le sacrifice de la croix, et le banquet sacré de la communion au Corps et au Sang du Seigneur. Mais la célébration du sacrifice eucharistique est toute orientée vers l’union intime des fidèles au Christ par la communion. Communier, c’est recevoir le Christ lui-même qui s’est offert pour nous.
1383 L’autel, autour duquel l’Église est rassemblée dans la célébration de l’Eucharistie, représente les deux aspects d’un même mystère : l’autel du sacrifice et la table du Seigneur, et ceci d’autant plus que l’autel chrétien est le symbole du Christ lui-même, présent au milieu de l’assemblée de ses fidèles, à la fois comme la victime offerte pour notre réconciliation et comme aliment céleste qui se donne à nous. " Qu’est-ce en effet l’autel du Christ sinon l’image du Corps du Christ ? " – dit S. Ambroise (sacr. 5, 7 : PL 16, 447C), et ailleurs : " L’autel représente le Corps [du Christ], et le Corps du Christ est sur l’autel " (sacr. 4, 7 : PL 16, 437D). La liturgie exprime cette unité du sacrifice et de la communion dans de nombreuses prières. Ainsi, l’Église de Rome prie dans son anaphore :
Supplices te rogamus, omnipotens Deus, jube hæc perferri per manus sancti Angeli tui in sublime altare tuum, in conspectu divinæ majestatis : ut quotquot ex hac altaris participatione sacrosanctum Filii tui Corpus et Sanguinem sumpserimus, omni benedictione cælesti et gratia repleamur. Nous T’en supplions, Dieu Tout-Puissant : que [cette offrande] soit portée par ton ange en présence de ta gloire, sur ton autel céleste, afin qu’en recevant ici, par notre communion à cet autel, le corps et le sang de ton Fils, nous soyons comblés de ta grâce et de tes bénédictions.
" Prenez et mangez en tous " : la communion
1384 Le Seigneur nous adresse une invitation pressante à le recevoir dans le sacrement de l’Eucharistie : " En vérité, en vérité, je vous le dis, si vous ne mangez la Chair du Fils de l’homme et ne buvez son Sang, vous n’aurez pas la vie en vous " (Jn 6, 53).
1385 Pour répondre à cette invitation, nous devons nous préparer à ce moment si grand et si saint. S. Paul exhorte à un examen de conscience : " Quiconque mange ce pain ou boit cette coupe du Seigneur indignement aura à répondre du Corps et du Sang du Seigneur. Que chacun donc s’éprouve soi-même et qu’il mange alors de ce pain et boive de cette coupe ; car celui qui mange et boit, mange et boit sa propre condamnation, s’il n’y discerne le Corps " (1 Co 11, 27-29). Celui qui est conscient d’un péché grave doit recevoir le sacrement de la Réconciliation avant d’accéder à la communion.
1386 Devant la grandeur de ce sacrement, le fidèle ne peut que reprendre humblement et avec une foi ardente la parole du Centurion (cf. Mt 8, 8) : " Domine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum, sed tantum dic verbum, et sanabitur anima mea " (" Seigneur, je ne suis pas digne de te recevoir, mais dis seulement une parole et je serai guéri "). Et dans la Divine Liturgie de S. Jean Chrysostome, les fidèles prient dans le même esprit : A ta cène mystique fais-moi communier aujourd’hui, ô Fils de Dieu. Car je ne dirai pas le Secret à tes ennemis, ni ne te donnerai le baiser de Judas. Mais, comme le larron, je te crie : Souviens-toi de moi, Seigneur, dans ton royaume.
1387 Pour se préparer convenablement à recevoir ce sacrement, les fidèles observeront le jeûne prescrit dans leur Église (cf. CIC, can. 919). L’attitude corporelle (gestes, vêtement) traduira le respect, la solennité, la joie de ce moment où le Christ devient notre hôte.
1388 Il est conforme au sens même de l’Eucharistie que les fidèles, s’ils ont les dispositions requises (cf. CIC 916), communient quand ils participent à la messe (Dans la même journée, les fidèles peuvent recevoir la très Sainte Communion deux fois, et seulement deux fois [cf. Pontificia Commissio Codicis Iuris Canonici authentice interpretando, Responsa ad proposita dubia, 1 : AAS 76 (1984), p. 746]) : " Il est vivement recommandé aux fidèles de participer à la Messe de façon plus parfaite en recevant aussi, après la communion du prêtre, le corps du Seigneur du même sacrifice " (SC 55).
1389 L’Église fait obligation aux fidèles de participer les dimanches et les jours de fête à la divine liturgie (cf. OE 15) et de recevoir au moins une fois par an l’Eucharistie, si possible au temps pascal (cf. CIC, can. 920), préparés par le sacrement de la Réconciliation. Mais l’Église recommande vivement aux fidèles de recevoir la sainte Eucharistie les dimanches et les jours de fête, ou plus souvent encore, même tous les jours.
1390 Grâce à la présence sacramentelle du Christ sous chacune des espèces, la communion à la seule espèce du pain permet de recevoir tout le fruit de grâce de l’Eucharistie. Pour des raisons pastorales, cette manière de communier s’est légitimement établie comme la plus habituelle dans le rite latin. " La sainte communion réalise plus pleinement sa forme de signe lorsqu’elle se fait sous les deux espèces. Car, sous cette forme, le signe du banquet eucharistique est mis plus pleinement en lumière " (IGMR 240). C’est la forme habituelle de communier dans les rites orientaux.
Les fruits de la communion
1391 La communion accroît notre union au Christ. Recevoir l’Eucharistie dans la communion porte comme fruit principal l’union intime au Christ Jésus. Le Seigneur dit en effet : " Qui mange ma Chair et boit mon Sang demeure en moi et moi en lui " (Jn 6, 56). La vie en Christ trouve son fondement dans le banquet eucharistique : " De même qu’envoyé par le Père, qui est vivant, moi, je vis par le Père, de même, celui qui me mange, vivra, lui aussi, par moi " (Jn 6, 57) :
Lorsque dans les fêtes du Seigneur les fidèles reçoivent le Corps du Fils, ils proclament les uns aux autres la Bonne Nouvelle que les arrhes de la vie sont donnés, comme lorsque l’ange dit à Marie de Magdala : " Le Christ est ressuscité ! " Voici que maintenant aussi la vie et la résurrection sont conférées à celui qui reçoit le Christ (Fanqîth, Office syriaque d’Antioche, volume 1, Commun, 237a-b).
1392 Ce que l’aliment matériel produit dans notre vie corporelle, la communion le réalise de façon admirable dans notre vie spirituelle. La communion à la Chair du Christ ressuscité, " vivifiée par l’Esprit Saint et vivifiante " (PO 5), conserve, accroît et renouvelle la vie de grâce reçue au Baptême. Cette croissance de la vie chrétienne a besoin d’être nourrie par la communion eucharistique, pain de notre pèlerinage, jusqu’au moment de la mort, où il nous sera donné comme viatique.
1393 La communion nous sépare du péché. Le Corps du Christ que nous recevons dans la communion est " livré pour nous ", et le Sang que nous buvons, est " versé pour la multitude en rémission des péchés ". C’est pourquoi l’Eucharistie ne peut pas nous unir au Christ sans nous purifier en même temps des péchés commis et nous préserver des péchés futurs : " Chaque fois que nous le recevons, nous annonçons la mort du Seigneur " (1 Co 11, 26). Si nous annonçons la mort du Seigneur, nous annonçons la rémission des péchés. Si, chaque fois que son Sang est répandu, il est répandu pour la rémission des péchés, je dois toujours le recevoir, pour que toujours il remette mes péchés. Moi qui pèche toujours, je dois avoir toujours un remède (S. Ambroise, sacr. 4, 28 : PL 16, 446A).
1394 Comme la nourriture corporelle sert à restaurer la perte des forces, l’Eucharistie fortifie la charité qui, dans la vie quotidienne, tend à s’affaiblir ; et cette charité vivifiée efface les péchés véniels (cf. Cc. Trente : DS 1638). En se donnant à nous, le Christ ravive notre amour et nous rend capables de rompre les attachements désordonnés aux créatures et de nous enraciner en Lui : Puisque le Christ est mort pour nous par amour, lorsque nous faisons mémoire de sa mort au moment du sacrifice, nous demandons que l’amour nous soit accordé par la venue du Saint-Esprit ; nous prions humblement qu’en vertu de cet amour, par lequel le Christ a voulu mourir pour nous, nous aussi, en recevant la grâce du Saint-Esprit, nous puissions considérer le monde comme crucifié pour nous, et être nous-mêmes crucifiés pour le monde... Ayant reçu le don de l’amour, mourons au péché et vivons pour Dieu (S. Fulgence de Ruspe, Fab. 28, 16-19 : CCL 19A, 813-814 : LH, sem. 28, lundi, off. lect.).
1395 Par la même charité qu’elle allume en nous, l’Eucharistie nous préserve des péchés mortels futurs. Plus nous participons à la vie du Christ et plus nous progressons dans son amitié, plus il nous est difficile de rompre avec Lui par le péché mortel. L’Eucharistie n’est pas ordonnée au pardon des péchés mortels. Ceci est propre au sacrement de la Réconciliation. Le propre de l’Eucharistie est d’être le sacrement de ceux qui sont dans la pleine communion de l’Église.
1396 L’unité du Corps mystique : l’Eucharistie fait l’Église. Ceux qui reçoivent l’Eucharistie sont unis plus étroitement au Christ. Par là même, le Christ les unit à tous les fidèles en un seul corps : l’Église. La communion renouvelle, fortifie, approfondit cette incorporation à l’Église déjà réalisée par le Baptême. Dans le Baptême nous avons été appelés à ne faire qu’un seul corps (cf. 1 Co 12, 13). L’Eucharistie réalise cet appel : " La coupe de bénédiction que nous bénissons n’est-elle pas communion au Sang du Christ ? Le pain que nous rompons, n’est-il pas communion au Corps du Christ ? Puisqu’il n’y a qu’un pain, à nous tous nous ne formons qu’un corps, car tous nous avons part à ce pain unique " (1 Co 10, 16-17) : Si vous êtes le corps du Christ et ses membres, c’est votre sacrement qui est placé sur la table du Seigneur, vous recevez votre sacrement. Vous répondez " Amen " (" oui, c’est vrai ! ") à ce que vous recevez, et vous y souscrivez en répondant. Tu entends ce mot : " le Corps du Christ " et tu réponds : " Amen ". Sois donc un membre du Christ pour que soit vrai ton Amen (S. Augustin, serm. 272 : PL 38, 1247).
1397 L’Eucharistie engage envers les pauvres : Pour recevoir dans la vérité le Corps et le Sang du Christ livrés pour nous, nous devons reconnaître le Christ dans les plus pauvres, Ses frères (cf. Mt 25, 40) : Tu as goûté au sang du Seigneur et tu ne reconnais pas même ton frère. Tu déshonores cette table même, en ne jugeant pas digne de partager ta nourriture celui qui a été jugé digne de prendre part à cette table. Dieu t’a libéré de tous tes péchés et t’y a invité. Et toi, pas même alors, tu n’es devenu plus miséricordieux (S. Jean Chrysostome, hom. in 1 Cor. 27, 4 : PG 61, 229-230).
1398 L’Eucharistie et l’unité des chrétiens. Devant la grandeur de ce mystère, S. Augustin s’écrie : " O sacrement de la piété ! O signe de l’unité ! O lien de la charité ! " (ev. Jo. 26, 6, 13 ; cf. SC 47). D’autant plus douloureuses se font ressentir les divisions de l’Église qui rompent la commune participation à la table du Seigneur, d’autant plus pressantes sont les prières au Seigneur pour que reviennent les jours de l’unité complète de tous ceux qui croient en Lui.
1399 Les Églises orientales qui ne sont pas en pleine communion avec l’Église catholique célèbrent l’Eucharistie avec un grand amour. " Ces Églises, bien que séparées, ont de vrais sacrements, – principalement, en vertu de la succession apostolique : le Sacerdoce et l’Eucharistie, – qui les unissent intimement à nous " (UR 15). Une certaine communion in sacris, donc dans l’Eucharistie, est " non seulement possible, mais même recommandée, lors de circonstances favorables et avec l’approbation de l’autorité ecclésiastique " (UR 15 ; cf. CIC, can. 844, § 3).
1400 Les communautés ecclésiales issues de la Réforme, séparées de l’Église catholique, " en raison surtout de l’absence du sacrement de l’Ordre, n’ont pas conservé la substance propre et intégrale du mystère eucharistique " (UR 22). C’est pour cette raison que, pour l’Église catholique, l’intercommunion eucharistique avec ces communautés n’est pas possible. Cependant, ces communautés ecclésiales, " lorsqu’elles font mémoire dans la sainte Cène de la mort et de la résurrection du Seigneur, professent que la vie consiste dans la communion au Christ et attendent son retour glorieux " (UR 22).
1401 Lorsqu’une nécessité grave se fait pressente, selon le jugement de l’ordinaire, les ministres catholiques peuvent donner les sacrements (Eucharistie, pénitence, onction des malades) aux autres chrétiens qui ne sont pas en pleine communion avec l’Église catholique, mais qui les demandent de leur plein gré : il faut alors qu’ils manifestent la foi catholique concernant ces sacrements et qu’ils se trouvent dans les dispositions requises (cf. CIC, can. 844, § 4).
VII. L’eucharistie – " pignus futurae gloriae "
1402 Dans une antique prière, l’Église acclame le mystère de l’Eucharistie : " O sacrum convivium in quo Christus sumitur. Recolitur memoria passionis eius ; mens impletur gratia et futuræ gloriæ nobis pignus datur " (O banquet sacré où le Christ est notre aliment, où est ravivé le souvenir de sa passion, où la grâce emplit notre âme, où nous est donné le gage de la vie à venir). Si l’Eucharistie est le mémorial de la Pâque du Seigneur, si par notre communion à l’autel, nous sommes comblés " de toute bénédiction céleste et grâce " (MR, Canon Romain 96 : " Supplices te rogamus "), l’Eucharistie est aussi l’anticipation de la gloire céleste.
1403 Lors de la dernière cène, le Seigneur a lui-même tourné le regard de ses disciples vers l’accomplissement de la Pâque dans le royaume de Dieu : " Je vous le dis, je ne boirai plus désormais de ce produit de la vigne jusqu’au jour où je boirai avec vous le vin nouveau dans le Royaume de mon Père " (Mt 26, 29 ; cf. Lc 22, 18 ; Mc 14, 25). Chaque fois que l’Église célèbre l’Eucharistie, elle se souvient de cette promesse et son regard se tourne vers " Celui qui vient " (Ap 1, 4). Dans sa prière, elle appelle sa venue : " Marana tha " (1 Co 16, 22), " Viens, Seigneur Jésus " (Ap 22, 20), " Que ta grâce vienne et que ce monde passe ! " (Didaché 10, 6).
1404 L’Église sait que, dès maintenant, le Seigneur vient dans son Eucharistie, et qu’il est là, au milieu de nous. Cependant, cette présence est voilée. C’est pour cela que nous célébrons l’Eucharistie " expectantes beatam spem et adventum Salvatoris nostri Jesu Christi " (en attendant la bienheureuse espérance et l’avénement de notre Sauveur Jésus-Christ – Embolisme après le Notre Père ; cf. Tt 2, 13), en demandant " d’être comblés de ta gloire, dans ton Royaume, tous ensemble et pour l’éternité, quand Tu essuieras toute larme de nos yeux ; en Te voyant, Toi notre Dieu, tel que Tu es, nous Te serons semblables éternellement, et sans fin nous chanterons ta louange, par le Christ, notre Seigneur " (MR, prière eucharistique III, 116 : prière pour les défunts).
1405 De cette grande espérance, celle des cieux nouveaux et de la terre nouvelle en lesquels habitera la justice (cf. 2 P 3, 13), nous n’avons pas de gage plus sûr, de signe plus manifeste que l’Eucharistie. En effet, chaque fois qu’est célébré ce mystère, " l’œuvre de notre rédemption s’opère " (LG 3) et nous " rompons un même pain qui est remède d’immortalité, antidote pour ne pas mourir, mais pour vivre en Jésus-Christ pour toujours " (S. Ignace d’Antioche, Eph. 20, 2).
1406 Jésus dit : " Je suis le pain vivant, descendu du ciel. Qui mangera ce pain vivra à jamais... Qui mange ma Chair et boit mon Sang a la vie éternelle ... il demeure en moi et moi en lui " (Jn 6, 51. 54. 56).
1407 L’eucharistie est le cœur et le sommet de la vie de l’Église car en elle le Christ associe son Église et tous ses membres à son sacrifice de louange et d’action de grâces offert une fois pour toutes sur la Croix à son Père ; par ce sacrifice il répand les grâces du salut sur son Corps, qui est l’Église.
1408 La célébration eucharistique comporte toujours : la proclamation de la Parole de Dieu, l’action de grâce à Dieu le Père pour tous ses bienfaits, surtout pour le don de son Fils, la consécration du pain et du vin et la participation au banquet liturgique par la réception du Corps et du Sang du Seigneur. Ces éléments constituent un seul et même acte de culte.
1409 L’Eucharistie est le mémorial de la Pâque du Christ : c’est-à-dire de l’œuvre du salut accomplie par la vie, la mort et la résurrection du Christ, œuvre rendue présente par l’action liturgique.
1410 C’est le Christ lui-même, grand prêtre éternel de la nouvelle Alliance, qui, agissant par le ministère des prêtres, offre le sacrifice eucharistique. Et c’est encore le même Christ, réellement présent sous les espèces du pain et du vin, qui est l’offrande du sacrifice eucharistique.
1411 Seuls les prêtres validement ordonnés peuvent présider l’Eucharistie et consacrer le pain et le vin pour qu’ils deviennent le Corps et le Sang du Seigneur.
1412 Les signes essentiels du sacrement eucharistique sont le pain de blé et le vin du vignoble, sur lesquels est invoquée la bénédiction de l’Esprit Saint et le prêtre prononce les paroles de la consécration dites par Jésus pendant la dernière cène : " Ceci est mon corps livré pour vous ... Ceci est la coupe de mon sang ... "
1413 Par la consécration s’opère la transsubstantiation du pain et du vin dans le Corps et le Sang du Christ. Sous les espèces consacrées du pain et du vin, le Christ lui-même, vivant et glorieux, est présent de manière vraie, réelle et substantielle, son Corps et son Sang, avec son âme et sa divinité (cf. Cc. Trente : DS 1640 ; 1651).
1414 En tant que sacrifice, l’Eucharistie est aussi offerte en réparation des péchés des vivants et des défunts, et pour obtenir de Dieu des bienfaits spirituels ou temporels.
1415 Celui qui veut recevoir le Christ dans la Communion eucharistique doit se trouver en état de grâce. Si quelqu’un a conscience d’avoir péché mortellement, il ne doit pas accéder à l’Eucharistie sans avoir reçu préalablement l’absolution dans le sacrement de Pénitence.
1416 La sainte Communion au Corps et au Sang du Christ accroît l’union du communiant avec le Seigneur, lui remet les péchés véniels et le préserve des péchés graves. Puisque les liens de charité entre le communiant et le Christ sont renforcés, la réception de ce sacrement renforce l’unité de l’Église, Corps mystique du Christ.
1417 L’Église recommande vivement aux fidèles de recevoir la sainte communion quand ils participent à la célébration de l’Eucharistie ; elle leur en fait obligation au moins une fois par an.
1418 Puisque le Christ lui-même est présent dans le Sacrement de l’Autel, il faut l’honorer d’un culte d’adoration. " La visite au Très Saint Sacrement est une preuve de gratitude, un signe d’amour et un devoir d’adoration envers le Christ, notre Seigneur " (MF).
1419 Le Christ ayant passé de ce monde au Père, nous donne dans l’Eucharistie le gage de la gloire auprès de Lui : la participation au Saint Sacrifice nous identifie avec son Cœur, soutient nos forces au long du pèlerinage de cette vie, nous fait souhaiter la Vie éternelle et nous unit déjà à l’Église du Ciel, à la Sainte Vierge Marie et à tous les Saints.

CODEX IURIS CANONICIS (Roman Catholic Church--Code of Law)


Auctoritatae Ioannis Pauli PP. II Promulgatus
Datum Romae, die xxv Ianuarii, anno MCMLXXXIII

TITRE III
LA TRÈS SAINTE EUCHARISTIE

Can. 897 - Le Sacrement le plus vénérable est la très sainte Eucharistie dans laquelle le Christ Seigneur lui-même est contenu, offert et reçu, et par laquelle l'Église vit et croît continuellement. Le Sacrifice eucharistique, mémorial de la mort et de la résurrection du Seigneur, dans lequel le Sacrifice de la croix est perpétué au long des siècles, est le sommet et la source de tout le culte et de toute la vie chrétienne, par lequel est signifiée et réalisée l'unité du peuple de Dieu et s'achève la construction du Corps du Christ. En effet, les autres sacrements et toutes les oeuvres d'apostolat de l'Église sont étroitement liés à la très sainte Eucharistie et y sont ordonnés.
Can. 898 - Les fidèles auront en très grand honneur la très sainte Eucharistie, en participant activement à la célébration du très auguste Sacrifice, en recevant ce sacrement avec dévotion et fréquemment, et en lui rendant le culte éminent d'adoration; les pasteurs d'âmes instruiront soigneusement les fidèles de cette obligation, en mettant en valeur la doctrine sur ce sacrement.

Chapitre I
LA CÉLÉBRATION EUCHARISTIQUE
Can. 899 - § 1. La célébration eucharistique est action du Christ lui-même et de l'Église, dans laquelle le Christ Seigneur, présent substantiellement sous les espèces du pain et du vin, s'offre lui-même par le ministère du prêtre à Dieu le Père, et se donne en nourriture spirituelle aux fidèles unis à son offrande.
§ 2. Dans la Synaxe eucharistique, le peuple de Dieu est convoqué en assemblée sous la présidence de l'Évêque ou du prêtre sous l'autorité de l'Évêque, agissant en la personne du Christ, et tous les fidèles qui y assistent, clercs ou laïcs, y concourent en prenant une part active, chacun selon son mode propre, suivant la diversité des ordres et des fonctions liturgiques.
§ 3. La célébration eucharistique sera organisée de telle sorte que tous ceux qui y participent en retirent des fruits abondants, pour l'obtention desquels le Christ Seigneur a institué le Sacrifice eucharistique.
Art. I
Le ministre de la très sainte Eucharistie
Can. 900 - § 1. Seul le prêtre validement ordonné est le ministre qui, en la personne du Christ, peut réaliser le sacrement de l'Eucharistie.
§ 2. Le prêtre non empêché par la loi canonique célèbre licitement l'Eucharistie en observant les dispositions des canons qui suivent.
Can. 901 - Le prêtre a la liberté d'appliquer la Messe tant pour les vivants que pour les défunts.
Can. 902 - À moins que l'utilité des fidèles ne requière ou ne conseille autre chose, les prêtres peuvent concélébrer l'Eucharistie, étant respectée la liberté pour chacun de la célébrer individuellement, mais pas quand il y a une concélébration dans la même église ou le même oratoire.
Can. 903 - Un prêtre, même inconnu du recteur de l'église, sera admis par lui à célébrer pourvu qu'il lui présente les lettres de recommandation de son Ordinaire ou de son Supérieur, délivrées au moins dans l'année, ou que le recteur puisse juger prudemment que rien ne l'empêche de célébrer.
Can. 904 - Que les prêtres célèbrent fréquemment, ayant toujours présent à l'esprit le fait que l'oeuvre de la rédemption se réalise continuellement dans le mystère du Sacrifice eucharistique; bien plus, leur est vivement recommandée la célébration quotidienne qui est vraiment, même s'il ne peut y avoir la présence de fidèles, action du Christ et de l'Église, dans la réalisation de laquelle les prêtres accomplissent leur principale fonction.
Can. 905 - § 1. Il n'est pas permis à un prêtre de célébrer plus d'une fois par jour, sauf dans les cas où, selon le droit, il est permis de célébrer ou de concélébrer plus d'une fois l'Eucharistie le même jour.
§ 2. S'il y a pénurie de prêtres, l'Ordinaire du lieu peut permettre, pour une juste cause, que les prêtres célèbrent deux fois par jour, et même, lorsque la nécessité pastorale l'exige, trois fois les dimanches et les jours de fêtes d'obligation.
Can. 906 - Le prêtre ne célébrera pas le Sacrifice eucharistique sans la participation d'un fidèle au moins, sauf pour une cause juste et raisonnable.
Can. 907 - Dans la célébration eucharistique, il n'est permis ni aux diacres ni aux laïcs de réciter les prières, surtout la prière eucharistique, ou de remplir les actes propres au prêtre célébrant.
Can. 908 - Il est interdit aux prêtres catholiques de concélébrer l'Eucharistie avec des prêtres ou des ministres d'Églises ou de communautés ecclésiales qui n'ont pas la pleine communion avec l'Église catholique.
Can. 909 - Que le prêtre n'omette pas de se préparer dûment par la prière à célébrer le Sacrifice eucharistique et de rendre grâces à Dieu après la célébration.
Can. 910 - § 1. Les ministres ordinaires de la sainte communion sont l'Évêque, le prêtre et le diacre. § 2. Les ministres extraordinaires de la sainte communion sont l'acolyte et tout autre fidèle député selon les dispositions du can. 230, § 3.
Can. 911 - § 1. Le devoir et le droit de porter la très sainte Eucharistie en Viatique aux malades appartient au curé et aux vicaires paroissiaux, aux chapelains ainsi qu'au Supérieur de la communauté dans les instituts religieux cléricaux ou les sociétés de vie apostolique cléricales pour tous ceux qui se trouvent dans leur maison. § 2. En cas de nécessité, ou avec l'autorisation au moins présumée du curé, du chapelain ou du Supérieur qu'il doit informer ensuite, tout prêtre ou tout autre ministre de la sainte communion doit le faire.
Art. 2
La participation à la très sainte Eucharistie
Can. 912 - Tout baptisé qui n'en est pas empêché par le droit peut et doit être admis à la sainte communion.
Can. 913 - § 1. Pour que la très sainte Eucharistie puisse être donnée aux enfants, il est requis qu'ils aient une connaissance suffisante et qu'ils aient reçu une préparation soignée, de sorte qu'ils comprennent le mystère du Christ à la mesure de leur capacité, et puissent recevoir le Corps du Seigneur avec foi et dévotion. § 2. La très sainte Eucharistie peut néanmoins être donnée aux enfants qui sont en danger de mort, s'ils sont capables de distinguer le Corps du Christ de l'aliment ordinaire et de recevoir la communion avec respect.
Can. 914 - Les parents en premier, et ceux qui tiennent leur place, de même que le curé, ont le devoir de veiller à ce que les enfants qui sont parvenus à l'âge de raison soient préparés comme il faut et soient nourris le plus tôt possible de cet aliment divin, après avoir fait une confession sacramentelle; il revient aussi au curé de veiller à ce que les enfants n'ayant pas encore atteint l'âge de raison, ou ceux qu'il juge insuffisamment disposés, ne soient pas admis à la sainte Synaxe.
Can. 915 - Les excommuniés et les interdits, après l'infliction ou la déclaration de la peine et ceux qui persistent avec obstination dans un péché grave et manifeste, ne seront pas admis à la sainte communion.
Can. 916 - Qui a conscience d'être en état de péché grave ne célébrera pas la Messe ni ne communiera au Corps du Seigneur sans recourir auparavant à la confession sacramentelle, à moins d'un motif grave et qu'il ne soit dans l'impossibilité de se confesser; en ce cas, il n'oubliera pas qu'il est tenu par l'obligation de faire un acte de contrition parfaite, qui inclut la résolution de se confesser au plus tôt.
Can. 917 - Qui a déjà reçu la très sainte Eucharistie peut la recevoir à nouveau le même jour mais seulement lors d'une célébration eucharistique à laquelle il participe, restant sauves les dispositions du can. 921, § 2.
Can. 918 - Il est vivement recommandé aux fidèles de recevoir la sainte communion au cours même de la célébration eucharistique; néanmoins, elle sera donnée en dehors de la Messe, en observant les rites liturgiques, à ceux qui la demandent pour une juste cause.
Can. 919 - § 1. Qui va recevoir la très sainte Eucharistie s'abstiendra, au moins une heure avant la sainte communion, de prendre tout aliment et boisson, à l'exception seulement de l'eau et des médicaments.
§ 2. Le prêtre qui célèbre la très sainte Eucharistie deux ou trois fois le même jour peut prendre quelque chose avant la seconde ou la troisième célébration, même s'il n'y a pas le délai d'une heure.
§ 3. Les personnes âgées et les malades, ainsi que celles qui s'en occupent, peuvent recevoir la très sainte Eucharistie même si elles ont pris quelque chose moins d'une heure aupraravant.
Can. 920 - § 1. Tout fidèle, après avoir été initié à la très sainte Eucharistie, est tenu par l'obligation de recevoir la sainte communion au moins une fois l'an.
§ 2. Ce précepte doit être rempli durant le temps pascal, à moins que pour une juste cause, il ne le soit à une autre époque de l'année.
Can. 921 - § 1. Les fidèles qui se trouvent en danger de mort, quelle qu'en soit la cause, seront nourris de la sainte communion sous forme du Viatique.
§ 2. Même s'ils ont déjà reçu la sainte communion le jour même, il est hautement conseillé que ceux qui se trouvent en danger de mort communient à nouveau.
§ 3. Tant que dure le danger de mort, il est conseillé que la sainte communion soit donnée plusieurs fois, à des jours différents.
Can. 922 - Le saint Viatique ne sera pas trop différé aux malades; ceux qui ont charge d'âmes veilleront attentivement à ce que les malades le reçoivent quand ils ont encore le plein usage de leurs facultés.
Can. 923 - Les fidèles peuvent participer au Sacrifice eucharistique et recevoir la sainte communion dans n'importe quel rite catholique, compte tenu des disposition du can. 844.

Art. 3 Rites et cérémonies de la célébration eucharistique
Can. 924 - § 1. Le très saint Sacrifice eucharistique doit être offert avec du pain et du vin auquel un peu d'eau doit être ajouté.
§ 2. Le pain doit être de pur froment et confectionné récemment en sorte qu'il n'y ait aucun risque de corruption.
§ 3. Le vin doit être du vin naturel de raisins et non corrompu.
Can. 925 - La sainte communion sera donnée sous la seule espèce du pain ou, selon les lois liturgiques, sous les deux espèces; mais en cas de nécessité, ce pourra être aussi sous la seule espèce du vin.
Can. 926 - Dans la célébration eucharistique, selon l'antique tradition de l'Église latine, le prêtre utilisera du pain azyme quel que soit le lieu où il célèbre.
Can. 927 - Il est absolument interdit, même en cas d'urgente et extrême nécessité, de consacrer une matière sans l'autre, ou même les deux en dehors de la célébration eucharistique.
Can. 928 - La célébration eucharistique se fera en latin ou dans une autre langue, pourvu que les textes liturgiques aient été légitimement approuvés.
Can. 929 - Pour célébrer et administrer l'Eucharistie, les prêtres et les diacres revêtiront les vêtements sacrés prescrits par les rubriques.
Can. 930 - § 1. Le prêtre malade ou âgé, s'il ne peut rester debout, peut célébrer assis le Sacrifice eucharistique, en observant toujours les lois liturgiques, mais non cependant devant le peuple, à moins d'autorisation de l'Ordinaire du lieu.
§ 2. Le prêtre aveugle ou atteint d'une autre infirmité peut licitement célébrer le Sacrifice eucharistique avec tout texte approuvé pour la Messe et, le cas échéant, avec l'assistance d'un autre prêtre ou d'un diacre, ou même d'un laïc dûment instruit, qui l'aidera.

Art. 4 Temps et lieu de la célébration de l'Eucharistie
Can. 931 - La célébration et la distribution de l'Eucharistie peuvent avoir lieu tous les jours et à n'importe quelle heure, excepté lorsque cela est interdit par les règles liturgiques.
Can. 932 - § 1. La célébration eucharistique se fera en un lieu sacré à moins que, dans un cas particulier, la nécessité n'exige autre chose; en ce cas, la célébration doit se faire dans un endroit décent.
§ 2. Le Sacrifice eucharistique doit être célébré sur un autel consacré ou béni; en dehors d'un lieu sacré, peut être utilisée une table convenable, en gardant toujours la nappe et le corporal.
Can. 933 - Pour une juste cause et avec l'autorisation expresse de l'Ordinaire du lieu, le prêtre peut célébrer l'Eucharistie dans le temple d'une Église ou d'une communauté ecclésiale qui n'a pas la pleine communion avec l'Église catholique, pourvu que tout danger de scandale soit écarté.

Chapitre II
LA RÉSERVE ET LA VÉNÉRATION DE LA TRÈS SAINTE EUCHARISTIE
Can. 934 - § 1. La très sainte Eucharistie:
1 doit être conservée dans l'église cathédrale ou une église équiparée, dans toutes les églises paroissiales et dans les églises ou oratoires annexés à la maison d'un institut religieux ou d'une société de vie apostolique;
2 peut être conservée dans la chapelle de l'Évêque et, avec l'autorisation de l'Ordinaire du lieu, en d'autres églises, oratoires et chapelles.
§ 2. Dans les lieux sacrés où la très sainte Eucharistie est conservée, il faut qu'il y ait toujours quelqu'un qui en prenne soin et, dans la mesure du possible, un prêtre y célébrera la Messe au moins deux fois par mois.
Can. 935 - Personne n'est autorisé à conserver la très sainte Eucharistie chez soi ou à l'emporter avec lui en voyage, à moins qu'un besoin pastoral ne l'exige et à condition que toutes les dispositions de l'Évêque diocésain soient observées.
Can. 936 - Dans la maison d'un institut religieux ou dans toute autre maison pieuse, la très sainte Eucharistie ne sera conservée que dans l'église ou dans l'oratoire principal annexé à la maison; mais, pour un juste motif, l'Ordinaire peut permettre qu'elle soit également conservée dans un autre oratoire de la même maison.
Can. 937 - Sauf si une raison grave s'y oppose, l'église dans laquelle la très sainte Eucharistie est conservée restera ouverte aux fidèles au moins quelques heures par jour, afin qu'ils puissent prier devant le très saint Sacrement.
Can. 938 - § 1. La très sainte Eucharistie ne sera conservée habituellement que dans un tabernacle de l'église ou de l'oratoire.
§ 2. Le tabernacle dans lequel la très sainte Eucharistie est conservée sera placé en un endroit de l'église ou de l'oratoire remarquable, visible, convenablement décoré et adapté à la prière.
§ 3. Le tabernacle dans lequel la très sainte Eucharistie est habituellement conservée sera inamovible, fait d'un matériau solide non transparent et fermé de telle sorte que soit évité au maximum tout risque de profanation.

§ 4. Pour une cause grave, la très sainte Eucharistie peut être conservée en un autre lieu sûr et décent, surtout la nuit.
§ 5. La personne qui est chargée de l'église ou de l'oratoire veillera à ce que la clef du tabernacle où la très sainte Eucharistie est conservée soit gardée avec le plus grand soin.
Can. 939 - Les hosties consacrées seront conservées en quantité suffisante pour les besoins des fidèles dans un ciboire ou dans un vase et seront fréquemment renouvelées, les hosties anciennes étant dûment consommées.
Can. 940 - Devant le tabernacle où la très sainte Eucharistie est conservée, une lampe spéciale sera constamment allumée pour indiquer et honorer la présence du Christ.
Can. 941 - § 1. Dans les églises ou oratoires où peut être conservée la très sainte Eucharistie, l'exposition peut être faite aussi bien avec le ciboire qu'avec l'ostensoir, en observant les règles prescrites dans les livres liturgiques.
§ 2. Pendant la célébration de la Messe, il n'y aura pas d'exposition du très saint Sacrement dans le même endroit de l'église ou de l'oratoire.
Can. 942 - Il est recommandé que dans ces mêmes églises et oratoires, il y ait tous les ans une exposition solennelle du saint Sacrement, pendant un temps convenable, même de façon non continue, afin que la communauté locale médite plus profondément sur le mystère eucharistique et l'adore; cependant, cette exposition n'aura lieu que si un concours suffisant de fidèles est prévu, et en observant les règles établies.
Can. 943 - Le ministre de l'exposition du très saint Sacrement et de la bénédiction eucharistique est le prêtre ou le diacre; dans des circonstances particulières, pour la seule exposition et reposition, mais sans bénédiction, ce peut être l'acolyte, le ministre extraordinaire de la sainte communion ou quelqu'un d'autre député par l'Ordinaire du lieu, en observant les dispositions de l'Évêque diocésain.
Can. 944 - § 1. Là où l'Évêque diocésain le juge possible, en témoignage public de vénération envers la très sainte Eucharistie, une procession sera organisée dans les rues, surtout au jour de la solennité du Corps et du Sang du Christ.
§ 2. Il revient à l'Évêque diocésain d'établir des règles pour la participation aux processions et pour la dignité de leur déroulement.

Chapitre III
L'OFFRANDE POUR LA CÉLÉBRATION DE LA MESSE
Can. 945 - § 1. Selon l'usage approuvé de l'Église, tout prêtre célébrant ou concélébrant la Messe peut recevoir une offrande, pour qu'il applique la Messe à une intention déterminée.
§ 2. Il est vivement recommandé aux prêtres, même s'ils n'ont pas reçu d'offrande, de célébrer la Messe aux intentions des fidèles, surtout de ceux qui sont dans le besoin.
Can. 946 - Les fidèles qui donnent une offrande pour que la Messe soit appliquée à leur intention contribuent au bien de l'Église et participent par cette offrande à son souci pour le soutien de ses ministres et de ses oeuvres.
Can. 947 - En matière d'offrande de Messes, on écartera absolument jusqu'à l'apparence de commerce ou de trafic.
Can. 948 - Des Messes distinctes doivent être appliquées aux intentions de chacun de ceux pour lesquels une offrande, fût-elle modique, a été donnée et acceptée.
Can. 949 - Celui qui est obligé de célébrer et d'appliquer la Messe à l'intention de ceux qui ont donné l'offrande continue d'être tenu de le faire, même si les offrandes reçues viennent à disparaître sans faute de sa part.
Can. 950 - Si une somme d'argent est offerte pour l'application de Messes, sans spécification du nombre de Messes à célébrer, ce nombre sera déterminé selon le taux fixé dans le lieu où le donateur réside, à moins que son intention ne doive être légitimement présumée autre.
Can. 951 - § 1. Le prêtre qui célèbre plusieurs Messes le même jour peut appliquer chacune d'elles à l'intention pour laquelle une offrande a été donnée; néanmoins, hormis le jour de Noël, il gardera l'offrande d'une seule Messe et destinera les autres aux fins fixées par l'Ordinaire, une certaine rétribution à un titre extrinsèque étant toutefois admise.
§ 2. Le prêtre qui concélèbre une deuxième Messe le même jour ne peut sous aucun prétexte recevoir une offrande à ce titre.
Can. 952 - § 1. Il revient au concile provincial ou à l'assemblée des Évêques de la province de fixer par décret pour toute la province le montant de l'offrande à donner pour la célébration et l'application de la Messe, et le prêtre n'est pas autorisé à demander une somme plus élevée; il lui est cependant permis de recevoir pour l'application d'une Messe une offrande plus élevée que celle qui a été fixée si elle lui est offerte spontanément, et même une offrande moins élevée.
§ 2. À défaut d'un tel décret, la coutume en vigueur dans le diocèse sera observée.
§ 3. Les membres de tous les instituts religieux doivent s'en tenir aussi à ce décret ou à la coutume du lieu dont il s'agit aux §§ 1 et 2 du présent canon.
Can. 953 - Il n'est permis à personne de recevoir un nombre tel d'offrandes de Messes à appliquer par lui-même qu'il ne puisse les acquitter dans l'année.
Can. 954 - Si, dans certaines églises ou oratoires, la demande de messes à célébrer dépasse le nombre de celles qui peuvent y être dites, celles qui sont en excédent peuvent être célébrées ailleurs, à moins que les donateurs n'aient manifesté expressément une volonté contraire.
Can. 955 - § 1. Celui qui désire confier à d'autres la célébration de Messes à appliquer confiera leur célébration le plus tôt possible aux prêtres qu'il voudra, pourvu qu'il les sache au-dessus de tout soupçon; il doit transmettre intégralement l'offrande reçue à moins qu'il ne sache avec certitude que ce qui dépasse le taux fixé dans le diocèse lui a été donné à lui personnellement; et il est tenu par l'obligation de veiller à la célébration de ces Messes jusqu'à ce qu'il ait reçu l'avis de l'acceptation de l'obligation et de la réception de l'offrande.
§ 2. Le délai dans lequel les Messes doivent être célébrées commence du jour où le prêtre qui doit les célébrer les a reçues, sauf s'il s'avère qu'il en va autrement.
§ 3. Ceux qui confient à d'autres des Messes à célébrer inscriront sans tarder dans un registre tant les Messes qu'ils ont reçues que celles qu'ils ont confiées à d'autres, en notant aussi le montant des offrandes.
§ 4. Tout prêtre doit soigneusement noter les Messes qu'il a acceptées de célébrer et celles qu'il a acquittées.
Can. 956 - Tous et chacun des administrateurs des causes pies ou ceux qui sont obligés à un titre quelconque de veiller à la célébration des Messes, clercs ou laïcs, remettront à leurs Ordinaires, selon les modalités à définir par ceux-ci, les charges des Messes qui n'auraient pas été célébrées dans l'année.
Can. 957 - Le devoir et le droit de veiller à l'accomplissement des charges de Messes reviennent à l'Ordinaire du lieu pour les églises du clergé séculier, et à leurs Supérieurs pour les églises des instituts religieux ou des sociétés de vie apostolique.
Can. 958 - § 1. Le curé et le recteur d'une église ou d'un autre lieu de piété, dans lesquels des offrandes de Messes sont ordinairement reçues, tiendront un registre particulier dans lequel ils noteront soigneusement le nombre de Messes à célébrer, l'intention, l'offrande et la célébration accomplie.
§ 2. L'Ordinaire est tenu par l'obligation de contrôler ces registres chaque année, par lui-même ou par d'autres.